29 Novembre 2000
Il grande boom della statistica
MARCO D'ERAMO - INVIATO A CHICAGO
Dal 1987 al 1997, la produttività nei giornali americani è scesa del
2,3% l'anno: è l'ultimo periodo per cui sono disponibili statistiche del Dipartimento del
Lavoro Usa sulla produttività nell'informazione su carta, ma è anche il periodo in cui
più intensa è stata l'introduzione dei computer e dell'informatica nei giornali. Questo
dato dice che l'introduzione dei calcolatori ha ridotto, non aumentato la
produttività nei quotidiani. E' un dato che va contro il senso comune e che in un certo
senso comprova l'esperienza soggettiva e personale: è vero che il computer ha tagliato i
tipografi e i correttori di bozze, ma ha enormemente appesantito il lavoro dei grafici e
dei redattori (senza contare che ha richiesto l'assunzione di tecnici di computer): il
risultato è per lo meno dubbio, visto che il numero dei dipendenti è aumentato e che
questi dipendenti lavorano più a lungo per produrre quotidiani che di solito non sono né
migliori né più compendiosi dei precedenti (sono molti più ghirigorati nella grafica,
questo sì).
E non è l'unico dato che va contro il senso comune. Circa i quattro quinti di tutti gli
investimenti in computer e tecnologia dell'informazione hanno luogo in tre soli settori:
commercio al dettaglio e all'ingrosso; finanza, assicurazioni e agenzie immobiliari; e
servizi professionali. Ora, in questi tre settori, la produttività ha stagnato e non è
affatto schizzata in alto come sarebbe stato normale prevedere. Anzi, nelle banche
commerciali, nei cinque anni tra il 1995 e il 1998, la produttività è diminuita rispetto
al quinquennio precedente, sempre secondo le statistiche dell'Ufficio del Lavoro Usa.
Questi dati spingono a chiederci se davvero l'introduzione dei computer e dell'informatica
ha fatto aumentare la produzione come ci viene detto. E, se caso mai i computer non hanno
avuto l'impatto formidabile che ci propalano, viene da chiedersi a cosa serva esattamente
l'introduzione dei computer, che finalità abbia e in che modo rivoluzioni il lavoro
(perché non c'è dubbio che, produttività a parte, rivoluzione c'è stata e c'è).
Sul primo interrogativo, sull'effettivo ruolo dell'informatica nella crescita della
produttività, saccheggio qui un lungo articolo di John Cassidy apparso sul New Yorker.
Ed è un interrogativo che mette in discussione l'interpretazione economica corrente
dell'attuale boom americano. Guidati dal presidente della Federal Reserve, Alan
Greenspan, i cantori della Nuova Economia sostengono infatti che il lungo ciclo economico
di crescita senza pressioni inflazionistiche e senza grandi tensioni sul costo del lavoro
è dovuto al continuo aumento della produttività innescato dalla rivoluzione informatica
e dall'introduzione dei computer. A prima vista, le cifre gli danno ragione: dal secondo
trimestre 1995 al secondo trimestre di quest'anno, nel settore non agricolo la
produttività è aumentata al ritmo del 2,9% l'anno, contro per esempio l'1,4% tra il 1973
e il 1995: il doppio di allora, un ritmo pari solo a quello del secondo dopoguerra: 2,9%
tra il 1947 e il 1973. La differenza è enorme perché, come osserva Cassidy, al 2,9%
annuo, ci vogliono 24 anni per raddoppiare il livello di vita, mentre al ritmo di 1,4% ce
ne vogliono più di 50.
Però le cifre possono ingannare. Per parecchie ragioni. Il primo fattore di miraggio
ottico è appunto l'hedonic pricing (vedi articolo accanto). Usando questa tecnica,
gli statistici attribuiscono al settore hightech un quarto della crescita media del
periodo 1995-99, lo 0,9 del 3,8%. Ma se un terzo di questa crescita è (come è)
attribuibile al meccanismo dell'hedonic pricing, da esso dipende un settimo
dell'aumento di produttività tra il 1995 e il 1999.
Il secondo fattore è il ciclo economico. Durante i periodi di crescita, uomini e
macchinari sono usati più intensivamente (oggi il tasso di utilizzo dei macchinari negli
Usa si aggira sul 90%, una cifra incredibile): è naturale perciò che la produttività
aumenti più rapidamente in periodi di boom. Per avere quindi un'idea dell'impatto
dei computer sulla produttività bisogna depurare i dati dal fattore ciclico e prendere in
considerazione insieme la fase recessiva e quella di crescita. Guardando perciò tra oggi
e il gennaio 1991, data di inizio dell'ultima recessione, otteniamo un aumento della
produttività del 2% e non più del 2,9%. Un tasso che, rispetto all'1,5% del ciclo
precedente (1982-1990) rappresenta un incremento dello 0,5%, un aumento sì, ma non più
così fantastico. Se poi questo 2% viene depurato del fattore hedonic pricing,
cioè viene ridotto di un settimo, allora tra il 1991 e il 1990 la produttività sarebbe
aumentata solo dell'1,7%, cioè un irrilevante 0,2% in più del decennio precedente.
A tutto questo bisogna poi aggiungere tre considerazioni dirompenti.
1) Come scrive Cassidy: "Lo stupefacente nell'aumento di produttività è quanta
parte di esso si concentri in ditte che producono tecnologia informatica piuttosto
che in ditte che usano tecnologia informatica. Tra il 1995 e il 1997 i lavoratori
di ditte che producono computer, come Dell e Compaq, hanno aumentato la loro produttività
a un ritmo annuo del 42,3%. I lavoratori di ditte che producono componenti e accessori,
come Cysco Systems, hanno aumentato la loro produttività del 23,3% l'anno. Il settore dei
computer, che include calcolatori, periferiche e software, genera circa un trentesimo
del Pil, a pesa per circa un terzo nell'aumento di produttività degli ultimi
anni".
2) Nel settore manifatturiero tradizionale (auto, aerei...) la produttività è sì
cresciuta negli ultimi anni, ma quest'aumento è imputabile non tanto all'introduzione
dell'informatica, quanto a una diversa organizzazione del lavoro, al "just in time"
che solo negli anni '90 gli Stati uniti hanno copiato dal Giappone.
3) Nelle statistiche c'è un buco inevitabile. Proprio i computer e l'informatica hanno
dilatato enormemente le ore di lavoro che - in particolare nel terziario, ma non solo - i
dipendenti svolgono fuori dall'orario di ufficio, a casa, durante il tragitto in treno o
in aereo. Tutte ore di lavoro che osserviamo e sperimentiamo di continuo, ma che nessun
apparato statistico è in grado di conteggiare. Ore di lavoro nascoste che andrebbero a
diminuire la produttività.
In effetti, al di là delle statistiche, l'esperienza personale di tutti noi che abbiamo a
che fare con queste straordinarie bestie, è che con esse lavoriamo di più, non di meno.
Rispetto alle altre grandi innovazioni tecnologiche del passato, l'informatica ha infatti
caratteristiche singolari di cui almeno tre possono essere esemplificate:
1) a differenza del telaio meccanico o della catena di montaggio, il computer è uno
strumento distraente: nessuno poteva giocare con la catena di montaggio o spedire
lettere intime sul telaio meccanico. Oggi invece, in qualunque posto di lavoro si entri, i
dipendenti stanno sì tutti di fronte a un computer acceso, ma la metà di loro sta
videogiocando o sta sbrigando la propria posta elettronica.
2) Uno studio sui lavoratori dell'Ibm ha mostrato che le lettere battute a macchina o
scritte a mano venivano modificate in media otto volte ciascuna. Le lettere prodotte su un
word processor vengono modificate in media 41 volte, senza nessuna apprezzabile
differenza di qualità.
3) Il commercio elettronico, in particolare il B2C ("B to C", business to
consumer) è possibile solo disponendo di una gran copia di galoppini che costano
poco, per consegnare a domicilio i beni comprati in rete. Ma una tale abbondanza di forza
lavoro a buon mercato spinge ad assumere con larghezza (anche perché è licenziabile a
piacere) e quindi ridiminuisce la produttività.
In definitiva risulta che i computer e l'informatica aumentano tantissimo la produttività
... nell'informatica. Possono aiutare, ma non sono decisivi nella crescita di
produttività degli altri settori manifatturieri. La loro influenza è discutibile o
addirittura controproducente nei servizi. Ciononostante, servizi, banche e terziario in
generale sono i settori in cui più pesante è stata l'informatizzazione. Viene da
chiedersi se il suo scopo era non tanto quello di aumentare la produttività, quanto
d'imporre un altro modello di comando, di organizzazione del lavoro, di controllo e di
catena gerarchica.