Sette Novembre Millenovecentoventi
Trasloco della Insigne Reliquia
di
una S. Spina della Corona di N.S.G.C.
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Sebbene nato a pochi passi da Colle pure io non avevo mai sentito parlare della S. Spina. Solo la prima domenica (13.5.1912) che celebrai a Capezzana, mi fu fatta conoscere dall'affittuario Flori Adolfo. Atteso il sì raro e prezioso tesoro religioso formai subito il desiderio di poterlo fissare stabilmente al mio popolo di Colle ed espressi subito che si sarebbe dovuta tenere in maggiore venerazione. I primi passi che feci nel primo anno ebbero effetto negativo [...] Venuta la nuova amministrazione, dovei superare non lievi difficoltà (non ultima dissuadere i coloni di Capezzana dal volere la S. Spina in quella cappella) [...] Dopo diverse lettere senza effetto, inviatane altra con raccomandazione di Mons. Vescovo Gabriele Vettori, in data 20 maggio 1920 fu risposto che nella primavera sarebbe venuto il Procuratore della Baronessa a Capezzana e avrebbe definito quanto interessava per la Reliquia. Il
Sig. Procuratore venne, ma della S. Reliquia non fu fatto
nulla. Onde io, dietro consiglio di Mons. Vescovo, con altra
mia (lettera - ndr) con inclusa altra lettera del Vescovo,
nuovamente insistevo che mi fosse data in dono detta
Reliquia. Finalmente dall'on. Amministratore Franchetti, in
data 6.7.1920, mi si rispondeva che mi sarebbe stata
concessa la S. Reliquia richiesta in deposito e custodia
affinchè fosse venerata dai fedeli della parrocchia e che
intendeva l'Illustre Baronessa conservare sulla stessa il
diritto di proprietà e di disporre diversamente qualora lo
credesse. E mi si insisteva se accettavo tale clausola, a
comunicarglielo. Prima di decidere interrogai Mons. Vescovo
il quale mi autorizzò ad accettare anche solamente la
custodia. Comunicata subito, nello stesso mese di luglio, la
mia disponibilità, finalmente, con Atto 8 ottobre 1920,
nella villa di Capezzana dalle mani del Cav. Avv. Arrigo
Tesi e Rag. Piero Becherucci mi fu consegnata la S. Spina,
dopo fatta lettura e firmato l'Atto medesimo. In
preparazione al trasloco solenne dall'Oratorio di Capezzana
alla Parrocchia feci tenere le S. Missioni, predicate da due
Rev.mi Padri Francescani, con gran frutto e la domenica 7
novembre 1920, con l'intervento di Mons. Vescovo Gabriele
Vettori, il quale per tale circostanza tenne anche le
Cresime ai bambini e bambine e pure la S. Visita Pastorale
con il più vivo interessamento di tutto il popolo, fu
portata solennemente alla chiesa parrocchiale la S. Spina.
Alle spese ho provveduto tutto io (tutto compreso £ 1.000).
Ma tanti sacrifizi di persona e di denaro li ho fatti colla
più grande consolazione, sicuro di aver fatto al popolo un
gran favore portando nella sua parrocchia (nella speranza
che vi possa rimanere eternamente) Reliquia tanto Insigne. Il
Reliquiario porta nella sommità un sigillo dell'Arcivescovo
di Firenze Giuseppe Maria Martelli; lo stesso sigillo è
impresso sull'Autentica che è unita a detta S. Reliquia in
data 14 gennaio 1725. Il foglio, unito alla S. Reliquia,
porta due lettere Patenti, una in una pagina, l'altra nella
seconda. La prima lettera è dell'Arc. di Firenze Tommaso
Ventura dei Conti della Gherardesca in data 1715 e l'ultima,
quasi uguale alla prima, tradotta alla lettera suona così:
"Orazio Mazzei, Dottore in legge, penitenziario della
Metropoli Fiorentina, Protonotario Apostolico, Vicario
Generale e Ufficiale nelle cose Spirituali e temporali
dell'Ill.mo e Rev.mo Giuseppe Maria Martelli, per grazia di
Dio e della Sede Apostolica Arcivescovo di Firenze etc. A
tutti coloro che leggeranno queste nostre lettere Patenti
facciamo fede ed attestiamo che da legittimi documenti è
stato constatato e consta che la S. Reliquia di una delle
Spine della Corona di N.S.G.C. Crocifisso, che possiede il
Sig. Marchese Francesco Giovanni Battista Bourbon Del Monte,
inclusa entro un vasetto di cristallo, di forma rotonda,
inserita in un Reliquiario d'argento, in parte dorato, con
piedistallo simile e con sopra una croce parimente dorata,
fatto a guisa di piccolo ostensorio antico ed ora cautamente
e religiosamente custodita in una cappella del suo palazzo
in questa città di Firenze, fu tolta da luoghi autentici e
come tale è e fu continuamente reputata, esposta anche
qualche volta alla venerazione, e che essa pervenne ai Sigg.
Marchesi suoi antenati e da essi, di poi, a Lui stesso, nel
medesimo identico stato per diritto di legittima successione
e di poi, anco per conservarne la successiva identità e per
assecondare un pio desiderio del detto Sig. Marchese,
serrammo questa stessa Reliquia, da noi come tale prima
riconosciuta ed approvata, entro il medesimo Reliquiario e
lo legammo anche con filo d'argento doppio e ritorto a
maggiore custodia della stessa Sacra Reliquia, affinchè non
si potesse più aprire e lo munirono del nostro piccolo
sigillo impresso in cera di Spagna su di un filo di seta di
color rosso posto nella sommità dello stesso Reliquiario. Di
poi restituendolo al Sig. Marchese che ce l'aveva esibito
con sua dichiarazione e licenza di poterla esporre anche
pubblicamente alla pietà e venerazione dei fedeli. Dato in
Firenze dalla nostra Residenza Arcivescovile il dì 14
gennaio 1715. Orazio De Mazzei Vic. Gen.le / Domenico Maria
Borghigiani Doctor in utroque Cancelliere Metropolitano”.
Nel
quaderno scritto di suo pugno, don Macario riporta notizia
di altre S. Spine conservate in altri luoghi, tra cui: una a
Napoli in S. Maria La Nuova, officiata dai Frati Minori; una
a Firenze nella chiesa di S. Maria in Campo; una a Pisa
nella chiesa della S. Spina sui lungarni; una nella
Cattedrale di Andria.
Liber Cronicus
della
chiesa di S.Maria a Colle
Scritto da don Egisto Ulivi
Prima parte
Della chiesa di S. Maria a Colle di Tizzana (Quarrata) non
si conoscono con esattezza le origini.
Nell’archivio parrocchiale non esistono Tavole di
fondazione. Mons. Sabatino Ferrali nel “Catalogo Storico del
1970” la dice: “Chiesa parrocchiale di antica origine detta
S. Maria de Colugi o de Colle Ughi, già suffraganea della
Pieve di Bacchereto” (secondo l’ingegner Rauty risale al
1400 – ndr). Il
registro più antico esistente nell’Archivio Parrocchiale è
quello dei morti e risale al 1578. E’
firmato da P. Domenico Maggini – Rettore di S. Maria a
Colle; quindi la chiesa doveva essere già parrocchia. Ma il
Maggini era il primo Rettore? Non si sa! I
sacerdoti che hanno esercitato il Sacro Ministero in questa
parrocchia sono i seguenti: 1) P. Domenico Maggini,
Rettore della chiesa di S. Maria a Colle dal 16 gennaio 1578
al 4 settembre 1600. 2) P. Piero Mazzei, dal
24 ottobre 1601 al 30 novembre 1622. In quella data fu
nominato Pievano di Bacchereto. 3) P. Marcantonio di
Bernardo Cheli, dal primo dicembre 1622 al 26 gennaio 1626,
giorno della sua morte. 4) P. Leonardo di
Giovanni Maggini, dal 30 luglio 1626 al 20 agosto 1645. 5) P. Santi Bovani,
dall'ottobre 1645 al 13 giugno 1676. Dal 1676 al 1680 la
parrocchia rimase vacante; supplirono al servizio religioso
i sacerdoti delle vicine parrocchie: Tizzana, Bacchereto,
Santallemura, Carmignano. 6) P. Niccolao Mazzei,
dal 15 aprile 1680 al 24 marzo 1716. Gli successe – come
Vicecurato – il nipote P. Lorenzo Mazzei fino all'agosto
1719. 7) P. Francesco
Ceccopieri, dal 13 agosto 1719 al 16 novembre 1723. 8) P. Lorenzo Mazzei,
dal 3 agosto 1724 al 28 febbraio 1739. 9) P. Giuseppe
Maestripieri – Curato di Santallemura – sostituì D. Mazzei,
ammalato, dal 1737e rimase Economo Spirituale fino al luglio
1739. 10) P. Giovan Francesco Poli, dal
20 luglio 1739 al 22 ottobre 1749. Nel periodo in cui la
chiesa rimase vacante, fecero servizio i sacerdoti: P.
Giuseppe Bonti – in qualità di Sostituto – e P. Agostino
Montardi – come Economo Spirituale. 11) P. Giovan Matteo Mazzei,
Parroco dal 7 luglio 1750 al 5 novembre 1793. 12) P. Piero Vestri di fu Luca e
della fu Rosa Angiolini, Parroco dal 3 marzo 1794 al 18
giugno 1839. 13) P. Giosuè Santini, Economo
Spirituale, dal 17 giugno 1839 al 30 luglio 1840. 14) P. Ignazio Musetti di fu
Alberto e fu Bartolini Anna, Parroco dal 30 luglio 1840 al
21 settembre 1860. 15) P. Raffaello Damerini, Economo
Spirituale dal 21 settembre 1860 al 12 settembre 1865. 16) P. Pietro Masi di fu G.
Battista, Economo Spirituale dal 31 ottobre 1865 al 7 luglio
1868. 17) P. Giuseppe Breschi di fu Zeno
e fu Corsini Rachele, Parroco dal 15 agosto 1868 al 15
agosto 1878. 18) P. Giovanni Batoli di fu
Francesco, Economo Spirituale dal 15 agosto 1878 al 1883;
Parroco dal 1883 al gennaio 1890. 19) P. Leopoldo Salvi, Economo
Spirituale dal gennaio al dicembre 1890. 20) P. Venceslao Tonini di fu
Ferdinando e fu Lombardi Assunta, Parroco dal 17 dicembre
1890 al 16 maggio 1912. 21) D. Manrico Zini, Sostituto –
dal maggio 1911 all'aprile 1912. 22) D. Macario Rossi di fu
Bernardo, nato a Bacchereto il 18.10.1875, morto a Colle di
Tizzana il 29 marzo 1939. Infaticabile, si prodigò
generosamente per il bene spirituale e temporale di tutti i
parrocchiani. Curò il beneficio parrocchiale (vigne ed
olivi) portandolo alla piena efficienza. Per suo premuroso
interessamento il 7 ottobre 1920 dalla baronessa Sara-Luisa
de Rothschild – allora proprietaria della Tenuta di
Capezzana – ottenne ed ebbe in consegna l'insigne Reliquia
della Sacra Spina, perché fosse esposta alla venerazione dei
fedeli nella chiesa di S. Maria a Colle. I parenti, gli
amici, tutto il popolo piansero sinceramente l'immatura
scomparsa. 23) Ulivi D. Egisto di fu Domenico
e fu Ceccarelli Petronilla, nato a Treppio (Sambuca
Pistoiese) il 3 aprile 1906, nominato parroco di Colle il 2
giugno 1939, vi fece ingresso il 15 luglio 1939, di sabato,
giornata afosa. [Come si dirà più avanti, don Egisto lascerà
Colle definitivamente il 24 gennaio 1987. E' stato il
Parroco che più lungamente ha ricoperto questo incarico: per
ben 48 anni – ndr]. 24) [D. Ernesto Moro sarà Economo
Spirituale fino all'arrivo di – ndr] 25) [D. Vasco Vezzosi, nato a
Tizzana il 26.9.1920, è stato nominato Parroco il 1 luglio
1987, rimanendo tale, anche se non risidente, fino al 15
agosto 2006 – ndr]. 26) [D. Franco Monticelli, nato a
Campi Bisenzio (FI) il 29 luglio 1951, è stato nominato
Parroco il 16 agosto 2006 – ndr].
[Riprendiamo il racconto di D. Egisto]
A Capezzana, alle ore 17, un buon gruppo di
parrocchiani fanno festosissima accoglienza al nuovo Parroco
resa solenne dalla Banda di Bacchereto. Terminato il primo
saluto ci si avvia a piedi verso Colle. Al Poggio delle
Fontane viene indicata al Parroco la chiesa, che gli apparve
una piccola, malandata costruzione aggrappata ad uno
scoglio; la prima impressione quindi, fu penosa. Per una
stradicciola ciottolosa – dopo lunga camminata – si giunse
nella piazza della chiesa. Qui l'accoglienza fu realmente
entusiasta: un bambino (Corrado Cirri) ed una bambina
(Silvana Gradi) a nome del popolo rivolsero il saluto
augurale al nuovo parroco. Di parrocchiani credo non ne
mancasse uno, tanto era piena la piazza e le adiacenze. La
prima impressione dei parrocchiani nei riguardi del parroco
dovette essere penosa dal momento che una donna ebbe a dire:
"Don Macario c'è campato 27 anni, ma questo ci camperà 27
giorni!" (il motivo stava nella magrezza estrema di don
Egisto – ndr). La facciata della chiesa, affogata da un
muraglione a sostegno di prospiciente terreno, terminava con
un bel loggiatino a forma rettangolare con tre aperture sul
davanti e due ai lati: per consiglio un po’ incerto
dell’Architetto Michelucci e del Conte Augusto
Contini-Bonacossi, fu abbattuto, errando: meritava
conservarlo, intonandolo, per quanto possibile, alla nuova
costruzione. Ma “del senno di poi, ne son piene le fosse”! Dal
loggiato si entra in chiesa: uno stanzone rettangolare
(12x5,40) basso, con un tetto da far pietà; due finestre
quasi quadrate a ponente, altissime, munite di inferriate,
con pareti nere, affumicate: dava l'impressione d'entrare in
una prigione vecchia. In quel momento, riscaldata dal
solleone e stipata all'inverosimile, sembrò d'entrare in un
forno ben caldo. Non si passava, non ci si girava, non si
respirava. Il nuovo Parroco, accompagnato dal Proposto di
Casalguidi – D. Giovanni Verucchi -, dal Pievano di Tizzana
– d. Arnaldo Lucarini -, dal Pievano di Bacchereto – D.
Bartolino Bartolini -, dal Priore di Lucciano – D. Valiani
-, dal Cappellano di Quarrata – D. Nerozzi -, alla meglio,
per non dire alla peggio, raggiunse il presbiterio; prese
possesso della chiesa e, dopo la presentazione fatta da D.
Verucchi, parlò: durò pochi minuti perché – certo per
mancanza d'ossigeno – gli era difficile la respirazione.
Tale era la chiesa di Colle nel 1939. Infelice! La più
infelice della Diocesi di Pistoia, a detta di Mons.
Debernardi, Vescovo di Pistoia. Il nuovo Parroco, venuto da
un ambiente tutto diverso, lì per lì si sentì smarrito.
Costumanze, abitudini, modi di vedere e di fare diversi lo
disorientarono. Poi, piano, piano si adattò e ancor più
lentamente si ambientò.
Seconda parte
Mentre cercava di esercitare alla meglio il ministero
pastorale, pensava come portare le indispensabili migliorie
alla chiesa e alla canonica. Così nel 1940 con l’aiuto della
popolazione venne ripulita la vecchia chiesetta, che apparve
subito più bella, quasi passabile – almeno agli occhi dei
parrocchiani. Ma intanto non si staccava dall’idea di dare
alla chiesa una forma migliore; un’aggiunta, che la rendesse
somigliante alla chiesa di Santallemura o, possibilmente, a
quella di Lucciano. E mentre carezzava l’idea, non lasciava
passare occasione di manifestarla in pubblico e in privato,
ai sigg. Contini-Bonacossi e alla popolazione. Le difficoltà
però non mancavano. La
parrocchialità era poco sentita, data la dispersione dei
parrocchiani, sparsa qua e là in un raggio vastissimo. Così:
gli abitanti del Vannucci si sentivano più di Seano che di
Colle; a quelli di Capezzana bastava la Cappella vicina,
comoda e bene officiata. La parte del Crociale risentiva
della vicinanza di Santallemura e di Quarrata; i residenti
in Colle Alto dicevano: Che importa se la chiesa è piccola?
Per noi basta! E molti dei contadini sostenevano: Noi siamo
fluttuanti, oggi siam qui e domani siam là… Si
raggiunse così il 1943. In occasione della Festa annuale
della Madonna del Carmine si fece una sottoscrizione, che
fruttò la somma di £ 24.000. Il parroco lanciò l'idea
d'acquistar mattoni, e la Fabbrica Panerai di Prato ne
avrebbe portato in fondo a Colle ben 50.000.
Malauguratamente l'idea non fu accolta. La somma fu
depositata alla Banca del tesoro dello Stato; ma per la
mancata consegna in tempo debito della ricevuta, si corse il
rischio di perdere l'intera somma, perché caduta in
prescrizione. Il parroco riuscì a riscattare il fondo, ma
senza i frutti e nel 1944 la Contessa Vittoria – col tacito
consenso dei familiari – giunse a promettere che avrebbe
molto contribuito all'ampliamento della chiesa. Il
27 agosto 1947 muore – improvvisamente – la Contessa
Vittoria Contini-Bonacossi. Ci fu chi si perse d’animo.
Ormai… si diceva! Il parroco continuò a confidare. Nel 1950
il Conte Augusto, figlio della Contessa Vittoria, fece
qualche accenno alla promessa fatta da sua madre: la
considerava un voto da doversi sciogliere…
Finalmente il Conte Padre – Alessandro – annunziò al
sottoscritto d’essere ormai deciso di voler attuare il
desiderio della sua defunta Consorte e suo: di voler cioè
sistemare la chiesa di Colle. “Mia moglie Vittoria mi ha
ispirato: bisogna fare una chiesa nuova e bella”. Si
passò quindi e finalmente a vie di fatto. All’Architetto
Giovanni Michelucci fu dato l’incarico del progetto.
Compiuto un sopralluogo nell’agosto del 1950 il Michelucci
eseguì il progetto e lo presentò. Piacque a tutti, anche a
Mons. Vescovo Debernardi, che lo approvò entusiasta. E
disse: “Fate pure e fate presto!” Nel
Natale del 1950 il Conte Padre passava a seconde nozze: si
temette che andasse tutto a monte. Nel
1951 il parroco scrisse una lettera alla nuova Contessa
Atala incoraggiandola a metterci Lei una buona parola.
Quella buona parola certamente non mancò e fu efficace, dal
momento che fu dato l’ordine al Dei di iniziare i lavori per
la somma di £ 4.500.000. Il Dei iniziò credendo più semplice
il lavoro e sperando in riflessiva comprensione!
Invece… Le fondamenta, i muri di sostegno fino al pavimento
della chiesa furono laboriosissimi e costosi molto più del
previsto. Il Dei fu costretto a sospendere. Il parroco fece
appello alla popolazione perché collaborasse e la risposta
fu quasi totale, molto generosa: ore di lavoro gratis (oltre
600) per l’ampliamento della piazza, aiuto alla Ditta e,
inoltre, tante offerte in denaro.
Nell'afoso luglio 1952 la chiesa fu coperta e quindi fu
offerto il consueto desinare per l'impresario, per le
maestranze e per gli operai offerto dal parroco. Sistemato
l'intonaco interno sorse la questione degli altari. La Ditta
e l'Architetto Michelucci, per ragioni di risparmio,
volevano rimettere i vecchi e si iniziò la montatura
dell'altar maggiore: stava malissimo (una donna lo paragonò
ad un vecchino rannicchiato). Il parroco interessò il
Vescovo che intervenne, osservò e disapprovò, permettendosi
di scrivere all'Architetto le sue osservazioni: altari nuovi
per una chiesa rimessa a nuovo, possibilmente di marmo, in
stile romanico. L'Architetto si offese e rispose dicendo:
"Andate a Pietrasanta, dove potete trovare altari a
piacimento, secondo i vostri gusti!" Si giunse così ad
un'altra sospensione dei lavori. Il
parroco andò a Pietrasanta in cerca di disegni da presentare
al Vescovo, ai Contini e al Michelucci e da Pietrasanta una
Ditta inviò un suo rappresentante che fece un sopraluogo,
prese le misure ed inviò in seguito un progetto. Il parroco
lo portò al Vescovo a cui non piacque. La Ditta inviò altri
disegni ed uno in particolare piacque a Mons. Debernardi:
era ricco e costosissimo. Il Michelucci lo definì: "Una vera
porcheria!" assolutamente non adatto alla sua chiesa. Il
parroco si rivolse ai Contini perché interponessero i loro
buoni uffici allo scopo di ottenere dal Michelucci i disegni
tanto bramati per gli altari: maggiore e laterali. Si attese
per mesi: il Michelucci prometteva, ma non si decideva. Il
parroco portò al Michelucci un paio di piccioni che furono
molto graditi e sembrarono raddolcirlo, ma i disegni non
venivano. Allora il parroco gli scrisse questa lettera:
"Ill./mo Sig. Architetto, vorrà comprendermi e scusarmi se
mi permetto quest'oggi aprirle tutto il mio animo.
Un'indicibile pena da tempo mi angoscia. Ho una casa ridotta
ad un magazzino con tutte le suppellettili della vecchia
chiesa riposte, ammassate un po' dovunque. Mi son dovuto
adattare a compiere le Sacre funzioni in una stanza – vera
chiesa catacombale -. Pensavo fosse una cosa relativamente
breve. invece. E' passato il Natale, il Carnevale, la
Quaresima. e siamo ormai all'inizio della Settimana Santa
che non posso celebrare per mancanza di chiesa. Prossimi
alla Pasqua di resurrezione. noi purtroppo dobbiamo restare
nel sepolcro. Avessi almeno un filo di speranza da potermi
rianimare, ma nulla! Ogni giorno attendo con ansia la
bramata notizia che il Sig. Architetto abbia fatto i disegni
per i nuovi altari, ed invece passano i giorni, mai nulla.
Signor Architetto, Lei solo può togliermi da questa pena che
mi logora, mi consuma, che non dà requie al mio spirito. Si
son sempre bramati i suoi disegni, perché siam convinti che
Lei, meglio d’ogni altro può dare la più completa e perfetta
sistemazione alla chiesa, che già tanto piace, sebbene
incompleta. Voglia, Sig. Architetto, appagare il desiderio
di Mons. Vescovo, dei Sigg. Contini, di me stesso e di tutto
il popolo, che spessissimo mi tormenta con mille
imbarazzanti domande. Con rinnovate scuse, ma anche con
sicura fiducia d’essere compreso ed esaudito, la prego
accogliere anticipati ringraziamenti, infiniti auguri d’ogni
bene e molto deferenti ossequi. Colle, 18 marzo 1953”.
Alla lettera del parroco l'architetto Michelucci rispose:
“Gentilissimo Reverendo, lei è stato molto gentile ed io la
ringrazio. Ho il rimorso di averle fatto aspettare i disegni
per molto tempo: ma creda che io sono completamente schiavo
degli impegni, che la scuola e la professione mi creano e
m'impongono. Mi scusi e riceva i miei migliori saluti.
Domenica verrà da lei l'architetto De Mayer. 10/4/1953”.
Conforme alla promessa del Michelucci, venne l'architetto De
Mayer: osservò il vecchio altare semismontato e riconobbe
che era oltremodo sproporzionato alla nuova costruzione.
Prese le dovute misure e preparò i disegni. La domenica
seguente tornò a Colle e s'accorse che bisognava ridurli
nelle dimensioni. Li corresse e li presentò. Piacquero e
vennero approvati sia dal Vescovo che dai Sigg.
Contini-Bonacossi. Il
parroco chiese, senza indugio, il preventivo a tre delle più
grandi Ditte di Pietrasanta. La Ditta "U.Luigi-Eredi"
offerse le migliori condizioni e fu prescelta. Dopo
molteplici solleciti, l'11 agosto 1953 la Ditta comunicava
l'avvenuta esecuzione del lavoro e ci invitava a Pietrasanta
per vederli montati. Dopo il sopralluogo furono fissate le
modalità e la data della spedizione. Nel settembre del 1953
giunsero a destinazione. Ma intanto, quasi improvvisamente,
avvenne la morte di Mons. Debernardi. Al parroco spiacque
molto, sia perchè Debernardi era Vescovo molto comprensivo,
sia perchè aveva espresso il vivo desiderio di vedere la
chiesa completa, ben finita, di volerla consacrare e di
voler partecipare alla festa dell'inaugurazione: quindi al
parroco sembrò di perdere il più valido sostegno.
Terza
parte
Intanto nuova sosta. Dopo ripetute richieste la ditta edile
Dei si decise a mandare Giulio, per montare gli altari e
rifinire i lavori. Buon uomo Giulio, laboriosissimo e
capace. Ma c'era ancora tanto da fare. Riguardo alle
acquasantiere, queste stonavano molto, per cui, dopo un
sopraluogo del conte che ne chiese la rimozione, furono
richiesti all'architetto De Mayer i disegni per le nuove.
Altro problema era la sistemazione del coro, che si pensava
di collocare sopra il loggiato della facciata rientrante nel
corpo della chiesa, ma bisognava trovare il modo di salirvi.
Pensa e ripensa il modo migliore parve quello di fare un
dossale in legno con al centro il bussolone o antiporto e ai
lati i confessionali. A lato del confessionale di sinistra
una scaletta quasi a chiocciola doveva servire e serve per
salire in cantoria spaziosa e comoda per l'organo della
ditta Agati-Tronci di Pistoia e per i numerosi cantori.
L'idea del dossale suggerita dal parroco, fu espressa in un
disegno, corretto dall'arch. De Mayer dello studio del
Michelucci (la parte superiore conveniva forarla riprendendo
il disegno delle finestrine della chiesa, ma tutte non
vengono in mente!). Il lavoro della cantoria fu eseguito dai
falegnami paesani Pratesi, Paolini e Vasco per un importo di
lire 260.000. Ci
volevano i pancali e le panche nuove, anche queste su
disegno corretto dal De Mayer: Mario Ulivi - fratello del
priore - fece le panche, Severino Peruzzi fece i pancali per
una somma complessiva di lire 300.000. La balaustra in
marmo, su disegno dell'arch. De Mayer, fu eseguita dal
marmista Ovidio Bianchi di Poggio a Caiano. Fu tolta nel
1978 - allorchè fu girato l'altar maggiore.
Naturalmente occorrevano anche arredi sacri adatti al nuovo
ambiente e fu quindi provveduto al necessario. Così, per
l'altar maggiore si provvide: un crocifisso in bronzo della
Fonderia Michelucci di Pistoia. Sembrò ai competenti troppo
"atletico" e fu perciò cambiato con uno più snello e più
proporzionato, acquistato a Firenze dal conte Augusto (pare
della scuola del Giambologna). Sempre della Fonderia
Michelucci è la porticina del ciborio (tabernacolo), in
bronzo puro. Su disegno della scuola di Giovanni Michelucci
sono i 10 candelieri di bronzo fusi anch'essi nella fonderia
di Renzo Michelucci - fratello di Giovanni. Ancora: acquisto
di n. 10 candelieri in bronzo - di forma ordinaria -
somiglianti ai due già esistenti per gli altari laterali,
con sei candelieri ciascuno; n. 2 candelabri in bronzo -
battuti a sbalzo - alti m. 1,50 con due palchi: uno per 12 e
l'altro per 8 candele, da porsi ai lati dell'altar maggiore,
eseguiti dalla ditta Quagli di Firenze. Per
la definitiva sistemazione dell'urna della Sacra Spina,
occorreva un reliquiario più grande, più vistoso di quello
antico. Vi pensò ancora il conte Augusto che, sempre in
memoria della madre, fece eseguire nelle botteghe degli
orafi fiorentini un bellissimo reliquiario d'argento
finemente lavorato, a forma di tempietto e così ampio da
poter contenere nell'interno l'antico reliquiario, nel quale
sempre si conserva la Sacra Spina. Dalla ditta Banti di
Pistoia venne poi acquistato un leggio-ambone in ottone, e
un bel lampadario pensile per il cerone del SS.mo. Non sto
ad elencare tante altre cose di secondaria importanza, come
i ceri della ditta Birmelin di Milano, biancheria per
l'altar maggiore, sistemazione di vecchie pianete, acquisto
casule ecc.
Si voleva inaugurare la nuova chiesa il 3 maggio 1954,
celebrando la festa della Sacra Spina nel giorno
dell'Invenzione della S.Croce (secondo il calendario
pre-conciliare - ndr), ma, un po' per la cattiva stagione -
le strade erano davvero impraticabili - e un po' per
mancanza di completa preparazione, fummo costretti a
rimandare la festa al luglio dello stesso anno. Purtroppo
nacquero dolorosi contrasti che non starò qui ad elencare,
ma la festa si svolse dal giorno 29 luglio al 1 agosto 1954.
Giovedì 29 luglio avvenne la consacrazione della chiesa e il
primo agosto la solenne inaugurazione. Mons. Vescovo,
durante la Messa cantata e bene eseguita dal coro misto
paesano, in uno smagliante discorso lodò i conti
Contini-Bonacossi, le autorità presenti e tutto il popolo.
Dimenticò completamente il parroco... ma è Gesù stesso che
dice: "Quando avrete fatto quello che dovevate fare dite:
siamo servi inutili" (Luca 17, 7-10).
Mancava il battistero. Si pensò di costruirlo in fondo alla
chiesa, ma era ingombrante e non funzionale. Al parroco
venne l'idea di farlo sotto il loggiato orientale, proprio
nell'ultimo vano vicino alla porta laterale. L'architetto
Puggelli Donatello della Catena fece il disegno con tutte le
proporzionate dimensioni. Il lavoro in muratura fu fatto da
Camillo Gradi, muratore fisso della tenuta di Capezzana. La
parte marmorea fu eseguita dalla ditta Rubini e Cirri di
Quarrata. Il cancello e i finestrini in ferro da una ditta
di Firenze. L'architetto e pittore Giovanni Colacicchi fece
il quadro del Battesimo di Gesù; curò la tinteggiatura e le
rifiniture dello stesso battistero. La terracotta posta
sopra il cancello e quella interna a forma di lumiera sono
opera della moglie del Colacicchi. Alla spesa totale pensò
il conte Augusto Contini-Bonacossi, in memoria della madre
Contessa Vittoria, deceduta il 27 agosto 1947. Il lavoro
(del battistero - ndr) fu completato nel luglio del 1958 e
inaugurato il 14 settembre dello stesso anno, in occasione
della festa della Sacra Spina, alla presenza di S.E. Mons.
Chelucci - in rappresentanza del Vescovo Diocesano, assente
dalla Diocesi -.
Prima comunione degli anni '60 con don Egisto Fra
maggio e giugno 1970 venne eseguito l'impianto elettrico
delle campane, con una spesa globale di lire 1.610.000. Nel
giugno del 1973 occorsero lavori di sistemazione del
campanile, rattoppi alla chiesa e revisione generale dei
tetti della chiesa e della canonica, nonchè la quasi totale
rimbiancatura della chiesa e di alcune pareti della
canonica: spesa globale 420.000. Nel maggio e giugno del
1978 - in conformità alle nuove disposizioni liturgiche - fu
staccato l'altar maggiore dalla parete e spostato in avanti.
Pareva un lavoro da poco ed invece divenne assai complesso.
Riuscì discretamente. Allo spostamento dell'altare successe
la rimozione della balaustra, per mettere in più diretta
comunicazione il celebrante con l'assemblea dei fedeli. Una
parte di quel marmo fu riadoperato per il dossale dell'altar
maggiore, il rimanente fu ceduto al marmista Giotto Attucci.
Si dovette rattoppare le mura in cui appoggiava e i gradini
su cui posava la balaustra: per evitare brutture si pensò
conveniente arrotare tutto il pavimento e, sempre per
evitare rattoppi alle pareti, rimbiancare tutta la chiesa.
Così venne un lavoro completo e pulito e si approfittò della
circostanza per fare l'impianto elettrico sotto lo stesso
altare. Si pensò fare cosa opportuna installando due
riflettori per illuminare l'altare maggiore e il suo
dossale. Si raggiunse la spesa globale di lire 1.990.000. Nel
gennaio 1980 il freddo intenso fece prendere al parroco la
decisione di installare in chiesa l'impianto di
riscaldamento. Anche questo fu un lavoro complicato per
trovare il posto adatto e porvi il generatore e il
bruciatore, nonchè la cisterna per il gasolio. Con tanti
sacrifici dei vari operai muratori, elettricisti e
soprattutto l'idraulico Giancarlo Rosaspina, nonchè del
parroco e della sorella per ripulire e riordinare, ai primi
di febbraio 1980 il riscaldamento funzionava bene (fino ad
oggi! - ndr). Fu una spesa complessiva di lire 3.056.500. Il
30/9/1981 fu acquistato e collocato in chiesa - sopra una
rudimentale ma stabile predella - il nuovo armonium della
rinomata ditta “Del Marco”. A giudizio di esperti (Sr. Adele
delle Mantellate di Quarrata, don Romano Faldi e don
Napoleone ecc.) fu giudicato ottimo. Costò due milioni,
pagati lo stesso giorno dal parroco. Il
25 maggio 1983, un fulmine si abbattè sul campanile,
squarciò il piedistallo della croce, di cui una grossa parte
cadde sul tetto della chiesa e lo sfondò; danneggiò
gravemente una cantonata dello stesso campanile mettendola
in pericolo di cadere. I danni furono ingenti. Intervennero
i Vigili del Fuoco
che fermarono - con un canapo - in mancanza di un cavo di
acciaio, la cantonata perchè non precipitasse sui tetti
della chiesa e della canonica, moltiplicando i danni.
Intervenne, prontamente avvertita, anche la Soprintendenza
ai Beni Artistici e Culturali; l'incaricato suggerì di
chiedere un contributo statale per la riparazione, ma la
pratica era così complicata e lunga che non conveniva
chiedere niente. Eseguì egregiamente i lavori l'ottimo
muratore Paolo Parrini. La spesa fu di lire 2.675.000,
saldata dal parroco mediante l'assicurazione contro gli
incendi, aggiornata l'anno precedente. Nel luglio 1983 si
procedette all'impianto del parafulmini posto sul campanile.
Il lavoro fu eseguito da Leandro Rossi e figli per un
importo di 1.300.000 lire.
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