In modo solenne, l'itinerario della Via Crucis viene ripercorso ogni anno in occasione del Venerdì Santo e del venerdì precedente la Festa della Sacra Spina (14 settembre, Esaltazione della Santa Croce). Così scrive Chetti Barni nel volume Immagini Sacre, edito (1996) dal Comune di Quarrata e dalla Banca di Credito Cooperativo di Vignole: "I quattordici episodi della Via Crucis (di Colle - ndr). Lastre cuspidate a basso rilievo in maiolica policroma, 62x42 cm. Manifattura toscana 1937. A caratteri capitali di colore nero, nella balza inferiore di ciascuna lastra, si trova la parola: STAZIONE con il rispettivo numero romano. In buono stato di conservazione malgrado qualche sbrecciatura. Le lastre cuspidate sono contornate da una fascia bianca decorata con una sorta di dentellatura, da una balza inferiore e da cornici modanate profilate di nero. Sul fondo giallo delle maioliche, incise con una sorta di quadrettatura, si stagliano a basso rilievo le figure di colore bianco. La loro impostazione classicheggiante, le forme esili e allungate, come la resa composta dei panneggi manifestano una manifattura accurata che le contraddistingue in tutte le scene. Furono i francescani che in Occidente introdussero nel tardo Medioevo il rituale della Via Crucis: una sorta di processione nelle navate delle chiese o per le vie, con soste che rievocano quelle compiute da Cristo. Le stazioni erano in origine sette, poi aumentarono a quattordici, numero rimasto invariato fino ad oggi (in realtà oggi, spesso, si usa aggiungere la quindicesima, raffigurando la resurrezione, come ad invitare alla speranza oltre ogni prova della vita - ndr)". |
Percorriamo insieme questo itinerario
spirituale
di Nadia Pacchioni.
La
“Via Crucis”
è una antica pratica devozionale in uso in tutti i luoghi santi e
particolarmente a Gerusalemme. Già nel V secolo abbiamo notizie
della sua presenza anche in occidente ad opera di San Petronio. Nel
1393 furono introdotti dei mutamenti nello svolgimento della
preghiera da due frati carmelitani: nel 1420 se ne occupò,
apportando altre modifiche, Alvaro da Cordova e nel 1490 Eustachio
da Messina. Tale pratica non era ancora come noi la conosciamo e
possedeva stazioni diverse per soggetto e ordine, successive
modifiche hanno portato all’assetto attuale.
Gli
episodi ricordati non sono tutti riconducibili agli scritti
canonici, molti appartengono alla tradizione apocrifa, ma non per
questo sono meno suggestivi o dobbiamo ritenerli meno credibili.
Rivivere la Passione del Signore, in particolar modo nel periodo
della Pasqua, è una cosa molto sentita e benefica per lo spirito.
Stazione prima:
Gesù condannato. |
Ti adoriamo
Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai
redento il mondo.
“…dichiaro
pubblicamente a tutti che io muoio volentieri per Dio, se
voi non me lo impedirete… Lasciatemi essere pasto delle
belve, per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio.
Sono frumento di Dio e vengo macinato dai denti delle belve
per diventare immacolato pane di Cristo.” (Ignazio di
Antiochia detto Teoforo)
Come Cristo,
Ignazio si avvia verso la condanna volontariamente. Il
martirio è il mezzo per raggiungere Dio, il solo modo di
imitare il Signore. Cristo doveva essere incolpato e
condannato, doveva morire colpevole di fronte al mondo.
Erode, Pilato e i sommi sacerdoti del Sinedrio lo
interrogano ma il Signore tace, non si difende. La sua
condanna diventa legale: viene identificato con un
malfattore, un bestemmiatore e la bestemmia implica la
morte.
Pur nella condanna il suo silenzio vince. Pilato,
meravigliato afferma: ”io sono innocente del sangue di
questo giusto…”(Mt 27,24), tuttavia non può cancellare dalle
sue mani quel sangue perché non si comporta da giudice
retto. Anche noi stiamo attenti perché spesso, pur non
partecipando direttamente ad azioni malvagie, vi assistiamo
passivamente e, con semplicistica superficialità affermiamo
come Pilato: ”IO SONO INNOCENTE”. Pater / Ave / Gloria |
Stazione seconda: Gesù
riceve la croce |
Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo
/ perché con la tua santa croce hai redento il mondo. “Abramo prese la legna dell’olocausto e
la caricò sul figlio Isacco…” (Gen. 22,6)
Il Patriarca
Abramo conduce al sacrificio Isacco, il figlio della
promessa. Questa sconcertante immagine e la sua analogia con
Cristo che porta sulle spalle la croce, è la prefigurazione
della morte violenta del Signore. Isacco è risparmiato: un
ariete si impiglia in un cespuglio ed è prescelto come
vittima. L’ariete e Isacco sono il simbolo di Cristo nostro
Dio con la sua duplice natura: Dio perfetto e uomo perfetto.
“In quanto Dio per natura si conservò nell’impassibilità; in
quanto uomo offrì se stesso come vittima innocente al Padre
in un cespuglio di Sabec che significa redenzione” (Giovanni
Damasceno).
La condanna di
Cristo è la morte di croce. Portò nella sua carne l’umanità
intera con tutti i suoi peccati, la sua maledizione, la sua
vergogna. “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della
legge diventando lui stesso maledizione per noi, come sta
scritto: maledetto chi pende dal legno”(Gal.3,13).
Quando
tracciamo su di noi il segno della croce, ricordiamo che con
questo gesto, imitiamo Cristo: mettiamo la croce sul nostro
corpo, accettiamo il suo stesso martirio in vista della
ricompensa. Pater / Ave / Gloria |
Stazione terza: Gesù cade sotto la croce |
Ti adoriamo
Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai
redento il mondo.
Pater / Ave / Gloria
|
Stazione quarta: L'incontro con la Madre |
Ti adoriamo Cristo e ti
benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il
mondo.
“Portami accanto a te, affinchè dove sei tu, frutto delle
mie viscere, sia anch’io, nella tua stessa dimora: mi sento
attratta verso di te che sei disceso in me cancellando ogni
distanza…” (Giovanni Damasceno)
Immaginiamo quale strazio prova una madre nel vedere il
proprio figlio innocente deriso, torturato, umiliato,
condannato. Vorrebbe essere al suo posto, alleviargli le
sofferenze, portare il suo peso. Così la Madre di Dio si
avvicina al figlio nell’ultimo tentativo di unirsi a lui, a
quella sorte che certo non ignorava. “… e una spada ti trafiggerà il cuore…” (Lc 1,35) dice la profezia del vecchio Simeone. L’uomo non può liberarsi dalla corruzione, solo il Verbo, con un intervento simile alla creazione può farlo. Per questo si unisce alla carne pura di una Vergine, dimora in lei con la sua potenza sostanziale, per questo “essa partecipò nell’agire e nel patire all’opera di annientamento che è l’innalzamento del figlio” (Gregorio Palamas). Ora la vediamo vicino a Gesù come ogni altra madre e attraverso di lei uniamoci anche noi a tutte quelle donne che ogni giorno assistono alla morte dei propri figli, ne accolgono le sofferenze. Condividiamo anche noi “l’agire e il patire” della Madre di Dio perché presto il mondo sia migliore. Pater / Ave / Gloria |
Stazione
quinta: L'incontro
con il cireneo
Ti adoriamo
Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai
redento il mondo.
Perché il peso della croce viene portato anche dal Cireneo?
Non sappiamo bene chi fosse ma questo ha poca importanza
rispetto al fatto narrato: il simbolo di sofferenza e di
gloria, la croce, passa dalle spalle del Signore a quelle di
un discepolo.
“Se
uno di voi vuole venirmi dietro rinneghi se stesso, si
addossi la propria croce e mi segua.”( Mt 16,24)
Sono parole chiare che Cristo rivolge ai discepoli. Seguirlo
non è una facile impresa perché l’uomo deve risalire
dall’abisso dei suoi peccati fino alla vetta dell’amore di
Dio, fino all’estrema ricompensa. I peccati, le cattive
azioni, pesano sulle spalle come macigni, come croci e
soprattutto pesa il rimorso. Contrariamente ai Farisei, i
quali “confezionano pesi e li pongono sulle spalle degli
uomini“ (Mt 23,4), qui c’è Dio stesso nella persona del
Verbo venuto per condividere con noi il pesante fardello del
peccato.
Con il Battesimo prima, e con la Confessione poi, il Signore
ci ha dato la possibilità di liberarci dal peccato: Lui
stesso lo porta su di sé, al nostro posto fino alla croce,
fino al Padre. Quello che resta all’uomo è un sano rimorso
come monito per non sbagliare in futuro. Pater / Ave / Gloria |
Stazione sesta: Gesù asciugato da Santa Veronica
Ti adoriamo
Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai
redento il mondo.
La tradizione ci racconta che, su questo lenzuolo rimase
impressa l’immagine del Salvatore. Ma il senso da ricercare
in questo gesto è un altro. Prima di tutto sottolinea il
rapporto di Gesù con le donne che hanno ruoli importanti
nella sua vita terrena. Questa discepola non può aiutarlo,
non può materialmente sollevarlo dalla croce tuttavia, con
tenerezza gli asciuga il volto, compatisce la sua
sofferenza. Ricorda un’altra donna che “si avvicinò con un
vaso di alabastro di olio profumato e molto prezioso, e
glielo versò sul capo“ (Mt 26,6).
Sembrava una cosa inutile anzi uno spreco, ma il Signore
apprezzò e lodò questo gesto simbolico prefigurante la sua
sepoltura.
Ogni nostra azione è vista e giudicata da Dio: nessuna può
esser sottovalutata o catalogata come banale. Talvolta una
piccola cosa può fare tanto bene al cuore; altre volte un
gesto apparentemente innocente può provocare gravi
conseguenze. |
Stazione
settima: Gesù cade
sotto la croce per la seconda volta
Ti adoriamo
Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai
redento il mondo.
Ancora una volta il Signore cade a terra, il suo corpo umano
è fiaccato dalla sofferenza e dalla fatica. E’ la
dimostrazione che Cristo possiede un’umanità perfetta dotata
di propria volontà. Apertamente lo stesso Verbo, nell’Orto
degli Ulivi supplica: “Padre, se è possibile si allontani da
me il calice.” (Mt 26,39).
Il suo essere uomo non è immune dai sentimenti; la sua
posizione davanti al Padre, in origine non gli apparteneva;
la sua carne assolutamente santa si rifiutava di
portare così gravi peccati. “La volontà del Figlio ormai
comprendeva un elemento che non era suo e che era l’apporto
della carne umana che egli aveva assunto.“ ( Matta El Meskin,
monaco arabo contemporaneo).
Il Padre rifiuta per tre volte la richiesta del Figlio
incarnato, che accetta di bere il calice dei peccati
dell’umanità per obbedienza: “non sia fatta la mia ma la tua
volontà” (Lc. 22,42).E’ sempre più difficile rialzarsi da
terra, sempre più duro sottomettere la propria volontà a
quella del Padre, ma Cristo Gesù si rialza e questo è per
noi un grande insegnamento. Non c’è dolore, fatica o
supplizio che possa fargli cambiare la strada. Il Signore,
come anche i martiri dopo di Lui, va incontro alla morte
senza paura.
“Chiedete per me la forza interiore ed esteriore, perché non
solo parli ma anche sia deciso, non solo venga chiamato
cristiano ma lo sia realmente…”
(Ignazio di Antiochia detto Teoforo). |
Stazione ottava: Gesù consola le donne piangenti
Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo /
perché con la tua santa croce hai redento il mondo. “Lo seguiva una gran folla di popolo e di
donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di
lui. Ma Gesù
voltandosi verso le donne disse: - Figlie di Gerusalemme non
piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri
figli.” ( Lc. 23,27-28)
Sullo sfondo della scena della Passione vediamo madri,
sorelle, figlie che hanno seguito la Madre di Dio e sono
rimaste con lei per confortarla nel momento del dolore. Si
accostano al Signore Gesù, ma egli le rimprovera perché non
hanno capito il senso di quella morte, della sua morte che
sarà salvezza per il credente, gloria per il giusto.
La loro fede non è ancora completa. Come potranno
trasmetterla ai loro figli?
E’ una esortazione a crescere, a cambiare completamente il
modo di vedere le cose: l’umiliazione della croce è trionfo;
la sofferenza offerta d’amore; la morte è la vita eterna.
Quello che per l’uomo è follia è saggezza per il Signore.
Impariamo anche noi a fare violenza al buonsenso,
convertiamo il nostro cuore, accettiamo la follia della
croce di Cristo per “raggiungere Dio ed essere trovati sulle
orme di Paolo.” ( Ignazio di Antiochia detto Teoforo) |
“Vi
scrivo mentre sono vivo ma desidero fortemente morire… Sento l’acqua
viva che mi parla dentro e mi dice: - Vieni al Padre.“ ( Ignazio di
Antiochia detto Teoforo)
Forse
questo pensiero è anche quello del Signore che ormai è senza più
forza se non quella della sua volontà e la cima del Calvario gli
appare come una meta desiderata. Egli sa che la sua gloria perfetta
sarà la morte; l’infamia della croce si trasformerà in esaltazione;
che la sua incarnazione deve raggiungere il fine che il Padre ha
promesso: preparare l’umanità nuova ad innalzarsi con lui.
Se noi togliamo al Verbo le proprietà della
sostanza umana danneggiamo questa unione straordinaria, mediante la
quale egli, essendo Dio, ha potuto nella sua incircoscrivibilità
comprendere non solo un uomo, ma l’umanità intera.
Come ci
insegna Cirillo di Alessandria, il Signore accetta per noi le
sofferenze dimostrando che è possibile lottare contro la natura ed
allontanare il timore della morte. I Santi Martiri che sono andati
volontariamente contro la morte e le torture non sono inferiori a
Cristo.
“Io cerco
colui che è morto per noi; voglio colui che è risorto per noi. Il
momento della mia nascita è imminente… non impeditemi di nascere
alla vita… lasciatemi raggiungere la pura luce. Giunto là sarò uomo
davvero.” ( Ignazio di Antiochia detto Teoforo)
Anche noi
riflettiamo sulle parole di Ignazio: essere cristiani significa
rendere testimonianza a Cristo nostro Dio affinchè tutti possano
“riconoscere l’albero dai frutti “.
Pater / Ave / Gloria
Stazione nona:
Gesù cade sotto la croce per la terza volta
Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo
/ perché con la tua santa croce hai redento il mondo.
Forse questo
pensiero è anche quello del Signore che ormai è senza più
forza se non quella della sua volontà e la cima del Calvario
gli appare come una meta desiderata. Egli sa che la sua
gloria perfetta sarà la morte; l’infamia della croce si
trasformerà in esaltazione; che la sua incarnazione deve
raggiungere il fine che il Padre ha promesso: preparare
l’umanità nuova ad innalzarsi con lui.
Se noi
togliamo al Verbo le proprietà della sostanza umana
danneggiamo questa unione straordinaria, mediante la quale
egli, essendo Dio, ha potuto nella sua incircoscrivibilità
comprendere non solo un uomo, ma l’umanità intera.
Come ci
insegna Cirillo di Alessandria, il Signore accetta per noi
le sofferenze dimostrando che è possibile lottare contro la
natura ed allontanare il timore della morte. I Santi Martiri
che sono andati volontariamente contro la morte e le torture
non sono inferiori a Cristo.
“Io cerco colui che è morto per noi; voglio colui che è
risorto per noi. Il momento della mia nascita è imminente…
non impeditemi di nascere alla vita… lasciatemi raggiungere
la pura luce. Giunto là sarò uomo davvero.” ( Ignazio di
Antiochia detto Teoforo)
Anche noi riflettiamo sulle parole di Ignazio: essere
cristiani significa rendere testimonianza a Cristo nostro
Dio affinchè tutti possano “riconoscere l’albero dai frutti
“. Pater / Ave / Gloria |
Stazione decima:
Gesù spogliato |
Ti adoriamo
Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai
redento il mondo.
“Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo
Gesù il quale, pur essendo di natura divina, non considerò
un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se
stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile
agli uomini.“ ( Fil 2,5-6)
Affinchè il Figlio di Dio potesse discendere sulla terra e
assumere la condizione umana, bisognava che annientasse se
stesso (kenosi), si spogliasse della sua gloria
divina senza lasciare la condizione divina. E’ il primo atto
che il Verbo compie nei cieli per preparare la creazione
dell’umanità nuova. Similmente a ciò che è avvenuto nei
cieli ora il Signore, si lascia spogliare delle sue vesti.
Togliere le vesti ad un uomo significa togliergli la
dignità, mettere a nudo il suo essere più profondo, esporlo
alla vergogna.
Già come Dio, aveva annullato se stesso e oggi prima di
salire sulla croce che segna il culmine della sua
umiliazione umana, gli vengono tolti la tunica, che
rappresenta la sua integrità, essendo tessuta in un unico
pezzo e il mantello, che rappresenta la sua regalità. E’
stupenda l’analogia che troviamo nella descrizione di questi
due avvenimenti: la duplice natura del Figlio va incontro
alla stessa sorte.
“Colui
che aveva rivestito di tuniche di pelle i progenitori, si
lascia spogliare in vista della croce per rivestirci, dopo
averci spogliato della mortalità con la bellezza
dell’immortalità.“ (Giovanni Damasceno)
Pensiamo a quanti essere umani ogni giorno vengono spogliati
della propria dignità!
Quanti poveri cristi abbiamo davanti e neppure ce ne
accorgiamo!
Pater / Ave / Gloria |
Stazione
undicesima: Gesù
inchiodato in croce
Ti adoriamo
Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai
redento il mondo.
“Al legno della conoscenza si contrappone il legno della
vita.” ( Sal 80 (79), 2)
Le mani divine che plasmarono l’uomo dalla terra sono stese
sulla croce e i chiodi trafiggono i polsi. Il legno che
provocò la distruzione oggi è lavato dal sangue del Signore:
“Gesù fu veramente inchiodato nella carne per noi: dal
frutto di lui, dalla sua Passione divinamente felice noi
siamo derivati… soffrì per noi realmente come realmente
resuscitò.“ ( Ignazio di Antiochia detto Teoforo)
Forse rimarremo stupiti dalle parole di Ignazio che chiama “
felice “ la Passione di Cristo. Il santo martire sa che
questa sofferenza voluta e patita ci restituisce l’immagine
divina ed è dunque per noi “ felice “. Dietro il volto
sfigurato dell’uomo, brilla la luce di Dio e in lui siamo
tutti sublimati, tutti giustificati.
“Anche se ha patito per la debolezza umana, vive tuttavia
nella potenza di Dio.“
(Giovanni Damasceno)
Muore innocente, umiliato di fronte a tutti senza gridare
“come pecora munta” (Isaia 53,7), ma il cuore dell’uomo non
si apre, gli occhi non vogliono vedere, la mente non vuol
capire. |
“Vedrete la vostra vita pendere di fronte ai vostri occhi e
non crederete alla vostra vita.”
(Deut 28,76)
Quale potenza ha il maligno sulla mente delle persone! Il
male e il bene non si distinguono più, lo scandalo della
croce è tanto difficile da spiegare e ancora di più da
accettare e lascia stupiti questa sofferenza che appare
inutile e ingiusta.
Dov’è il Padre mentre inchiodano suo Figlio? Cosa sta
facendo? Perché permette questa sofferenza? Siamo di fronte
al paradosso: più grande è il dolore, più grande è la
vittoria.
Il Padre è lì con il Figlio, unito a lui in un modo così
stretto che l’uno è dentro l’altro e avvolge e comprende
l’altro nell’abbraccio del Santo Spirito, inscindibili se
pure sussistenti ognuno nella propria persona. Sulla croce
c’è la Trinità nella sua divina e incomprensibile interezza
e tutta l’umanità passata, presente e futura.
“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto così bisogna che
sia innalzato il Figlio dell’uomo.” (Gv 3,14)
La croce è innalzata e, come su un trono, Cristo nostro Re
risplende, tutto intorno a Lui risplende.
Rimase appeso alla croce per liberare il genere umano dal
naufragio del mondo: “se un serpente fissato a un legno
conferì la salute a un popolo, quanto più dona salvezza ai
popoli il Signore crocifisso.“ ( Massimo da Torino)
Sopportando il dolore e le torture il Signore ci insegna a
non aver timore, ad acquistare equilibrio attraverso la
fede, affinchè l’uomo nuovo, ricreato dallo Spirito di Dio
ad immagine del suo Creatore, trionfi in vista della
giustizia, della santità e della verità. Pater / Ave / Gloria |
Stazione dodicesima:
Crocifissione
Ti adoriamo
Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai
redento il mondo.
Nessun altro poteva resuscitare ciò che è mortale per
renderlo immortale. Cristo che è la “Vita in sé” doveva
assolutamente morire e mentre la morte di tutti si compiva
nel corpo del Signore, il Verbo di Dio unito a lui, la
distruggeva per sempre. Il Figlio di Dio essendo immortale
si prese un corpo che poteva morire e soffrendo egli stesso
per tutti “ con la sua morte ha calpestato la morte “.
Ma perché doveva essere crocifisso? Certo non poteva morire
di malattia colui che guariva le malattie degli altri o che
si presentasse debole colui che curava le debolezze o che si
procurasse da sé la morte colui che è il Signore della vita.
Per questo accetta la condanna che gli viene imposta, la
fine più terribile e ignominiosa inflitta dai suoi nemici,
per farla divenire trofeo della sua vittoria. A causa della
maledizione l’uomo ereditò la morte: il Signore diviene per
noi maledizione per toglierci da questa sorte: “maledetto
colui che è appeso sul legno“ ( Deut. 21,23 ) |
|
Sulla croce Cristo muore a braccia distese, riunisce e
chiama a sé tutte le genti, l’antico popolo e il nuovo.
“Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me“ (Gv
12,32).
“Il principe dell’impero dell’aria che adesso opera tra i
figli della disobbedienza“ (Ef 2,2), il diavolo che impediva
all’uomo di arrivare ai cieli sbarrandogli la strada, è
sconfitto mediante questa morte avvenuta nell’aria. Le porte
dei cieli si aprono, la via è pronta ed egli ci porta in
alto con il proprio corpo. L’universo intero attesta che
colui che è crocefisso è Dio: il cielo si squarcia, il sole
si nasconde, la terra trema, il Signore ha vinto. Ha
combattuto per noi e ha vinto. La croce, simbolo di infamia
è ricoperta di gloria e il centurione esclama “QUESTO
E’ VERAMENTE IL FIGLIO DI
DIO!“.
Anche oggi sotto la croce uniamoci al centurione, noi che
ogni giorno crocifiggiamo con le nostre azioni Cristo Gesù.
Troviamo tutti il coraggio di guardare in faccia la morte
che è per noi salvezza, raccogliamo un pezzo del mantello
che i soldati si divisero e lasciamo che questo ci ricopra.
“Quanti
siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di
Cristo.“ ( Gal 3,27) Pater / Ave / Gloria
|
|
Stazione tredicesima:
Deposizione dalla croce |
|
Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo
/ perché con la tua santa croce hai redento il mondo.
“C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio,
persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e
all’operato degli altri. Egli era di Arimatea, una città dei
Giudei e aspettava il Regno di Dio. Si presento a Pilato e
chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in
un lenzuolo...“ ( Lc 23,50-53)
Giuseppe aspettava il Regno di Dio come il Signore aveva
insegnato e grazie alla mitezza e alla preghiera era egli
stesso divenuto tempio di Dio mediante lo Spirito. In un
estremo atto d’amore vuole riprendersi il corpo del Maestro
per dargli una degna sepoltura.
Non si reca da solo al Calvario perché non avrebbe
potuto togliere da solo il corpo inchiodato sul legno ed è
ragionevole pensare che ci fosse con lui anche la Madre di
Dio e le donne.
La Madre
certamente non abbandona il Figlio ormai morto e neppure
Giovanni memore dell’affidamento che il Signore aveva voluto
per lui. |
|
Per l’ultima
volta Maria può toccare suo figlio, accarezzarlo con
dolcezza, prolungare ancora un po’ la sua presenza prima del
distacco. La Madre del Signore ha condiviso la Passione del
figlio fino in fondo e ora non può che rassegnarsi.
Sicuramente
ella conosceva il destino che era riservato a Gesù,
sicuramente sapeva di non averlo perso se non nella sua
forma fisica, ma ugualmente il suo dolore doveva essere
grande come anche la sua rassegnazione.
E’ probabile che anche Giuseppe d’Arimatea avesse intuito
qualcosa. Buono e giusto com’era “non indugiò sulla via dei
peccatori e non si sedette sulla cattedra del male“ (Sal
1,1), ma ricalcò la via del Maestro dissetandosi alle
sorgenti dello Spirito. Le spoglie sono concesse a Giuseppe
che con grande coraggio le aveva richieste perché non
sopportava di vedere spogliato quel corpo partecipe della
divinità. Avvolgono il Signore in un lenzuolo e si avviano
al sepolcro.
“Come un uomo ha patito per la debolezza umana vive
tuttavia nella potenza di Dio.“ ( 2Cor 13,4)
Questo certamente sapeva Giuseppe d’Arimatea che tocca il
fuoco divino del corpo di Cristo. Anche noi possiamo toccare
il corpo di Cristo partecipando alla mensa che egli stesso
ha imbandito per noi divenendo cibo sostanziale per “l’uomo
nuovo” nato con il divino Battesimo. Pater / Ave / Gloria
|
|
Stazione quattordicesima: Deposizione nel sepolcro. |
|
Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo /
perché con la tua santa croce hai redento il mondo.
E’ la sera della Parasceve, per i giudei preparazione al
riposo del sabato mentre per i cristiani è la Passione
stessa a divenire preparazione alla cessazione della
condanna derivante dal peccato. Il solo puro e immacolato è
rivestito di un lenzuolo bianco; Colui che unse l’umanità
assumendone la carne, è unto con oli profumati; l’Incircoscritto
è contenuto in un sepolcro.
L’amore di Giuseppe
di Arimatea che diede la sua tomba al Signore e lo avvolse
in un candido lenzuolo prima di seppellirlo, è paragonabile
a quello di Maria, che trattenne durante la gestazione nel
suo corpo il Figlio di Dio e, dopo nato lo avvolse in fasce.
“O mani beate!
O braccia veramente felici con le quali hai tenuto il corpo
del mio Dio spalmandolo di unguenti preziosissimi e
avvolgendolo in una sindone immacolata“ (Giovanni
Damasceno). E’ solo il corpo del Maestro ad essere
racchiuso, Egli come Dio è in cielo e in terra, in ogni cosa
e tutto avvolge e penetra.
Perché viene
deposto in un sepolcro nuovo? |
|
Perché non si
credesse che a risorgere fosse un altro: la pietra angolare
non intagliata da mano d’uomo, viene nascosta da una pietra
tagliata così pesante che neppure i soldati potevano
spostarla. Il giardino nel quale è sepolto il Cristo, nuovo
Adamo, è paragonabile al giardino di Eden dove il primo uomo
viveva in armonia con il Creatore e dove primo fra tutti,
Egli risorgerà a dimostrazione della sua vittoria sulla
morte.
Coloro che lo
hanno condannato si ricordano di quello che “quel ciarlatano
quando era ancora vivo disse: Dopo tre giorni risorgerò“ (Mt
27,63) e temono che i discepoli rubino il corpo per poi dire
che è risorto. Tutto è disposto in modo che non si possa
dubitare che Cristo è veramente morto e veramente risorto.
Perfino i soldati di guardia all’ingresso della tomba e i
sigilli che vi sono apposti attestano la verità: nessuno
avrebbe potuto spostare quella pietra.
“In una tomba, custodito da guardie e sigilli giace colui
che ha creato l’abisso e lo ha suggellato… si è assopito
come un leone, vegliato nel sonno come un re. Chi lo
sveglierà? Le sentinelle disposte da Pilato e dai Farisei
senza volerlo gli rendono omaggio.“ ( Giovanni Damasceno)
Nel nostro
tempo devastato da guerre, dove la vita dell’uomo vale ben
poco e non si esita ad emarginare i vecchi, i deboli, ed a
sopprimere i bimbi non ancora nati, dobbiamo inchinarci di
fronte alla tomba di colui che muore, giusto per gli
ingiusti.
Muore anche
per quelli che lo condannano e lo trafiggono, per il ladrone
e il centurione che si convertono e per noi che ancora non
abbiamo abbastanza amore e fede per farlo. Pater / Ave / Gloria |
|
Stazione quindicesima: La
resurrezione Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo
/ perché con la tua santa croce hai redento il mondo.
Fratelli e sorelle, Cristo è risorto! E’ veramente
risorto!
“L’angelo
disse alle donne:- Non abbiate paura! Cercate Gesù il
Crocifisso? E’ risorto; ecco il luogo dove giaceva il
Signore.“
( Mt 28,5-6)
Uniamoci allo
stupore e alla gioia di Maria Maddalena e delle altre donne
perché la tomba portatrice di vita si è aperta e per noi si
è aperta la porta dei cieli dove i cherubini erano stati
posti di guardia.
Nel corpo del Signore risorto è risorta tutta l’umanità
partecipe di lui; la sua gloria è la nostra gloria. Nella
sua grande misericordia ha voluto amarci fino all’estremo
sacrificio del dono di sé, fino alla follia della croce,
condividendo con noi tutto, anche la morte per portarci
finalmente liberi dalla maledizione, alla casa del Padre.
Ha subito una
condanna atroce, infamante; ha lasciato che i chiodi gli
trafiggessero i piedi e i polsi, che la sua carne fosse
straziata per pagare, Lui il solo Giusto, il nostro debito.
Oggi è risorto “con la sua morte ha calpestato la morte”,
ha combattuto e ha vinto per noi trasformando l’infamia
della croce in esaltazione, l’umiliazione in gloria. Il
senso delle cose da oggi è stravolto: il successo è
l’annientamento, la vita è la morte, la povertà è ricchezza
poiché il denaro non ha potere di acquisto nei cieli. Ora
uno strumento di morte diviene vessillo di gloria, trono sul
quale si è lasciato innalzare il Re dei Re perché anche noi
fossimo con lui innalzati fino al Padre, “morti della sua
stessa morte, risorti della sua stessa resurrezione,
rivestiti della pienezza di lui“, seguiamolo come Simone
di Cirene prendendo sulle spalle la croce dei nostri peccati
per salire con lui il Calvario.
Essendosi rivestito del suo corpo glorioso oggi non possiamo
più far finta di niente, non possiamo più dire “io non
sapevo, non credevo, sono innocente” perché
l’indifferenza è il peggiore dei mali.
Molte persone
muoiono intorno a noi, vittime innocenti di violenze
inaudite, di ingiustizie spacciate per difesa dei diritti,
diritti calpestati in nome di un’insana sete di potere e di
denaro che disonora l’umanità intera.
E’ ancora
possibile tacere? E’ ancora possibile ignorare?
Quanti bambini
sono strappati alla vita ogni giorno per fame, malattie,
guerre.
Quanti
rimangono mutilati dalle bombe, dalle mine anti-uomo o per
sempre inebetiti dalla paura o semplicemente orfani.
Quanti ogni
giorno vengono uccisi prima ancora che vedano la luce, prima
ancora che possano accarezzare il volto della propria madre
che anziché difenderli li sopprime. Non ci sono cifre se non
spaventose e questi sono anche i nostri figli.
E’ il diritto
di vita e di morte di cui l’uomo si è appropriato nel
volersi sostituire a Dio e che esercita su un altro uomo in
nome della libertà, della giustizia, della difesa, di un
diritto dal quale l’altro è escluso, anzi è un intruso,
qualcuno su cui sfogare un istinto di prevaricazione che le
peggiori belve non possiedono.
Oggi è il giorno della risurrezione del Signore e non ci
sarà modo migliore di festeggiarlo se non quello di
dimostrare con coraggio la nostra fede contro tutte le
violenze dei nostri stessi fratelli contro altri fratelli
per i quali dobbiamo pregare incessantemente perché
finalmente possiamo tutti insieme gridare con grande gioia
“CRISTO E’ RISORTO! E’ VERAMENTE RISORTO“
nei nostri cuori.
“Chi non crede nella
risurrezione del corpo del Signore assomiglia a chi non
conosce la potenza di colui che è verbo e sapienza di Dio…
non poteva rimanere nella morte perché era divenuto il
tempio della vita.” Pater / Ave / Gloria |
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