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Agganci
Marcos y
Marcos, pag.190
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Trapianti
di capelli, monete rare, attrezzi da lavoro, cancelleria, toner
per fotocopiatrici, contratti per gas e riscaldamento, film
di serie B, spazi pubblicitari, fondi di investimento, porno,
cavi elettrici, lavanderie automatiche, vitamine, manuali per
Internet, sconti su telefonate interurbane.
Bruno Dante, sedicente scrittore e figlio d’arte, passa
da un’agenzia all’altra.
Los Angeles non sembra offrirgli niente di meglio.
Da qualche mese ha chiuso con l’alcol. Parrebbe aver messo
la testa a posto, non fosse per quella simpatica abitudine di
litigare con il proprio datore di lavoro e insultare cordialmente
l’intero genere umano.
Approda alla Orbit, la compagnia di Eddy Kammegian, a sua volta
ex alcolista.
Piazza toner e cartucce per stampanti, aggancia clienti meglio
di chiunque altro. Potrebbe mettersi il cuore in pace, abbandonare
i sogni di gloria, godersi l’oceano della California ed
essere un bravo americano.
Basterebbe non perdere per l’ennesima volta l’equilibrio
così faticosamente raggiunto.
Basterebbe non farsi licenziare in tronco.
Basterebbe non innamorarsi della donna sbagliata, e fare il
possibile per annegare la propria esistenza.
***
l'inizio...
Erano mesi che non scrivevo una parola, una
storia, niente di niente. E odiavo il mio lavoro. Ma in quel
momento non importava. Niente aveva importanza con il caldo.
Un'ora per svegliarmi del tutto, buttarmi addosso una camicia
e prepararmi per il lavoro. Mi tenevo alla larga da giovedì.
Fuori la strada era incandescente, si soffocava. Un'altra multa
per sosta vietata sotto il tergicristalli della mia Chrysler
di undici anni. La trai via e la feci a pezzettini, scagliandola
contro il cielo. Odiavo essere di nuovo a L.A. Odiavo non aver
bevuto niente da mesi. Odiavo perdere i capelli. Odiavo il mio
lavoro. Odiavo le sigarette senza filtro, la musica rap e gli
stupidi dentoni bianchi di Tom Cruise. E odiavo quel cazzo di
Ufficio Contravvenzioni.
Aprire la portiera della Chrysler fu un errore. Mi investì
la forza compressa che si accumula in un'auto chiusa lasciata
per giorni sotto il sole. Aria ferma pronta a esplodere, plastica
consunta, polvere che prende alla gola. Un chiaro avvertimento
di tornare in camera.
Ero in folle ritardo, quindi scaraventai il registro degli ordini
e i depliant sul sedile del passeggero, aspirai una boccata
di ossigeno rancido e infilai la chiave nel blocchetto dell'accensione.
Niente.
Provai di nuovo. Niente.
Ruotai completamente a sinistra la chiave per vedere se i contatti
elettrici, la strumentazione e tutto il resto funzionava. Ancora
niente.
Sentivo colare il sudore sulla fronte e dentro la camicia.
Provai in un altro modo, scuotendo e muovendo la chiave a piccoli
scatti, nella speranza che facesse contatto. In passato aveva
funzionato su altre macchine, in un'altra epoca, prima che la
vita mi si rivoltasse contro. Ma ora no. Ancora niente.
***
frammenti...
[...] lungo la strada per il negozio ebbi una
visione, un lampo di comprensione. La mia difficoltà
-il mio problema- non era la depressione, il bere, i fallimenti
al lavoro e nemmeno l'indefinita paura di avere qualche ingranaggio
fuori fase. Il mio problema era la gente.
E ne trovi ovunque. [...]
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