ELEZIONI AMERICANE
I brogli e la disuguaglianza
SERGIO FINARDI - DENVER
Il Manifesto, 1 Dicembre 2000
" L
1. I brogli. Il caso, decisivo per le sorti del voto floridiano e che con
riconteggi manuali e valutazioni soggettive non c'entra nulla e non sarà influenzato
dalle decisioni della Corte suprema, è quello poco osservato della piccola contea di
Seminole, nel centro-est della Florida, non lontana dal centro spaziale della contea di
Brevard. Qui l'industria avanzata ha sostituito progressivamente le attività agricole e,
in media, la popolazione di 330.000 persone ha un'età di 33 anni, con un reddito di circa
46 mila dollari. Il costo medio di una casa è di poco superiore ai 100 mila dollari, la
disoccupazione si aggira sul 3%. Il voto della contea è andato consistentemente a Bush,
che ha preso 75.790 voti, mentre a Gore sono andati 59.227 voti. In tale contea è
avvenuta una cosa legalmente incredibile, che ha spinto gli avvocati di Gore a presentare
ricorso il 17 novembre e il giudizio presso la corte locale è stato rimandato lunedì ad
una udienza (attesa per mercoledì scorso) presso la corte centrale della Florida. I fatti
sono i seguenti. I repubblicani, prima delle elezioni, inviano ai propri sostenitori
migliaia di schede elettorali che si usano per coloro che non potranno votare nel giorno
designato, chiedendo loro di spedirle poi alla stazione elettorale. Su 15.000, più di
4.700 schede arrivate non riportano però il numero di identificazione che ogni elettore
deve apporre all'esterno onde certificare che quello è un voto di una persona reale e non
di qualcuno che sta tentando di aumentare i voti al proprio candidato (un individuo, per
esempio un organizzatore di partito, può richiedere tante schede di questo tipo quante ne
vuole). Se votasse il 100% delle persone che ne hanno diritto, un eventuale imbroglio si
potrebbe scoprire subito, ma dato che le percentuali di voto effettivo sono basse, non vi
è modo di accorgersi di eventuali distonie (morti che votano, ecc.). In ogni caso, la
commissaria elettorale della contea, Sandra Goard, repubblicana, rigetta giustamente tali
schede come non valide. Poco dopo, approfittando della assenza del rappresentante
democratico, i repubblicani fanno pressione perché le schede siano accettate e chiedono,
ottenendolo incredibilmente dalla Goard, di utilizzare un loro database elettronico
sui propri sostenitori per "aggiungere" a mano alle schede un numero di
identificazione! I voti sono ovviamente per Bush. L'operazione è completamente illegale,
checché ne potrà dire il giudizio finale. Se le schede verranno rimosse dal conteggio,
non ci saranno voti "militari"
riaccettati che possano invertire il risultato finale della Florida che, a questo punto,
sarebbe largamente favorevole a Gore. Un broglio è un broglio, direbbe fregandosi le mani
quel team di cui si diceva all'inizio.
E vicini al broglio, o meglio al rimedio di un probabile broglio, si è andati anche in
New Mexico, dove l'attribuzione dei 5 voti elettorali è rimasta a lungo in sospeso. E'
stato scoperto in extremis che un "errore" di un computer della popolosa contea
di Bernalillo aveva eliminato dalla conta circa 60.000 voti (un bel 10% dei votanti
finali) e le schede relative erano oltretutto in parte scomparse per un bel po' e infine
"ritrovate" in una cassa chiusa a chiave. Si rifanno i calcoli e i nuovi
risultati danno un leggero vantaggio per Bush. Colpo di scena finale: ci si accorge che
uno scrutatore ha "per errore" computato 620 voti per Gore inviati "in
absentia" come fossero 120. Nuovo ricalcolo, Gore vince per circa 500 voti. Contare
620 voti per 120 è davvero un errore un po' strano.
Episodi, si dirà. La storia - anche recente, per non parlare di quella degli anni 40 e 50
- dice diversamente, ma la "guerra fredda" ha indotto sempre ad occultare il
tutto. Se è vero che i "due" partiti si spartiscono il potere ai massimi
livelli, ad altri livelli la corsa è vissuta sempre come l'ultima spiaggia per posti e
prebende che cambiano consistentemente la vita. La passione politica, pur presente, induce
errori non brogli.
2. La rappresentanza. L'intero sistema della
rappresentanza si muove su tre elementi che sono totalmente differenti: le elezioni
concernenti gli organi politici ed amministrativi a livello di Stati componenti la
Federazione; le elezioni dei rappresentanti degli Stati nel Congresso e nel Senato
federale; l'elezione del presidente e del vicepresidente della Federazione. E' evidente
che, trattandosi di una federazione di Stati che hanno potere legislativo su molte e
fondamentali materie (ad esempio elettorali), possano ben vigere, come in Europa,
legislazioni elettorali differenti e per certi versi assolutamente differenti. Se
l'elezione è relativa a cariche per quello Stato, non si producono distorsioni perché la
cosa rimane confinata ad esso. Se tali legislazioni portano a eleggere rappresentanti nel
livello federale si producono varie distorsioni. Le legislazioni elettorali degli Stati -
minutamente osservate - dettano regole, possibilità di accesso alla formazione di liste
elettorali, loro costi e disposizioni per il voto e il conteggio, che fanno a pugni una
con l'altra, determinando ben prima del voto una diseguaglianza fondamentale nel
grado di rappresentabilità degli interessi dei cittadini di fronte allo stesso evento
elettorale. Assurde barriere alla presentazione di nuove liste hanno ad esempio impedito a
Nader di presentarsi in 8 Stati (su 51 collegi generali).
E' importante notare, inoltre, che i sei (principali) sistemi materiali e tecnici in uso
per le operazioni di voto e conteggio determinano almeno sei differenti tipi di cumulo
statistico degli errori (ovvero un sistema produce certi tipi di accumuli di errori che
sono fondamentalmente differenti da quelli accumulati da altri e distribuiscono, per
conseguenza, in modo ineguale tali errori sui candidati). Nel caso di strettissimi margini
che implicano riconteggi manuali si rende poi evidente che i sistemi non solo producono
distribuzioni ineguali di errori, ma che il rimedio a tali errori implica l'introduzione
di altri criteri di differente discrezionalità nel trattamento dei voti contestabili o
contestati.
Infine, come è noto, negli Stati Uniti non si accede al voto in quanto cittadini, ma in
quanto cittadini che esprimono una volontà attiva di votare, ovvero che si registrano
nelle liste di quelli che possono votare e presso un apposito organismo locale (e lo
devono fare ogni volta che cambiano circoscrizione elettorale). Ciò è derivato soprattutto
da un vuoto regolativo che riguarda tutta la società. Non esistono, infatti, leggi
relative alla costituzione obbligatoria di un documento d'identità, né tantomeno
di un documento che attesti la residenza: per conseguenza non esiste un corrispettivo
reale della nostra anagrafe a livello federale o statale ove si sia obbligati a comunicare
residenza e sue modificazioni. Quindi non esiste nemmeno emissione e recapito di
certificati elettorali agli aventi diritto in occasione delle elezioni. Di qui la
necessità di un apposito atto di registrazione, facile per i cittadini educati o che sono
attivi in qualche organizzazione e che si mobiliteranno (o per loro lo faranno gli staff
di partito), non facile per altri cittadini per cui tale atto è un forte disincentivo al
voto (difficile comprenderlo se non si ha idea di quale disperata miseria ed ignoranza
siano piene le metropoli ricchissime di questo Paese, o di quale indifferenza alle più
elementari attività civico-politiche sia presente in tanti ceti ed individui, a
prescindere dai redditi a disposizione). Sostanzialmente, sono coloro che più avrebbero
bisogno di rappresentanza politica collettiva a non registrarsi e non c'è nessun
meccanismo incentivante (se ricevi un certificato elettorale a casa, non andare a votare
prende l'aspetto di una decisione, il che è molto differente dal non averne coscienza).
3. I non-cittadini.A parte, noteremo che una
delle conseguenze del sistema suddetto è un grave ritardo nella valutazione del corpo
elettorale, delle percentuali di voto dei vari gruppi come definiti dalle categorie
(cervellotiche) adottate dall'ufficio centrale di statistica e, conseguentemente,
confusioni e distorsioni sull'immagine dell'America che vota o che non vota. Da me
richiesta di comunicare il numero reale degli aventi diritto al voto, la sunnominata
Federal Election Commission ha dichiarato candidamente di non avere il dato a
disposizione, che sarà disponibile solo fra molti mesi. Tutti i calcoli sulle percentuali
di voto rispetto agli aventi diritto e sui gruppi che hanno o meno votato diffuse in
questi giorni dai media sono tutte invariabilmente sbagliate. Solitamente esse si
riferiscono alla popolazione in età di voto (oggi 205 milioni) che comprende anche i non
cittadini, con un aumento, secondo calcoli desumibili dai dati 1998, di circa 15 milioni
di persone, con una evidente grave distorsione sui calcoli finali. Inoltre, per le
comparazioni tra i gruppi etnico-sociali o razziali, vengono gravemente distorte le
percentuali relative ad esempio al gruppo degli ispanici che comprende quasi una metà di
non cittadini, o per il gruppo dei "neri" che comprende, oltre a svariate
centinaia di migliaia di non cittadini, qualche milione di persone tra quelle che, pur
cittadini, hanno perso il diritto di votare per varie (e spesso risibili) cause. Non
riporto i dati per mancanza di spazio, ma per certi gruppi la percentuale di votanti sugli
aventi effettivo diritto rispetto al calcolo su quella della popolazione in età di voto,
implica variazione che vanno dal 20% al 30%.
4. I non-votanti. Sono circa 90 milioni,
distribuiti soprattutto sulle categorie a reddito basso o molto basso (tutti i gruppi
etnico-razziali); quelle con istruzione minima; quelle appartenenti a gruppi etnici di
recente cittadinanza e provenienti da Paesi senza tradizioni democratiche (asiatici in
particolare); quelle appartenenti a gruppi razziali o presunti tali che, come la
popolazione cosiddetta "nera" sono generalmente indifferenti a messaggi che li
prendono in considerazione solo per dir loro che devono darsi più da fare (Repubblicani),
o che potranno forse avere un po' più di assistenza pubblica (Democratici). Limitandosi
ad una delle principali cause del distacco di queste categorie dalle elezioni, specie
presidenziali, si può dire che una campagna elettorale giocata su messaggi che devono
mettere insieme situazioni abissalmente differenti da Stato a Stato pur entro categorie di
reddito o condizione teoricamente apparentabili, produce l'effetto di far convogliare tali
messaggi non solo sui sicuri votanti (parte dei ceti medi e alti), ma sul
"centro" disputato di questi, lasciando perdere gli interessi di coloro che
altre elezioni si mostrano come solitamente non-votanti. I "programmi" adatti
per tale operazione sono surreali marmellate di genericità, di balorde visioni del mondo
esterno modellate sui più triti luoghi comuni, su messaggi simbolici sui
"compiti" presunti dell'America nel mondo. Un programma-spettacolo per
cittadini-numero il cui successo si regge su elementi che hanno poco o niente a che fare
con ciò che succederà dopo le elezioni. L'altra possibile scelta, quella di candidati
come Nader, è di riferirsi ad istanze morali, politiche ed economiche precise ma generali
e che però implicano comprensione dell'ambiente generale (e spesso non solo degli Stati
Uniti), cosa che aliena dall'ascolto e dal consenso - anche se si avessero molti mezzi di
comunicazione - una popolazione che non ha letteralmente nella sua maggioranza categorie e
mezzi informativi per capirle.
Al contrario di ciò che si dice (elezione diretta del presidente invece del disputato
sistema dei Grandi elettori), una migliore rappresentanza e una più alta affluenza al
voto potrebbe essere garantita da un sistema mediato di elezione, non però quello dei
Grandi elettori, ma quello della elezione del presidente da parte del Parlamento unito,
che consentirebbe ai programmi e ai candidati al Parlamento di non schiacciare i loro
programmi sulle banalità di quello presidenziale attuale, e di raggiungere poi una
mediazione a livello federale sui caratteri e i programmi della presidenza al riparo della
politica-spettacolo.
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