Edward Bunker

 

 

Il Primo Dio
Adelphi

 

Suicidio in Italia
(Pubblicato in 365 Days, New York ,1936)


Era un uomo bianco . Bianca la faccia e bianche le mani, bianco come uno spettro il suo spirito, la sua anima o come volete chiamarla.Viveva nel continuo timore che capitasse qualcosa per cui o la faccia o una qualsiasi altra parte del suo corpo prendesse un po’ di colore, per questo aveva poche idee, pochissime sensazioni e emozioni meno ancora. Nulla, grazie a un lungo esercizio, poteva farlo arrossire. Era , gentile lettore, un maniaco. Però nessuno , a causa della sua straordinaria mitezza, pensò mai a rinchiuderlo in manicomio. Questa venerazione per le cose bianche era in realtà molto strana e finì con l’avere un notevole e pernicioso effetto sulla sua stessa vita. Si lavava col latte, indossava solo vestiti bianchi, calze bianche, cappelli bianchi di panama. Era un peccato che i suoi capelli non fossero bianchi, ma non ci poteva fare nulla. Prese moglie, ma solo a matrimonio avvenuto poté comunicarle tutto il suo complicato rapporto con il Bianco. Sapeva di non poter pretendere che lei lo seguisse nella bianca tradizione. In realtà lei cercò spesso d’immischiarsi nel suo candore, ma lui non le prestò attenzione. Era un uomo tranquillo, paziente, quasi mansueto, quasi dolce, quasi un cristiano,quasi quasi quasi tutte queste cose. Però insieme litigavano molto spesso -cioè litigava lei, perché lui al massimo batteva le ciglia, per il timore che l’idea della sua eterna bianchezza potesse perdere il proprio incanto e mutarsi in giallo o in verde.Una volta litigarono aspramente. La lite giunse al colmo, quando la donna lasciò andare un ceffone sulla bianca, bianchissima faccia del marito. Allora si compì la breve , terribile tragedia : l’uomo non poté più dire bianca la sua bianca faccia. Era diventata rossa. Si è ucciso oggi, a sole ventiquattro ore dalla tragedia.


***

Tratto da GIORNO D’ESTATE
A Waldo Frank
…..

Tutti i miei giorni
sono in questa stanza,
si accalcano contro di me.
So quello che ho fatto, fatto male, sbagliato, frainteso,
quello che ho dimenticato, trascurato,
e ho perduto la mia giovinezza.

Tutti mi conoscono,
nessuno si meraviglia di me;
mi hanno assegnato un posto nel loro cervello,
mi hanno rimpicciolito e impacchettato
per gettarmi in un minuscolo
sporco angolo del loro cervello.

Tutti i miei giorni si affollano
contro di me; la mia giovinezza
non è che rimpianto e follia -
Follia…Cristo! Non sono ancora vecchio, non importa
ciò che vi ho detto, ciò che sono stato!
Non sono irreparabilmente compromesso,
non sono ancora perduto –

Per carità
lasciatemi libero!
Per carità
lasciatemi andare
con la mia giovinezza!

Ah, i vecchi giorni si affollano
contro il mio petto
tanto che il gran gesto liberatore
è impossibile.

…..

(settembre 1919)

 

***

UNA SIGNORA

Le sue labbra sono rose
che imputridiscono nell’acqua.

Le sue palpebre due avvizzite
viole.

I suoi occhi sono pozzanghere.

La sua voce è quella di un uccello
mentre lo strozzano.

La sua giovinezza, passando,
indugia nelle sue mani.
Esse si librano, fluttuando,
come due farfalle
sul cadavere della sua carne.

C’è un capriccio sinistro in lei,
come di una bocca morta
che sorrida.

Le sue gambe ben tornite
raccontano una impudente bugia.

La sua anima giace
nel disordine di un’orgia,
sulle cui ceneri e gli sparsi avanzi
pende, come fili di fumo azzurro,
una eleganza di piccoli gesti.

(marzo 1923)


 

 

 

 

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