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l'inizio...
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Mi trovo in un parcheggio a Leeds quando dico
a mio marito che non voglio più stare con lui. David
non è lì con me nel parcheggio. È a casa,
a curare i bambini, e io l'ho chiamato soltanto per ricordargli
che dovrebbe scrivere due righe per la maestra di Molly. L'altra
cosa mi è come
sfuggita. Un errore. Ovvio. Evidentemente,
e con mia grande sorpresa, sono il tipo di persona capace di
dire al marito che non se la sente più di stare con lui,
ma non pensavo davvero di essere capace di dire questa cosa
da un cellulare, da un parcheggio. Adesso, è chiaro,
la considerazione che avevo di me stessa andrà rivista.
Posso definirmi una che non dimentica i nomi, per esempio, perché
mi sono ricordata nomi in migliaia di occasioni e li ho dimenticati
solo in uno o due casi. Ma per la maggior parte delle persone
le conversazioni di fine matrimonio si svolgono una volta sola,
se va bene. Se scegli di condurre la tua da un cellulare, da
un parcheggio di Leeds, allora non puoi certo pretendere che
non sia da te, così come Lee Harvey Oswald non poteva
certo pretendere che sparare ai presidenti non fosse da lui.
A volte basta un gesto per essere giudicati.
Più
tardi, nella camera d'albergo, quando non riesco a prendere
sonno - e questa è almeno in parte una consolazione,
perché anche se sono diventata la donna che manda all'aria
il matrimonio da un parcheggio, dopo ho almeno la decenza di
agitarmi e dimenarmi - riprendo la trama della conversazione,
con tutti i dettagli che riesco a ricordare, cercando di capire
come abbiamo fatto ad arrivare da lì (l'appuntamento
di Molly dal dentista) a là (il divorzio imminente) in
tre minuti. Dieci, facciamo. Per poi impantanarmi in una meditazione
ininterrotta, da tre del mattino, su come abbiamo fatto a finire
da lì (l'incontro a un ballo del college nel 1976) a
là (il divorzio imminente) in ventiquattro anni.
A onor del vero, la seconda parte di questa mia riflessione
dura così a lungo perché ventiquattro anni sono
tanti, e ci sono una miriade di pezzi che mi ritornano in mente,
piccoli dettagli narrativi, che in realtà non c'entrano
poi molto con la storia. Se le mie riflessioni sul nostro matrimonio
fossero state trasposte in un film, i critici avrebbero detto
che era tutto contorno, che non c'era trama, e che si sarebbe
potuto sintetizzare così: due persone s'incontrano, s'innamorano,
hanno dei figli, cominciano a litigare, diventano grassi e irritabili
(lui), annoiati, disperati e irritabili (lei) e si separano.
E non avrei avuto niente da ridire. Non siamo niente di speciale.
La telefonata, però
non riesco più a ricostruirla,
non riesco più a riprendere il punto da cui chiacchiera
francamente banale e relativamente armoniosa sulle piccole faccende
domestiche si è trasformata in questo momento da tregenda,
da fine del mondo. Riesco a ricordare com'è iniziata,
quasi parola per parola.
Io: "Ehi".
Lui: "Ciao. Come va?"
Io: "Bene, bene. I bambini tutto a posto?"
Lui: "Sì, Molly è di là che guarda
la tele, Tom è da Jamie".
Io: "Ti ho telefonato solo per ricordarti di scrivere una
giustificazione per Molly da portare a scuola domani. Spiega
che è stata dal dentista".
Vedi? Vedi? Penserete. Non si può, non da qui. Ma vi
sbagliate, perché a noi è andata così.
Sono quasi sicura che il primo passo è stato fatto qui,
in questo punto; per come lo ricordo ora, c'è stata una
pausa, un silenzio pesante dall'altro capo del filo. E poi io
ho detto qualcosa tipo: "Come?", e lui: "Niente".
E allora ho ripetuto: "Come?", e lui di nuovo: "Niente",
tranne che si sentiva benissimo che non era confuso né
divertito dalla mia domanda, solo stizzito, e ciò significa,
lo sapete, che bisogna insistere. Così ho insistito.
"Dai."
"No."
"Dai, su."
"No. Che cosa stavi dicendo?"
"Che cosa stavo dicendo?"
"Che avevi chiamato solo per ricordarmi della giustifica
di Molly."
"E cosa c'è che non va?"
"Sarebbe carino se avessi chiamato per qualche altra ragione.
Magari per dire ciao. Per sapere come stanno tuo marito e i
tuoi figli."
"Oh, David."
"Che significa 'Oh, David'?"
"Che è la prima cosa che ho chiesto. 'Come stanno
i bambini?'"
"Sì. Va bene. 'Come stanno i bambini?' Ma non 'Come
stai?'"
Non t'imbarchi in discussioni come queste quando le cose vanno
bene. Non è difficile immaginare che in altre relazioni,
messe meglio, una telefonata che cominciasse così non
dovrebbe e non potrebbe portare a parlare di divorzio. In relazioni
messe meglio una faccenda come quella del dentista la sbrighi
in un attimo e passi ad altro - la giornata di lavoro, i programmi
per la serata, o addirittura, in un matrimonio che funziona
in modo spettacolare, qualcosa che è successo nel mondo
-, argomenti tanto comuni quanto trascurabili, ma argomenti
che formano la sostanza e forse persino il nutrimento di una
relazione comune, trascurabile, amorevole.
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