Il mondo ha tante differenze ma una sola è la vera divisione Qualcuno
vorrebbe far credere che il mondo sia diviso in tante
categorie, e che queste non possano che essere contrapposte,
messe l’una contro l’altra, necessariamente,
inevitabilmente, senza esclusione di colpi. Di fatto,
apparentemente, così sembra. Non sembra
forse che le esigenze dei seguaci di una religione o di una
fede siano in antagonismo, spesso violento, con quelli di
un’altra, con predicatori zelantissimi che nel sacro nome di
Dio tutto arrivano ad ammettere: botte da orbi, anche a
bambini e minorenni, sgozzamenti, stupri e quant’altro? Non
sembra forse che le donne rivendichino una loro superiorità,
sia fisica che mentale, sugli uomini? Ho ancora nella testa
gli slogan delle femministe d’ieri e le saccenti
dichiarazioni di chi oggi perderà il ben dell’intelletto
solo perchè una donna magari e forse andrà all’Eliseo o
perchè in Scandinavia le ministre sono più numerose dei
ministri. Per tutta risposta sembra rafforzarsi la tesi di
chi vorrebbe consapevolizzare i maschi ch’è giunto il
momento di reagire e di riconquistare le posizioni perdute.
Ma ci siamo mai chiesti la differenza, ad esempio, di un
impiegato uomo o donna alle poste? di un militare, uomo o
donna che sia, con un fucile o con un lancia-granate? C’è
differenza? Ma non fatemi ridere, che non ne ho voglia!
Ricominciamo. Non sembra che i ricchi facciano di tutto per
diventare sempre più ricchi ed abbiano una gran voglia di
darlo a vedere, sia come singoli che come comunità, andando
spesso e volentieri contro i diritti dei più poveri? Antonio
Vermigli, nel suo incontro tenuto a Colle ai primi del mese
di aprile, ci ricordava alcuni dati impressionanti tra i
quali: l’80% dell’umanità è sottoalimentata o soffre la
fame, circa 250 milioni di bambini (tra i 6 e i 12 anni)
lavorano nel mondo per un pezzo di pane anche 12-16 ore al
giorno, cinque persone americane - ma non conta la
nazionalità - hanno da sole un reddito maggiore di quello di
tutta l’Africa... Ma c’era bisogno che ce lo ricordasse il
Vermigli? Basta guardare alle nostre strade, naturalmente
facendo le debite proporzioni, dove un numero crescente di
auto giganti rampano e sfrecciano, a fronte di un numero
crescente di persone, e non solo extracomunitari, che non ce
la fanno più ad arrivare alla fine del mese e che vengono a
bussare alla porta anche solo per un chilo di zucchero (se
non ci credete, fatevelo raccontare da chi gestisce i
“banchi alimentari”).
Ancora. Non sembra che i laici siano
sempre più arrabbiati contro la Chiesa, vista come la
negatrice di tutto ciò ch’è nuovo e la Chiesa, nei suoi
elementi più clericali, a sua volta, sia rinserrata, oserei
dire ripiegata, sulla difesa, talvolta solo isterica e
piazzaiola, dei valori, tanto da giungere a negare la
benedizione a un uomo totalmente paralizzato, che ha avuto
l’unico torto di chiedere la morte? Potremo
continuare, trovando altre cento, altre mille
contrapposizioni, tutte motivo o comunque occasione di
malessere e di sofferenza, eppure nessuna di queste è quella
determinante, perchè non è quella di fondo: quelle che ho
nominato, volendo fare un esempio, sono come i rami di un
albero che confondono il tronco, ma tronco e radice sono
un’altra cosa. La vera divisione del mondo, quella da cui
tutte le altre nascono e si alimentano, nascono e si
intrecciano, non è quella tra credenti e non credenti, tra
cristiani e non cristiani, tra uomini e donne, tra ricchi e
poveri, tra laicisti e clericali, tra chi è sposato in
chiesa e chi in comune, tra chi è sposato e chi sta insieme
senza esserlo per niente, e chi più ne ha ne metta. La
divisione vera, l’abisso incolmabile è tra chi ama e chi non
ama, tutto qui, sì, spietatamente è tutto qui. Totò lo
diceva in altri termini, dividendo l’umanità tra uomini e
caporali, cioè tra chi - il caporale - è solo capace di dare
ordini, di pretendere, di sfruttare, di accampare pretesti,
insensibile, freddo, estraneo e chi - l’uomo - sa farsi
partecipe dei problemi, delle sofferenze, delle ansie, delle
paure, del desiderio di riscatto e di affetto dell’altro. Da
quale parte debba stare il cristiano per me è scontato.
La
rinuncia (di
Elisa e Francesco)
“Il
Signore possiede sei perfezioni: una ricchezza illimitata,
una fama illimitata, una forza illimitata e una bellezza,
una conoscenza e una rinuncia altrettanto illimitata”
(Induismo).
“Possa rinunciare completamente alle azioni egoiste e
mettere in pratica, per il bene degli altri, le azioni
virtuose e liberare tutti gli esseri dalla confusione e
dalla sofferenza”
(Buddismo).
“Senza
la rinuncia alle cose, non si ottiene nulla”
(Martin Lutero - Protestantesimo).
“Così
dunque ognuno di voi che non rinunci a tutto quello che ha
non può essere mio discepolo”
(dal Vangelo secondo Luca 14,13) Parlare
della rinuncia non è facile; più o meno non si rinuncia a
niente. Sono passati i tempi della povertà, dei cappotti
girati, della vita modesta accontentandosi di stare davanti
al camino a parlare, senza TV, senza consigli sugli
acquisti… Eppure
quante cose meravigliose sono nate da persone che hanno
rinunciato a tutto. Due
storie parallele: Chiara Lubich, Chiara Amirante.
CHIARA LUBICH Nasce a
Trento nel 1920 da una famiglia benestante.
Nel dicembre del 1943 lascia gli studi universitari, la
famiglia, si consacra a Dio.
Fonda il Movimento dei Focolarini che oggi è presente
in quasi duecento paesi ed ha più di
centodiecimila membri interni. L’ispirazione
è centrata sull’attuazione pratica
del Vangelo, sulla carità scambievole e
sull’unità. “Che tutti siano una cosa sola”
(Giov. 17-20): a questo versetto del Vangelo si è ispirata
Chiara e in queste cittadelle che lei ha creato gli abitanti
si esercitano ad amarsi a vicenda, a vivere il
Vangelo. Si forma in tal modo il progetto di una
società nuova. Chiara tiene rapporti con
rappresentanti di tutte le grandi religioni: Islam,
Buddismo, Induismo… Il suo impegno per l’unità e la
pace le ha ottenuto numerosi riconoscimenti in varie
parti del mondo. Ha scritto diversi libri; le sue
opere sono tradotte in venti lingue.
CHIARA AMIRANTE
Anche lei nasce in una famiglia benestante e
colta; frequenta l’università, è
fidanzata. Poco più che ventenne
attraversa un periodo molto drammatico della sua
vita. Si salva da un incidente stradale e le
muore travolta da un’auto l’amica più cara.
Si ammala gravemente agli occhi, sta malissimo per
cinque anni, poi guarisce di colpo.
A questo
punto decide di consacrarsi al Signore: fa promessa di
castità, povertà, obbedienza e gioia. Nel febbraio del
1991 Chiara inizia a recarsi di notte alla stazione
Termini (Roma), ad incontrare
giovani sbandati e disperati, vittime di drammatici
circoli viziosi (droga, prostituzione,
alcoolismo, criminalità). Nel
marzo del 1994 Chiara apre a Frigoria (Roma)
la prima comunità di accoglienza “Nuovi
Orizzonti” dove centinaia di giovani iniziano a
ricostruire se stessi alla luce dell’amore di Cristo.
Dopo quella prima casetta (con materassi sparsi per terra
dappertutto per accogliere il numero sempre crescente di
giovani che bussavano alla porta della comunità)
si sono moltiplicati i Centri di accoglienza dislocati
in diverse città d’Italia e ora anche all’estero. “Nostro
Signore sulla croce non possedeva nulla. La
croce l’aveva data Pilato, le spine e la corona le
avevano date i soldati. Lui era nudo
e quando morì la croce, le spine e la corona gli
furono tolte, fu avvolto in un lenzuolo offerto da un
cuore generoso e sepolto in una tomba che non era la sua.
Eppure Gesù avrebbe potuto morire come un re
e come un re avrebbe potuto risorgere da morte.
Scelse la povertà perché sapeva nella sua infinita
conoscenza e sapienza che essa è il vero mezzo per possedere
Dio, per conquistare il suo cuore, per far scendere il suo
amore giù sulla terra”
Madre Teresa di Calcutta
|
|