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Funzione delle varie religioni - Il significato della cosiddetta "resurrezione della carne"- Se sia importante il rito dell'eucarestia - 

La "nascita spirituale" dell'uomo quando inizia? - Su politeismo e monoteismo - Origine della Massoneria - 

Come  raggiungere più velocemente la beatitudine della "liberazione" - Perchè l'estasi è così rara e breve? - Il letargo secolare dello yogi - 

Sullo Yoga tantrico - Perchè sono qui? Nascere, vivere e morire: perchè? - Perchè tutto è come è - Sul senso del pregare - 

Le religioni dell'uomo

 

Quale è stata e quale è la funzione delle varie religioni.

La religione è stata per l'uomo un rifugio e una consolazione. E' innato nell'uomo il bisogno di credere in Æ qualcosa Ø che sta oltre ciò che i sensi fanno percepire. Ogni popolo si è sempre rivolto, in forme adeguate alla mentalità comune, ad un Ente invisibile responsabile della buona o cattiva sorte del popolo stesso, per raccomandarsi a lui, per esserne privilegiato, e, in forme un po' più progredite di religione, per consolarsi della propria malasorte.      

La religione è intesa così, nel senso comune, come un'istituzione incaricata di rispondere all'innato senso mistico dell'uomo e, nello stesso tempo, ad un'esigenza di carattere pratico: il bisogno cioè di raccomandarsi a un amico potente, il bisogno di rifugiarsi in questo amico per averne sollievo ed aiuto ai propri problemi, alle proprie contrarietà. All'inizio, questo colloquio tra l'uomo e l'ente supremo è posto in termini assai semplici: vi è, nè più e nè meno, una sorta di contrattazione che ha tutto dell'umano, così come, nè più e nè meno, si potrebbe scendere a patti con un monarca, con un capo qualsiasi.

Man mano che il popolo evolve, la religione assume toni un po' più raffinati, diciamo e il colloquio tra l'uomo e l'ente supremo, mentre si eleva di tono, si raffina anche nell'esposizione dei patti e nella forma delle contrattazioni. L'uomo allora non sacrifica più per avere un buon raccolto, per essere agevolato nei propri interessi commerciali e via dicendo, ma sacrifica i propri istinti, i propri desideri per guadagnarsi una ricompensa non tanto nel mondo, dove tale ricompensa potrebbe essere transitoria, ma in un mondo dove la ricompensa sia eterna; e quindi, con poco, si pensa di acquistare molto.     

Ancora oggi la religione è intesa  come un rifugio da tutti i travagli che assillano l'uomo nella vita di ogni giorno, una consolazione per le sue delusioni, una speranza di vendetta per gli insuccessi patiti o per le ingiustizie subite.    

Ecco che quell'insegnamento dato dalla religione, di non far male ai propri simili, viene inteso unicamente come speranza che chi ci fa del male subirà l'effetto di questo male che ci ha fatto patire. Si invoca quindi che ci sia fatta giustizia; si è convinti di essere nel giusto e, ammesso che veramente si sia nel giusto, ci si augura che il castigo colpisca reprobi e malvagi; si invoca che giustizia sia fatta dimenticando che, di fronte all'ente supremo, siamo veramente tutti uguali.           

Di fronte all'Altissimo ognuno di noi vale l'altro.   

Gli errori commessi a danno, degli altri saranno sè pagati, da noi, ma quando saremo pronti per capire. Questa è la grande misericordia di Dio: il castigo non è fine a se stesso ma è una correzione, un modo di far comprendere alle creature che cosa si deve fare e che cosa non si deve fare, un modo per sanare una deficienza della coscienza individuale.      

Non rifugiatevi, dunque, nel senso mistico per invocare giustizia, non pregate che giustizia vi sia fatta: così facendo voi dimostrate che i l vostro orgoglio ha accusato il colpo. Pensate che di fronte all'Altissimo ognuno di noi è uguale all'altro: quella che sarà la correzione dei nostri errori giungerà, per noi come per tutte le creature, al momento opportuno, quando queste creature e noi stessi saremo pronti per comprendere.      

Non fate come molti benpensanti, o come voi dite bigotti, i quali sono sicuri che il castigo di Dio colpirà i loro nemici. Dio non ha bisogno di difendere un qualche principio, nè una qualche idea, nè una qualche religione, perchè non è davvero detto che questo principio, che quest'idea e che questa religione rispecchino la verità.

Dio non difende neppure quella che è la Realtà. Anzi, come vi ho detto, l'effetto delle cause mosse ricade al momento opportuno, quando l'individuo è pronto per capire, e non va quindi inteso come una pronta vendetta di Dio verso chi è andato contro i suoi principi e le sue leggi.

Cercate di trovare in voi il vero e puro cristallino senso mistico, abbandonando quello che è l'errore di ogni religione. Non esistono barriere di ideologia, nè tantomeno di razza o di civiltà; veramente siamo tutti uguali e tutti amati allo stesso modo, di fronte all'Altissimo.

 

Non si può dire che i principi cristiani siano diventati, in questi due millenni, coscienza.

Dove si vede che non è stato il principio che ha trasformato l'uomo, ma l'uomo che ha adattato a se stesso il principio.

Non è certo col creare una religione e porsi sotto la sua insegna, cioè agire e pensare come questa religione insegna, che si cambia il proprio sentimento; che, in altre parole, si evolve.    

Che cosa sono gli ecclesiastici di oggi? Uomini politici in vesti sacerdotali; lupi rapaci in vesti di pecore; falsi profeti.   

Pur tuttavia noi cadremmo nel loro stesso errore se non riconoscessimo obiettivamente che non tutti rientrano in questa poco lusinghiera definizione.      

Riportiamoci al primo cristianesimo, al primitivo ardore, quando occulte  erano le riunioni perchè il fuoco divampasse più intenso, quando quella che sembrava la debolezza dei cristiani era in realtà la loro forza...   

Si teme di perdere proseliti quando si dà valore all'organizzazione, e si dà valore all'organizzazione per esercitare un'autorità che, comunque si chiami, è sempre di natura temporale, perchè, quella spirituale non si conferisce certo con una investitura nè è subordinata all'appartenenza ad una qualsiasi religione.

Cristo sorgerà nell'intimo di ogni uomo, appartenga all'una o all'altra religione, all'una o all'altra fede politica.  

L'uomo si chiama cristiano quando ama il prossimo suo.       

Credere di cambiare l'uomo bagnandolo o circoncidendolo equivale a credere di poterlo mutare cambiandogli l'abito.         

Ma l'opera del Cristo non è fallita. Cristo - la carità, l'amore, fraterno - sorgerà nell'intimo di ogni uomo e non già per riconoscimento di una qualsiasi organizzazione religiosa che porti o non porti il suo nome.        

Lasciate quindi che si perdano nei sillogismi delle loro teologie; lasciate che proscrivano gli uomini,liberi, chi non condivide i parti della loro fantasia, chi non compra per oro il loro orpello!

Quel Cristo in nome del quale hanno compiuta la strage di san Bartolomeo, accesi i roghi dell'Inquisizione, segregate e torturate le creature, no, non è certo il figlio di Dio, ma è il più grande malfattore dell'umanità.

Non altri condanneranno, quindi, se non se stessi.

 

Il significato della cosiddetta "resurrezione della carne".

Questo discorso sulla resurrezione della carne ha delle radici molto lontane, risale nientemeno che a Zoroastro, ed era una maniera per enunciare la reincarnazione: l'uomo riprende nuovamente la carne dopo la morte.     

Voi potete comprendere come le mentalità dei tempi remoti fossero molto, molto elementari. L'attuale istruzione vi porta a un ragionamento più limpido, lineare, ancorato al buon senso e, finchè vi è possibile, alla logica; ma nei tempi andati gli uomini erano come fanciulli e comprendevano attraverso immagini, favole, e questo lo testimoniano tutte le allegorie e le figurazioni delle religioni, che sembrano nè più nè meno che delle favole.    

E' quindi comprensibile come la verità della reincarnazione potesse essere facilmente travisata ed intesa come resurrezione dello stesso corpo che uno ha avuto  nella vita terrena. 

Da Zoroastro, questa verità male interpretata passò poi agli ebrei e dagli ebrei ai cristiani, ed è stato il tramandare di un errore, di una falsa interpretazione, perchè a quale scopo rinascerebbe o risorgerebbe il corpo quando l'insegnamento del Cristo dice: "Il mio regno non è di questo mondo"? 

Chiaramente qui è detto che il regno dello spirito non ha niente a che vedere con la terra, con la materia; e allora è assurdo pensare che in questo regno spirituale possano entrare dei corpi materiali, è vero? E questo lo comprendono anche coloro che ad ogni costo vogliono continuare ad affermare e a giustificare questa resurrezione della carne: perciò dicono che il corpo che risorge è un corpo idealizzato, è un corpo spiritualizzato, imbellito, addirittura arrivano a dire che è un corpo come sarebbe stato se Adamo ed Eva non avessero commesso il  peccato originale. 

Allora finisce che questo corpo diventa qualcosa di figurativo, che è lì come decorazione, e in ogni caso  non è più il corpo che ha avuto una vita materiale, non è più brutto, non è più vecchio, non ha più difetti e via dicendo: insomma è un corpo idealizzato, non è un corpo fisico e, in ogni caso, non è più quel corpo che l'uomo aveva: ma allora, a che scopo avere questa forma corporea in un mondo spirituale, questa forma appartenente al mondo materiale? Siamo nella illogicità totale, è vero? E  quanti cercano di avere delle convinzioni che si basino sulla logica non possono certo accettare queste affermazioni, queste spiegazioni che spiegazioni non sono.

 

Se sia importante il rito dell'eucaristia, della comunione.

E' veramente qualcosa che tocca i più alti piani spirituali. E' una di quelle formule, istituite dal Cristo, in forma proprio di cerimonia magica, che comunque e da chiunque venga pronunciata ha ugualmente un riscontro.

Generalmente, quello che conta è l'intenzione nel sostenere una certa affermazione. In questo caso, invece, l'intenzione può essere assente, ma il pronunciare certe parole che di per sè hanno un significato mette ugualmente in movimento certe energie estremamente sottili: le cosiddette energie spirituali. E quindi si tratta di un fatto veramente occulto, più che di rituale, più che di rimembranza.      

Perchè ho parlato di magia? Si intendeva per magia, una volta, qualcosa di veramente straordinario, che usciva da quelle che erano le cose del vivere di ogni giorno. Se andiamo bene a guardare, tutto è normale, perchè tutto rientra nelle leggi della natura, le quali sono leggi divine. 

Con magia, allora, si intende l'inconsueto, il non usuale.    

Tornando alla cerimonia di cui dicevamo, che cosa fa chi si sente spinto a questa comunione? Prende del pane, del vino, pronuncia le parole, e la fa. 

Non ha bisogno di andare in chiesa e non è assolutamente vero che, per questa consacrazione, sia necessario qualcuno ordinato sacerdote. Tutte queste sono strutture venute successivamente. Allora, pensa al Cristo con animo grato, a quello che ha fatto e tuttora fa in favore dell'umanità, pronuncia quelle parole e in tal modo si comunica: nella maniera più bella, credo, quella veramente voluta dal Cristo. Perchè lui non voleva certamente che fosse fatta in un tempio, ma voleva che fosse fatta collettivamente, è vero?  Ad esempio, quando vi riunite per festeggiare un ricorrenza, come la Pasqua, nell'intimità della vostra famiglia, con tutti  i vostri cari, magari con i vostri amici: quello è veramente il momento di fare quella cosa in sua memoria. 

Ciò veramente corrisponde al suo intento di quella sera.

 

La "nascita spirituale" dell'uomo quando inizia?

La vostra religione insegna che Dio crea di volta in volta le anime e le mette alla prova. Cioè, quest'uomo già nato spiritualmente (con tutto quello che noi intendiamo con queste parole) fa un collaudo. Mentre noi vi diciamo che l'uomo durante la vita, in senso lato, nasce spiritualmente.  

E' di secondaria importanza voler fissare il punto esatto nell'evoluzione di quest'uomo che corrisponda alla sua nascita spirituale. Diciamo che per nascita spirituale noi intendiamo l'intero processo che avviene, durante la manifestazione di un cosmo, per ogni individualità.   

Usiamo "nascita spirituale" in senso lato, indicando cioè quel periodo durante il quale l'individuo è intento a organizzare i suoi veicoli, i quali una volta organizzati daranno la nascita spirituale propriamente detta, ovvero saranno propriamente adoperati per formare la coscienza dell'individuo.  

Tutta la manifestazione di un cosmo ha questo scopo, questa radice: la nascita spirituale.      

Lo spirito non nasce: non dovete quindi intendere "nascita spirituale" come nascita dello spirito. Lo spirito è increato ed è partecipe della natura dell'Assoluto: è quindi completo, immortale, immutabile, infinito, eterno e così via. Nascita spirituale significa manifestazione di questo spirito nella coscienza dell'individuo.

Secondo la vostra religione, dovreste credere che l'uomo è già nato spiritualmente e, nella vita, sta collaudando il suo spirito.

Non è così: voi state nascendo spiritualmente.

 

Su politeismo e monoteismo.

I maestri hanno sempre detto che non è tanto importante quello che un uomo crede quanto come vive tale sua convinzione.

Fino  ad un certo punto dell'evoluzione non è importante che l'uomo conosca la verità, ma che viva coerentemente la verità che crede. Successivamente è importante che lui conosca come la realtà è in effetti, come le cose sono veramente, ma questo è più avanti nell'evoluzione.

Il fatto che certe civiltà siano state politeiste non significa che fossero spiritualmente meno evolute di altre che erano invece monoteiste. Il discorso è diverso, è vero? E poi bisogna sempre distinguere tra quello che era l'insegnamento essoterico, cioè pubblico, e quello esoterico, cioè privato.   

Chi conosceva la verità per sua evoluzione, per evoluzione raggiunta, nella quale è compreso il concetto di un solo Dio, costui sapeva bene che non poteva dirlo agli  altri, a quelli meno evoluti, perchè la religione ufficiale parlava di politeismo e quindi sarebbe stato accusato e magari perseguitato e ucciso, quindi teneva per sè la verità, ben sapendo che ogni uomo, quando sia giunto il suo momento, arriva a conoscere la verità vera.

 

L'origine della massoneria.

La massoneria aveva l'intento di raccogliere la verità del cristianesimo con la verità del giudaesimo.            

Nel giudaesimo esoterico erano custodite molte verità: il fatto stesso che Dio veniva chiamato "colui che è". 

La Kabbala, nella stesura originale, contiene molte verità assiomatiche, intese da pochi iniziati. 

Nel cristianesimo le stesse verità erano rappresentate in forma vivente. 

Mentre da un lato, nel giudaesimo, si spiegava la verità del cosmo, ed oltre, dall'altro si spiegava la stessa verità vivente riportata tra gli uomini. 

Così, l'ideale della massoneria era di far convergere queste due dottrine in un'unica teosofia ed organizzazione: la verità al di sopra degli uomini quali erano e la verità vivente fatta per gli uomini quali erano.            

Tutto ciò ha perduto ogni significato col perdersi della verità, dello scopo essenziale per il quale la massoneria fu fondata.

E' il destino di ogni organizzazione.

 

Come  raggiungere più velocemente la beatitudine della "liberazione". Come capire a che punto si è della propria evoluzione.

La mèta per ognuno di noi, che i maestri additano, è di raggiungere ciò che si deve fare, ciò che ci tocca, ma nell'ordine generale delle cose. Cioè si deve agire rettamente non per meritarsi un paradiso, nè perchè in tal modo ogni conflitto in noi stessi viene a cessare e non si soffre più; quella mèta deve essere perseguita perchè è ciò che veramente può stabilire l'ordine nel mondo. Questa è la sola ragione che deve spingerci a perseguire una retta condotta, un retto pensiero, un retto sentire.   

Questa chiamiamola "liberazione", insegnata da varie scuole a cominciare dallo yoga, è prospettata in senso egoistico, cioè si dice che raggiungendo tale liberazione ci si libera dalla sofferenza, si spengono i segni dei karma negativi, e così via. E questa non è che una variante del paradiso indicato dalla religione cattolica.

Ciò è profondamente errato. Colui che cerca di raggiungere la liberazione con questo fine, non la raggiungerà mai. Lo scopo per il quale l'uomo deve migliorarsi è quello di instaurare nel suo mondo, e da questo al mondo degli altri, l'ordine, la giustizia e la rettitudine: questo e basta. Non deve aspettarsi nessuna forma di ricompensa, nè spirituale nè materiale. E colui che con volontà ricerca la liberazione a questo fine, è senz'altro aiutato.   

Le varie discipline, chiamiamole spirituali, promettono tutte qualcosa; promettono in senso egoistico; mentre quello che dicono i maestri non dà nessuna promessa di nessun genere. 

Chi promette qualcosa in senso egoistico lo fa certamente per catturare le persone, per fare proseliti, per avere seguaci. Ma quando ci sono queste intenzioni non  c'è la verità, perchè la verità non si può imporre in nessun modo, neanche facendola desiderare per mezzo di una ricompensa promessa.

Allora, qual è il sistema per raggiungere la liberazione?      

Sono forse ginnastiche, concentrazioni, meditazioni, sforzi di volontà per indirizzare il proprio comportamento verso un mèta? No, niente di tutto questo. 

I maestri dicono: ciò che ogni uomo deve fare è conoscere se stesso continuamente, tenere desta l'attenzione sui propri pensieri, i propri desideri, i propri intendimenti, analizzare le ragioni per le quali si muove in un senso o nell'altro, compie determinate azioni, ha certi pensieri e desideri, ma non volendo cambiarli allorchè scopre che questi desideri o pensieri, secondo i canoni della morale comune, possono essere deplorevoli o deplorati. 

Niente di tutto questo. Deve semplicemente rendersi continuamente conto  di ciò che si agita nel suo intimo, e basta. 

Non bisogna cercare di cambiarsi violentando se stessi (tranne un caso che poi dirò): colui per esempio che credendosi crudele volesse cambiare se stesso, lo farebbe per cercare di migliorarsi, nel senso di meritarsi qualcosa; ma questo rientrerebbe in quella promessa egoistica di cui prima si parlava: mentre il volersi cambiare deve avere il solo e unico scopo - lo ripeto ancora una volta - di migliorare il mondo attraverso il miglioramento di se stessi, senza attendersi alcuna ricompensa.      

Quando l'uomo, meditando su se stesso, scopre in sè una serie di difetti, non deve cercare di violentarsi per non avere più difetti, ma deve prendere atto delle sue limitazioni, e, attraverso il      meccanismo del porre attenzione e del capire, giungere al comprendere e al superare.  

Tale processo avviene all'insaputa dell'individuo stesso, tanto che ad un certo momento non sa più se veramente in lui si sia operata una trasformazione oppure se tutto sia rimasto come prima. Ed è giusto che sia così, perchè il vero cambiamento, la vera trasformazione avviene attraverso il mutamento del proprio essere intimo, interiore, per cui chi agisce non se ne accorge e non ne è consapevole. 

E se, per esempio, c'è da fare qualcosa per aiutare una creatura, lo fa spontaneamente, senza riflettere e dire: "Faccio questo per aiutare una creatura". 

Una riflessione di questo genere è il segno di un divenire, non di un essere;  segue un atteggiamento, non un intimo e spontaneo sentire.

E' giusto, però, che nel momento in cui qualcuno di voi agisse secondo un impulso e con questa sua azione avesse a portare danno ai suoi simili, è giusto che cercasse di reprimersi. Solo in questo caso, dicono i maestri, è consentito violentare se stessi, per non danneggiare gli altri; ben sapendo però che questa violenza a se stessi non serve per crearsi dei meriti in un ipotetico paradiso o per distruggere i segni di precedenti karma  negativi. Questa violenza a se stessi è semplicemente ciò che si deve fare per non danneggiare gli altri, e nient'altro.      

Allora, l'unico mezzo per superare i propri limiti e raggiungere la cosiddetta liberazione, è quello di conoscere se stesso. E per conoscere se stessi è necessario esercitare una costante consapevolezza dei propri pensieri, delle proprie azioni, dei propri desideri, dei propri sentimenti; prendere atto delle ragioni che spingono a pensare, a desiderare, ad agire e a sentire in quel certo modo, essendone costantemente consapevoli; fino a che, attraverso un naturale meccanismo o automatismo (il termine è brutto ma è vero), dalla costante consapevolezza, dall'attenzione sostenuta si passa al capire, al comprendere, all'assimilare e superare.  

Non vi preoccupate a che punto siete della vostra liberazione, quanta strada avete ancora da fare. Occuparsi di questo, cari, significa che avete ancora in vista un traguardo, una mèta, che volete raggiungere per poi dire: "io sono un uomo liberato". Non ve ne preoccupate affatto. Quello che dovete fare è solamente conoscere voi stessi. La liberazione giunge quando deve giungere, e a vostra insaputa.

 

Perchè l'estasi, il samadhi degli indiani, è così raro e breve.

C'è proprio una difesa naturale. Se qualcuno andasse nello stato di coscienza detto samadhi, uno stato di beatitudine in cui il sentire che ha raggiunto si libera e abbraccia tutta la sua consapevolezza; se la consapevolezza dell'uomo si estendesse oltre il campo creato dalla percezione ed abbracciasse tutta la sua coscienza, tutto il suo sentire di coscienza, quando la struttura dell'individuo non fosse ancora forte ci sarebbe la possibilità di un danno. 

Quale, per esempio?  Quello di abbandonare la vita nei mondi della percezione, di tagliare ogni collegamento con questi mondi. Ed allora deve esserci una sorta di richiamo a vivere, quindi qualcosa che interrompe quell'esperienza. Al momento in cui diventa pericoloso, c'è  come un meccanismo, qualcosa che ti riporta indietro, a quella che deve essere la tua realtà sia pure contingente, perchè è quella che in quel momento devi vivere.

 

Il letargo secolare dello yogi.

Si parla spesso, nella letteratura occulta, di creature le quali vivono moltissimi anni o, addirittura, sono in vita da molti secoli. Si hanno casi di yogi i quali vivono - o sono in letargo - per moltissimo tempo, e tornano poi nel mondo umano a distanza anche di centinaia di anni, cioè si svegliano da un sonno e possono parlare ai loro discepoli.

In linea di massima ciò è possibile; è cioè possibile che un corpo fisico rimanga in uno stato di letargo per lunghissimo tempo e quindi torni alla vita normale fisiologica. Vi sono casi di creature le quali, a distanza di molte decine d'anni, sono ritornate nel piano fisico con lo stesso corpo fisico. Non dovete pensare, però, che mentre il corpo fisico è in letargo quella entità debba restargli legata; no, per niente: quell'entità ha la propria vita negli altri piani di esistenza.

Oltre alla conservazione del corpo fisico, è indispensabile la conservazione  del corpo astrale e del corpo mentale.         

La stessa scienza umana, fra qualche tempo, riuscirà a conservare in buono stato il veicolo fisico degli uomini per un lungo periodo di tempo. Verranno moltissimo diminuiti quelli che sono i segni della vecchiaia.

Per concludere su quei casi di letargo anche per lunghissimo tempo, la vita fisiologica è ridotta ai minimi termini, al movimento indispensabile acciocchè l'organismo non si disgreghi, e ciò in un luogo adatto

Se una particolare esperienza di assoluta pace con se stesso e col mondo sia una mèta da conseguire durevolmente.

Il sentire del quale parlano i maestri conduce per se stesso, quando è a un dato punto di sviluppo, questo stato di tranquillità, di superamento di ogni conflittualità; lo produce automaticamente e spontaneamente. Sarebbe perciò un errore cercare la liberazione per giungere a quello stato di verità e di tranquillità. 

Questa liberazione non va perseguita con l'intento di tranquillizzarsi e di vivere poi quella beatitudine. Ripeto: la beatitudine, la serenità, il senso di comunione con tutto quanto ci circonda, avviene automaticamente, è dato in sovrappiù, secondo l'espressione evangelica.

Molti trovano queste esperienze preparatorie suscitate da uno spettacolo naturale, ad esempio un tramonto, o da una visione della natura, da una dimostrazione di affetto da parte di altri.

E' come una scintilla che fa sentire alle creature di essere in comunione con il mondo che le circonda. Sembra quasi, allora, che il paesaggio sia parte di loro stessi, essi si sentono parte integrante del tutto, uniti al tutto, ed è una sensazione meravigliosa, che corrisponde ad una liberazione di sentire piuttosto complesso, di una coscienza allargata.

Tali esperienze, inizialmente, avvengono saltuariamente, cioè quello stato d'animo non perdura per molto tempo perchè ancora il sentire non è di intensità sufficiente. Ma in seguito si producono a distanza sempre più ravvicinata, fino a quando giunge ad esistere uno stato d'animo che non ha altro che questa radiazione, questo benessere continuo e naturale. 

Naturalmente, tutto questo avviene attraverso il tempo e l'evoluzione.    

Non è lo yoga di qualunque tipo che fa avere determinati stati d'animo. Se una persona non ha la coscienza sviluppata, se non ha una certa evoluzione, può fare tutto lo yoga che vuole ma non arriverà mai all'unione dei suoi veicoli, cioè non arriverà mai a questi stati di beatitudine. Potrà raggiungere una maggiore serenità, un maggiore equilibrio (come non soltanto lo voga ma anche altre discipline possono dare), ma non arriverà mai ad avere questi stati di coscienza come li ha invece l'individuo di una certa evoluzione.      

Comprendo il desiderio di riprovare - quando sia già stata sperimentata - un'esperienza così bella, così, meravigliosa e  appagante; ma non si può pensare di riaverla entro breve tempo: essa verrà quando deve venire, soprattutto non quando e perchè l'individuo desidera riaverla. Verrà quando la sua coscienza rivelerà certe particolari condizioni, a seguito di un incremento della coscienza stessa. E verrà in sovrappiù.

 

Sullo Yoga tantrico o del sesso in rapporto all'insegnamento dei maestri.

La visione della sessualità che danno i maestri è estremamente liberatoria. Pare curioso ma in tutte le religioni, in tutte le discipline, c'è un certo richiamo ed incitamento alla castità; mentre i maestri hanno ben spiegato come il sesso deve essere vissuto, come elemento che nella vita di ogni essere mette in gioco una forza grandissima, che non può quindi essere trascurato nè può essere vincolato, limitato, male indirizzato, senza provocare dei  forti squilibri.

Ecco, questa forza può essere diretta in varie maniere; però è certo che, per far questo, una creatura dovrebbe conoscere profondamente se stessa, non solo come conoscenza dei propri limiti, dei propri pensieri e desideri, ma come possibilità di reazione a certi stimoli.   

I maestri non incoraggiano nessuno a fare un tipo di disciplina come lo Yoga tantrico proprio perchè possono raggiungersi degli effetti che turbano l'equilibrio. Siccome non c'è nessuna necessità di  scatenare nel proprio essere delle forze, agendo su delle leve psichiche sino a diventare il centro di un turbinio di energie che non si sanno dirigere bene, allora è giusto non farlo.

Ogni forma di disciplina può essere utile quando riesca a dare un maggiore equilibrio, quando faccia trovate l'armonia, la serenità, quando faccia raggiungere l'unione armoniosa dei vostri veicoli; solo per questo; ma quando invece provoca delle reazioni che possono turbarvi o farvi rappresentare una parte che è al di sopra delle vostre forze, che vi spinge ad un comportamento che non può essere tenuto lungamente, è una disciplina che non va seguita perchè appunto può portare, in un secondo tempo, a squilibri e rotture.   

Il punto di vista dei maestri, in particolare circa lo Yoga tantrico, è questo. E ripeto che vivere la propria vita sessuale è questione che riguarda ciascuno di  voi, più particolarmente nel dettaglio, mentre l'indirizzo particolare e personale può essere trovato rifacendosi alla concezione generale che i maestri hanno dato del problema.

 

Sull'eterna domanda dell'uomo: perchè sono qui? Nascere, vivere e morire: perchè?

Perchè si nasce, perchè si muore, perchè si esiste. Le risposte che sono state date dalle varie filosofie e dalle varie religioni, alla luce della logica, alla quale l'uomo d'oggi fa appello sempre più spesso, non reggono. La figura della divinità, in primo luogo, non regge all'esame cui la logica dell'uomo può e deve sottoporla.      

Naturalmente,  se si vuol trovare un motivo dell'esistenza bisogna ricorrere alla figura della divinità; perchè se non si crede che esista  qualcosa di superiore, una ragione che va oltre il semplice caso, allora chiaramente non v'è bisogno d'altro: basta il caso. Perchè? Non c'è nessun perchè. Se il caso è alla radice di tutto, allora non c'è nessun perchè: il caso fortuito spiega tutto.     

Però, alla luce di quella logica, di quella razionalità che anima l'uomo d' oggi, vorrei che sinceramente ci si ponesse un quesito. Quanti dicono che tutto è frutto del caso sono ritenute persone intelligenti, raziocinanti, che non si lasciano influenzare; e allora io domando, ed ognuno se lo domandi: ma veramente vi sembra logico e razionale e possibile che tutto venga dal caso? 

Sostenere che tutto è frutto del caso non è l'affermazione più illogica, più inverosimile che l'uomo possa fare? Chi crede che tutto sia frutto del caso non è assolutamente una persona razionale. E questo lo dico non come mia affermazione, ma come domanda che esige una risposta logica e razionale: se andate a guardare come è strutturata la vita, come è possibile che il cosmo sia nato e si sia sviluppato per un caso? C'è un insieme di intelligenza che assolutamente non può essere fortuita.  

C'è un esempio dei maestri che amo ripetere a tutti gli amici che mi stanno ad ascoltare: se in una scatola mettiamo tutti i pezzi di un orologio smontato, e cominciamo ad agitare la scatola, può darsi che dopo miliardi di agitazioni l'orologio si ricomponga e cominci a funzionare. E questo sarebbe il cosmo, l'insieme degli universi. Può darsi che per caso tutti gli elementi che concorrono a creare la vita, e quindi tutta l'evoluzione, si siano messi insieme ed il cosmo, quindi, si sia messo in movimento e in sviluppo. 

Ma se, in quella scatola, anzichè mettere i pezzi di un orologio noi mettiamo tante pietre, potete agitare quanto volete, il caso può metterci lo zampino quante volte volete, ma l'orologio non si comporrà mai. E quindi è impossibile che quell'orologio meraviglioso che è il cosmo - e che sia meraviglioso è ormai universalmente riconosciuto - si sia formato per caso.      

Allora, se si crede che all'origine non vi sia il caso, si credi perciò che esista qualcosa di superiore, che vi sia una finalità, che esista Dio.

Dicevo prima che la risposta data dalle vecchie religioni a proposito della ragione per la quale l'uomo esiste, è una risposta che non soddisfa, che non è razionale, che non appaga. Proprio perchè questa figura divina è dipinta male, è concepita male. 

Non voglio  adesso fare la critica delle varie concezioni del divino, però io credo che la nostra razionalità  ci faccia concepire un Dio che non può essere staccato, diviso da tutto quanto esiste; un Dio che anzi e soprattutto sia coscienza, sia sentire, sia amore: e noi siamo parte di lui, con lui siamo un solo essere; e quindi il nostro vibrare, agire, vivere, essere, esistere è parte integrante dell'esistenza divina. In questo senso noi siamo suoi figli, ed egli ci è padre: in questo senso.     

Allora, se la logica ci fa ammettere questo, forse questa figura di Dio diventa a noi più vicina; e noi possiamo comprendere la ragione della nostra esistenza, che è la ragione della sua esistenza; possiamo comprendere che al di là delle esperienze amare che ci accadono, talvolta diuturnamente e per anni, c'è una ragione meravigliosa, non di punizione ma anzi di misericordia, di amore; perchè attraverso quelle dolorose esperienze noi riusciamo ad unirci coscientemente a Dio, cioè proviamo coscienza di essere parte dell'esistenza di Dio.

Ecco, forse questa è una visione logica, al meno per me e per gli altri amici, che può dare un senso alla vita dell'uomo, al perchè della sua esistenza. Pensate a quante civiltà sono trascorse e sono rimaste polvere: ma allora, tutto il valore di quelle civiltà è andato perduto? No, se ciò che quelle civiltà hanno dato è stato l'aumentare della coscienza degli esseri che hanno vissuto quelle civiltà, se è stato un arricchimento interiore. Così, lo scopo della vita dell'uomo è un arricchimento della sua coscienza, del suo sentire. E tale arricchimento aumenta e  diventa tale che l'uomo prende coscienza di essere tutt'uno con il suo creatore - se vogliamo ancora chiamarlo così -, con Dio.

 

Perchè tutto è come è.

Molto spesso questo importante quesito viene rivolto da loro che si avvicinano all'insegnamento. Tutto va bene, tutto è logico e conseguente, ma alla fine scappa imperiosa la domanda: perchè tutto è così? Allora, è bene essere chiari  ed espliciti, capire per quale motivo viene fatta la domanda, quale è l'errore nel porre questo tipo di domanda. Ma perchè Dio ha bisogno di emanare i mondi e poi di riassorbirli? 

Dicendo questo, si capisce chiaramente che il concetto di Dio non è stato compreso. Perchè se si parla in questi termini si parla in termini di divenire, e Dio non conosce divenire.  

Esiste un solo Dio che possa realmente esistere ed è Dio Assoluto. Ogni altra concezione di Dio non sta in piedi, non regge, non è logicamente sostenibile, non può esistere. Ma per essere Assoluto, Dio non deve essere un monòlito, non una unità come primo numero della serie dei numeri; ma deve essere poliedrico, molteplice, e l'unità deve risultare dalla fusione trascendente di tutte le sue parti costituenti.      

Quando parliamo della realtà esistente dobbiamo parlare della realtà non come appare nel divenire, ma come è nella sua

essenza reale, nel suo essere; e non, ripeto, nel divenire. Se si parla di essere, quindi, non ci sono momenti prima e dopo, in Dio; ma il suo virtuale frazionamento che origina gli esseri, quindi i mondi, è in questo stato di eterno presente, è in una condizione senza tempo, nel vero senso di eternità. 

Perciò questi esseri, che nella dimensione del divenire (illusoria rispetto alla reale dimensione di essere) sembrano trascorrere, avere un inizio e una fine, nascere da qualcosa e confluire in qualcos'altro, esistono invece, ripeto, nell'eterno presente, in eternità, in condizione di essere.  Talchè, se si potessero visualizzare, li vedremmo tutti scomposti nei loro sentire costituenti; e tutti questi sentire costituenti non sarebbero altro che il prodotto del virtuale frazionameno del sentire assoluto. 

Ripeto: virtuale frazionamento, necessario a creare quella molteplicità, poliedricità di sentire, senza la quale Dio Assoluto non potrebbe essere.    

Per cui non si può dire: che bisogno c'era di emanare e poi riassorbire?, perchè se così si dice si parla di una dimensione  di divenire. Si può solo dire: perchè le cose sono come sono? Ed io vi rispondo che le cose sono come sono perchè sono nell'unica maniera per la quale può esistere Dio Assoluto.

Questa e questa sola; nessun'altra maniera esiste. E quindi la vita  degli esseri è la condizione necessaria - se di condizione vogliamo parlare - a rendere assoluta la coscienza divina, l'esistenza divina.

 

Sul senso del pregare, oggi, per l'uomo adulto.

La morale è sempre stata data come un comandamento (non per niente si chiamano comandamenti), un comando di cose da fare o da non fare, senza ben capire perchè possano o non possano  essere fatte. Ecco, attraverso questo insegnamento dei maestri, che poggia sulla logica, si arriva a capire come e perchè si debba amare il prossimo nostro come noi stessi: perchè siamo noi stessi.

Nei confronti di Dio, è comoda e per questo è stata data all'uomo l'immagine di un dio padre che dall'alto, buono, aiuta, che è quindi da pregare per sentirsi aiutati affinchè le cose vadano bene; però bisogna anche maledirlo, quando invece le cose vanno male. Perchè lodarlo, infatti, quando le cose vanno male?      

Nella visione dei maestri si trascende tutto questo: essi dicono che tutto, in fondo, è per il vostro bene. Se  vi rivolgete con gratitudine a Dio perchè le cose vi vanno bene, altrettanto e con altrettanta gratitudine dovete rivolgervi a lui quando siete alla prova dell'esperienza dolorosa, perchè anche quella è per il vostro bene al pari della vostra esperienza gioiosa.

E' vero che togliendo quell'immagine paternalistica di Dio si viene a perdere qualcosa di romantico, che può toccare le corde del sentimento; ma è anche vero che l'uomo deve crescere, deve diventare adulto e rivolgersi a Dio non più per chiedere, per ottenere qualcosa, per un suo beneficio personale; ma deve rivolgersi con animo diverso, capire che è in seno a lui, che siamo tutti nel suo seno e che niente di male può veramente, realmente accaderci. 

Dobbiamo rivolgerci a Dio non per chiedere qualche particolare favore ma per trovare la cosciente, consapevole armonia con questa forza d'amore, forza prorompente di vita, di esistere - chiamatela come volete - sè che in noi stessi possiamo percepirla anche nella minima parte di cui siamo capaci.    

Ecco, questo è il senso della preghiera che oggi dobbiamo avere: essere in armonia con Dio, trovare la consapevolezza della nostra armonia con Dio, con il tutto, proprio per essere strumenti del bene migliore nostro e di coloro che ci sono vicini.

 Continua