Wladimir Kaminer

 

Russendisko
2000 - Guanda, pag.163


 

Il viaggio in treno dura due giorni: e poi c'è finalmente Berlino. la città europea, l'Occidente sognato fin dagli anni dell'infanzia. Ma per Wladimir e i suoi amici emigrati dalla Russia post-sovietica dopo il crollo del Muro, il sogno adolescenziale assume da subito i contorni di un'avventura picaresca e paradossale: tanto che qualcuno si convince a farsi circoncidere per non deludere l'ospitalità delle comunità ebraiche, e qualcun altro impara la vita non più nomade degli zingari di periferia o quella dei vietnamiti. Tutti sono animati da un'energia disperata ma goliardica: occupano case e negozi, si inventano lavori per poi abbandonarli nel giro di qualche giorno, sfruttano ingegnosamente le forme assistenziali dello Stato tedesco e si costruiscono una nuova esistenza. surreale ed eccentrica, sempre ai limiti della follia, con l'incubo della cittadinanza da ottenere ma anche con uno straordinario spirito di adattamento, che li porta a scelte tanto improbabili quanto casualmente efficaci. Raccontando di uomini e donne in balia di un destino assurdo e comicamente crudele, Wladimir Kaminer, nell'indiscutibile genialità del suo narrare lieve e mordace, descrive un mondo nuovo e una nuova Europa, illuminando con istantanee rapide e fulminanti il profilo di una città in fermento, popolata da comunità diverse e agitata da movimenti culturali di ogni tipo e valore. E mentre la sua penna ironica e divertita tratteggia le caricature di maldestri emigrati russi accompagnati da donne fin troppo intraprendenti, il lettore può scorgere, appena sotto la lucida superficie del racconto, il ritratto in controluce di una capitale europea come tutte le altre, forse anche stimolante, ma sempre affannata e stanca, capace magari di accogliere ma mai in grado di spiegare del tutto perché lo fa. Gli episodi si susseguono veloci e scattanti, la folla dei personaggi si aggrega e si disperde, la fortuna si diverte a spiazzare o a deludere, mentre la scrittura di Kaminer danza in perfetto e sorridente equilibrio sulle onde della fatica di stare al mondo e sopravviverci.

***

Le zanzare sono altrove

Su di me Berlino ha l'effetto di un luogo di cura. Innanzitutto per la mitezza del clima. D'estate è raro che faccia caldo, e d'inverno non è mai troppo freddo. Per di più ci sono pochissime zanzare, almeno qui a Prenzlauer Berg. A New York le zanzare sono un problema per il traffico cittadino, diffondono malattie e sono causa di reiterate epidemie. Anche a Mosca il problema zanzare è di grande impatto. L'ultima volta che sono stato là ho visto con i miei occhi il mezzobusto del telegiornale che alla fine dell'ultima notizia si è dato un sonoro schiaffone. E ho visto anche dei senzatetto che per strada si cucinavano una zuppa di zanzare. Le zanzare sono ovunque nel mondo. Solo qui non ce ne sono. Ma naturalmente non è questo l'unico motivo per cui mi piace Berlino. A me piacciono anche i berlinesi. La maggior parte degli abitanti della capitale è gente tranquilla, rilassata e riflessiva. Se solo uno ripensa a tutto quello che è successo negli ultimi anni: la caduta del Muro, la riunificazione, la chiusura del casino dell'Europa-Center... E tuttavia quelli che escono di testa sono una minoranza. I berlinesi fanno solo ciò che gli pare, e amano la vita. A Mosca, invece, la volta che il telegiornale andò in onda con venti minuti di ritardo un mucchio di gente scappò via dalla città perché credette che fosse arrivata la fine del mondo. Stando alle statistiche, a Mosca solo il 17,8 percento della popolazione è soddisfatta della propria vita. Probabilmente è colpa delle zanzare. Per questo preferisco Berlino.
Di recente ho incontrato sulla Schonhauser Allee il mio vicino, il vietnamita del negozio di frutta e verdura. Si è fatto la permanente. Dev'essere il suo modo di sentirsi integrato. Solo che adesso assomiglia a Paganini.
Chack, mi sembri Paganini! - gli ho detto. - Hai presente? Paganini! -
- Non li teniamo - si è dispiaciuto lui. - Però se vuole ho gli zucchini, prego ! -
Eccoci lì sulla Schonhauser Allee, lui con in testa la permanente e una zucchina in mano, e io accanto, confuso. Ci voleva un turista giapponese con la sua costosissima macchina fotografica... e invece sarà rimasto bloccato nel traffico. La maggior parte dei bus turistici ormai non riesce a oltrepassare la meta della Schonhauser Mee.
Naturalmente Berlino ha anche dei difetti. Per esempio ci sono i nazisti. Un paio di settimane fa i Republikaner hanno aperto sulla Schonhauser un banchetto di propaganda elettorale. Due giovanotti distribuivano volantini sotto un grosso striscione che annunciava - Facciamogli assaggiare la vanga -. Dall'altoparlante echeggiava Pretty Woman. - Avvicinatevi, che vi mostriamo una cosa - promettevano i giovanotti ai passanti. Ma questi stavano alla larga. Forse avevano paura della misteriosa “vanga”. Siccome io non sapevo bene che cosa fosse questa vanga, l'ho chiesto a due anziane signore che mi stavano accanto.
- Una vanga? Boh, è una roba tipo pala, solo un po' più a punta - ha risposto una. - Per lavorare nell'orto. -
- Più per il cimitero ha obiettato 1'altra.-
- Cercherò di tenerlo a mente - ho detto io.
- Ah, non ne vale la pena. Non è una parola importante. E’ che i nostri nazi sono fatti così. Una ne pensano e cento ne fanno - hanno cercato di minimizzare le due donne. Me ne sono tornato a casa. Uno che vuole farti assaggiare una vanga lo trovi dappertutto: in Russia, in America, in Vietnam. Ma qui almeno non ci sono le zanzare.


La volta che ho fatto l'attore

Il cinema tedesco aveva bisogno di una mano. E’ per questo che il regista Annaud, la tizia della Mummia, Shakespeare in Love, il detective privato di Roger Rabbit, un mago bulgaro, duecento comparse e io siamo scesi in campo. Già, tutti noi che lavoriamo alle riprese del film sulla battaglia di Stalingrado.
Alle cinque di mattina ci raduniamo a Fehrbelliner Platz; da 1ì alcuni pullman ci portano a Krampniz, dove si trova il quartier generale di Chruscev. Questo Chruscev io lo conosco: è il comico del film di Roger Rabbit. Sta seduto tutto solo su uno sgabello della mensa, ad annoiarsi. Decido di avvicinarmi: « How are you? Come sta Roger Rabbit? » Ma 1'aiutoregista mi butta immediatamente fuori. Le comparse non possono rivolgere la parola alle star. Che esagerazione. Oggi non succede granché e le quaranta comparse, quasi tutti russi, si aggirano senza meta per gli studi. Mi spiegano che gireranno una scena di sesso. E’ già la terza in una settimana. Una cosa ormai è chiara a tutti: in questo film di guerra si ammazza poco. Tutti quei carri armati e quegli aerei servono solo come decorazione per una complicata storia d'amore: la tizia della Mummia, Tanja, ama il cecchino Vasilij, però va a letto con Shakespeare in Love, e di regola lo fa quando fuori succede il finimondo. In tutto ciò, Roger Rabbit si sente solo. Anche lui ama Tanja, e non fa altro che prendersela con Stalin, come fosse colpa sua se non se lo fila nessuno.
Intanto mi sono quasi perso la colazione. E’ lì sui tavoli che ci aspetta già dalle sei. Oggi ci sono uova fritte con prosciutto, panini imbottiti, caffè e te. Le comparse, rifocillate, si preparano a una lunga attesa nell'inattività. Con questo film molti russi hanno trovato un'occupazione per l'intera famiglia. Gli uomini prendono parte alle scene di massacro, le donne fanno le segretarie nel quartier generale di Chruscev e i bambini bighellonano qua e là.
Prima di iniziare la scena d'amore viene bombardato per bene il quartier generale. A Stalingrado si usa così. Durante il bombardamento io devo nascondermi impaurito dietro una grande credenza da cucina. E’ un pezzo d'antiquariato, vecchissimo e pieno zeppo di sacchetti con scritto sopra “alloro” in russo. Non mi pare che l'alloro in questo contesto abbia molto senso, ma la trovarobe non sa leggere il cirillico, e 1'importante è che i sacchetti abbiano un aspetto russo. Il bombardamento richiede un gran dispiego di mezzi: un tecnico scuote la credenza, un altro mi butta addosso calcinacci. L'assistente alla regia non è soddisfatta. - Lei non ha abbastanza paura - mi dice.
- Immagini che sia 1'ultimo giorno della sua vita. Non riesce a fare un'espressione più adatta alla circostanza ? Non sia cosi rigido! -
- Per trenta marchi 1'ora non faccio nessunissima espressione di paura - protesto io.
- Mi sembra già abbastanza che debba prendermi dei calcinacci in testa mentre mi nascondo dietro una credenza piena di alloro. Per le smorfie di terrore rivolgetevi a Roger Rabbit.
- Si apre una vertenza sindacale. Alla fine prendono un altro al mio posto e io me ne torno dalle altre comparse, che stanno giocando a carte.
La scena di sesso è rappresentata da alcune ombre proiettate sulla parete di una tenda. Fuori della tenda ci siamo noi, i soldati, e giochiamo a carte. Il mago bulgaro ci mostra un paio di trucchi con le carte e ci racconta come il governo federale tedesco a suo tempo abbia sborsato trentacinquemila marchi per tirarlo fuori dalle carceri bulgare. - Se 1'e cavata con poco - dice il bulgaro. Un'altra comparsa tedesca ribatte che sono stati soldi buttati via. I russi stanno educatamente zitti. L'assistente alla regia viene a chiederci se c'è qualcuno pronto a mostrare il sedere davanti alla cinepresa. Chi lo fa si becca duecentocinquanta marchi extra. I russi si vergognano, e anche il bulgaro. Solo il tedesco è pronto a farlo. Gli filmano il culo con due cineprese, da dietro e di fianco. La scena è la seguente: mentre la tipa della Mummia cede al turbine della passione nella tenda di Shakespeare in Love, i giocatori di carte all'esterno si divertono un mondo. Per penitenza, infatti, il soldato che ha perso deve spegnere cinque candele con una scoreggia. Eh già: tra i russi vigono di queste barbare usanze. I trenta soldati dovrebbero spassarsela come matti, ma le loro espressioni tradiscono solo imbarazzo.


 

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