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Il
viaggio in treno dura due giorni: e poi c'è finalmente
Berlino. la città europea, l'Occidente sognato fin dagli
anni dell'infanzia. Ma per Wladimir e i suoi amici emigrati
dalla Russia post-sovietica dopo il crollo del Muro, il sogno
adolescenziale assume da subito i contorni di un'avventura picaresca
e paradossale: tanto che qualcuno si convince a farsi circoncidere
per non deludere l'ospitalità delle comunità ebraiche,
e qualcun altro impara la vita non più nomade degli zingari
di periferia o quella dei vietnamiti. Tutti sono animati da
un'energia disperata ma goliardica: occupano case e negozi,
si inventano lavori per poi abbandonarli nel giro di qualche
giorno, sfruttano ingegnosamente le forme assistenziali dello
Stato tedesco e si costruiscono una nuova esistenza. surreale
ed eccentrica, sempre ai limiti della follia, con l'incubo della
cittadinanza da ottenere ma anche con uno straordinario spirito
di adattamento, che li porta a scelte tanto improbabili quanto
casualmente efficaci. Raccontando di uomini e donne in balia
di un destino assurdo e comicamente crudele, Wladimir Kaminer,
nell'indiscutibile genialità del suo narrare lieve e
mordace, descrive un mondo nuovo e una nuova Europa, illuminando
con istantanee rapide e fulminanti il profilo di una città
in fermento, popolata da comunità diverse e agitata da
movimenti culturali di ogni tipo e valore. E mentre la sua penna
ironica e divertita tratteggia le caricature di maldestri emigrati
russi accompagnati da donne fin troppo intraprendenti, il lettore
può scorgere, appena sotto la lucida superficie del racconto,
il ritratto in controluce di una capitale europea come tutte
le altre, forse anche stimolante, ma sempre affannata e stanca,
capace magari di accogliere ma mai in grado di spiegare del
tutto perché lo fa. Gli episodi si susseguono veloci
e scattanti, la folla dei personaggi si aggrega e si disperde,
la fortuna si diverte a spiazzare o a deludere, mentre la scrittura
di Kaminer danza in perfetto e sorridente equilibrio sulle onde
della fatica di stare al mondo e sopravviverci.
***
Le zanzare sono altrove
Su
di me Berlino ha l'effetto di un luogo di cura. Innanzitutto
per la mitezza del clima. D'estate è raro che faccia
caldo, e d'inverno non è mai troppo freddo. Per di più
ci sono pochissime zanzare, almeno qui a Prenzlauer Berg. A
New York le zanzare sono un problema per il traffico cittadino,
diffondono malattie e sono causa di reiterate epidemie. Anche
a Mosca il problema zanzare è di grande impatto. L'ultima
volta che sono stato là ho visto con i miei occhi il
mezzobusto del telegiornale che alla fine dell'ultima notizia
si è dato un sonoro schiaffone. E ho visto anche dei
senzatetto che per strada si cucinavano una zuppa di zanzare.
Le zanzare sono ovunque nel mondo. Solo qui non ce ne sono.
Ma naturalmente non è questo l'unico motivo per cui mi
piace Berlino. A me piacciono anche i berlinesi. La maggior
parte degli abitanti della capitale è gente tranquilla,
rilassata e riflessiva. Se solo uno ripensa a tutto quello che
è successo negli ultimi anni: la caduta del Muro, la
riunificazione, la chiusura del casino dell'Europa-Center...
E tuttavia quelli che escono di testa sono una minoranza. I
berlinesi fanno solo ciò che gli pare, e amano la vita.
A Mosca, invece, la volta che il telegiornale andò in
onda con venti minuti di ritardo un mucchio di gente scappò
via dalla città perché credette che fosse arrivata
la fine del mondo. Stando alle statistiche, a Mosca solo il
17,8 percento della popolazione è soddisfatta della propria
vita. Probabilmente è colpa delle zanzare. Per questo
preferisco Berlino.
Di recente ho incontrato sulla Schonhauser Allee il mio vicino,
il vietnamita del negozio di frutta e verdura. Si è fatto
la permanente. Dev'essere il suo modo di sentirsi integrato.
Solo che adesso assomiglia a Paganini.
Chack, mi sembri Paganini! - gli ho detto. - Hai presente? Paganini!
-
- Non li teniamo - si è dispiaciuto lui. - Però
se vuole ho gli zucchini, prego ! -
Eccoci lì sulla Schonhauser Allee, lui con in testa la
permanente e una zucchina in mano, e io accanto, confuso. Ci
voleva un turista giapponese con la sua costosissima macchina
fotografica... e invece sarà rimasto bloccato nel traffico.
La maggior parte dei bus turistici ormai non riesce a oltrepassare
la meta della Schonhauser Mee.
Naturalmente Berlino ha anche dei difetti. Per esempio ci sono
i nazisti. Un paio di settimane fa i Republikaner hanno aperto
sulla Schonhauser un banchetto di propaganda elettorale. Due
giovanotti distribuivano volantini sotto un grosso striscione
che annunciava - Facciamogli assaggiare la vanga -. Dall'altoparlante
echeggiava Pretty Woman. - Avvicinatevi, che vi mostriamo una
cosa - promettevano i giovanotti ai passanti. Ma questi stavano
alla larga. Forse avevano paura della misteriosa “vanga”.
Siccome io non sapevo bene che cosa fosse questa vanga, l'ho
chiesto a due anziane signore che mi stavano accanto.
- Una vanga? Boh, è una roba tipo pala, solo un po' più
a punta - ha risposto una. - Per lavorare nell'orto. -
- Più per il cimitero ha obiettato 1'altra.-
- Cercherò di tenerlo a mente - ho detto io.
- Ah, non ne vale la pena. Non è una parola importante.
E’ che i nostri nazi sono fatti così. Una ne pensano
e cento ne fanno - hanno cercato di minimizzare le due donne.
Me ne sono tornato a casa. Uno che vuole farti assaggiare una
vanga lo trovi dappertutto: in Russia, in America, in Vietnam.
Ma qui almeno non ci sono le zanzare.
La volta che ho fatto l'attore
Il
cinema tedesco aveva bisogno di una mano. E’ per questo
che il regista Annaud, la tizia della Mummia, Shakespeare in
Love, il detective privato di Roger Rabbit, un mago bulgaro,
duecento comparse e io siamo scesi in campo. Già, tutti
noi che lavoriamo alle riprese del film sulla battaglia di Stalingrado.
Alle cinque di mattina ci raduniamo a Fehrbelliner Platz; da
1ì alcuni pullman ci portano a Krampniz, dove si trova
il quartier generale di Chruscev. Questo Chruscev io lo conosco:
è il comico del film di Roger Rabbit. Sta seduto tutto
solo su uno sgabello della mensa, ad annoiarsi. Decido di avvicinarmi:
« How are you? Come sta Roger Rabbit? » Ma 1'aiutoregista
mi butta immediatamente fuori. Le comparse non possono rivolgere
la parola alle star. Che esagerazione. Oggi non succede granché
e le quaranta comparse, quasi tutti russi, si aggirano senza
meta per gli studi. Mi spiegano che gireranno una scena di sesso.
E’ già la terza in una settimana. Una cosa ormai
è chiara a tutti: in questo film di guerra si ammazza
poco. Tutti quei carri armati e quegli aerei servono solo come
decorazione per una complicata storia d'amore: la tizia della
Mummia, Tanja, ama il cecchino Vasilij, però va a letto
con Shakespeare in Love, e di regola lo fa quando fuori succede
il finimondo. In tutto ciò, Roger Rabbit si sente solo.
Anche lui ama Tanja, e non fa altro che prendersela con Stalin,
come fosse colpa sua se non se lo fila nessuno.
Intanto mi sono quasi perso la colazione. E’ lì
sui tavoli che ci aspetta già dalle sei. Oggi ci sono
uova fritte con prosciutto, panini imbottiti, caffè e
te. Le comparse, rifocillate, si preparano a una lunga attesa
nell'inattività. Con questo film molti russi hanno trovato
un'occupazione per l'intera famiglia. Gli uomini prendono parte
alle scene di massacro, le donne fanno le segretarie nel quartier
generale di Chruscev e i bambini bighellonano qua e là.
Prima di iniziare la scena d'amore viene bombardato per bene
il quartier generale. A Stalingrado si usa così. Durante
il bombardamento io devo nascondermi impaurito dietro una grande
credenza da cucina. E’ un pezzo d'antiquariato, vecchissimo
e pieno zeppo di sacchetti con scritto sopra “alloro”
in russo. Non mi pare che l'alloro in questo contesto abbia
molto senso, ma la trovarobe non sa leggere il cirillico, e
1'importante è che i sacchetti abbiano un aspetto russo.
Il bombardamento richiede un gran dispiego di mezzi: un tecnico
scuote la credenza, un altro mi butta addosso calcinacci. L'assistente
alla regia non è soddisfatta. - Lei non ha abbastanza
paura - mi dice.
- Immagini che sia 1'ultimo giorno della sua vita. Non riesce
a fare un'espressione più adatta alla circostanza ? Non
sia cosi rigido! -
- Per trenta marchi 1'ora non faccio nessunissima espressione
di paura - protesto io.
- Mi sembra già abbastanza che debba prendermi dei calcinacci
in testa mentre mi nascondo dietro una credenza piena di alloro.
Per le smorfie di terrore rivolgetevi a Roger Rabbit.
- Si apre una vertenza sindacale. Alla fine prendono un altro
al mio posto e io me ne torno dalle altre comparse, che stanno
giocando a carte.
La scena di sesso è rappresentata da alcune ombre proiettate
sulla parete di una tenda. Fuori della tenda ci siamo noi, i
soldati, e giochiamo a carte. Il mago bulgaro ci mostra un paio
di trucchi con le carte e ci racconta come il governo federale
tedesco a suo tempo abbia sborsato trentacinquemila marchi per
tirarlo fuori dalle carceri bulgare. - Se 1'e cavata con poco
- dice il bulgaro. Un'altra comparsa tedesca ribatte che sono
stati soldi buttati via. I russi stanno educatamente zitti.
L'assistente alla regia viene a chiederci se c'è qualcuno
pronto a mostrare il sedere davanti alla cinepresa. Chi lo fa
si becca duecentocinquanta marchi extra. I russi si vergognano,
e anche il bulgaro. Solo il tedesco è pronto a farlo.
Gli filmano il culo con due cineprese, da dietro e di fianco.
La scena è la seguente: mentre la tipa della Mummia cede
al turbine della passione nella tenda di Shakespeare in Love,
i giocatori di carte all'esterno si divertono un mondo. Per
penitenza, infatti, il soldato che ha perso deve spegnere cinque
candele con una scoreggia. Eh già: tra i russi vigono
di queste barbare usanze. I trenta soldati dovrebbero spassarsela
come matti, ma le loro espressioni tradiscono solo imbarazzo.
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