Via Crucis

  La realizzazione della Via Crucis lungo la strada che (proveniendo da Seano o da Quarrata per Via Riacci) ripidamente risale verso la chiesa di Santa Maria, fu realizzata con il concorso di tutto il popolo del territorio nell'anno 1937, XV dell'era fascista, come indicato sulla base di ogni edicola. Per decenni, dal 1920 - anno in cui la reliquia della Sacra Spina fu esposta alla venerazione dei fedeli - fino a tutti gli anni '60, ha visto decine di gruppi e migliaia di pellegrini, provenienti da diverse parrocchie della piana e delle colline intorno, risalire cantando e pregando.
In modo solenne, l'itinerario della Via Crucis viene ripercorso ogni anno in occasione del Venerdì Santo e del venerdì precedente la Festa della Sacra Spina (14 settembre, Esaltazione della Santa Croce). Così scrive Chetti Barni nel volume Immagini Sacre, edito (1996) dal Comune di Quarrata e dalla Banca di Credito Cooperativo di Vignole: "I quattordici episodi della Via Crucis (di Colle - ndr).  Lastre cuspidate a basso rilievo in maiolica policroma, 62x42 cm. Manifattura toscana 1937. A caratteri capitali di colore nero, nella balza inferiore di ciascuna lastra,  si trova la parola: STAZIONE con il rispettivo numero romano. In buono stato di conservazione malgrado qualche sbrecciatura. Le lastre cuspidate sono contornate da una fascia bianca decorata con una sorta di dentellatura, da una balza inferiore e da cornici modanate profilate di nero. Sul fondo giallo delle maioliche, incise con una sorta di quadrettatura, si stagliano a basso rilievo le figure di colore bianco. La loro impostazione classicheggiante, le forme esili e allungate, come la resa composta dei panneggi manifestano una manifattura accurata che le contraddistingue in tutte le scene. Furono i francescani che in Occidente introdussero nel tardo Medioevo il rituale della Via Crucis: una sorta di processione nelle navate delle chiese o per le vie, con soste che rievocano quelle compiute da Cristo. Le stazioni erano in origine sette, poi aumentarono a quattordici, numero rimasto invariato fino ad oggi (in realtà oggi, spesso, si usa aggiungere la quindicesima, raffigurando la resurrezione, come ad invitare alla speranza oltre ogni prova della vita - ndr)".

Percorriamo insieme questo itinerario spirituale

di Nadia Pacchioni.

Presentazione

La “Via Crucis” è una antica pratica devozionale in uso in tutti i luoghi santi e particolarmente a Gerusalemme. Già nel V secolo abbiamo notizie della sua presenza anche in occidente ad opera di San Petronio. Nel 1393 furono introdotti dei mutamenti nello svolgimento della preghiera da due frati carmelitani: nel 1420 se ne occupò, apportando altre modifiche, Alvaro da Cordova e nel 1490 Eustachio da Messina. Tale pratica non era ancora come noi la conosciamo e possedeva stazioni diverse per soggetto e ordine, successive modifiche hanno portato all’assetto attuale.

Gli episodi ricordati non sono tutti riconducibili agli scritti canonici, molti appartengono alla tradizione apocrifa, ma non per questo sono meno suggestivi o dobbiamo ritenerli meno credibili. Rivivere la Passione del Signore, in particolar modo nel periodo della Pasqua, è una cosa molto sentita e benefica per lo spirito.

Troppo spesso, presi dalla frenetica attività della vita quotidiana, spinti da un insano desiderio di arrivare chissà dove, ci dimentichiamo che il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo è morto per noi e continua a vivere con noi ogni giorno fino alla fine dei tempi.

Stazione prima: Gesù condannato.

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento  il mondo.

…dichiaro pubblicamente a tutti che io muoio volentieri per Dio, se voi non me lo impedirete… Lasciatemi essere pasto delle belve, per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e vengo macinato dai denti delle belve per diventare immacolato pane di Cristo.” (Ignazio di Antiochia detto Teoforo)

Come Cristo, Ignazio si avvia verso la condanna volontariamente. Il martirio è il mezzo per raggiungere Dio, il solo modo di imitare il Signore. Cristo doveva essere incolpato e condannato, doveva morire colpevole di fronte al mondo. Erode, Pilato e i sommi sacerdoti del Sinedrio lo interrogano ma il Signore tace, non si difende. La sua condanna diventa legale: viene identificato con un malfattore, un bestemmiatore e la bestemmia implica la morte.

Pur nella condanna il suo silenzio vince. Pilato, meravigliato afferma: ”io sono innocente del sangue di questo giusto…”(Mt 27,24), tuttavia non può cancellare dalle sue mani quel sangue perché non si comporta da giudice retto. Anche noi stiamo attenti perché spesso, pur non partecipando direttamente ad azioni malvagie, vi assistiamo passivamente e, con semplicistica superficialità affermiamo come Pilato: ”IO SONO INNOCENTE”.

Pater / Ave / Gloria


Stazione seconda: Gesù riceve la croce

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

“Abramo prese la legna dell’olocausto e la caricò sul figlio Isacco…” (Gen. 22,6)

Il Patriarca Abramo conduce al sacrificio Isacco, il figlio della promessa. Questa sconcertante immagine e la sua analogia con Cristo che porta sulle spalle la croce, è la prefigurazione della morte violenta del Signore. Isacco è risparmiato: un ariete si impiglia in un cespuglio ed è prescelto come vittima. L’ariete e Isacco sono il simbolo di Cristo nostro Dio con la sua duplice natura: Dio perfetto e uomo perfetto. “In quanto Dio per natura si conservò nell’impassibilità; in quanto uomo offrì se stesso come vittima innocente al Padre in un cespuglio di Sabec che significa redenzione” (Giovanni Damasceno).

La condanna di Cristo è la morte di croce. Portò nella sua carne l’umanità intera con tutti i suoi peccati, la sua maledizione, la sua vergogna. “Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della legge diventando lui stesso maledizione per noi, come sta scritto: maledetto chi pende dal legno”(Gal.3,13).

Quando tracciamo su di noi il segno della croce, ricordiamo che con questo gesto, imitiamo Cristo: mettiamo la croce sul nostro corpo, accettiamo il suo stesso martirio in vista della ricompensa.

Pater / Ave / Gloria


Stazione terza
: Gesù cade sotto la croce

 

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

…ha veramente assunto dalla Santa Madre di Dio la carne a noi consustanziale, dotata di anima razionale e intelligente e l’ha unita a sé nella propria persona realmente e senza divisione.”  (Massimo Confessore) Perché Gesù cade? Forse Dio mostra un segno di debolezza? In realtà la debolezza non è propria di Dio ma è intrinseca al suo essere uomo perfetto in tutto. “L’anima mia è triste fino alla morte” (Mt 26,38). Con queste parole Cristo esprime la sua passione umana. Ha voluto abbassarsi fino a noi per restituirci al Padre liberi dalla maledizione che incombeva sul genere umano, ma come uomo non è immune dalle sofferenze. La morte non gli fa paura, ma la croce lo schiaccia non solo fisicamente: è inorridito di fronte alla eventualità di comparire colpevole di bestemmia davanti al Padre, Lui l’unico senza peccato. Ha condiviso in tutto la nostra sorte, anche la morte; il suo sentire di uomo pur essendo in perfetta comunione con Dio, è anche perfettamente umano. Stanchezza, dolore, umiliazione sono un pesante fardello che il Signore ha portato per noi. Quando vediamo Cristo che cade e si rialza, dobbiamo ricordare le nostre cadute, le nostre bassezze, dalle quali solo con il suo aiuto è possibile rialzarsi per continuare a percorrere quella via che lui stesso ci ha indicato.

Pater / Ave / Gloria


Stazione quarta
: L'incontro con la Madre

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

“Portami accanto a te, affinchè dove sei tu, frutto delle mie viscere, sia anch’io, nella tua stessa dimora: mi sento attratta verso di te che sei disceso in me cancellando ogni distanza…” (Giovanni Damasceno)

Immaginiamo quale strazio prova una madre nel vedere il proprio figlio innocente deriso, torturato, umiliato, condannato. Vorrebbe essere al suo posto, alleviargli le sofferenze, portare il suo peso. Così la Madre di Dio si avvicina al figlio nell’ultimo tentativo di unirsi a lui, a quella sorte che certo non ignorava.

“… e una spada ti trafiggerà il cuore…” (Lc 1,35) dice la profezia del vecchio Simeone. L’uomo non può liberarsi dalla corruzione, solo il Verbo, con un intervento simile alla creazione può farlo. Per questo si unisce alla carne pura di una Vergine, dimora in lei con la sua potenza sostanziale, per questo “essa partecipò nell’agire e nel patire all’opera di annientamento che è l’innalzamento del figlio” (Gregorio Palamas). Ora la vediamo vicino a Gesù come ogni altra madre e attraverso di lei uniamoci anche noi a tutte quelle donne che ogni giorno assistono alla morte dei propri figli, ne accolgono le sofferenze. Condividiamo anche noi “l’agire e il patire” della Madre di Dio perché presto il mondo sia migliore.

Pater / Ave / Gloria


Stazione quinta: L'incontro con il cireneo

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 “Mentre lo conducevano via presero un certo Simone da Cirene che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù“ (Lc 23,26)

Perché il peso della croce viene portato anche dal Cireneo?

Non sappiamo bene chi fosse ma questo ha poca importanza rispetto al fatto narrato: il simbolo di sofferenza e di gloria, la croce, passa dalle spalle del Signore a quelle di un discepolo.

 “Se uno di voi vuole venirmi dietro rinneghi se stesso, si addossi la propria croce e mi segua.”( Mt 16,24)

Sono parole chiare che Cristo rivolge ai discepoli. Seguirlo non è una facile impresa perché l’uomo deve risalire dall’abisso dei suoi peccati fino alla vetta dell’amore di Dio, fino all’estrema ricompensa. I peccati, le cattive azioni, pesano sulle spalle come macigni, come croci e soprattutto pesa il rimorso. Contrariamente ai Farisei, i quali “confezionano pesi e li pongono sulle spalle degli uomini“ (Mt 23,4), qui c’è Dio stesso nella persona del Verbo venuto per condividere con noi il pesante fardello del peccato.

Con il Battesimo prima, e con la Confessione poi, il Signore ci ha dato la possibilità di liberarci dal peccato: Lui stesso lo porta su di sé, al nostro posto fino alla croce, fino al Padre. Quello che resta all’uomo è un sano rimorso come monito per non sbagliare in futuro.

Pater / Ave / Gloria


Stazione sesta: Gesù asciugato da Santa Veronica

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 Nel suo cammino verso il Calvario, Gesù circondato dalla folla incontra una donna, una delle tante che lo seguono. Questo episodio non appartiene ai Vangeli, ma alla tradizione apocrifa. E’ significativo che si avvicini a Lui proprio una donna: forse ha visto nel Maestro anche il Figlio e per questo, con grande dolcezza compie un gesto spontaneo. Gli asciuga il sudore e il sangue che colano dal suo viso martoriato.

La tradizione ci racconta che, su questo lenzuolo rimase impressa l’immagine del Salvatore. Ma il senso da ricercare in questo gesto è un altro. Prima di tutto sottolinea il rapporto di Gesù con le donne che hanno ruoli importanti nella sua vita terrena. Questa discepola non può aiutarlo, non può materialmente sollevarlo dalla croce tuttavia, con tenerezza gli asciuga il volto, compatisce la sua sofferenza. Ricorda un’altra donna che “si avvicinò con un vaso di alabastro di olio profumato e molto prezioso, e glielo versò sul capo“ (Mt 26,6).

Sembrava una cosa inutile anzi uno spreco, ma il Signore apprezzò e lodò questo gesto simbolico prefigurante la sua sepoltura.

Ogni nostra azione è vista e giudicata da Dio: nessuna può esser sottovalutata o catalogata come banale. Talvolta una piccola cosa può fare tanto bene al cuore; altre volte un gesto apparentemente innocente può provocare gravi conseguenze.

 Pater / Ave / Gloria



Stazione settima: Gesù cade sotto la croce per la seconda volta

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Ancora una volta il Signore cade a terra, il suo corpo umano è fiaccato dalla sofferenza e dalla fatica. E’ la dimostrazione che Cristo possiede un’umanità perfetta dotata di propria volontà. Apertamente lo stesso Verbo, nell’Orto degli Ulivi supplica: “Padre, se è possibile si allontani da me il calice.” (Mt 26,39).

Il suo essere uomo non è immune dai sentimenti; la sua posizione davanti al Padre, in origine non gli apparteneva;  la sua carne assolutamente santa si rifiutava di portare così gravi peccati. “La volontà del Figlio ormai comprendeva un elemento che non era suo e che era l’apporto della carne umana che egli aveva assunto.“ ( Matta El Meskin, monaco arabo contemporaneo).

Il Padre rifiuta per tre volte la richiesta del Figlio incarnato, che accetta di bere il calice dei peccati dell’umanità per obbedienza: “non sia fatta la mia ma la tua volontà” (Lc. 22,42).E’ sempre più difficile rialzarsi da terra, sempre più duro sottomettere la propria volontà a quella del Padre, ma Cristo Gesù si rialza e questo è per noi un grande insegnamento. Non c’è dolore, fatica o supplizio che possa fargli cambiare la strada. Il Signore, come anche i martiri dopo di Lui, va incontro alla morte senza paura.

“Chiedete per me la forza interiore ed esteriore, perché non solo parli ma anche sia deciso, non solo venga chiamato cristiano ma lo sia realmente…”      (Ignazio di Antiochia detto Teoforo).

 Pater / Ave / Gloria

Stazione ottava: Gesù consola le donne piangenti

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

“Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.  Ma Gesù voltandosi verso le donne disse: - Figlie di Gerusalemme non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.” ( Lc. 23,27-28)

Sullo sfondo della scena della Passione vediamo madri, sorelle, figlie che hanno seguito la Madre di Dio e sono rimaste con lei per confortarla nel momento del dolore. Si accostano al Signore Gesù, ma egli le rimprovera perché non hanno capito il senso di quella morte, della sua morte che sarà salvezza per il credente, gloria per il giusto.

La loro fede non è ancora completa. Come potranno trasmetterla ai loro figli?

E’ una esortazione a crescere, a cambiare completamente il modo di vedere le cose: l’umiliazione della croce è trionfo; la sofferenza offerta d’amore; la morte è la vita eterna. Quello che per l’uomo è follia è saggezza per il Signore.

Impariamo anche noi a fare violenza al buonsenso, convertiamo il nostro cuore, accettiamo la follia della croce di Cristo per “raggiungere Dio ed essere trovati sulle orme di Paolo.” ( Ignazio di Antiochia detto Teoforo)


“Vi scrivo mentre sono vivo ma desidero fortemente morire… Sento l’acqua viva che mi parla dentro e mi dice: - Vieni al Padre.“ ( Ignazio di Antiochia detto Teoforo)

Forse questo pensiero è anche quello del Signore che ormai è senza più forza se non quella della sua volontà e la cima del Calvario gli appare come una meta desiderata. Egli sa che la sua gloria perfetta sarà la morte; l’infamia della croce si trasformerà in esaltazione; che la sua incarnazione deve raggiungere il fine che il Padre ha promesso: preparare l’umanità nuova ad innalzarsi con lui.

Se noi togliamo al Verbo le proprietà della sostanza umana danneggiamo questa unione straordinaria, mediante la quale egli, essendo Dio, ha potuto nella sua incircoscrivibilità comprendere non solo un uomo, ma l’umanità intera.

Come ci insegna Cirillo di Alessandria, il Signore accetta per noi le sofferenze dimostrando che è possibile lottare contro la natura ed allontanare il timore della morte. I Santi Martiri che sono andati volontariamente contro la morte e le torture non sono inferiori a Cristo.

“Io cerco colui che è morto per noi; voglio colui che è risorto per noi. Il momento della mia nascita è imminente… non impeditemi di nascere alla vita… lasciatemi raggiungere la pura luce. Giunto là sarò uomo davvero.” ( Ignazio di Antiochia detto Teoforo)

Anche noi riflettiamo sulle parole di Ignazio: essere cristiani significa rendere testimonianza a Cristo nostro Dio affinchè tutti possano “riconoscere l’albero dai frutti “.

Pater / Ave / Gloria

Stazione nona: Gesù cade sotto la croce per la terza volta

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 “Vi scrivo mentre sono vivo ma desidero fortemente morire… Sento l’acqua viva che mi parla dentro e mi dice: - Vieni al Padre.“ ( Ignazio di Antiochia detto Teoforo)

Forse questo pensiero è anche quello del Signore che ormai è senza più forza se non quella della sua volontà e la cima del Calvario gli appare come una meta desiderata. Egli sa che la sua gloria perfetta sarà la morte; l’infamia della croce si trasformerà in esaltazione; che la sua incarnazione deve raggiungere il fine che il Padre ha promesso: preparare l’umanità nuova ad innalzarsi con lui.

Se noi togliamo al Verbo le proprietà della sostanza umana danneggiamo questa unione straordinaria, mediante la quale egli, essendo Dio, ha potuto nella sua incircoscrivibilità comprendere non solo un uomo, ma l’umanità intera.

Come ci insegna Cirillo di Alessandria, il Signore accetta per noi le sofferenze dimostrando che è possibile lottare contro la natura ed allontanare il timore della morte. I Santi Martiri che sono andati volontariamente contro la morte e le torture non sono inferiori a Cristo.

“Io cerco colui che è morto per noi; voglio colui che è risorto per noi. Il momento della mia nascita è imminente… non impeditemi di nascere alla vita… lasciatemi raggiungere la pura luce. Giunto là sarò uomo davvero.” ( Ignazio di Antiochia detto Teoforo)

Anche noi riflettiamo sulle parole di Ignazio: essere cristiani significa rendere testimonianza a Cristo nostro Dio affinchè tutti possano “riconoscere l’albero dai frutti “.

Pater / Ave / Gloria

Stazione decima: Gesù spogliato

 
 

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

“Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù il quale, pur essendo di natura divina, non considerò un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini.“ ( Fil 2,5-6)

Affinchè il Figlio di Dio potesse discendere sulla terra e assumere la condizione umana, bisognava che annientasse se stesso (kenosi), si spogliasse della sua gloria divina senza lasciare la condizione divina. E’ il primo atto che il Verbo compie nei cieli per preparare la creazione dell’umanità nuova. Similmente a ciò che è avvenuto nei cieli ora il Signore, si lascia spogliare delle sue vesti. Togliere le vesti ad un uomo significa togliergli la dignità, mettere a nudo il suo essere più profondo, esporlo alla vergogna.

Già come Dio, aveva annullato se stesso e oggi prima di salire sulla croce che segna il culmine della sua umiliazione umana, gli vengono tolti la tunica, che rappresenta la sua integrità, essendo tessuta in un unico pezzo e il mantello, che rappresenta la sua regalità. E’ stupenda l’analogia che troviamo nella descrizione di questi due avvenimenti: la duplice natura del Figlio va incontro alla stessa sorte.

 “Colui che aveva rivestito di tuniche di pelle i progenitori, si lascia spogliare in vista della croce per rivestirci, dopo averci spogliato della mortalità con la bellezza dell’immortalità.“ (Giovanni Damasceno)

Pensiamo a quanti essere umani ogni giorno vengono spogliati della propria dignità!

Quanti poveri cristi abbiamo davanti e neppure ce ne accorgiamo!  

Pater / Ave / Gloria


Stazione undicesima: Gesù inchiodato in croce

 

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

“Al legno della conoscenza si contrappone il legno della vita.” ( Sal 80 (79), 2)

Le mani divine che plasmarono l’uomo dalla terra sono stese sulla croce e i chiodi trafiggono i polsi. Il legno che provocò la distruzione oggi è lavato dal sangue del Signore:

“Gesù fu veramente inchiodato nella carne per noi: dal frutto di lui, dalla sua Passione divinamente felice noi siamo derivati… soffrì per noi realmente come realmente resuscitò.“ ( Ignazio di Antiochia detto Teoforo)

Forse rimarremo stupiti dalle parole di Ignazio che chiama “ felice “ la Passione di Cristo. Il santo martire sa che questa sofferenza voluta e patita ci restituisce l’immagine divina ed è dunque per noi “ felice “. Dietro il volto sfigurato dell’uomo, brilla la luce di Dio e in lui siamo tutti sublimati, tutti giustificati.

“Anche se ha patito per la debolezza umana, vive tuttavia nella potenza di Dio.“  (Giovanni Damasceno)

Muore innocente, umiliato di fronte a tutti senza gridare “come pecora munta” (Isaia 53,7), ma il cuore dell’uomo non si apre, gli occhi non vogliono vedere, la mente non vuol capire.

“Vedrete la vostra vita pendere di fronte ai vostri occhi e non crederete alla vostra vita.”  (Deut 28,76)

Quale potenza ha il maligno sulla mente delle persone! Il male e il bene non si distinguono più, lo scandalo della croce è tanto difficile da spiegare e ancora di più da accettare e lascia stupiti questa sofferenza che appare inutile e ingiusta.

Dov’è il Padre mentre inchiodano suo Figlio? Cosa sta facendo? Perché permette questa sofferenza? Siamo di fronte al paradosso: più grande è il dolore, più grande è la vittoria.

Il Padre è lì con il Figlio, unito a lui in un modo così stretto che l’uno è dentro l’altro e avvolge e comprende l’altro nell’abbraccio del Santo Spirito, inscindibili se pure sussistenti ognuno nella propria persona. Sulla croce c’è la Trinità nella sua divina e incomprensibile interezza e tutta l’umanità passata, presente e futura.

“Come Mosè innalzò il serpente nel deserto così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo.” (Gv 3,14)

La croce è innalzata e, come su un trono, Cristo nostro Re risplende, tutto intorno a Lui risplende.

Rimase appeso alla croce per liberare il genere umano dal naufragio del mondo: “se un serpente fissato a un legno conferì la salute a un popolo, quanto più dona salvezza ai popoli il Signore crocifisso.“ ( Massimo da Torino)

Sopportando il dolore e le torture il Signore ci insegna a non aver timore, ad acquistare equilibrio attraverso la fede, affinchè l’uomo nuovo, ricreato dallo Spirito di Dio ad immagine del suo Creatore, trionfi in vista della giustizia, della santità e della verità.

Pater / Ave / Gloria

Stazione dodicesima: Crocifissione

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 “Cristo morì una volta per tutte per i peccatori, giusto per gli ingiusti, per presentarci a Dio, messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito.“

Nessun altro poteva resuscitare ciò che è mortale per renderlo immortale. Cristo che è la “Vita in sé” doveva assolutamente morire e mentre la morte di tutti si compiva nel corpo del Signore, il Verbo di Dio unito a lui, la distruggeva per sempre. Il Figlio di Dio essendo immortale si prese un corpo che poteva morire e soffrendo egli stesso per tutti “ con la sua morte ha calpestato la morte “.

Ma perché doveva essere crocifisso? Certo non poteva morire di malattia colui che guariva le malattie degli altri o che si presentasse debole colui che curava le debolezze o che si procurasse da sé la morte colui che è il Signore della vita.

Per questo accetta la condanna che gli viene imposta, la fine più terribile e ignominiosa inflitta dai suoi nemici, per farla divenire trofeo della sua vittoria. A causa della maledizione l’uomo ereditò la morte: il Signore diviene per noi maledizione per toglierci da questa sorte: “maledetto colui che è appeso sul legno“ ( Deut. 21,23 )

Sulla croce Cristo muore a braccia distese, riunisce e chiama a sé tutte le genti, l’antico popolo e il nuovo.

“Quando sarò innalzato da terra attirerò tutti a me“ (Gv 12,32).

“Il principe dell’impero dell’aria che adesso opera tra i figli della disobbedienza“ (Ef 2,2), il diavolo che impediva all’uomo di arrivare ai cieli sbarrandogli la strada, è sconfitto mediante questa morte avvenuta nell’aria. Le porte dei cieli si aprono, la via è pronta ed egli ci porta in alto con il proprio corpo. L’universo intero attesta che colui che è crocefisso è Dio: il cielo si squarcia, il sole si nasconde, la terra trema, il Signore ha vinto. Ha combattuto per noi e ha vinto. La croce, simbolo di infamia è ricoperta di gloria e il centurione esclama “QUESTO E’ VERAMENTE IL FIGLIO DI  DIO!“.

Anche oggi sotto la croce uniamoci al centurione, noi che ogni giorno crocifiggiamo con le nostre azioni Cristo Gesù. Troviamo tutti il coraggio di guardare in faccia la morte che è per noi salvezza, raccogliamo un pezzo del mantello che i soldati si divisero e lasciamo che questo ci ricopra.           

 “Quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo.“ ( Gal 3,27)

Pater / Ave / Gloria

 

Stazione tredicesima: Deposizione dalla croce

 

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 

“C’era un uomo di nome Giuseppe, membro del Sinedrio, persona buona e giusta. Non aveva aderito alla decisione e all’operato degli altri. Egli era di Arimatea, una città dei Giudei e aspettava il Regno di Dio. Si presento a Pilato e chiese il corpo di Gesù. Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo...“ ( Lc 23,50-53)

Giuseppe aspettava il Regno di Dio come il Signore aveva insegnato e grazie alla mitezza e alla preghiera era egli stesso divenuto tempio di Dio mediante lo Spirito. In un estremo atto d’amore vuole riprendersi il corpo del Maestro per dargli una degna sepoltura.  Non si reca da solo al Calvario perché non avrebbe potuto togliere da solo il corpo inchiodato sul legno ed è ragionevole pensare che ci fosse con lui anche la Madre di Dio e le donne.

La Madre certamente non abbandona il Figlio ormai morto e neppure Giovanni memore dell’affidamento che il Signore aveva voluto per lui.

Per l’ultima volta Maria può toccare suo figlio, accarezzarlo con dolcezza, prolungare ancora un po’ la sua presenza prima del distacco. La Madre del Signore ha condiviso la Passione del figlio fino in fondo e ora non può che rassegnarsi.

Sicuramente ella conosceva il destino che era riservato a Gesù, sicuramente sapeva di non averlo perso se non nella sua forma fisica, ma ugualmente il suo dolore doveva essere grande come anche la sua rassegnazione.

E’ probabile che anche Giuseppe d’Arimatea avesse intuito qualcosa. Buono e giusto com’era “non indugiò sulla via dei peccatori e non si sedette sulla cattedra del male“ (Sal 1,1), ma ricalcò la via del Maestro dissetandosi alle sorgenti dello Spirito. Le spoglie sono concesse a Giuseppe che con grande coraggio le aveva richieste perché non sopportava di vedere spogliato quel corpo partecipe della divinità. Avvolgono il Signore in un lenzuolo e si avviano al sepolcro.             “Come un uomo ha patito per la debolezza umana vive tuttavia nella potenza di Dio.“ ( 2Cor 13,4)

Questo certamente sapeva Giuseppe d’Arimatea che tocca il fuoco divino del corpo di Cristo. Anche noi possiamo toccare il corpo di Cristo partecipando alla mensa che egli stesso ha imbandito per noi divenendo cibo sostanziale per “l’uomo nuovo” nato con il divino Battesimo.

Pater / Ave / Gloria

Stazione quattordicesima: Deposizione nel sepolcro.

 

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

 “Nel luogo dove era stato crocifisso c’era un giardino e, nel giardino, un sepolcro nuovo nel quale nessuno era stato deposto.“ ( Gv 19,40-42)

E’ la sera della Parasceve, per i giudei preparazione al riposo del sabato mentre per i cristiani è la Passione stessa a divenire preparazione alla cessazione della condanna derivante dal peccato. Il solo puro e immacolato è rivestito di un lenzuolo bianco; Colui che unse l’umanità assumendone la carne, è unto con oli profumati; l’Incircoscritto è contenuto in un sepolcro.

 L’amore di Giuseppe di Arimatea che diede la sua tomba al Signore e lo avvolse in un candido lenzuolo prima di seppellirlo, è paragonabile a quello di Maria, che trattenne durante la gestazione nel suo corpo il Figlio di Dio e, dopo nato lo avvolse in fasce.

“O mani beate! O braccia veramente felici con le quali hai tenuto il corpo del mio Dio spalmandolo di unguenti preziosissimi e avvolgendolo in una sindone immacolata“ (Giovanni Damasceno). E’ solo il corpo del Maestro ad essere racchiuso, Egli come Dio è in cielo e in terra, in ogni cosa e tutto avvolge e penetra.

Perché viene deposto in un sepolcro nuovo?

Perché non si credesse che a risorgere fosse un altro: la pietra angolare non intagliata da mano d’uomo, viene nascosta da una pietra tagliata così pesante che neppure i soldati potevano spostarla. Il giardino nel quale è sepolto il Cristo, nuovo Adamo, è paragonabile al giardino di Eden dove il primo uomo viveva in armonia con il Creatore e dove primo fra tutti, Egli risorgerà a dimostrazione della sua vittoria sulla morte.

Coloro che lo hanno condannato si ricordano di quello che “quel ciarlatano quando era ancora vivo disse: Dopo tre giorni risorgerò“ (Mt 27,63) e temono che i discepoli rubino il corpo per poi dire che è risorto. Tutto è disposto in modo che non si possa dubitare che Cristo è veramente morto e veramente risorto. Perfino i soldati di guardia all’ingresso della tomba e i sigilli che vi sono apposti attestano la verità: nessuno avrebbe potuto spostare quella pietra.

“In una tomba, custodito da guardie e sigilli giace colui che ha creato l’abisso e lo ha suggellato… si è assopito come un leone, vegliato nel sonno come un re. Chi lo sveglierà? Le sentinelle disposte da Pilato e dai Farisei senza volerlo gli rendono omaggio.“ ( Giovanni Damasceno)

Nel nostro tempo devastato da guerre, dove la vita dell’uomo vale ben poco e non si esita ad emarginare i vecchi, i deboli, ed a sopprimere i bimbi non ancora nati, dobbiamo inchinarci di fronte alla tomba di colui che muore, giusto per gli ingiusti.

Muore anche per quelli che lo condannano e lo trafiggono, per il ladrone e il centurione che si convertono e per noi che ancora non abbiamo abbastanza amore e fede per farlo.

Pater / Ave / Gloria

   

Stazione quindicesima: La resurrezione

Ti adoriamo Cristo e ti benediciamo / perché con la tua santa croce hai redento il mondo.

Fratelli e sorelle, Cristo è risorto! E’ veramente risorto! 

“L’angelo disse alle donne:- Non abbiate paura! Cercate Gesù il Crocifisso? E’ risorto; ecco il luogo dove giaceva il Signore.“ ( Mt 28,5-6)

Uniamoci allo stupore e alla gioia di Maria Maddalena e delle altre donne perché la tomba portatrice di vita si è aperta e per noi si è aperta la porta dei cieli dove i cherubini erano stati posti di guardia.

Nel corpo del Signore risorto è risorta tutta l’umanità partecipe di lui; la sua gloria è la nostra gloria. Nella sua grande misericordia ha voluto amarci fino all’estremo sacrificio del dono di sé, fino alla follia della croce, condividendo con noi tutto, anche la morte per portarci finalmente liberi dalla maledizione, alla casa del Padre.

Ha subito una condanna atroce, infamante; ha lasciato che i chiodi gli trafiggessero i piedi e i polsi, che la sua carne fosse straziata per pagare, Lui il solo Giusto, il nostro debito.

Oggi è risorto “con la sua morte ha calpestato la morte”, ha combattuto e ha vinto per noi trasformando l’infamia della croce in esaltazione, l’umiliazione in gloria. Il senso delle cose da oggi è stravolto: il successo è l’annientamento, la vita è la morte, la povertà è ricchezza poiché il denaro non ha potere di acquisto nei cieli. Ora uno strumento di morte diviene vessillo di gloria, trono sul quale si è lasciato innalzare il Re dei Re perché anche noi fossimo con lui innalzati fino al Padre, “morti della sua stessa morte, risorti della sua stessa resurrezione, rivestiti della pienezza di lui“, seguiamolo come Simone di Cirene prendendo sulle spalle la croce dei nostri peccati per salire con lui il Calvario.

Essendosi rivestito del suo corpo glorioso oggi non possiamo più far finta di niente, non possiamo più dire “io non sapevo, non credevo, sono innocente” perché l’indifferenza è il peggiore dei mali.

Molte persone muoiono intorno a noi, vittime innocenti di violenze inaudite, di ingiustizie spacciate per difesa dei diritti, diritti calpestati in nome di un’insana sete di potere e di denaro che disonora l’umanità intera.

E’ ancora possibile tacere? E’ ancora possibile ignorare?

Quanti bambini sono strappati alla vita ogni giorno per fame, malattie, guerre.

Quanti rimangono mutilati dalle bombe, dalle mine anti-uomo o per sempre inebetiti dalla paura o semplicemente orfani.

Quanti ogni giorno vengono uccisi prima ancora che vedano la luce, prima ancora che possano accarezzare il volto della propria madre che anziché difenderli li sopprime. Non ci sono cifre se non spaventose e questi sono anche i nostri figli.

E’ il diritto di vita e di morte di cui l’uomo si è appropriato nel volersi sostituire a Dio e che esercita su un altro uomo in nome della libertà, della giustizia, della difesa, di un diritto dal quale l’altro è escluso, anzi è un intruso, qualcuno su cui sfogare un istinto di prevaricazione che le peggiori belve non possiedono.

Oggi è il giorno della risurrezione del Signore e non ci sarà modo migliore di festeggiarlo se non quello di dimostrare con coraggio la nostra fede contro tutte le violenze dei nostri stessi fratelli contro altri fratelli per i quali dobbiamo pregare incessantemente perché finalmente possiamo tutti insieme gridare con grande gioia CRISTO E’ RISORTO! E’ VERAMENTE RISORTO“ nei nostri cuori.

 “Chi non crede nella risurrezione del corpo del Signore assomiglia a chi non conosce la potenza di colui che è verbo e sapienza di Dio… non poteva rimanere nella morte perché era divenuto il tempio della vita.”

Pater / Ave / Gloria

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