Intervista
a Pedro Juan Gutierrez
Tratto da "La Repubblica", 24 febbraio
2003, di Lucana Sica
L'Avana
In calle San Lorenzo, quartiere Avana centro, in un edificio che cade
a pezzi e non è il solo, all'ultimo piano – l’ottavo,
e l'ascensore è sempre guasto - vive Pedro Juan Gutiérrez.
Le scale sono maleodoranti, avvolte in un'oscurità poco rassicurante,
cori gente strana che va e viene, mentre dalle case è un 'esplosione
di risate, urla e musica non solo salsa. Chi ha un'idea di Gutiérrez
e dei suoi romanzi avrà intuito che questi non sono dettagli
insignificanti, non è fare 'colore" su un anonimo palazzo
dell'Avana, perché qui siamo già dentro all'universo crudele
e sensuale dello scrittore
cubano, a un mondo reale (e letterario) fatto di disperazione e di erotismo,
di astuzie e di cinismo per sopravvivere alla giornata, ma anche della
voglia più sfrenata di fare baldoria, di sfuggire in tutti modi
alla tristezza, innanzitutto facendo sesso, tanto sesso.
Scrittore e poeta, ma anche pittore e scultore, Gutiérrez è
un uomo attraente, forse un po' ombroso ma molto ironico, che di mestieri
anche umili ne ha fatti tanti, come si elenca nelle quarte di copertina
dei suoi libri: lo strillone, il gelataio, il raccoglitore di canna
da zucchero, l'istruttore di kajak, e poi il giornalista, il professore
universitario... E' nato a Matanzas cinquantatré anni fa, ed
è conosciuto in tutta Europa (ma anche in Messico, in Brasile,
negli Stati Uniti) come il cantore di un quartiere degradato e pazzesco
dell'Avana, città encantadora è vero, ma anche tanto straziata
e straziante se non si vede solo dalla piscina dell'Hotel Nacional.
Qui la gente vive, è costretta a vivere sulla soglia dell'illegalità,
si sbatte tutto il giorno per strappare un dollaro agli stranieri, falsifica
sigari, ruba e si prostituisce a uomini, donne, travestiti, non fa differenza.
In Italia, presso le edizioni e/o, sono usciti la Trilogia sporca dell'Avana,
Il re dell'Avana, Animal tropical (e un libro un po' diverso di racconti
intitolato Malinconia dei leoni). Mancano ancora El insaciabie hombre
araña e Carne de perro, il quinto romanzo che conclude il “ciclo
del centro Avana" che uscirà da noi in ottobre e un po’
prima, nel mese di aprile, in Spagna (da Anagrama). Sono storie che
raccontano con un linguaggio estremamente efficace - molto crudo - di
un libertino attaccamento alla vita, al divertimento sessuale, ma riflettono
anche una condizione umana di assoluta precarietà, di violenza,
di paura.
Quanto basta per contraddire l'immagine da cartolina postale dell'isola
del tesoro e della sua gente spensierata, felice e innamorata della
rivoluzione.
Quanto basta perché Gutiérrez sia stato a lungo, e duramente,
censurato nel suo Paese. Dopo anni di emarginazione, solo ora è
apparso nelle librerie cubane uno dei suoi romanzi, Animal tropical,
una storia condita di umore nero che mette a confronto la sarabanda
erotica dell’Avana con l’efficienza algida di Stoccolma,
il Sud e il Nord del pianeta, due modi antitetici di concepire la vita
e il sesso.
In questa intervista, nella sua bella casa essenziale e piena di luce,
con una terrazza che affaccia sul lungomare del Malecón ma anche
su quel suo quartiere, Avana Centro, così malmesso che sembra
uscito da un bombardamento, lo scandaloso Gutierrez parla di sé
e del suo lavoro letterario rifiutando seccatissimo l'etichetta un po'
facile di "Bukowski cubano": molto più malinconicamente,
si definisce 'un fantasma all'Avana".
Come spiega che i suoi libri siano letti e apprezzati
ovunque, tranne che nel suo Paese?
«Non lo spiego. Non confondo i campi, penso che la letteratura
e la politica siano territori diversi, e per questo non parlo mai di
politica. Vivo chiuso in questa tana, con i miei libri e i miei quadri,
e mi tengo lontanissimo dalla vita culturale cubana che peraltro è
molto grigia, almeno io la considero molto grigia. Del resto, ci sono
due milioni e mezzo di cubani emigranti, e tra questi scrittori, artisti,
musicisti, cineasti, gente di gran valore. Il risultato è che
qui la vita culturale è abbastanza opaca, in confronto a quella
che è sempre stata, dagli anni Cinquanta in poi. Il periodo speciale
degli anni Novanta non è stata solo segnato dalla fame più
nera, ma è stato terrible terrible terrible in todos los sentidos,
l’esodo è stato fulminante...A me comunque interessa poco
o niente la vita culturale dell'Avana».
E lei dice di non parlare mai di politica...
«Mai, non ne parlo mai... Sa, io sono un uomo molto sentimentale
che ama la sua vita in questa città e che vuole continuare a
vivere qui. Quello che davvero mi interessa è la letteratura,
la pittura, e la mia famiglia. Sono legato ai miei quattro figli, la
più piccola ha solo un anno e mezzo... E' a questo che io mi
dedico, non alle fardándulas».
Non è stata una fardándula
la sua cancellazione dalla scena pubblica cubana: è una storia
che vuole raccontare?
«Va bene, è successo che la mia Trilogia sucia è
uscita per la prima volta a Barcellona nel '98, e subito dopo in Italia.
In cinque anni è stata tradotta in quattordici paesi, una cosa
davvero strana, che mi ha sorpreso... Ma insomma, verso la fine del
’98 feci un viaggio in Europa per promuovere il libro, e quando
tornai in Cuba, dove lavoravo da ventisei anni come giornalista venni
licenziato».
Vuole dire che fu licenziato dal suo giornale?
«No, voglio dire un'altra cosa: che fui buttato fuori dal giornalismo.
E' da allora che sono un fantasma all'Avana».
Che spiegazione le hanno dato?
«Nessuna spiegazione. Nessuno mi disse niente. Ancora oggi c'è
gente, soprattutto della televisione, che mi conosce benissimo e non
mi saluta più. E' gente che quando m'incontra, mi gira letteralmente
le spalle».
E gli scrittori?
«Alcuni mi amano, altri mi odiano».
Lei ne ama qualcuno?
«Gli autori cubani che amo davvero sono Alejo Carpentier, Lezama
Lima e Eliseo Diego».
Grandi autori, senz’altro. Peccato
che siano morti.
«Ma sono loro che mi interessano, che posso di conoscere bene,
e poi amo i nordamericani: Capote, Hemingway, Salinger, Dos Passos,
Faulkner... scrittori che influiscono direttamente su di me, sopratutto
sul mio lavoro più recente».
Non ha citato Charles Bukowski, eppure
chi si è occupato di lei l'ha puntualmente definita “Il
Bukowski cubano".
«Ma via, queste sono trovate editoriali per vendere libri! Tra
l'altro Bukowoski non mi piace, è un autore ripetitivo e molto
superficiale, a differenza di un Raymond Carver... lui sì che
è stupendo, assolutamente straordinario».
Lei diceva di considerarsi un uomo sentimentale...
A leggere i suoi libri chiaramente autobiografici, quasi tutti scritti
in prima persona, col protagonista che si chiama addirittura Pedro Juan,
si direbbe piuttosto un uomo materico, carnale... E non è neppure
un mistero che Iei adora i sigari, l'alcol, il whisky più del
ron, e soprattutto le donne...
«Tutto vero, anche se un po' ho una novia, una fidanzata, un'amante,
un'amica, non saprei come definirla, e sto cercando di essere un po'
più serio».
Si è mai sposato?
«Mai, io non credo nel matrimonio. I miei quattro figli sono di
quattro donne diverse, cosa peraltro abbastanza normale a Cuba... Ma
sono un uomo sentimentale e anche spirituale».
In che senso?
«Nel senso che penso alla vita reale come a qualcosa di molto
limitato, e anche di abbastanza inconsistente. Sono certo che prima
e dopo c'è qualcosa di molto più importante, del tutto
estraneo al corpo... Tra l'altro io pratico yoga e meditazione, e coltivo
delle idee buddiste, anche se non ho mai pensato di chiudermi in un
monastero».
Lo avrei escluso ... C'è però
un'ultima domanda che vorrei farle: perché sente l'esigenza di
descrivere così realisticamente, e con tanta dovizia di dettagli,
una scena di sesso?
«Mi dice per quale motivo Io scrittore e il lettore dovrebbero
avere paura di una descrizione dell'atto sessuale?».
Non si tratta di paura, ma piuttosto del
suo senso letterario.
«Io credo di utilizzare il sesso sempre come un elemento drammatico,
mai in modo gratuito, e comunque un'autocensura mi sembrerebbe davvero
brutali quella corrección che c'è nella letteratura e
nel cinema... Noi non siamo anglosassoni, tedeschi o francesi: noi siamo
cubani, e per noi il sesso è la cosa più normale del mondo,
e la consideriamo una cosa meravigliosa. Gli elementi fondamentali della
nostra cultura sono l'erotismo e la musica: qui in qualsiasi casa si
mette sai salsa tutto il giorno e capita che si faccia sesso. Come un'espressione
d'amore o anche solo d'affetto. Come una carezza. Una cosa, ripeto,
assolutamente normale... Se scrivo una storia, perché non dovrei
parlarne? »
tratto da : www.edizioni-eo.it
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