ELEZIONI AMERICANE
I brogli e la disuguaglianza
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SERGIO FINARDI - DENVER
Il Manifesto, 1 Dicembre 2000

" La Federal Election Commission, per venire a capo della situazione della Florida, ha chiesto alla CIA la disponibilità di un suo team di esperti che hanno lavorato in Indonesia negli anni 50, in America Centrale e Latina negli anni 60 e 70 e in varie contrade africane, nonché recentemente nei Balcani, onde aiutare i dittatori nostri amici a contrastare e svelare i brogli elettorali perpetrati ai loro danni dalle opposizioni democratiche. Il team era tuttavia indisponibile perché già prestato qualche tempo fa al loro ex-capo, Bush senior". La notizia-burla circola "a sinistra", ma sia la destra che il centro hanno avanzato proposte di legge per modificare quello che in un intervento di qualche giorno prima delle elezioni definivo "uno dei meccanismi elettorali più cretini che le democrazie abbiano partorito". Tuttavia, poiché è d'uso ormai universale che le cause dei fenomeni non vengano mai toccate e si intervenga con cerotti solo sugli effetti si può dubitare che verranno rimosse le prime. Le cause delle cose che stanno succedendo meritano credo qualche considerazione. Siamo infatti di fronte a tre fenomeni qualitativamente differenti: da un lato, il rendersi evidente di una rete di piccole e grandi mafiosità che unisce molti rappresentanti dei "due" partiti e li induce a perpetrare veri e propri brogli; dall'altro, i gravi pasticci combinati dal far funzionare insieme per uno stesso evento elettorale complessivo legislazioni statali che sono differenti, con relativi sistemi di voto e di conta dei voti; infine, l'evidente incapacità dei "due" partiti di rivolgere l'attenzione, invece che a festa finita sulle dispute per le centinaia di voti, alle ragioni che spingono quasi 90 milioni di cittadini a non votare. Procedo per esemplificazioni, poiché i temi sono troppo ampi per una loro trattazione compiuta.
1. I brogli. Il caso, decisivo per le sorti del voto floridiano e che con riconteggi manuali e valutazioni soggettive non c'entra nulla e non sarà influenzato dalle decisioni della Corte suprema, è quello poco osservato della piccola contea di Seminole, nel centro-est della Florida, non lontana dal centro spaziale della contea di Brevard. Qui l'industria avanzata ha sostituito progressivamente le attività agricole e, in media, la popolazione di 330.000 persone ha un'età di 33 anni, con un reddito di circa 46 mila dollari. Il costo medio di una casa è di poco superiore ai 100 mila dollari, la disoccupazione si aggira sul 3%. Il voto della contea è andato consistentemente a Bush, che ha preso 75.790 voti, mentre a Gore sono andati 59.227 voti. In tale contea è avvenuta una cosa legalmente incredibile, che ha spinto gli avvocati di Gore a presentare ricorso il 17 novembre e il giudizio presso la corte locale è stato rimandato lunedì ad una udienza (attesa per mercoledì scorso) presso la corte centrale della Florida. I fatti sono i seguenti. I repubblicani, prima delle elezioni, inviano ai propri sostenitori migliaia di schede elettorali che si usano per coloro che non potranno votare nel giorno designato, chiedendo loro di spedirle poi alla stazione elettorale. Su 15.000, più di 4.700 schede arrivate non riportano però il numero di identificazione che ogni elettore deve apporre all'esterno onde certificare che quello è un voto di una persona reale e non di qualcuno che sta tentando di aumentare i voti al proprio candidato (un individuo, per esempio un organizzatore di partito, può richiedere tante schede di questo tipo quante ne vuole). Se votasse il 100% delle persone che ne hanno diritto, un eventuale imbroglio si potrebbe scoprire subito, ma dato che le percentuali di voto effettivo sono basse, non vi è modo di accorgersi di eventuali distonie (morti che votano, ecc.). In ogni caso, la commissaria elettorale della contea, Sandra Goard, repubblicana, rigetta giustamente tali schede come non valide. Poco dopo, approfittando della assenza del rappresentante democratico, i repubblicani fanno pressione perché le schede siano accettate e chiedono, ottenendolo incredibilmente dalla Goard, di utilizzare un loro database elettronico sui propri sostenitori per "aggiungere" a mano alle schede un numero di identificazione! I voti sono ovviamente per Bush. L'operazione è completamente illegale, checché ne potrà dire il giudizio finale. Se le schede verranno rimosse dal conteggio, non ci saranno voti "militari"
riaccettati che possano invertire il risultato finale della Florida che, a questo punto, sarebbe largamente favorevole a Gore. Un broglio è un broglio, direbbe fregandosi le mani quel team di cui si diceva all'inizio.
E vicini al broglio, o meglio al rimedio di un probabile broglio, si è andati anche in New Mexico, dove l'attribuzione dei 5 voti elettorali è rimasta a lungo in sospeso. E' stato scoperto in extremis che un "errore" di un computer della popolosa contea di Bernalillo aveva eliminato dalla conta circa 60.000 voti (un bel 10% dei votanti finali) e le schede relative erano oltretutto in parte scomparse per un bel po' e infine "ritrovate" in una cassa chiusa a chiave. Si rifanno i calcoli e i nuovi risultati danno un leggero vantaggio per Bush. Colpo di scena finale: ci si accorge che uno scrutatore ha "per errore" computato 620 voti per Gore inviati "in absentia" come fossero 120. Nuovo ricalcolo, Gore vince per circa 500 voti. Contare 620 voti per 120 è davvero un errore un po' strano.
Episodi, si dirà. La storia - anche recente, per non parlare di quella degli anni 40 e 50 - dice diversamente, ma la "guerra fredda" ha indotto sempre ad occultare il tutto. Se è vero che i "due" partiti si spartiscono il potere ai massimi livelli, ad altri livelli la corsa è vissuta sempre come l'ultima spiaggia per posti e prebende che cambiano consistentemente la vita. La passione politica, pur presente, induce errori non brogli.

2. La rappresentanza. L'intero sistema della rappresentanza si muove su tre elementi che sono totalmente differenti: le elezioni concernenti gli organi politici ed amministrativi a livello di Stati componenti la Federazione; le elezioni dei rappresentanti degli Stati nel Congresso e nel Senato federale; l'elezione del presidente e del vicepresidente della Federazione. E' evidente che, trattandosi di una federazione di Stati che hanno potere legislativo su molte e fondamentali materie (ad esempio elettorali), possano ben vigere, come in Europa, legislazioni elettorali differenti e per certi versi assolutamente differenti. Se l'elezione è relativa a cariche per quello Stato, non si producono distorsioni perché la cosa rimane confinata ad esso. Se tali legislazioni portano a eleggere rappresentanti nel livello federale si producono varie distorsioni. Le legislazioni elettorali degli Stati - minutamente osservate - dettano regole, possibilità di accesso alla formazione di liste elettorali, loro costi e disposizioni per il voto e il conteggio, che fanno a pugni una con l'altra, determinando ben prima del voto una diseguaglianza fondamentale nel grado di rappresentabilità degli interessi dei cittadini di fronte allo stesso evento elettorale. Assurde barriere alla presentazione di nuove liste hanno ad esempio impedito a Nader di presentarsi in 8 Stati (su 51 collegi generali).
E' importante notare, inoltre, che i sei (principali) sistemi materiali e tecnici in uso per le operazioni di voto e conteggio determinano almeno sei differenti tipi di cumulo statistico degli errori (ovvero un sistema produce certi tipi di accumuli di errori che sono fondamentalmente differenti da quelli accumulati da altri e distribuiscono, per conseguenza, in modo ineguale tali errori sui candidati). Nel caso di strettissimi margini che implicano riconteggi manuali si rende poi evidente che i sistemi non solo producono distribuzioni ineguali di errori, ma che il rimedio a tali errori implica l'introduzione di altri criteri di differente discrezionalità nel trattamento dei voti contestabili o contestati.
Infine, come è noto, negli Stati Uniti non si accede al voto in quanto cittadini, ma in quanto cittadini che esprimono una volontà attiva di votare, ovvero che si registrano nelle liste di quelli che possono votare e presso un apposito organismo locale (e lo devono fare ogni volta che cambiano circoscrizione elettorale). Ciò è derivato soprattutto da un vuoto regolativo che riguarda tutta la società. Non esistono, infatti, leggi relative alla costituzione obbligatoria di un documento d'identità, né tantomeno di un documento che attesti la residenza: per conseguenza non esiste un corrispettivo reale della nostra anagrafe a livello federale o statale ove si sia obbligati a comunicare residenza e sue modificazioni. Quindi non esiste nemmeno emissione e recapito di certificati elettorali agli aventi diritto in occasione delle elezioni. Di qui la necessità di un apposito atto di registrazione, facile per i cittadini educati o che sono attivi in qualche organizzazione e che si mobiliteranno (o per loro lo faranno gli staff di partito), non facile per altri cittadini per cui tale atto è un forte disincentivo al voto (difficile comprenderlo se non si ha idea di quale disperata miseria ed ignoranza siano piene le metropoli ricchissime di questo Paese, o di quale indifferenza alle più elementari attività civico-politiche sia presente in tanti ceti ed individui, a prescindere dai redditi a disposizione). Sostanzialmente, sono coloro che più avrebbero bisogno di rappresentanza politica collettiva a non registrarsi e non c'è nessun meccanismo incentivante (se ricevi un certificato elettorale a casa, non andare a votare prende l'aspetto di una decisione, il che è molto differente dal non averne coscienza).

3. I non-cittadini.A parte, noteremo che una delle conseguenze del sistema suddetto è un grave ritardo nella valutazione del corpo elettorale, delle percentuali di voto dei vari gruppi come definiti dalle categorie (cervellotiche) adottate dall'ufficio centrale di statistica e, conseguentemente, confusioni e distorsioni sull'immagine dell'America che vota o che non vota. Da me richiesta di comunicare il numero reale degli aventi diritto al voto, la sunnominata Federal Election Commission ha dichiarato candidamente di non avere il dato a disposizione, che sarà disponibile solo fra molti mesi. Tutti i calcoli sulle percentuali di voto rispetto agli aventi diritto e sui gruppi che hanno o meno votato diffuse in questi giorni dai media sono tutte invariabilmente sbagliate. Solitamente esse si riferiscono alla popolazione in età di voto (oggi 205 milioni) che comprende anche i non cittadini, con un aumento, secondo calcoli desumibili dai dati 1998, di circa 15 milioni di persone, con una evidente grave distorsione sui calcoli finali. Inoltre, per le comparazioni tra i gruppi etnico-sociali o razziali, vengono gravemente distorte le percentuali relative ad esempio al gruppo degli ispanici che comprende quasi una metà di non cittadini, o per il gruppo dei "neri" che comprende, oltre a svariate centinaia di migliaia di non cittadini, qualche milione di persone tra quelle che, pur cittadini, hanno perso il diritto di votare per varie (e spesso risibili) cause. Non riporto i dati per mancanza di spazio, ma per certi gruppi la percentuale di votanti sugli aventi effettivo diritto rispetto al calcolo su quella della popolazione in età di voto, implica variazione che vanno dal 20% al 30%.

4. I non-votanti. Sono circa 90 milioni, distribuiti soprattutto sulle categorie a reddito basso o molto basso (tutti i gruppi etnico-razziali); quelle con istruzione minima; quelle appartenenti a gruppi etnici di recente cittadinanza e provenienti da Paesi senza tradizioni democratiche (asiatici in particolare); quelle appartenenti a gruppi razziali o presunti tali che, come la popolazione cosiddetta "nera" sono generalmente indifferenti a messaggi che li prendono in considerazione solo per dir loro che devono darsi più da fare (Repubblicani), o che potranno forse avere un po' più di assistenza pubblica (Democratici). Limitandosi ad una delle principali cause del distacco di queste categorie dalle elezioni, specie presidenziali, si può dire che una campagna elettorale giocata su messaggi che devono mettere insieme situazioni abissalmente differenti da Stato a Stato pur entro categorie di reddito o condizione teoricamente apparentabili, produce l'effetto di far convogliare tali messaggi non solo sui sicuri votanti (parte dei ceti medi e alti), ma sul "centro" disputato di questi, lasciando perdere gli interessi di coloro che altre elezioni si mostrano come solitamente non-votanti. I "programmi" adatti per tale operazione sono surreali marmellate di genericità, di balorde visioni del mondo esterno modellate sui più triti luoghi comuni, su messaggi simbolici sui "compiti" presunti dell'America nel mondo. Un programma-spettacolo per cittadini-numero il cui successo si regge su elementi che hanno poco o niente a che fare con ciò che succederà dopo le elezioni. L'altra possibile scelta, quella di candidati come Nader, è di riferirsi ad istanze morali, politiche ed economiche precise ma generali e che però implicano comprensione dell'ambiente generale (e spesso non solo degli Stati Uniti), cosa che aliena dall'ascolto e dal consenso - anche se si avessero molti mezzi di comunicazione - una popolazione che non ha letteralmente nella sua maggioranza categorie e mezzi informativi per capirle.
Al contrario di ciò che si dice (elezione diretta del presidente invece del disputato sistema dei Grandi elettori), una migliore rappresentanza e una più alta affluenza al voto potrebbe essere garantita da un sistema mediato di elezione, non però quello dei Grandi elettori, ma quello della elezione del presidente da parte del Parlamento unito, che consentirebbe ai programmi e ai candidati al Parlamento di non schiacciare i loro programmi sulle banalità di quello presidenziale attuale, e di raggiungere poi una mediazione a livello federale sui caratteri e i programmi della presidenza al riparo della politica-spettacolo.

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