Indice delle domande di questa pagina

(Le varianti)

-L'eterno presente, dove tutto è già contenuto e avvenuto, è il destino? E dov'è la libertà dell'uomo in questo disegno già compiuto?

-Il salto di qualità come libertà individuale

-Le varianti e la libertà supposta

-In che modo si realizza la scelta tra una variante e l'altra?              

-Come il corpo fisico di uno stesso individuo, che può vivere una variante, possa essere rappresentato in più situazioni contemporaneamente

-Può accadere che qualcuno dica: "Tu eri qui quel giorno, mentre io sappia di essere stato altrove?

-I fotogrammi di cui tanto si parla nell'insegnamento, sono reali o simbolici?

-Certe meravigliose opere appaiono essere ineluttabili nella storia del mondo; la creatività e capacità degli artisti, o scienziati, che le hanno realizzate è dunque frutto della necessità dell'intera umanità? e come si concilia tutto questo con la libertà, che costoro potrebbero avere avuto, di realizzare o meno le proprie opere?

-L'eterno presente e le varianti

-Le varianti "non vissute"

-L'importanza della funzione creativa del sentire in relazione alle varianti

Le varianti

La realtà è così vasta che l'uomo non potrà mai comprenderla in un sistema ideato nella sua limitazione di essere limitato, e quindi relativo......la logica mi fa concludere che il caso non può esistere, e che una catena di cause e di effetti mi indirizza nel mio vivere, pur concedendomi quella libertà che è ignota agli esseri dalla coscienza in potenza.

                                                                                                                                                                                    KEMPIS

Vedi coloro che  ti circondano?

Gioiscono, soffrono, si muovono, vivono, e ciò che tu vedi di loro appartiene a te.

Vedi che accade nel mondo? Accade per te!

Anche ciò di cui hai avuto una scarna notizia, sentito una lontana eco, è avvenuto per te, figlio mio.

Il sole sorge e tramonta, le stagioni si susseguono, i pianeti percorrono le loro orbite, gli universi nascono e periscono, e tutto ciò io lo faccio accadere per te, figlio mio!

Ma non mi fermo solo a questo, perchè rendo partecipe di me stesso ogni essere ed a ciascuno mi dono interamente senza riserve, fino al punto che ogni distinzione - io e te -, ogni separazione, sono solo illusorie e lo sono solo quel tanto necessario a farti esistere, a donare all'essere la coscienza assoluta.

                                                                                                                                                                                UNA VOCE

...possiate riconoscere l'illusione delle forme,

possiate riconoscere la matrice di ogni vita animatrice,

possiate riconoscere l'unità spirituale dell'universo

acciocchè possiate essere consapevolmente Uno col Padre...

                                                                                               DALI

Le varianti

Domande e risposte

(Il capitolo che segue è dedicato a un tema - quello delle varianti - che per i suoi contenuti e in particolare per la sua forza innovativa,e di conseguenza per il turbamento che poteva provocare in un sistema di pensiero chiuso e a senso unico come da sempre è quello dell'uomo, ha richiesto anni di lenta esposizione, con un procedere a piccoli passi, così da rifondare, in un certo senso, il sistema raziocinante dei partecipanti senza sottoporli a traumi. E questo non tanto per le difficoltà concettuali, che per la verità non sono eccessive, quanto proprio per la resistenza che una mente abituata a considerare la realtà in un certo modo, e sempre e solo in quello, oppone naturalmente a concezioni che ritiene rivoluzionarie o comunque troppo lontane dalle sue, e che non riesca ad inserire nella sua visione complessiva della realtà.

 

L'eterno presente, dove tutto è già contenuto e avvenuto, è il destino? E dov'è la libertà dell'uomo in questo disegno già compiuto?

I maestri dicono che la realtà è in stato di "essere", e non di "divenire". Cioè tutto è già, e non potrebbe essere diversamente, altrimenti l'Assoluto, che tutto comprende, modificherebbe continuamente il suo stato, il suo essere, la sua realtà e non sarebbe mai uguale a se stesso. Mentre, se è Assoluto, deve essere sempre uguale a se stesso, perchè di Assoluto ce n'è uno solo e deve essere sempre Assoluto. Quindi la sua natura, la sua condizione di assolutezza è di eterno presente, di "essere", in cui non vi è il mutare e il trasformarsi che invece si osserva nel mondo del divenire, nell'illusorio mondo del divenire.

Questo però non vuol dire che l'eterno presente sia qualcosa di fatale, di programmato, che l'uomo nel divenire debba vivere in successione e in modo coercitivo, in modo forzato. Non è cosi. Si tratta di dimensioni diverse. Quello che l'uomo vive in successione, nella sua dimensione ristretta e limitata, esiste nell'eterno presente al di là della successione; però nell'eterno presente non vi sarebbe se, nel divenire, l'uomo non lo vivesse come lo vive.

L'eterno presente, quindi, non è un destino; è piuttosto un archivio in cui esiste già, assieme a tutti gli altri avvenimenti dell'intero cosmo, tutto quello che l'uomo ha fatto, fa e farà. E'un archivio diverso da quello che voi così definite, che per voi contiene solo le cose del passato, le cose trascorse; infatti questo è un archivio proiettato in avanti; tutto quello che l'uomo fa e vive è in questo archivio, ma non vi è con la forza del destino che lo obbliga a vivere qualcosa di "già scritto"; vi è proprio in quanto l'uomo lo fa e lo vive.

Da questo punto di vista il concetto di libertà non viene minimamente intaccato, anche se questo non vuol dire che la libertà per l'uomo sia assoluta, perchè l'uomo è talmente condizionato dai suoi corpi, dal ruolo che ha nella società, dall'educazione che ha avuto, che la libertà è per lui un fatto molto ridotto.

Il concetto di libero arbitrio postulato da alcune teologie, come sapete, pone l'uomo assolutamente libero da ogni influenza, e quindi fruente di una libertà pura, assolutamente libero di scegliere. 

Chi ancora sostiene questo concetto, pilastro di sabbia che non regge all'analisi del raziocinio, deve necessariamente sostenerlo per poter poi dire all'uomo, quando questo abbia fatto le sue scelte: "Tu sei giustamente premiato o giustamente castigato, perchè la tua scelta era libera!"; ora, se l'uomo è influenzato nello scegliere, e sbaglia le sue scelte, può invocare a sua discolpa il fatto appunto di essere stato influenzato; mentre se si sostiene che è libero e che le sue scelte le fa in assoluta libertà di coscienza, non può invocare niente a sua discolpa e così, con la tesi del libero arbitrio, lo si rende pienamente responsabile del premio o del castigo eterni.

Questa tesi dei teologi di certe religioni è assolutamente insostenibile e assurda: il semplice fatto di avere un corpo fisico soggetto a malattie, ad umori diversi, a tantissime influenze, fa capire che l'uomo non è libero, non gode affatto di una libertà assoluta, di un libero arbitrio; e non godendo di questa libertà assoluta, non gli si potrà mai dire: "La tua scelta è stata giusta o ingiusta perchè compiuta al di là di ogni influenza, e quindi, in virtù di questa scelta, tu puoi essere condannato, punito o premiato in eterno". Questo criterio teologico è in effetti una vera ingiustizia.

Quella di cui l'uomo gode è una libertà più supposta che reale; però esiste, anche se in misura minima, una libertà reale, la quale non è mai la libertà di scegliere al di fuori delle influenze, ma è solo la libertà di sottrarsi alle influenze, di sottrarsi ad una catena deterministica per sceglierne un'altra, facendo così un salto di qualità.

 

Il salto di qualità come libertà individuale.

Se il salto di qualità (è solo questo la variante) esiste sempre e solo per colui che ne è il protagonista e che ha la possibilità di fare questo salto di qualità, chiaramente gli altri, non avendo questa libertà, lo vedono a senso unico. Quella che per te è variante non

lo è per gli altri, e quindi non è vissuta dagli altri, mentre tu hai la tua possibilità, attraverso un salto di qualità, di prendere appunto una variante alla tua storia, e quindi di viverla, per le tue necessità evolutive.

E' sempre così: la variante è sempre per chi ha la libertà di scegliere, mentre gli altri, che non l'hanno, vedono la storia a senso unico.

 

Le varianti e la libertà supposta.

Voi potete pensare che, ad un certo punto, l'uomo dica: "Forse potrei seguire questa storia anzichè quella", cioè che il solo fatto di pensare a due o più possibilità di scegliere crei di per sè la variante. Non è così.

I tipi di libertà di cui gode l'uomo sono diversi, e fra questi v'è anche la libertà supposta. L'uomo cioè crede di essere libero di fare una cosa, che poi non farà mai, proprio perchè non era una sua libertà di scelta. Egli credeva di poter fare la scelta ma, in effetti, non l'ha fatta, perchè non avrebbe mai potuto farla, per varie ragioni; ad esempio i suoi condizionamenti gli impedivano di sottrarsi a una determinata catena di influenze. Invece la variante esiste proprio strutturalmente, quando veramente c'è la libertà di scelta.

In che modo si realizza la scelta tra una variante e l'altra?

A un certo punto della sua storia, una creatura ha la possibilità diciamo, di una variante alla storia stessa che, abbiamo visto, vale per lei sola, che, a quel punto, ha questa libertà.

Se le varianti sono entrambe complete di forma fisica, complete di fotogrammi che riguardano le emozioni, da una parte e dall'altra, secondo le due versioni della storia; complete di fotogrammi di pensiero, perchè naturalmente vivendo una certa storia si ha un certo tipo di pensieri, mentre vivendo una versione diversa della storia si hanno altre emozioni, altri pensieri, oltre che altre azioni fisiche, o altre collocazioni fisiche; allora, come avviene la scelta?, che cos'è che fa vivere, percepire una storia oppure l'altra?

E' proprio la consapevolezza. C'è qualcosa che unisce questi strumenti meravigliosi, che sono lì, e li fa vibrare e rivelare. In tal modo si percepiscono le emozioni, i pensieri connessi alla storia scelta e non quelli, invece, connessi alla storia scartata.

E quale sceglie, tra le varie possibilità, lo sa solo l'essere che opera la scelta. Dal di fuori nessuno potrà mai sapere qual è la scelta: l'essere, colui che sceglie, è il solo a saperlo.

 

Come il corpo fisico di uno stesso individuo, che può vivere una variante, possa essere rappresentato in più situazioni contemporaneamente.

Intanto bisogna premettere che ciò che l'uomo vede come "divenire" costituisce invece un "essere". Secondo l'esempio dei maestri, che non trovo sostituibile con altro più efficace, anche le varie situazioni del piano fisico sono da considerarsi nella realtà dell'essere come tante situazioni fisse, una per ogni unità di mutazione. 

Quindi, non esiste un corpo fisico che è in divenire, che da fanciullo diventa adulto e poi su fino alla vecchiaia ed oltre, fino alla morte; ma esistono tanti corpi fisici per quante solo le unità di mutazione, così come in un film esistono tanti fotogrammi che, proiettati, danno l'illusione del movimento; e se vi è raffigurato un corpo, i fotogrammi che lo raffigurano danno, proiettati, l'illusione di un solo corpo in divenire, in movimento.

Ognuno di noi esiste solo nel piano akasico, della coscienza: il suo vero essere e il suo vero sentire sono nel piano akasico. Poi si collega ad altri veicoli, come il veicolo mentale, il veicolo astrale e il veicolo fisico, e trasla la sua consapevolezza fino a credere di essere solo nel piano fisico, è vero? Ma questo è un errore di percezione e di traslazione. Ossia, avendo dei sensi attivi nel piano fisico, l'individuo crede di essere nel piano fisico; ma il suo vero essere è sempre e stabilmente nel piano della coscienza, del sentire, nel piano akasico.

Se potessimo schematizzare questo meraviglioso meccanismo, vedremmo l'essere vero, cosciente, nel piano akasico; il quale ha come dei tentacoli sensori; una volta si lega al fotogramma in cui il suo corpo fisico pone l'atto di camminare, l'istante successivo sente l'altro fotogramma in cui è rappresentato il suo corpo fisico che cammina, e così via. In realtà, non è il suo corpo fisico che si sposta nello spazio, ma è la sua consapevolezza che si lega a queste situazioni cosmiche fisse, che gli danno l'illusione di camminare.

Allora, se per un individuo ad un dato punto esiste la possibilità di scegliere  di muoversi in una direzione oppure in un'altra; e se nella direzione, chiamamola, A egli deve necessariamente incontrare altre persone, le quali da questo incontro devono avere una certa esperienza; che cosa potrebbe succedere? Potrebbe succedere che se lui, per ventura, scegliesse di seguire la direzione B, quelle persone non avrebbero l'esperienza che invece debbono avere. Si può dire a questo punto: "Ma se deve essere così, togliamo la libertà a questo individuo e facciamogli seguire solo la direzione A". Ma sarebbe un reprimere. Se lui ha questa libertà, per quale motivo gli si dovrebbe togliere la possibilità della scelta?

Per questo, nel piano divino, c'è la soluzione diversa, che è quella di dare una doppia versione della questione.

La prima versione riguarda l'esperienza nella direzione A, che chi deve avere ha necessariamente, qualunque sia la scelta - ossia vivrà quei fotogrammi in cui l'individuo è visto andare appunto nella direzione A. L'altra versione, invece, è quella in cui egli volta verso la direzione B. Ossia, nel momento in cui l'individuo ha la facoltà di scegliere, può scegliere e vivere indipendentemente dagli altri.

Si tratta quindi proprio di spezzoni di situazioni fisiche, e quindi astrali, e quindi mentali, sdoppiate: appunto per consentire all'individuo di fare una scelta e di non influire in modo diverso da come è scritto nella esperienza degli altri, che non hanno questa libertà.

Com'è il meccanismo di questo sdoppiamento?

Nel piano akasico c'è l'essere, il vero essere, la sua coscienza, che si porrà in contatto con la successione dei fotogrammi fino al momento della scelta. D'altra parte, quegli stessi fotogrammi nella direzione A sono percepiti dagli altri esseri che quella situazione fisica debbono vivere e che si pongono in contatto con la serie in direzione A, e la vivono così come è tracciata. Essi vedono, cioè, il corpo fisico dell'altro che fa quei dati movimenti, che dice loro le cose che deve dire affinchè essi abbiano l'esperienza che debbono avere; mentre lui, a quel punto, potrà benissimo fare la sua scelta e porsi in comunicazione con i fotogrammi della direzione B, che lo vedono in tutt'altre esperienze affaccendato. Gli altri, ricordate, vedono di noi quello che debbono vedere.

Può accadere che qualcuno dica: "Tu eri qui quel giorno", mentre io sappia di essere stato altrove?

Quel tipo di verifica non viene mai. Nel momento in cui vi fosse questa, si riaprirebbe una variante: una variante in cui tu non sentiresti la domanda e risponderebbe la tua rappresentazione.

Questo non può avvenire perchè la realtà è fatta in modo chiaro, coerente e perfetto; mentre, potendo avvenire questo, tutto sarebbe una enorme cosa incoerente.

L'illusione è fatta talmente bene che la realtà sembra in divenire, sembra, cioè, costituirsi di attimo in attimo.

Vediamo il discorso della variante di chi è posto di fronte alla scelta tra fare l'elemosina ad un mendicante e non farla. Mettiamo che il mendicante, che in quel punto non ha variante, ossia non ha scelta, debba vivere necessariamente l'esperienza di ricevere l'elemosina e quindi, quale che sia la scelta dell'altro, vedrà un passante che pone un obolo nel suo piattino.

L'altro, invece, può scegliere di porre l'obolo o non porlo, vivere quella serie di fotogrammi in cui è rappresentato mentre passa di lè e porge l'obolo, oppure vivere l'altra serie di fotogrammi, l'altro spezzono del film, in cui invece tira diritto.

Poi, al momento in cui vi fosse un cambio della moneta, e tutti dovessero dichiarare i soldi che hanno in tasca, chiaramente per l'individuo vi sarà un'altra variante. Il mendicante dirà "ho tanto" contando anche l'obolo che ha ricevuto, mentre colui che non l'ha dato dirà ugualmente "ho tanto"; e se si potesse fare ancora una somma di tutti i soldi che sono in circolazione, esisterebbe la variante per colui che deve fare la verifica, in cui effettivamente risulti che il passante ha dato l'obolo al mendicante - perchè quella è la storia generale che deve tornare.

 

I "fotogrammi", di cui tanto si parla nell'insegnamento, sono reali o simbolici?

Quella dei fotogrammi  è una "vera". Certamente non esiste il fotogramma così come ve lo stiamo dicendo e dipingendo.

E' come se vi dicessimo, con lo stesso paragone: "In questo nastro magnetico ci sono tanti violini, tanti archi, tante trombe, che quando passano davanti alla testina di un registratore producono il suono dell'orchestra". Voi sapete che non è così. Nel nastro magnetico vi sono tanti campi magnetici di diversa intensità che, passando davanti alla testina del registratore, per induzione provocano delle correnti elettromagnetiche che, amplificate, danno poi i suoni e compagnia bella.

Allora, quando vi diciamo che ci sono i fotogrammi che vedono rappresentato il mendicante, è come se vi dicessimo che dentro il nastro vi sono tanti strumenti musicali. Non è così, naturalmente, ma per farvi capire debbo dire così.

Tutto il mondo della percezione non esiste.

Se voi usciste dai vostri sensi fisici, potreste vedere la parte di sostanza divina - che ora vedete come mondo fisico - come una cosa del tutto diversa. Voi vedreste sostanza indiversificata. E' solo in funzione dei sensi del corpo fisico che appare questo mondo. E siccome gli uomini hanno tutti gli stessi sensi, allora si sono messi d'accordo, nel dire: "Il mondo è fatto così", e credono che questo mondo sia oggettivo. L'oggettività risulta solo dal fatto che tutti gli uomini vedono attraverso sensi analoghi e quindi vedono un'illusione analoga. 

Ma al di fuori dei sensi del corpo fisico non esiste che sostanza divina indiversificata, la quale, in sè, è incolore, informe, omogenea, indifferenziata, infinita, eccetera. Lo stesso vale per il piano e per il corpo astrale: attraverso i sensi del corpo astrale l'individuo crea il mondo astrale, lo crea proprio nella sua percezione; ma se i sensi fossero diversi, la realtà che egli coglierebbe sarebbe completamente diversa.

E se si andasse al di là dei sensi, se fosse possibile vedere questa sostanza, che attraverso i sensi fisici diventa mondo fisico, attraverso i sensi astrali diventa mondo astrale, attraverso i sensi mentali diventa mondo mentale; se si potesse vedere che cos'è in se stessa questa sostanza, vedremmo che essa, sostanza divina indiversificata, è spirito indiversificato.

Non è vero, però, che il vedere la realtà sia solo un sognarla ognuno per conto suo, in maniera totalmente diversa e solitaria. La realtà non è del tipo solipsistico, cioè che ognuno la vede in modo suo particolare; no, c'è questo comune denominatore che sono i sensi del corpo fisico, per quano riguarda il mondo fisico e per qualunque altro tipo di indagine che in un certo modo ampli la portata dei sensi fisici.

Un microscopio, ad esempio, non è che un estendere la possibilità del senso della vista dell'uomo, che però non fa vedere cose diverse che esistono oltre il senso della vista. E anche se si creasse un altro strumento o sensore che cogliesse qualche altra cosa, la coglierebbe non perchè la cosa esiste in sè, ma la cosa esisterebbe perchè è, in quanto il sensore ha certe limitazioni, cioè delimita la sostanza divina indiversificata e, delimitandola, la fa esistere in un certo modo.

Qualunque senso, o sensore, che tenda a vedere la realtà come è fatta, delimita la realtà che sta indagando, non la vede nella sua ampiezza, ne vede solo una parte, e nel momento in cui ne vede solo una parte la fa essere in un determinato modo. Allora, se poni i versi sensori che hanno la stessa limitazione, da diverse parti tu vedi la stessa cosa e allora dici: "Siccome io ho diverse fonti di informazione, diverse fonti di percezione, e tutte mi dicono che la materia è fatta così, oggettivamente, questo significa che la materia è fatta così". Ma non è vero, perchè tu vedi solo una parte.

L'osservazione è viziata in partenza, perchè il gruppo di persone vede solo limitatamente. E nel momento in cui vedono limitatamente questa cosa immensa che è la sostanza divina che tutto contiene, essa assume un determinato aspetto, una determinata realtà, che è proprio in funzione delle limitazioni che i sensi hanno nella percezione. Ecco in che senso la percezione, necessariamente limitata, crea.

Io osservo un oggetto con certi sensi e dico: "E' così". Poi, con un qualunque sistema, amplio i miei sensi e vedo che questo oggetto è del tutto diverso. Basta vedere che questo oggetto non nel suo complesso, ma raggiungendo la possibilità di vederlo nella sua composizione ultratomica, e la prosepttiva cambia radicalmente, immensamente. L'oggetto non solo è del tutto diverso, ma addirittura sparisce. 

Se poi vado ancora più avanti, fino a vedere la materia nella costituzione astrale, sparisce assolutamente la forma fisica. E così ancora più avanti nella materia mentale; e via via. 

Allora che cosa succede? Di tutti questi aspetti, qual'è quello reale? O tutti, o nessuno. Non ce n'è uno più reale dell'altro. Semmai, se vogliamo andare a cogliere qual'è l'aspetto reale, quello totale, vediamolo (se si potesse vedere, mentre si tratta di sentire) in una percezione senza limiti. E allora, nella percezione senza limiti, ecco la sostanza, quella che costituisce Dio, che costituisce l'essere: la sostanza divina, la quale nella condizione totale è indiversificata, non ha nè forma nè colore, non ha niente, è tutto e nulla in particolare.

 

Certe meravigliose opere appaiono essere ineluttabili nella storia del mondo; la creatività e capacità degli artisti, o degli scienziati, che le hanno realizzate e dunque frutto della necessità dell'intera umanità? e come si concilia tutto questo con la libertà, che costoro potrebbero avere avuto, di realizzare o meno le proprie opere?

Il discorso sembrerebbe essere questo: ciò che deve essere è, comunque sia, che l'individuo vi partecipi o che non vi partecipi, ma in realtà non è così: tant'è vero che se anche fosse necessità per gli altri, potrebbe benissimo essere ugualmente libertà per l'individuo.

Poniamo che un'opera d'arte, o un'invenzione, o quello che volete, debba essere creata, mostrata, come un avvenimento che ha un certo rilievo rispetto alla storia generale. 

Ma al livello individuale dell'inventore o dell'artista, può esservi una variante, per cui egli potrebbe fare un'opera d'arte o una scoperta nella sua forma migliore e corrispondente alla necessità della storia generale, oppure non farla così bene, per una sua scelta, e quindi vivere una sua variante personale.

Per fare un esempio famoso possiamo dire che a un certo punto della storia del mondo doveva nascere un Raffaello, che ha fatto quelle opere meravigliose; e siccome lui doveva farle, e poi le ha fatte, questo può, in un certo senso, far perdere di valore alla sua abilità, perchè corrisponde alla necessità del mondo intero di avere nella sua storia artistica quelle opere. Ma  questo non è vero: infatti, la storia generale Raffaello doveva fare quelle opere, ma per la sua storia particolare, egli poteva non farle e seguire la variante nella quale, per motivi suoi, non utilizzava quel suo talento straordinario e non realizzava quelle opere, facendo quindi un discorso tutto suo, alienato dalla storia generale.

Ecco come alla necessità di altri può integrarsi e corrispondere la libertà, relativa, dell'individuo.

 

L'eterno presente e le varianti.

I maestri dicono che nell'eterno presente deve esserci tutto. Se veramente c'è una possibilità di scelta, per un individuo, deve esserci tanto la scelta vissuta quanto quella scartata, e devono essere identiche in se stesse. Cioè, se da un bivio e per giungere a un certo punto ci sono due strade, tu ne imbocchi una sola, ma non puoi dire che l'altra non c'era perchè tu, al bivio, hai imboccato questa. Le storie debbono esserci entrambe, identiche - nel senso della tua presenza nell'una e nell'altra - tanto identiche che, viste dal di fuori, nessuno sa quale delle due l'individuo ha scelto. La scelta dell'una o dell'altra riguarda solo la sua consapevolezza. Lui solo lo sa.  

Quindi nell'eterno presente c'è tutto, si diceva. Un soldato va in guerra e decide di uccidere o di non uccidere (ammesso che abbia questa possibilità di scelta); siccome Dio non può divenire, non può accrescersi in funzione delle decisioni dell'uomo; affinchè sia vera quella possibilità di scegliere deve esserci, nell'eterno presente - cioè nello stato di cui è Dio - tanto l'azione del soldato che uccide quando l'azione del soldato che decide di non uccidere. Se non ce ne fosse nessuna delle due, che succederebbe? 

Arrivato a quel punto il soldato decide, e vi sarebbe qualcosa di nuovo che, a quel punto entrerebbe in Dio. Vorrebbe dire che Dio era mancante, prima di quel punto, di quel qualcosa di nuovo che è l'azione decisa dal soldato, è vero? Ma questo non è possibile, perchè Dio deve comprendere tutto e deve quindi esistere sia la via che vede l'uomo scegliere di uccidere e sia la via che lo vede scegliere di non uccidere, e tutte e due debbono esistere uguali, identiche, perchè quando nell'illusione del divenire l'uomo arriva a quel bivio deve poter scegliere tanto l'una quanto l'altra soluzione, indifferentemente. Ma per poter scegliere indifferentemente debbono esistere tutte e due allo stesso modo.

Quindi nell'eterno presente devono esistere le due versioni; ma i maestri hanno precisato che non si deve intendere l'eterno presente come un canovaccio, come una storia già scritta che l'uomo si limita a seguire, a eseguire, senza esserne protagonista; ma deve essere inteso piuttosto come un archivio, un deposito, un dossier di tutto quello che è vissuto, di tutto quello che esiste. In questo archivio che esiste al di là del tempo, c'è già quello che nel tempo non si è ancora manifestato, non è ancora accaduto. 

Si tratta infatti di due dimensioni diverse: una è quella del tempo, che vede le cose in successione, l'altra del  non tempo, in cui tutto è presente nello stesso attimo eterno. Sono due cose diverse, per cui là dove non v'è il tempo c'è il deposito, il dossier di quello che nel tempo, invece, succede volta a volta.

Allora, nell'eterno presente devono esistere le due versioni. Ricordate la storia del soldato che può scegliere di uccidere o di non uccidere? E questo andrebbe ancora bene. Ma come si concilia la possibilità dell'uomo di scegliere con l'esistenza reale delle due scelte. Se l'eterno presente è l'archivio dossier di tutto quanto è percepito creato dal sentire, come possono esistere due o più versioni di una stessa storia, quando di queste due o più versioni una sola è percepita, anzi una sola è creata - percepita? Come si spiega la scelta del soldato per un verso o per l'altro? Cioè, se quel soldato fa una scelta, segue una strada, come può esservi nell'archivio - dossier la strada non scelta? quella che il soldato non ha vissuto? Chi ce la fa entrare in quell'archivio? Chi ce la mette? Come può esservi in un archivio, una cosa che non viene mai creata-percepita da un essere? Ecco, questo è il problema: come può essere nell'eterno presente la variante che nessun sentire in senso lato percepisce? Questa è la domanda.

Il discorso dell'eterno presente, il discorso del creare, da parte del sentire, le situazioni del mondo della percezione: tutto ciò è chiaro, logico e conseguente; l'unica cosa invece, che sembrerebbe assolutamente non comprensibile, è il discorso delle varianti. Come è sempre stato detto, esistono nelle diverse versioni, come diversi rami della stessa storia, che esistono tutti nella identica maniera; non ce n'è uno che sia più importante degli altri, uno che sia disegnato in atto e gli altri in potenza. Infatti, se c'è una scelta reale da parte dell'individuo, se veramente c'è questa libertà di scegliere, allora esistono tante versioni della storia quante sono queste possibilità di scelta, ed esistono tutte identicamente come creatività, come forza, come materia, come sostanza.

 

Ma questo come può essere se è il sentire che, ad un certo punto, crea queste diverse versioni, queste varianti? 

E' proprio l'affermazione dei maestri, secondo cui esiste solo ciò che sente e ciò che è sentito, che ci pone l'interrogativo: "Come può esistere il ramo della variante che non è percepito dall'individuo, cioè la scelta scartata? Come può esistere, se esiste solo ciò che sente o che è sentito?".

Forse qualcuno potrebbe dire che il ramo scartato potrebbe essere sentito dagli altri, è vero? Per esempio, la storia di voi che adesso siete qui, oppure che, avendone la possibilità, siete anche previsti da un'altra parte, a un'altra riunione di amici; ecco, qualcuno potrebbe dire che, se voi scegliete questa storia, l'altra potrebbe essere percepita dagli altri amici.

Ma il discorso non è questo, perchè anche se l'altra è percepita dagli amici, essi la percepiscono dal di fuori e non dal di dentro; e le vostre emozioni, desideri, pensieri (che esistono pure essi nella variante non vissuta!), chi li crea se nessuno li percepisce, se nessuno li sente? E' proprio questa la domanda che può essere motivo di riflessione da parte vostra e sulla quale, prima di avere la risposta dai nostri maestri, vi invito a riflettere.

 

L'importanza della funzione creativa del sentire in relazione alle varianti.

Se si guarda la questione delle varianti dalla parte del divenire si cade in questa domanda: "Se viene percepita una sola variante, le altre cosa ci stanno a fare?"; mentre, invece, la questione va esaminata dalla parte della creazione del sentire, e allora dobbiamo dire che devono esistere tutti i possibili sentire, anche quelli in senso lato, e non solo i sentire di coscienza che fanno parte dello stesso essere; e siccome i sentire in senso lato delle varianti sono alternativi (o questo o quello: consiste in ciò la variante), allora l'individuo per giungere a quel dado sentire di coscienza può seguire, detto un modo semplicistico, questa strada o quella.

In termini di equazione matematica si direbbe: "Questo svolgimento o quest'altro". L'essere ne sente uno solo; ma  per far esistere tutti i possibili sentire, ci debbono essere anche quelli che poi, per la loro alternativa, non vengono percepiti.

La risposta non è, quindi, sul piano umano. Su questo piano la domanda potrebbe suonare così: "Perchè l'uomo deve essere liberato? dotato di una libertà vera?"; in fondo non c'è differenza. Voi infatti, non sapete quando siete liberi veramente di scegliere e quando la vostra è solo una libertà supposta. Ma allora, potete chiedere, che necessità c'è che invece, a un certo momento, voi possiate godere di una vera scelta? E io dovrei rispondere che, dal punto di vista umano, non c'è nessuna necessità: non può essere diversamente da così, tanto è vero che delle scelte possibili, ovvero di varianti, se ne può percepire una sola. Ma dal punto di vista del costrutto logico, dell'equazione che si sviluppa, debbono esistere tutti i sentire, tutti logicamente conseguenti al sentire fondamentale che rappresenta il modulo fondamentale del cosmo: tutti debbono naturalmente svilupparsi.

Mi sembra che non abbiate ancora compreso la funzione creativa del sentire, importantissima. La cosa davvero importante  è lo svolgimento logico e conseguente di tutti i possibili sentire che partono  dal primo, cioè dal modulo fondamentale del cosmo, con la conseguente funzione creativa.

A voi può sembrare inutile che venga creato il ramo di variante che non viene percepito. Ma non è importante tanto l'atto della percezione in sè, ovvero solo la percezione, nel senso che la percezione è alternativa e quindi, tra le possibili scelte, ne viene percepita una sola. Quello che è importante e che fa esistere il sentire relativo in tutta la gamma di svolgimento, è proprio ciò che viene creato: la creazione.

Chi è che crea? E' il sentire individuale. Ma non è il sentire individuale che crea le varianti. Le varianti sono costruite dal sentire, si, ma non individualmente; sono costruite dal sentire quale non si trova nella coscienza cosmica, non nella successione  della percezione.

L'importanza che sia creata la variante, anche se non viene mai percepita, sta proprio nel potere, nella capacità di creazione da parte del sentire coscienza cosmica.

             

Continua