VALORE DI UN SORRISO
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E’ quasi buio
E’ quasi buio
le ombre già
risucchiate son
dai nostri corpi.
Odo, fuori nel freddo,
la voce di un fanciullo provenir
dall’argilloso spaccato prato,
urlar verso qualcuno.
Arida terra che il mio studio affianca.
Così, rinsecchita
come vecchia sposa,
greve s'adagia.
M’incupisce quella giovane voce,
quel tono stridulo;
per di lui - la paura
di me s’impossessa.
In questo luogo
frammista
n'è la pena
alla speranza breve.
Ove sui macchiati muri, piene di vergogna par
come
in castigo, vi volgon la faccia le mie dipinte tele e, più che fuori,
il freddo nascer sembra da queste stanze.
L’urlo del fanciullo s’allontana,
si placa, ora è cheto!
Ormai il nero manto del cielo
ha tutte le cose avvolto.
Mario Guarducci
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Campagna
Mi sono perso in campagne senza tempo,
dove alberi rosso sangue offuscavano
il mio cammino
e tiepidi nebbie annullavano
quello che era intorno a me.
Viottoli tortuosi
con fresche erbe
scivolavano sotto i miei piedi
bagnati di rugiada di perle,
che moltitudini di folle hanno calpestato.
Paola Capecchi
Al cardellino
Ogni mattino
sulla punta di un pino
si posa un cardellino.
Ha le piume gialle come il canarino,
il suo canto è delicato, quasi come l’usignolo.
Il vento capriccioso si diverte a soffiare
proprio in quella direzione.
Aggrappato alla vetta
si burla di lui,
facendo l’altalena.
E’ felice e gagliardo della sua andatura;
il suo canto rallegra i cuor e lo spirito.
In estate e in primavera,
resterà sul pino a rallegrarci
o se ne andrà per altra dimora,
perché altri possan come me
per così poco
rallegrarsi ancora.
Paola Capecchi |
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A mio padre … Tempo Uomo tu che vivi questo spazio non tuo, tu che vorresti sapere quale è il tuo tempo, tu che ti illudi di essere il tempo, conquistandolo, sai che non è. Adesso che una mano fredda si è posata su di te rendendo i tuoi occhi cupi; adesso che tu sei il tempo e puoi innalzarti libero nel tuo spazio che non ha spazi. Adesso che puoi: uomo siediti e riposa la tua stanca mente, ora che per te il tempo non ha tempo.
Paola Capecchi
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A Caterina
Amore che venne a me dopo così tanta pena,
la faccia rosa la pelle luminosa e chiara.
Averti appoggiata sul mio seno
quale più grande e infinito
fu per me quel tempo
così eterno e così breve.
Mai avevano visto i miei occhi
così tanta bellezza.
Profumo di fiori fosti per me a primavera,
lieta armonia il tuo respiro: Essenza divina.
Quale Dio di infinita sapienza svelò a me
il mistero della vita; viaggio immacolato di bellezza.
Paola Capecchi |
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A Gianna …
Il ruscello e la sposa
Soave i lieve mormorio di ruscello, che scivoli su ludica
pietra,
pari mi sembri ad abito da sposa:
La seta scivola sui fianchi;
quale culla è il tuo grembo spumeggiante!
Il mormorio è mesto sotto voce
quasi non vorresti disturbare, la quiete e l’armonia che ti
circonda.
La vita si rinnova nel tuo grembo,
e culla ti fai di mille primavere;
ma la sposa è nascosta dietro al velo:
Và ruscello e canta la tua storia, alla sposa felice,
che balla e balla ancora.
Allegre sono le voci, ma lei non sente,
l’amore sul suo viso la rende più splendente.
Adesso che i rumori si fanno cheti,
la sposa e il ruscello, volano lievi:
La seta scivola sui fianchi.
Ora tutto si fa pacato, per non sciupare quell’attimo
incantato.
Paola Capecchi
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Ottobre 2008
Poi da un ottobre morente
s’affacciò l’idea del bosco:
era tempo di castagne.
Un tenue stornire, un’eco diffusa
dilata la selva;
odora di fresco e invita:
la mano protesa fa cavo, tracanna.
Qua e là un piccolo tonfo:
è il riccio che lascia il suo cielo;
qua e là timorosa veleggia la foglia,
barcolla, poi dolce si lascia cadere:
qua e là il frutto marrone s’assomma
e ingrossa la borsa.
Improvviso riecheggia
l’eco del picchio
che batte… batte…
e m’accompagna…
Giorgio Gradi |
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Aprile 2008
A noi la musica piace, anzi, siamo di palato fino e la più bella è quella del mattino, all’alba, prima che il sole avanzi. E’ lui, il merlo, quello che ci allieta: inizia con l’accenno d’un gorgheggio poi dispiega la voce e fa l’arpeggio che mai lo sbaglia e sempre lo completa. Cambia registro, il canto è più rotondo si mostra bravo come l’usignolo così riecheggia e sale su dal fondo; canta la serenata ed è pignolo vuol essere certo che l’amata merla, dotta di canto, lo apprezzi al volo. Giorgio Gradi |