Anche io dico: Non ci sto
Caro "cittadino di Adro", abbiamo letto qua in Africa, la tua
lettera "Io non ci sto" e anche noi ci uniamo al tuo messaggio e al
tuo gesto. Inviamo un contributo per pagare la mensa per un anno a
uno dei tuoi-nostri bimbi... (700euro - ndr).
A
Muahnga e Bunyatenge, piccoli villaggi di foresta, ogni giorno diamo
a tutti i ragazzi delle scuole (circa 900) una tazza di "masoso",
pappetta fatta mais-sorgo-soja senza zucchero: è capitato qualche
volta che la casseruola si vuotasse troppo in fretta; subito i bimbi
che avevano già ricevuto si sono mossi e hanno condiviso la loro
tazza con gli altri.
Il
contributo che mandiamo è null’altro che questo gesto, anche perché
so che gli altri bimbi di Adro lo farebbero spontaneamente. Siamo
sicuri che anche gli amici che ci hanno dato questi soldi come gesto
di solidarietà e giustizia ne saranno fieri.
Padre Giovanni Piumatti
(Lettera ricevuta via mail da Antonio Vermigli)
A me mi avete rotto!
Ho
letto quanto ha scritto padre Giovanni, comboniano in Congo, e ne
sono rimasto esterrefatto.
Su
quanto accaduto ad Adro si è detto di tutto e di più e la
madre-matrigna della ideologia, sepolta mille volte e mille volte
rinata, ha avuto una parte rilevante, sia sulla sponda del sindaco
di quel comune del bresciano, sia sull’altra, quella dei “duri e
puri” del buonismo ad ogni costo; c’è infatti chi vuole demonizzare
gli extracomunitari e c’è chi li vuole santificare per il solo fatto
che sono appunto extracomunitari. Signori, a me mi avete rotto,
perché se ci sono certamente i razzisti ci sono anche i finti
bisognosi, i furbetti del paesello.
Ma
andiamo in Congo, da padre Giovanni e dalla sua comunità. Non metto
minimamente in dubbio il suo e vostro sacrificio, la sua e la vostra
dedizione, la sua e la vostra scelta di aiutare gli ultimi e più
poveri della terra. Io, come prete della “ricca” provincia di
Pistoia, mi ritengo un moscerino di fronte a voi … ma purtroppo
anche i moscerini hanno una testa e, se mi permettete, un cuore che
talvolta si incavola.
Lei, don Giovanni, dice che i bambini di Muahnga e di Bunyatenge
mangiano ogni giorno una tazza di “masoso”, cioè una pappetta, e che
si fanno in quattro quando la casseruola si vuota troppo in fretta;
che avete letto anche costì i fatti di Adro e che avete deciso di
inviare 700 (dico: settecento) euro per pagare la mensa per un anno
ad un bambino povero di quel comune del bresciano. Cavolo! Ma in che
mondo viviamo? Come Caritas Colle facciamo i nostri sforzi per
raccogliere ogni mese offerte per sostenere, tra l’altro, i bambini
affamati di Korogocho in Kenia, perché sappiamo le condizioni
miserrime e di pura sopravvivenza in cui vivono. Ebbene, adesso
vengo a sapere che c’è qualcuno che quei soldi (dico questo ben
sapendo che sono due realtà diverse … ma simili!) li rispedisce
indietro, per aiutare chi, sicuramente (e su questo vi sfido a
contraddirmi), di fame non morirà.
Don
Giovanni, mi domando: se i vostri bambini del Congo hanno deciso di
rinunciare a 700 euro (una cifra grande e grossa per un paese
africano, che avrebbe permesso di comprare migliaia di ciotole di “masoso”),
gli avete spiegato le differenze tra noi e loro, gli avete detto
come si vive in Italia e che non è possibile nessun raffronto? Se
non l’avete fatto o l’avete fatto male domani, quei bambini,
diventati adulti e coscienti, potrebbero avere qualcosa da ridire …
Mi
domando ancora, padre Giovanni, comboniano, mi scusi la franchezza:
lei e i suoi confratelli, ogni giorno, mangiate una ciotola di “masoso”
o qualcos’altro e, come frati adulti, voi personalmente, a cosa
avete deciso di rinunciare? Mi chiedo infatti perché i sacrifici
dovrebbero farli sempre e soltanto i poveri e perché le decisioni
dovrebbero passare solo attraverso … il loro piatto?
Sono convinto che ci siamo bevuti il cervello e che non abbiamo più
il senso delle proporzioni; credo anzi una cosa ancora peggiore: che
noi, intendo noi europei, continuiamo a sfruttare gli africani
“usandoli”, cioè “piegandoli” a logiche che sono solo nostre, ben
lontane dalle vere priorità e dalle vere emergenze che subiscono.
E’
meglio che mi fermi e non aggiunga altro.
Colle, 27.4.2010
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