Un commento del parroco
Il
pellegrino e il pellegrinaggio
“Mio padre era un arameo
errante” (Deut. 26, 5)
Cos’è l’uomo se non creatura
in perenne ricerca di se stessa, di ciò che soddisfa
sentimenti, affetti, volontà, di ciò che può aiutare a
trascendere i confini della propria fisicità?
Se questo è vero, la figura
del pellegrino evoca certo il camminare sulle vie dello
spirito (ieri su sentieri come la Via Francigena o il
Cammino per Santiago de Compostela, oggi verso santuari
mariani come Lourdes, Fatima, Loreto, Medjugorje), ma
rappresenta pure il sinonimo di un itinerario interiore che
può essere anche non religioso, come indagine e
introspezione della realtà singola e comunitaria, interna ed
esterna all’uomo, aperta all’Assoluto.
Pellegrino e pellegrinaggio
sono dunque due termini che indicano dinamismo e
irrequietezza salutare, in quanto voglia di verificare, di
conoscere, di superare, di muoversi non a caso ma in una
precisa direzione, comunque disponibili a cambiare a seconda
delle esperienze e degli incontri.
In definitiva, se il termine
pellegrino ben si adatta all’autentica espressione
della natura umana e al concetto di fedele seguace di una
idea e di una religione (Aristotele non insegnava nella
scuola peripatetica, cioè itinerante? Cristo non fu
instancabile ricercatore di anime sulle vie di Palestina e
quindi del mondo?), il termine pellegrinaggio ci
appare fortemente intrecciato con quello di libertà, il dono
più grande dopo la vita, la base fondante di ogni essere e
di ogni civiltà.
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L’opera
Dopo aver realizzato la
bellissima “Assunzione della Vergine” (2007) posta
all’interno della chiesa, Piero Mazzoni, artista residente a
Capezzana di Colle, ci ha donato questa nuova opera,
raffigurante Il pellegrino (2008). Collocata sotto il
portico michelucciano, la figura accentua la ricerca
metafisica della struttura, già voluta dal Michelucci
attraverso la scansione insistita delle finestrelle
paleocristiane poste al di sopra del portico e lo slancio
spaziale dello stesso a convergere sulla valle e l’orizzonte
sovrastante. Piero, in definitiva, apre una finestra
spazio-temporale sulla terminazione opposta, come uno
sguardo prima ancora sull’anima che sulla tradizione
storica, che ha visto questo luogo come uno dei tanti rami,
pur secondari, della Via Francigena (vedi R. Stopani in
Quarrata, storia e territorio, BCC di Vignole). L’edificio
ecclesiastico nel suo insieme, con tale inserimento,
acquista come una espressione vocale aggiuntiva, tesa ad
invitare al superamento di ogni pigrizia, nel necessario
cammino di conoscenza e di conversione, comunque intesa,
verso l’ideale realizzazione di se stessi.
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Lo sguardo profondo ed
insistente del pellegrino, è infatti un invito ad
alzarsi e a partire coraggiosamente non verso
l’ignoto ma, nelle prime luci dell’alba, verso la
pienezza del giorno e quindi della vita che, per il
credente, è la pienezza della rivelazione, cioè
Cristo: Via, Verità e Vita.
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Il piccolo cane fra i piedi
del pellegrino non è solo reminiscenza
rinascimentale e quindi pura esercitazione formale,
ma la sottolineatura a fidarsi dell’invito, perché
il pellegrino è fedele e non inganna; la pianta di
fico sulla destra, richiamando all’episodio
evangelico del fico maledetto da Gesù lungo il
cammino per Gerusalemme, oltre ai tanti significati
che gli si possono attribuire, è il richiamo ad una
esistenza e ad una fede che diano frutti e non siano
sterili.
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Le foglie ormai secche cadute per terra non sono li
per caso, ma appaiono come se ce le avesse accostate
il vento, sembrano vere. Il cardo selvatico, come
del resto il fico; al di là dei significati sono
piante molto comuni nel nostro territorio.
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Per
il cammino
Vi è un libretto che si può
leggere in una notte, un classico della letteratura
spirituale di tutti i tempi, in esso trovano
perfetta sincronia il cammino del pellegrino
itinerante da un santuario all’altro, e quello
interiore di ricerca di un rapporto sempre più
profondo con Dio in Gesù Cristo. Da questo piccolo
libro ho tratto il brano seguente.
“E ora eccomi pellegrino,
recitando senza posa la preghiera di Gesù che mi è
più cara e più dolce di ogni altra cosa … Se la fame
si fa insistente … Se mi sento male alla schiena …
Quando qualcuno mi insulta, non penso che alla
benefica preghiera di Gesù; immediatamente collera e
pena svaniscono … Introduci nel tuo cuore la
preghiera di Gesù e falla uscire insieme con il
ritmo del respiro. Ossia inspirando l’aria, dì o
pensa: Signore Gesù Cristo, ed espirando:
Abbi pietà di me!”
(Dai “Racconti di un
pellegrino russo”)
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