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Nel
1967 l'Unione Sovietica celebra il cinquantesimo anniversario
della grande Rivoluzione d'Ottobre. Proprio in quell'anno, in
un tripudio di bandiere rosse e di parate militari, fa il suo
ingresso nel mondo l'eroe di questa storia, Wladimir Kaminer,
che con sguardo disincantato osserva un paese forte solo in
apparenza. Per sopravvivere a una realtà opprimente,
il giovane Wladimir inizia a coltivare il suo personalissimo
talento affabulatorio: - C'era chi rimaneva ammirato dalle mie
storie e chi si infuriava, però mi stavano a sentire
tutti, e ben presto diventai il più grande contaballe
della scuola -. Questa sua “dote” rimane tuttavia
incompresa: dopo essere stato cacciato dall'istituto, si iscrive
all'Accademia di arte drammatica, dove collabora alla messa
in scena di improbabili drammi politici. Finito nel libro nero
del KGB, si barcamena tra i lavori più disparati: guardiano
di bestiame su un treno diretto in Uzbekistan, giardiniere in
un parco cittadino, organizzatore di concerti clandestini underground
che finché, non essendo riuscito a evitare il servizio
militare, è costretto ad arruolarsi nell'esercito. Quando
ritorna alla vita civile, dopo due anni trascorsi in un complesso
missilistico sperduto tra i boschi, Wladimir deve affrontare
una realtà stravolta dall'avvento della Perestrojka.
Spinto dal vento dell'Ovest, decide di partire con un amico
e tentare la fortuna in Germania.
***
l'inizio...
Un'educazione socialista
Nel 1967
il nostro paese celebrava un importante anniversario: il cinquantenario
della grande Rivoluzione d'Ottobre. I cittadini socialisti qualunque
che vivevano nella società reale non avevano molte ragioni
per essere orgogliosi del proprio paese e dell'ordine che vi
regnava sovrano. Quell'ordine creava una serie di problemi:
il problema delle salsicce, il problema dello zucchero, il problema
del burro e innumerevoli altri problemi che ai loro occhi rendevano
l'Unione Sovietica poco attraente. Agli occhi di un romantico,
invece, la realtà aveva un mucchio di aspetti positivi.
Nel balletto infatti eravamo i numeri uno. Nessuna ballerina
al mondo sapeva saltare bene come le nostre. Anche la costruzione
della più grande centrale nucleare era stata possibile
solo in Unione Sovietica, ed eravamo stati noi i primi a spedire
un uomo nello spazio.
Il primo cane, il primo uomo, il primo razzo. Tutti impressionanti
risultati e straordinarie conquiste raggiunti grazie alla grande
Rivoluzione d'Ottobre. Era appunto quanto si festeggiava nell'anniversario
del 1967. Giornali, trasmissioni televisive, programmi radiofonici,
assemblee di fabbrica non facevano che riportare quei successi
e le fulgide prospettive per il futuro. La gente stava a sentire
ed era in tutto e per tutto grata alla grande Rivoluzione d'Ottobre.
Grata per la danza e grata per Jurij Gagarin, il cui libro La
vista di lassù secondo i piani sarebbe dovuto uscire
per i festeggiamenti dell'anniversario. Sulla - Literaturnaja
Gazeta - erano state pubblicate alcune anticipazioni dell'opera
di Gagarin. Il cosmonauta vi raccontava quanto, di lassù,
l'Unione Sovietica fosse magnifica: i fiumi blu, le montagne
innevate e le foreste verdi e ubertose. Ma Gagarin si era permesso
anche qualche annotazione critica: - Molti fiumi ancora aspettano
un ponte, molte steppe ancora devono essere coltivate, molti
piccoli villaggi ancora non hanno l'elettricità. Abbiamo
ancora parecchio da fare -.
In quel momento due cagnette, Bel'ka e Strel'ka, vorticavano
insensatamente attorno alla Terra da ormai sette anni insieme
alla loro capsula, che era stata sparata nel cosmo prima di
Gagarin. Ufficialmente le avevano dichiarate morte, e del resto
non avevano mai previsto di far rientrare sulla Terra la loro
capsula. Nell'insediamento aerospaziale Città delle Stelle,
vicino a Mosca, avevano però costruito un piccolo museo
che ospitava alcuni souvenir di Bel'ka e Strel'ka, i cui nomi,
tradotti, più o meno vogliono dire - scoiattolina - e
- freccina -.
Tutti i giovani pionieri che per i loro meriti scolastici venivano
premiati con una visita alla Città delle Stelle potevano
ammirarvi il collare di Scoiattolina e la museruola di Freccina,
con tanto di foto di entrambe. Le cagnette avevano condotto
un'esistenza modesta e non avevano posseduto molto di più.
La maggior parte dei giovani pionieri del resto non si interessava
tanto al museo quanto al negozio di alimentari dell'insediamento
aerospaziale, in cui già allora si potevano acquistare
cose piuttosto fuori dell'ordinario, come per esempio lunghe
sigarette More. Stando a quanto asserivano i cosmonauti, tra
cui lo stesso Gagarin, le eroiche Bel'ka e Strel'ka però
erano ancora vive. Si raccontava che Gagarin in una conversazione
privata avesse ammesso di aver visto dall'oblò del suo
razzo la capsula delle cagnette e di aver sentito abbaiare forte
nell'universo. La cosa non era durata che pochi secondi, poi
la capsula era sfrecciata via lontano da Gagarin e i latrati
si erano dissolti nel nulla.
A scanso di ulteriori - fraintendimenti -, nel 1967 la capsula
delle cagnette venne distrutta una volta per tutte. Proprio
in quel periodo, a quanto pareva senza motivo, Gagarin incominciò
a bere, e non poté più concentrarsi sul suo libro
La vista di lasso, che a dire il vero avrebbe dovuto già
esser finito da un pezzo. Ai suoi colleghi cosmonauti Gagarin
raccontava che l'universo era un buco nero, che la Terra sembrava
una zucca marcia e che di lassù l'Unione Sovietica non
si riusciva nemmeno a distinguerla. E così la sua opera
letteraria rimase per sempre incompiuta. Gagarin venne sospeso
dal servizio e per la frustrazione si mise a fare giri insensati
con il piccolo aeroplano che gli aveva regalato Chruscev. Volava
tra le nuvole cercando la morte, finché nel 1968, finalmente,
precipitò. In seguito gli dedicarono una valle sulla
Luna, che peraltro si trova nella parte in ombra del satellite
e dalla Terra non è mai visibile. Inoltre ribattezzarono
una cittadina con il suo nome. Ma era una cittadina molto piccola,
senza collegamento ferroviario e senza aeroporto: insomma, più
che altro un paese. Poco prima della morte di Gagarin, nacqui
io.
Per venire a prendere mia madre e me all'ospedale Grauermann,
mio padre usò un taxi. L'ospedale si trovava sul Kalinin
Prospekt, nel centro della capitale, lì dove ora ci sono
una farmacia, una cassa di risparmio e un salone di bellezza.
- Svolti qui a destra - disse mio padre al tassista quando la
vettura raggiunse il Kalinin Prospekt.
- Non posso - obiettò l'autista. - E tutto chiuso per
le celebrazioni. Non si può svoltare da nessuna parte:
dobbiamo andare dritto. -
- Ma io devo andare all'ospedale Grauermann a prendere mio figlio,
che e appena nato - spiegò mio padre.
- In un giorno così importante? Congratulazioni! Dovrebbe
chiamarlo Ottobrino, o qualcosa del genere. Però non
posso svoltare lo stesso - ribatté il tassista.
- E va bene. - Mio padre tirò fuori il portafoglio dalla
tasca dei calzoni e gli diede venticinque rubli. L'auto tracciò
immediatamente un'ampia curva nel bel mezzo del Prospekt e andò
a fermarsi dritto dritto sul marciapiede davanti all'ospedale.
- Certo che avete una bella faccia tosta - si sorprese un grasso
vigile urbano che se ne stava proprio lì accanto. Anche
lui ricevette venticinque rubli. Esattamente la stessa cifra
che mio padre rifilò al portiere dell'ospedale perché
lo lasciasse entrare e all'infermiera che mi consegnò
a lui e alla tizia del reparto amministrativo perché
mi registrasse in fretta. Così facendo mio padre spese
in ospedale lo stipendio di un mese. In compenso ora aveva me,
e così poté riportarci tutti a casa a bordo dello
stesso taxi. C'erano poliziotti dappertutto, e a ogni angolo
erano appese grandi bandiere rosse.
All'epoca naturalmente io non potevo vederle. Ero appena nato,
e giacevo sul sedile posteriore di una vecchia Volga avvolto
fin sopra la testa in una calda coperta bianca.
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