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Cosa si deve intendere per "evoluzione degli esseri" - L'atomo di sentire - Evoluzione della forma delle specie naturali e l'evoluzione dell'autocoscienza umana -

Gli animali soffrono come l'uomo? - Gli animali hanno una coscienza - Comportamenti altruistici degli animali - Che cosa si deve intendere per "coscienza" -

L'evoluzione avviene anche altrove e altrimenti che sul piano fisico? - In altre galassie, in altri pianeti, gli esseri evolvono analogamente agli uomini? - 

L'evoluzione può avvenire anche senza il bisogno di incarnarsi sulla Terra? - L'evoluzione è per forza di cose dolorosa? - Sull'uomo moderno e sull'uomo antico -

Una grande intelligenza è sempre indice di evoluzione? - Il genio è necessariamente un essere evoluto? - Rapporto tra evoluzione e scienza -

Predominanza degli anziani nel mondo occidentale - La scienza allungherà la vita dell'uomo? - 

Se ti disegno generale è già tracciato, qual è il senso e il significato dell'evoluzione? - Il significato del "sentire" di cui parlano i maestri - 

Rapporto tra percezione e coscienza - Se la realtà è sentire, quale comunicazione c'è tra gli uomini - La divina sostanza indiversificata -

L'evoluzione e il suo fine

 

 

Cosa si deve intendere per "evoluzione degli esseri".

 

I maestri dicono che non esiste l'evoluzione nel senso dei divenire; ossia l'individuo non amplia la sua coscienza nel senso tradizionale, che non ha più la coscienza che aveva, che ha la coscienza che ha ora e ancora non ha la coscienza che avrà poi: tutto questo è un divenire, è l'evoluzione come divenire. 

Noi dobbiamo invece pensare ad un individuo il quale ha come suo patrimonio tanti stati di coscienza, tutti sempre lì, che uno alla volta in successione logica si manifestano, si affermano, e quindi l'individuo non è uno che ha solo la coscienza del momento, ma è uno costituito dalle coscienze di tutte le serie, dall'atomo di sentire fino alla coscienza assoluta. E' uno costituito da tanti stati di coscienza che sono sempre lì, fermi, immutati, eterni nel senso di "senza tempo", i quali solo per l'illusione della successione del sentire si rivelano successivamente.

Per capirci meglio, distinguiamo tra individualità e individuo.

 

L'individualità è quella che comprende tutti gli stati di coscienza, dall'atomo di sentire alla coscienza assoluta. Si considera individuo ogni stato di coscienza, ogni perla di sentire. 

Se l'individualità è il filo, l'individuo è ogni perla che è legata da questo filo. A sua volta, però, l'individuo non è formato da  un solo  stato di coscienza, da un solo sentire, ma da molti sentire.

 

 

L'atomo di sentire.

 

Tutti gli esseri che fanno parte dei mondi minerale, vegetale e animale fanno capo ad un individuo che ha come sentire come coscienza, l'atomo di sentire.   

E' dall'uomo in poi che gli atomi di sentire si accomunano.

 

Se sono di natura diversa l'evoluzione della forma delle specie naturali e l'evoluzione dell'autocoscienza umana.

 

Le strade dell'evoluzione della forma, come la chiamano i maestri, e quella dell'evoluzione dell'autocoscienza, o della fase preparatoria per l'evoluzione dell'autocoscienza, non sono disgiunte. Al limite, però, potrebbero esserlo. Il corpo, l'evoluzione della forma della specie, potrebbe cioè seguire una sua via che, vista  dal piano fisico, potrebbe avere una spiegazione prettamente materialistica. 

Ciò non toglie, però, che proprio dall'avere quella sorte di vita, da quei tentativi della natura, si producono quegli stimoli nella parte non materiale dell'essere - animale o pianta - che fanno sì che si crei un'evoluzione della controparte spirituale. 

Cioè, la vita dei corpi fisici degli individui, l'evoluzione della specie, potrebbe avere un suo andamento materialistico, secondo la selezione e il caso, da cui si origini l'evoluzione delle specie e le varie specie; ma questo non nega affatto che, se c'è una parte spirituale, o diciamo non materiale, essa non riceva dall'intera vicenda vissuta dalla controparte materiale degli stimoli che a sua volta la fanno evolvere. 

 

Si diceva prima, infatti, che nella fase della vita dell'essere come animale o come pianta l'evoluzione della parte non materiale avviene proprio in virtù degli stimoli che la parte materiale riceve dall'ambiente, ossia il caldo, il freddo, il desiderio di accoppiarsi, il bisogno di cibarsi, la paura di morire e via dicendo.   

C'è un piano per cui l'evoluzione dei corpi fisici avviene secondo certe modalità; ma siccome voi non lo potete vedere, allora neghiamolo pure, e diciamo che l'evoluzione della specie avviene secondo le modalità, la selezione e il caso, dichiarate dai biologi.      

 

Diciamolo pure, e vediamo il meraviglioso risultato dell'evoluzione, e pensiamo che meraviglioso potere ha il caso nell'evoluzione delle specie, nella continuazione della vita. Ma questo non impedisce che la parte non materiale degli esseri naturali possa usufruire di stimoli che vengono attraverso la selezione e il  caso, si può dire, oppure attraverso la selezione e la necessità.

 

Anche vedendo la questione dal punto di vista più strettamente materialistico, il fatto che l'evoluzione si possa spiegare in termini appunto materialistici non esclude assolutamente che possa esservi l'evoluzione di una parte diciamo non materiale, la quale avviene in virtù e parallelamente all'evoluzione della parte materiale. E' certo, però, che la parte psichica di ogni essere o lo psichismo collettivo spiegano ancor meglio l'evoluzione.

 

Negli animali e ancor più nelle piante non esiste uno psichismo per un solo individuo biologico, ma vi è la cosiddetta "anima gruppo", per  cui varie piante fanno capo ad un solo psichismo, così come vari animali non individualizzati, ad esempio l'alveare che ha uno psichismo unico per molti individui-api di molte generazioni. Questo, io penso, spiega ancor meglio l'evoluzione.

 

 

Se gli animali soffrono come l'uomo. Anche per loro il dolore è uno strumento di evoluzione?

 

Certo che soffrono, ma poichè la sensibilità è più ridotta, se potessimo misurare la loro sofferenza fisica la vedremmo inferiore. Per capire, però, che il dolore serve anche per l'evoluzione degli animali, bisogna accettare l'idea che anche gli animali hanno una parte che sopravvive, che in fondo è quella che contribuisce a creare quello che sarà, successivamente, l'essere uomo.            

 

Secondo la nomenclatura data dai maestri, l'uomo è formato da un corpo fisico e questo lo sapete meglio di me -; da un veicolo astrale che presiede alle sensazioni, alle emozioni; da un veicolo mentale; e poi da una parte spirituale più sottile che i maestri chiamano coscienza, la quale non ha niente a che vedere con la consapevolezza: coscienza intesa come retaggio dell'evoluzione, delle esperienze avute.           

 

Allora, prima della fase di incarnazione umana c'è la fase -  che parte addirittura dal regno minerale, fino a quello vegetale e animale - nella quale le esperienze avute da varie forme di vita costituiscono la possibilità dell'individuo di organizzare il suo veicolo astrale e il suo veicolo mentale, cioè la possibilità di avere sensazioni ed emozioni che gli serviranno poi, nella fase più precisamente umana, per ragionare e pensare.         

E questo è facilmente verificabile, anche se non provabile oggettivamente, ora che l'uomo comincia a capire che già nella forma ma di vita vegetale esiste una larvata sensazione (la pianta che si dirige verso la luce; la sua reattività all'umidità, all'aridità, al caldo, al freddo, alle stagioni, eccetera).       

Poi, nella fase di vita animale, vi è la possibilità di avere delle emozioni in risposta a precise leggi che riguardano la costituzione degli animali in gruppi, che riguardano il veicolo fisico, la possibilità di accoppiarsi, la necessità di procacciarsi il cibo e via dicendo. 

 

Queste esperienze aumentano ulteriormente la possibilità di avere delle sensazioni e delle emozioni, costituendo il veicolo che poi servirà alla vita dell'autocoscienza dell'uomo.

Finchè si passa, appunto, alla fase umana, nella quale si può usufruire di quegli strumenti - veicolo astrale e veicolo mentale - che sono stati preparati, non come tali ma come possibilità di costruirli per avere le esperienze della fase umana. Questa fase ha come scopo la costituzione dell'autocoscienza. E da qui tutta l'evoluzione umana, e poi superumana o sovrumana come volete chiamarla.

 

E' chiaro da quanto detto che anche negli animali c'è il dolore, benchè sia percepito - lo ripeto - inferiormente rispetto a quanto lo percepisce l'uomo. C'è il dolore proprio come sensazione, dipendente da uno stato particolare del corpo fisico, che continua in forma diversa nella fase umana, quando non c'è più solo il dolore che viene dal fisico ma c'è il dolore, molto più esteso come quantità, che viene dalla psiche dell'uomo. Questo tipo di dolore è invece sconosciuto nella fase animale.   

 

Il dolore fisico è la sensazione direi più eclatante dell'intera gamma di sensazioni che hanno gli animali. E si sa benissimo che, se non ci fosse stata sensazione, non ci sarebbe  stata evoluzione, parlo in senso umano e non spirituale, ora, intendendo proprio l'evoluzione della specie: se ogni individuo vegetale o animale non avesse avuto e non avesse delle sensazioni, non vi sarebbe evoluzione.      

 

L'animale che si procaccia il cibo e cerca di accoppiarsi, fa tutto in funzione di una vita di sensazione. Se non provasse sensazione non vivrebbe, e  quindi non vi sarebbe evoluzione della specie e tutto quello che c'è stato.

 

 

Se anche gli animali hanno una coscienza.

 

I maestri hanno sempre detto che lo scopo della vita naturale, nei regni vegetale e animale, è quello di costituire i veicoli inferiori. E quando questi veicoli inferiori (corpo astrale e mentale) sono costituiti, si ha la manifestazione e quindi la costituzione della coscienza, che occupa tutta la vita dell'uomo. Ciò non toglie, però, che alle soglie dell'incarnazione umana, siccome tutto avviene per sfumature, non vi siano già delle manifestazioni di coscienza individuale. Non c'è un taglio netto, insomma.         

 

Così, quando diciamo che il corpo astrale prende possesso della creatura fanciullo dalla nascita fino ai 7 anni, che il corpo mentale si sviluppa dai 7 ai 14 anni, che la coscienza si sviluppa dai 14 ai 21 anni circa, ciò non vuol dire che un fanciullo di 5 anni sia privo di mente e di coscienza morale. 

E' tutta una sfumatura. Queste sono indicazioni per dire che in quel periodo la preponderanza dell'evoluzione riguarda quel veicolo o corpo, ma ciò non toglie che anche gli altri corpi non vi siano e non abbiano una loro attività. Se così non fosse un fanciullo fino ai 5 anni dovrebbe essere un demente, non avendo un corpo mentale: e questo è assurdo, vero? Bisogna capire le cose sempre con una certa logica e un certo orizzonte. Ricordatevi che tutto è sfumato, in natura, e che non ci sono salti.

 

 

Se è vera l'evoluzione, perchè certi comportamenti degli animali sono più altruistici e umanitari di certi comportamenti degli uomini?

 

Certe crudeltà di cui l'uomo si macchia, diciamo, possono in effetti creare un problema e lasciare perplessi, se si pensa e si ammette che esista l'evoluzione e che questa evoluzione abbia i suoi gradi inferiori nel regno animale.         

 

Certo, osservando quello che non solo eccezionalmente, ma anche abbastanza consuetamente fanno gli animali, osservando l'amore che hanno per i cuccioli, e quello che invece fanno certi uomini, sia pure eccezionalmente, che questo amore per i figli non hanno, se si crede all'evoluzione non si può che rimanere perplessi. Però, dire che la legge dell'evoluzione vede la costituzione dell'autocoscienza passare dai regni naturali, vegetale e animale, al regno umano - come i maestri dicono - è una enunciazione generale che va poi spiegata entrando nel dettaglio.      

 

Innanzitutto bisogna distinguere fra i comportamenti degli animali quelli, per esempio, che riguardano l'amore per la prole, che sono suggeriti dalla natura perchè lo scopo della vita della natura è quello di perpetuare la specie, di perpetuare la vita in generale. Tali comportamenti sono suggeriti proprio a livello collettivo dalla stessa legge che fa progredire e perpetuare la vita della natura, e non sono quindi iniziative individuali, non sono espressioni della coscienza individuale, ma, ripeto, esprimono il fine che la natura vuol raggiungere di perpetuare la vita.         

 

Nell'uomo, questa voce della natura è molto affievolita rispetto agli animali, e quei suggerimenti (istintivi) sono molto meno sentiti: ad esempio l'amore per la prole, da parte  dell'uomo, è una manifestazione della coscienza individuale. Diverse sono le ragioni, le motivazioni nell'un caso e nell'altro, e già questo non consente un confronto, poichè per confrontare due grandezze occorre che esse siano omogenee.  

 

E veniamo  ora alla manifestazione non di un istinto naturale, come è la cura della prole negli animali, ma di qualche altra cosa, che  potrebbe essere l'affetto al padrone portato addirittura all'olocausto, in certi animali prossimi - diciamo - all'incarnazione umana. 

Qui non c'entra più la voce della natura che cerca di perpetuare la vita, ma è qualcosa che riguarda la manifestazione della coscienza individuale. 

 

Questi animali nell'incarnazione che sarà logicamente successiva non si incarneranno in uomini tipo "selvaggio", ma in individui già più evoluti. E in questo caso si può dire, potendo fare un confronto, che la  manifestazione della coscienza individuale in questi animali che sono capaci di condursi all'olocausto a favore di un uomo o anche di un altro animale, segna un indice che è superiore alla manifestazione della coscienza individuale dell'uomo che, per esempio, partecipa ad una strage efferata.       

Questo non contraddice la legge dell'evoluzione. Si tratta di diverse manifestazioni di coscienza. Non necessariamente la prima incarnazione umana deve essere quanto di più efferato vi sia per crudeltà , se l'incarnazione animale precedente ha segnato una tappa abbastanza rilevante dal punto di vista della coscienza individuale.

 

 

Che cosa si deve intendere per "coscienza".

 

Col termine "coscienza" i maestri intendono proprio qualcosa di diverso dalla consapevolezza. Diciamo che corrisponde al super-io della psicoanalisi, corrisponde a tutti gli attributi che si dicono morali, ma corrisponde soprattutto all'intimo essere di ognuno, alla ricchezza interiore di ogni uomo.

E succede che, siccome la coscienza fa parte proprio dell'intimo essere, talvolta l'uomo che agisce non perchè è influenzato dall'ambiente, dalle amicizie, dalla sua mente, ma proprio per la sua natura vera, interiore, per il nucleo più intimo del suo essere, non si accorge quasi di fare una certa cosa. 

E questo, che può sembrare una contraddizione, ci dà invece la misura di quanto sia vera questa coscienza, quanto faccia parte del proprio essere, se arriva a farti fare delle cose senza quasi che tu ne abbia la consapevolezza, senza che sia intervenuto un ragionamento consapevole: allora tu agisci di getto, e dopo, semmai, diventi consapevole di quel che hai fatto, spinto dalla tua vera natura.

 

Man mano che l'uomo esperisce, questa coscienza si arricchisce automaticamente, a sua inconsapevolezza. E questo sperimentare man mano lo arricchisce interiormente a tal punto che, ad esempio, se ciò che apprende  va contro quello che sa dalla sua educazione, avviene un conflitto. Facciamo un esempio  radicalizzato, per meglio capire.          

 

Una società primitiva insegna ad uccidere i nemici. Man mano che l'uomo sperimenta, comprende, invece, che non si deve uccidere, la sua coscienza gli dà questa ricchezza interiore, questa vera natura interiore che è in contrasto con quanto sa la sua mente, educata dalla società in cui vive ad uccidere i nemici; ed arriverà il momento in cui la coscienza andrà oltre il suggerimento, oltre il dettato della mente, e si imporrà sulla mente. Ecco, questo veramente è il meccanismo attraverso il quale l'uomo si arricchisce.            

 

Quindi, mentre la mente conserva certe convinzioni, certi pregiudizi - e può farlo a lungo, tendendo a conservarli e a non cambiare - invece la coscienza grado a grado si costituisce fino a superare i condizionamenti ambientali.

 

 

Se l'evoluzione avviene anche altrove e altrimenti che sul piano fisico.

 

Fino a che l'uomo non ha lasciato la ruota delle nascite e delle morti, l'evoluzione avviene esclusivamente sul piano fisico: questo dicono i nostri maestri.         

Vi sono delle comunicazioni le quali affermano che vi sarebbero invece forme di evoluzione anche al di fuori del piano fisico. 

Questo non è esatto, perchè la stessa evoluzione dopo il trapasso, nei piani astrale e mentale, consiste semplicemente in un trarre le somme, nel ricapitolare e nell'assimilare le esperienze che ciascuno ha avuto nella precedente incarnazione. Tale assimilazione avviene nel momento in cui poter mettere in relazione l'ultima incarnazione vissuta con le precedenti che, in qualche maniera, ne sono implicate e che le hanno dato origine. E' dunque un assimilazione, non un'evoluzione vera e propria. Questa avviene solo nel piano fisico.          

 

Ad un certo punto, però, il piano fisico è lasciato, cioè l'essere non continua più ad incarnarsi; il suo sentire è abbastanza sviluppato, la sua coscienza è abbastanza costituita, per cui l'essere continua la sua vita unicamente di sentire di coscienza, nel piano akasico; allora avviene una sorta di evoluzione oltre il piano fisico, che è la più grande, la più sentita, la più intensa, quando l'essere è, a quel punto, un essere quasi completo.

 

 

Se in altre galassie, in altri pianeti, gli esseri evolvono analogamente agli uomini.

 

L'evoluzione su altri pianeti, su altri mondi che ospitano forme di vita organizzate come quelle umane, anche se con modalità diverse, è analoga e ha lo stesso fine, secondo l'insegnamento dei maestri, di ampliare e di arricchire la coscienza attraverso analoghe esperienze.            

 

Noi non amiamo parlare della vita su altri pianeti, perchè possono sembrare racconti di fantascienza. Diciamo solo che sono analoghe le esperienze. Su certi pianeti il punto di evoluzione può essere inferiore al vostro attuale, su altri invece  superiore; le organizzazioni, le società possono essere diverse, e ve ne sono infatti alcune così belle che mi auguro possano giungere ad essere realizzate anche dall'uomo, mentre altre corrispondono al vostro passato evolutivo; però il cammino  è analogo.         

 

Tutto è uno. Le strade sono diverse, anche di un uomo rispetto all'altro, che pur seguono lo stesso cammino; basta qualche sfumatura a renderle estremamente diverse; però si giunge sempre a questa unica strada, perchè il cosmo è uno. Tutto è uno.

 

 

Se è possibile, come taluni affermano, che l'evoluzione avvenga anche senza il bisogno di incarnarsi sulla Terra.

 

I maestri hanno sempre detto che l'evoluzione avviene nel piano fisico. Esistono delle dottrine secondo le quali, sapete, l'evoluzione dell'essere può avvenire anche al di là, senza la reincarnazione nel piano fisico.          

 

Dobbiamo intenderci: voi sapete che, ad un certo punto, nell'evoluzione dell'uomo, il piano fisico viene abbandonato. In quel punto, la vita fisica non è più necessaria e l'evoluzione continua in dimensioni molto, molto più sottili, più spirituali. Fra dire questo, che è vero, e dire invece che vi sono esseri i quali conducono la loro evoluzione senza mai incarnarsi, il passo è grandissimo. E posso categoricamente assicurarvi che nessuno, dico nessun essere può condurre la sua evoluzione se non si incarna inizialmente, se non parte dal piano fisico.          

 

Si dice anche, in queste dottrine, che l'evoluzione che avviene al di là dell' incarnazione nel piano fisico è molto più lunga; non solo, ma anche che l'essere sarebbe libero di scegliere un evoluzione sulla Terra, nella materia, oppure al di fuori della materia, di seguire la via più breve e più faticosa anzichè la più lunga e più lieve. Anche queste sono fandonie! 

 

L'essere come noi intendiamo  (chiamatelo spirito, individuo o come volete) trae le sue origini dalla materia, dai regni minerale, vegetale, animale e umano. Così è per tutti.      

 

C'è differenza, certo, fra la densità materiale della Terra e la densità materiale di un altro pianeta, di un altro sistema solare. Questo, sì. 

In un altro sistema solare può esservi un pianeta che accoglie delle forme di vita che hanno come matrice fisica una materia più sottile, più rarefatta, ma sempre materia fisica è, sempre!    

 

Il fatto che gli esseri siano nel piano fisico a condurre la loro evoluzione noli è una questione di scelta, ma di necessità. Per tutti è così, non c'è alcun dubbio.    

 

La visione secondo la quale gli spiriti sarebbero creati, sfornati da Dio perfetti, in potenza per poi divenirlo in atto, e con la possibilità di scegliere, è una visione antropomorfica di tutto quello che esiste.    

 

Piuttosto che questo, mi sembra molto più aderente la visione secondo la quale la realtà è mostrata in modo panteistico. Che cosa possiamo osservare con occhi umani, semplicemente umani, guardando la natura? 

Vediamo che essa procede quasi per tentativi. In questo momento siamo semplicemente dei materialisti che guardano come la vita procede sulla Terra, come procede l'evoluzione biologica. 

Il biologo vi dirà, osservando quello che ognuno di voi può osservare se ne ha voglia e pazienza, che l'evoluzione procede per tentativi. 

 

Ad esempio: se ponete un seme in un terreno dove ci sia anche della roccia, voi potete osservare che le radici, avanzando per tentativi, si dirigono in una direzione, trovano la roccia e deviano. Questo starebbe a dimostrare che la natura non segue un disegno che le eviti di dover fare dei tentativi; non c'è piano, cioè, grazie al quale la radice vada diretta dove non ci sono rocce; ma anzi essa va quasi alla cieca e, quando si trova di fronte a un ostacolo, devia per cercare la strada giusta.       

 

Questo piccolo esempio ci conferma, in qualche modo, che una visione più giusta, rispetto a quanto si diceva prima, è quella panteistica, cioè di un "qualche cosa" che comprende tutto quanto esiste nel mondo nel senso più lato, appunto anche il piano fisico, e non considera il piano fisico come un accessorio, come qualcosa che si può prendere o non prendere, ma come facente parte di un tutto e anzi indispensabile alla completezza del tutto.      

 

Quando pensiamo ad un'esperienza che dovremo fare il giorno successivo, noi possiamo anche immaginarla nei minimi particolari, e possiamo pensare  di non avere alcuna paura, di essere forti e di agire nel modo migliore; ma fino a quando non la facciamo realmente, quell'esperienza, noi non sapremo mai come la faremo, non la vivremo mai.

Se così, non fosse, allora avrebbero veramente ragione quelli che affermano che la vita sulla Terra ha un'alternativa non materiale, non sulla Terra. Ma siccome questo proprio non è, il fatto che finchè non viviamo fisicamente un'esperienza non l'acquisiamo, ci dimostra che il piano fisico è qualcosa di essenziale, di assolutamente necessario e insostituibile.  

 

Ora, è possibile raggiungere la comprensione attraverso la mente, con il ragionamento, o si deve fare necessariamente l'esperienza diretta? Si, è possibile, talvolta, capire con la mente; altre volte non è possibile. Per alcune cose c'è questa possibilità di scegliere, per altre non c'è.   

 

Quando è che c'è questa possibilità di non fare l'esperienza diretta? Quando si fa dell'introspezione, si cerca di analizzare e capire se stessi, i propri moti interiori, le proprie intime intenzioni. Quando si fa questo tipo di ragionamento introspettivo con una certa costanza, allora si ha la possibilità di capire attraverso la mente. Ma colui che non riflette  su ciò che fa, non potrà mai evitare l'esperienza diretta, che è sempre dolorosa.

 

 

L'evoluzione è per forza di cose dolorosa?

 

Non sempre la via dello spirito è dolorosa, e non sempre solo chi soffre cammina avanti, e non sempre camminare nella

giusta direzione vuol dire soffrire.  

 

Molte volte, quando io soffrivo durante la mia ultima incarnazione, maledicevo la vita, e cose simili; poi, quando l'ho potuta riesaminare dopo il trapasso, ho visto che i momenti più produttivi, che più mi avevano dato spiritualmente è quindi mi erano più cari, erano proprio quelli in cui ero stato sottoposto a una prova, insomma avevo sofferto e avevo durato fatica.    

 

Allora, credete a me da questo punto di vista, non maledite la sofferenza o la fatica che avete avuto o che ancora potete avere; ricordatevi che questa vi raffina, vi dà quella sensibilità che vi è molto necessaria e che non si perde più, è un bene acquisito dello spirito che niente può più, cancellare. 

Pensate anche di vedere il vostro avvenire con più serenità, stando insieme alle persone che vi sono vicine con affetto e senza farvi dei torti. 

 

Naturalmente l'uomo è quello che è, spesso è un essere molto egoista che pensa al suo benessere, al suo tornaconto, e quindi nelle relazioni di vicinanza gli uomini vicendevolmente si disilludono: se però tenete presente che dall'uomo non si può pretendere l'abnegazione di un santo, troverete anche la giusta misura per accettare i propri simili anche quando vi fanno qualche torto.

 

 

Sull'uomo moderno e sull'uomo antico, così diversi nell'esperienza e nella lunghezza della vita.

 

Intanto bisogna dire che l'uomo attuale non è altro che l'uomo antico, diciamo, reincarnato. Non si può fare nessun paragone, ma anzitutto tener conto del fatto che l'uomo di duemila anni or sono fa parte della stessa individualità in evoluzione della quale fa parte l'uomo di oggi. 

Certo, la vita allora era più breve, ma c'è da dire che le esperienze e le sensazioni che venivano da quelle esperienze, erano molto più forti. Di contro, l'individuo era allora molto meno sensibile dell'individuo di oggi. E tutto questo gioco di esperienze e sensazioni forti e meno forti, di sensibilità maggiori e minori, fa parte del gioco dell'evoluzione.       

 

Per meglio vederlo, pensiamo alla stessa individualità la quale ha un'incarnazione, per esempio, all'epoca del Cristo, circa duemila anni fa, e poi via via tutte le varie incarnazioni fino ad una di oggi. Vediamola come se fosse un unico filo, come se fosse una sola personalità svolta in ordine cronologico. Le specie di esperienze che quell'essere aveva allora erano totalmente diverse da quelle di oggi, però erano tanto utili quanto quelle di oggi. 

Ciascuna incarnazione, se vissuta intensamente, reca sempre evoluzione, è sempre quello che occorre a quell'essere per la sua evoluzione.      

 

La parabola evangelica dei talenti nascosti per paura di perderli ci insegna questo: l'uomo deve vivere.

E' difficile constatare che dall'inizio dei tempi ad oggi c'è veramente stata una continua evoluzione nella condotta e nella coscienza degli uomini. Anzi, giudicando da questo mondo, si può parlare di regresso.

 

Guardando le cose della Terra potrebbe sembrare, certo, che non vi sia stata alcuna evoluzione negli uomini. I paragoni con grandi civiltà del passato sembrano, e forse sono, sfavorevoli agli uomini di oggi.

 

Ma bisogna tener presente che varie "razze" si susseguono ciclicamente sulla Terra. Non è che tutti gli uomini che erano all'inizio delle incarnazioni umane sulla Terra siano gli stessi di oggi; non è che quanti cominciarono la loro evoluzione in forma umana all'inizio della Manifestazione siano  progrediti fino ad oggi, e voi siate sostanzialmente quegli stessi di allora: in tal caso il dubbio sull'evoluzione sarebbe legittimo, guardandosi intorno. 

 

Ma bisogna tener presente, appunto, i susseguirsi ciclici di diverse "razze": per cui quando una "razza" ha raggiunto la sua massima evoluzione lascia la Terra; e prima che questo avvenga, già alla metà del suo cielo se ne incarna una nuova che comincia la sua evoluzione; non solo, ma quando la prima - "razza" ha terminato la sua evoluzione, dal punto in cui non si incarna più comincia ad incarnarsi un'altra "razza" ancora, per cui c'è un ulteriore abbassamento del livello generale.  

 

Guardando la Terra, allora, si può dire che essa sia una specie di ambiente che serve all' evoluzione, così come una scuola serve a dare istruzione. Se uno guarda dall'esterno la scuola, senza rendersi conto di quali sono gli individui che la frequentano, dirà: "Ma questi uomini non imparano mai, sono sempre a scuola!". E così, guardando dall'esterno, si può dire: "Ma questi uomini non evolvono mai!".    

 

Il fatto è che non sono gli stessi uomini, come non sono sempre gli stessi gli alunni che frequentano la stessa scuola. L'evoluzione non si vede per questa ragione, e non è soggetta a statistica. Si vedono, di tanto in tanto, dei grandi spiriti, e sono quelli che hanno iniziato la loro evoluzione diverse migliaia dl anni fa; e poi si vedono uomini di media evoluzione; e poi si vedono uomini allo stato primitivo, non  come civilizzazione ma dal punto di vista spirituale, la cui evoluzione è iniziata: da poco.      

 

La Terra è un miscuglio di tutte queste razze e sottorazze che si alternano e si intrecciano, è una specie di palestra dove noi uomini veniamo apposta per evolvere e che, quando abbiamo raggiunto un certo stadio evolutivo, abbandoniamo per proseguire l'evoluzione in altra dimensione.

 

 

 

Se una grande intelligenza è sempre indice di evoluzione. Le grandi conversioni (facciamo il caso di san Francesco) indicano che quell'uomo è alla sua ultima incarnazione?

 

Una acuta intelligenza e inclinazione a studiare i fenomeni della natura, per comprendere le cause che ne sono all'origine, non è indice di evoluzione.

 

L'evoluzione è coscienza raggiunta. E coscienza raggiunta non sempre e necessariamente si unisce ad un corpo  mentale molto ben organizzato, molto attivo e funzionante.            

 

D'altra parte, coscienza raggiunta non sempre si unisce a quel senso mistico di cui noi vi parliamo. Sapete che molte creature hanno solo apparentemente questo senso mistico; in effetti sono

psicopatie o manie, sono forme di eccessiva concentrazione su oggetti mistici, senza che a ciò corrisponda un intimo sentire; e anzi, questa eccessiva concentrazione è invocata e praticata per ottenere ciò che l'egoismo individuale richiede.        

 

Vi sono esistenze di mistici (e non occorre parlare di Francesco d'Assisi, a voi il più noto) che presentano bruschi e completi  cambiamenti, o "conversioni" per chiamarle in qualche modo.            

 

Ora, è possibile che una creatura, pur non avendo dedicato la sua vita terrena intieramente a seguire gli insegnamenti dell'altruismo e a metterli in pratica; ma che abbia, come si usa dire, cambiato vita; è possibile che questa creatura sia alla sua ultima incarnazione? Certo che è possibile. E se è possibile, che ne è degli effetti i quali debbono necessariamente seguire le cause mosse nella prima parte della vita dell'ipotetica creatura che stiamo esaminando?            

Molte volte può accadere che una creatura abbia bisogno dell'esperienza diretta per completare una sua comprensione. Altre volte l'esperienza diretta potrebbe essere evitata, ma essa rappresenta la via più breve per dare comprensione alla creatura; la quale egualmente avrebbe compreso attraverso altre vie, ma in un tempo umano più lungo.      

Ecco allora che si hanno quei casi, chiamiamoli ancora così, di conversione, di mutamento di vita; ed è quando la creatura rimane come folgorata, all'improvviso muta completamente le sue abitudini, le sue idee e abbraccia una vita, se non mistica, comunque tutta dedita all'altruismo. In questi casi le esperienze dirette avute prima della "conversione" sono accadute proprio per completare la coscienza individuale, per completarla a tal punto da farla trasformate in "coscienza universale".         

 

Non sempre, insomma, l'ultima incarnazione prima che la ruota delle nascite e delle morti venga abbandonata è dedicata intieramente all'altruismo; questa dedizione può anche nascere ad un dato tempo della vita.            

E delle cause che l'individuo può aver mosso prima del mutamento - voi domanderete ancora - che accade?

Gli effetti ricadono quando l'individuo è pronto alla comprensione; e l'individuo, nel caso che stiamo ipotizzando, è tanto pronto alla comprensione che addirittura comprende e completa la sua coscienza individuale.

 

E allora che ne è di quella parte del karma che rimane (di quella parte esteriore, in quanto l'interiore è già svuotata del suo significato: la comprensione), di quella somma non dico di dolore ma di sopportazione, di subire?    

Essa è abbracciata nella piena consapevolezza e, possiamo dire, finalmente nella piena coscienza che ciò deve essere consumato. E non è più un subire nel senso che voi umani intendete, ma è un ubbidire gioioso, consapevole, cosciente.

 

In linea di principio, quindi, si può dire che i mistici dalle improvvise e "conversioni" (e non sto, ancora, parlando di Francesco d'Assisi) fossero alla loro ultima incarnazione umana, necessaria a completare la coscienza individuale tanto da trasformarla in coscienza universale.

 

Poi, oltre, queste trasformazioni non sono più valutabili con la misura del tempo umano; nè del resto lo erano prima, se non sommariamente; voi dovete sapere che non è possibile misurare con il tempo l'evoluzione di un individuo. Oltre, dopo, non lo possiamo indicare neppure genericamente , perchè la ruota delle nascite e delle morti nel tempo umano è finalmente e per sempre abbandonata.      

 

Tornando ora all'inizio: una grande mente, una grande intelligenza, può appartenere ad un individuo evoluto quando a costui corrisponde una grande coscienza: altrimenti è solo un veicolo bene organizzato e funzionante che appartiene ad un individuo ancora avviluppato, ancora chiuso nei suoi gusci.

 

 

Se il genio sia necessariamente un essere evoluto.

 

Un genio, o perlomeno uno che ha una grandissima intelligenza anche in campo scientifico o in altre discipline, non è necessariamente un essere evoluto.

 

La sensibilità dell'artista è qualcosa che ha un suo valore ed un suo significato anche nella scala evolutiva; ma parlando di intelligenza, che uno sia intelligente non significa che sia evoluto, non lo significa affatto. Vi sono persone dall'intelligenza acutissima, e poi, se vai ad osservarle nell'intimo del loro essere, sono completamente aride, prive di ogni sentimento.

 

Vi sono poi delle persone molto molto evolute le quali non occupano affatto posti di preminenza, sono anzi creature estremamente umili che, dal di fuori, si direbbero comuni. 

Perchè questo? Perchè non sempre la persona molto evoluta ha qualcosa da fare, oltre che seguire la sua via di evoluzione, qualcosa da fare che richieda una certa notorietà; e quindi, in quel caso, è mimetizzata nel gregge comune e non appare. 

Se umanamente non ha niente da fare che debba metterla in evidenza, rimane un essere come ce ne sono tanti,  dal di fuori, mentre al di dentro ha una grande coscienza, un sentire molto ampio.             

 

C'è poi il caso dei karma restrittivi: persone che hanno avuto esperienze di vario genere, che hanno seguito nelle loro molteplici incarnazioni varie discipline, e poi si trovano completamente handicappate. Hanno un'intelligenza molto molto grezza, non hanno nessuna abilità manuale o  artistica di qualsiasi genere, sanno parlare a malapena un linguaggio rozzo e primitivo; però si vede che hanno una certa evoluzione dai sentimenti che riescono a dimostrare. 

Ecco, questi sono i karma limitativi. 

Probabilmente queste creature hanno usato male o non hanno approfittato (dico questo in senso molto generale) di certe occasioni, per cui, rinascendo, non hanno più i famosi talenti che avevano, e li debbono ritrovare proprio attraverso la privazione.

 

 

Sul rapporto tra evoluzione e scienza. Il ruolo dell'elettronica e dei nuovi giocattoli.

 

Adesso sono presi come piccole macchine a scopo ludico, quasi per la maggior parte, mentre giochi non sono. Per la divulgazione bisogna tuttavia che abbiano questo aspetto. Se si pensa che il Libro di Thot, quello che è chiamato Tarocco, è giunto fino a voi dalla notte dei tempi solo perchè è stato tramandato come un gioco, si capisce quanto questo sia importante per far presa ed essere divulgato. 

 

E' quindi chiaro che anche questi strumenti affinchè possano sopravvivere, vi siano persone che continuino a studiarli, la gente se ne interessi, eccetera - debbono essere presi come gioco. 

Ma sono delle cose importanti, e molto importanti saranno anche in seguito, proprio perchè consentiranno all'uomo di affrontare, di avere in pugno tante cose senza che il lavoro corrispondente debba essere fatto dalla sua mente.           

La mente dell'uomo è uno strumento meraviglioso che attualmente è usato in minima percentuale. E' anche vero che ha dei limiti. E proprio questi limiti, perlomeno per certe funzioni, saranno superati dai futuri computers.      

 

Si può dire: è veramente pronta l'umanità per avere certe conquiste scientifiche? Io credo di sì: noi sappiamo che niente è errato nel piano divino, e quindi è chiaro che l'umanità è pronta. E' pronta ad avere anche il potenziale distruttivo della  portata e del valore che voi tutti conoscete. E' pronta perchè deve, avendo questa possibilità distruttiva, trovare il senso di responsabilità di non impiegarla mai. Si trova a dover fare i conti con una realtà importantissima: la possibilità di distruggere il mondo. E non è una teoria; l'ha in mano, l'ha di fronte a sè ogni momento; l'uomo deve pensare continuamente a questo. 

E questo dà un senso di responsabilità, è qualcosa che penetra dentro di lui, che può per taluno risolversi in un vivere alla giornata sentendosi votato alla catastrofe generale, ma che in ogni caso diventa motivo di grande riflessione e macerazione. Ecco perchè la conquista scientifica, anche se per certi aspetti può sembrare prematura, è invece caduta proprio nel momento opportuno.

 

 

Sull'attuale predominanza degli anziani nel mondo occidentale. L'umanità invecchia?

 

Questo fatto si spiega, umanamente, col protrarsi della media della vita umana e con la diminuzione delle nascite. Ma perchè tante creature hanno una vita più lunga? Evidentemente, e qualunque cosa se ne dica, perchè l'ambiente attuale è ricco di esperienze, offre molte possibilità di comprendere.      

 

Le generazioni che adesso sono anziane hanno avuto una  trasformazione enorme nel corso di una stessa vita; la loro vita è cambiata moltissimo da quando erano giovani ad adesso;  e quindi hanno avuto la possibilità di fare tante esperienze in rapporto all'enorme cambiamento che c'è stato nella società. Un tempo, tra una generazione e l'altra, la vita non aveva grandi cambiamenti, a livello personale e familiare era pressapoco la stessa da padri a figli. 

Nell'attuale generazione degli anziani, invece, il cambiamento è stato enorme, dalla famiglia patriarcale si è giunti alla famiglia del futuro, diciamo. E questa possibilità di trarre esperienze così ricche e diverse, in una sola vita, non poteva essere sciupata: ecco, quindi, il protrarsi della vita per molti, allo scopo di comprendere e arricchire la loro coscienza individuale. La vita non ha altro scopo che questo.

 

 

Se un giorno la scienza allungherà la vita dell'uomo

 

Tutto rientra nel piano generale di evoluzione degli esseri. Anche la scienza allungherà, e di molto, la vita dell'uomo. Ma questo avverrà quando l'uomo sarà in grado di rinnovare se stesso.    

 

Scopo della morte è proprio quello di rinnovare l'uomo. In fondo, la vera vecchiaia non è quella che si manifesta con la decadenza del corpo fisico, ma è tutta quella serie di cristallizzazioni di pensiero, di abitudini, dalle quali l'uomo non riesce più a distaccarsi, che diventano essenziali e direi vitali per lui.

 

E' questo il vero invecchiamento: la cristallizzazione del pensiero, il rifiuto del nuovo, il non amare i giovani perchè i giovani amano le cose nuove, e via dicendo.         

 

Quando l'uomo sarà riuscito a rimanere giovane nello spirito, quando riuscirà a rinnovarsi ogni giorno; allora, automaticamente, invecchierà meno anche fisicamente. E allora la scienza donerà questa possibilità di protrarre la vita del corpo fisico, perchè allora la vita potrà essere, anche nell'età avanzata, fonte egualmente di esperienze. Attualmente, invece, nella vecchiaia l'uomo si cristallizza e la sua esperienza può essere solo l'esperienza di una cristallizzazione.

 

 

Se tutto è già un eterno presente, se ti disegno generale è già tracciato, qual è il senso e il significato dell'evoluzione?

 

E' molto difficile rispondere in termini più comprensibili di quelli usati dai nostri grandi maestri. Chiaramente, però, questo "esserci già" di qualcosa è semplicemente in funzione diretta del fatto che l'essere, il microcosmo, l'individuo, lo sperimenta e lo sente. 

Questo "esserci già" non è come un qualcosa che già c'è lassù e che poi l'uomo lo sente in quanto già c'è. Direi piuttosto il contrario: esiste nell'eterno presente proprio perchè l'individuo lo sente.

 

Voi pensate sempre in termini di  successione, di divenire temporale, e quindi non potete comprendere come una cosa, che per voi ancora deve venire, sia già, ed esistete già voi che la sentite, esiste già il vostro sentire, esiste da sempre e per sempre: il fatto di sentire in successione è veramente l'unico modo di farla esistere.        

 

Qualcuno pensa che tutta la storia esista già nell'eterno presente e che il microcosmo, l'essere, la legge progressivamente.

No, non si tratta di una lettura, tale che, se anche non vi fosse nessuno a leggerla, esisterebbe ugualmente. La storia esiste perchè è vissuta; non letta, ma vissuta. La difficoltà sta nel pensare che ciò che è trascorso non ci sia più, e ciò che dovrà avvenire non esista ancora; mentre esiste tutto, ed esiste perchè proprio tu lo fai esistere.        

 

Non guardare che a te sembra di vivere solo questo momento: ma tu già vivi nel futuro e ancora vivi nel passato. Quindi non è solo la lettura di una cosa che è lì e che qualcuno legge, ma è lì perchè qualcuno la vive. 

 

Per esempio, i Roberto dalla nascita fino alla vecchiaia ci sono già tutti lì; è solo per la tua illusione che sembra che scorrano, che si rivelino e trascorrano; è solo un'illusione che ti dà questo, che è nella natura stessa del sentire; ma se togli la successione, come "sente" l'individualità? Sente tutto insieme. E tutto è lì. Ci sono già i Roberto che vivono quello che per te ora è il futuro.

Non esiste il divenire, se non apparente. E' tutto essere.

 

Come spiegare un sentire limitato? Se da un oceano indifferenziato si deve costruire una entità chiusa, tu la devi circoscrivere, la devi dividere, ed ecco che sembra - ma non è in realtà - qualcosa che finisce, che viene da e va verso,~ ma è semplicemente un'illusione perchè, in effetti, non trascorre niente.    

 

Ho iniziato dicendo che è molto difficile riuscire a rendere bene questo concetto: comunque, tenete presente che non esiste un eterno presente là e l'uomo o il microcosmo o l'individuo che qua lo legge; ma noi lo componiamo, e lo componiamo ora. Ma se lo componiamo ora, come fa ad esserci nell'eterno presente? Perchè questo fatto illusorio dello scorrere, della successione, è l'unico modo possibile a far esistere il sentire.

 

 

Il significato del "sentire" di cui parlano i maestri.

 

Non c'è vita che non esprima qualche cosa e non riceva delle sensazioni. Se domandate ai biologi qual'è, alla radice della vita, il quid che la qualifica rispetto, per esempio, ad un meccanismo creato dall'uomo, a un robot, vi diranno che è la sensazione e l'espressione. Non c'è forma di vita che non abbia delle sensazioni. Se non vi fosse stata la sensazione, non sarebbe stata possibile l'evoluzione biologica.

 

Questa è la vita che caratterizza l'evoluzione nei regni naturali. Poi c'è la vita umana, caratterizzata da quella che è la sfera psicologica, che comprende i ragionamenti propri dell'uomo, che in forma così complessa, così astratta e così sublime non si ritrovano nella vita naturale degli animali, per esempio, pur esistendo in quel regno naturale il raziocinio in forma elementare.      

 

La vita dell'essere, che procede dai minerali ai vegetali, agli animali, e poi all'uomo, è con l'uomo che finisce? L'uomo esprime veramente il massimo, col suo meraviglioso ragionare e pensare, oppure c'è qualcosa che vince, che va ancora più in là, che è ancora più rarefatto, più sublime?      

Dicevano gli esoteristi che vince la forza nell'uomo, ma l'intelligenza vince la forza. Ma c'è ancora qualcosa che vince l'intelligenza, ed è il "sentire", che è più del sentimento.

 

Per quanto rarefatto possa essere, per quanto complesso possa manifestarsi, il pensiero è ancora qualcosa che non esprime la grandezza dell'essere, che non lo esprime tutto. Il sentire, invece, è ciò che esprime l'essere più evoluto.

Che cos'è questo sentire? E' difficile a dirsi, a definirsi. Come potreste spiegare voi ad un animale, per esempio, cos'è il pensiero di un matematico? Allora, si possono dare delle indicazioni, confidando che voi abbiate esperienze tali da permettervi, ricordandole, di agganciarvi a quanto vi dico.

 

Avete mai provato un senso di trasporto - voi lo chiamate amore - non solo verso il vostro compagno, ma anche verso amici, un senso di trasporto tale che avete dimenticato voi stessi?, in cui, pur soffrendo nel concedere qualcosa, c'era in voi piacere perchè facevate la felicità della persona amata? Avete mai provato ad essere in mezzo alla natura e sentirvi come espandere, come se quel mondo circostante facesse parte di voi stessi?

 

Avete mai provato, guardando un cielo stellato, un senso di elevazione, un desiderio di raggiungere spazi infiniti e non sentirsi perduti nel lasciare la terra?, qualcosa che è tutto dentro e non può essere comunicato, che è così intimo e nel  contempo così dirompente, nei confronti di tutto quanto ci circonda, da non poter essere contenuto? Se avete provato qualcosa di questo genere, ebbene voi avete provato qualcosa di quel "sentire" del quale parlando i nostri maestri, diciamo la presentazione, la prefigurazione del sentire di coscienza che rappresenta, rispetto al pensiero, una ulteriore e più elevata espressione dell'essere.

 

Questo sentire di coscienza è ciò che raggiungerà ogni essere, attraverso molteplici incarnazioni, e che lo condurrà veramente ad amare i suoi simili, e non solo i suoi simili, ma tutti gli esseri, tutte le forme di vita.

 

 

Sul rapporto tra percezione e coscienza.

 

La percezione è una forma di consapevolezza molto limitata e che soprattutto è basata, per abitudine, sulle informazioni che giungono dai sensi del corpo fisico. 

Questo però non significa che, se non vi fossero i sensi del corpo fisico, l'uomo non avrebbe consapevolezza. Anzi, la consapevolezza trarrebbe la modificazione dei suoi stati, di volta in volta, non più attraverso i sensi del corpo fisico ma attraverso altri sensi, e più ancora, fino a trarla proprio dal sentire di coscienza.

 

I maestri dicono che, finita la trasmigrazione nei mondi della percezione, l'essere non finisce la sua autoconsapevolezza, ma questa si identifica con il sentire di coscienza diventando estremamente più ampia.

 

C'è questo sdoppiamento, fra il sentire di coscienza e la percezione, che riguarda proprio i sentire di ampiezza ridotta. Ecco perchè la percezione è individualizzata: perchè non copre tutta la vastità di quel sentire di coscienza, seppure limitato.  

 

Se la percezione si potesse vederla nella sua possibilità reale, al di là di ciò che si realizza nell' essere attraverso i sensi del corpo, già vedremmo una percezione molto ampliata. Se si aprissero tutti gli altri sensi, quelli del corpo astrale e quelli del corpo mentale, la percezione e quindi la consapevolezza dell'individuo diventerebbe molto, molto più ampia; e più ampia ancora diventerebbe se potesse abbracciare il sentire di coscienza nella sua interezza; il quale, pur limitato rispetto a quello che sarà in futuro, è molto più ampio di quanto possa dare la percezione vera e propria.

 

Allora, è possibile allargare questa percezione in modo che abbracci il sentire di coscienza quale è nella sua pienezza allo stato attuale? Ecco, questa possibilità c'è, e dirò che per taluno questo avviene automaticamente in alcune circostanze. 

 

Per esempio, quando l'essere è libero da travagli interiori, dopo una grande tempesta, una grande crisi, per reazione subentra uno stato tranquillo; e in questo stato tranquillo è facile che spontaneamente la consapevolezza si ampli, che l'essere possa vedere in maniera autoconsapevole della fase di sentire di coscienza più ampio.

 

Bisogna capire il meccanismo della percezione per comprendere come avviene che, nell'uomo, non vi è la piena consapevolezza del suo sentire di coscienza. Proprio questo meccanismo fa sì che la percezione, ossia l'autoconsapevolezza dell'uomo, poggi sui sensi del corpo fisico. 

Ecco perchè, per abitudine, egli diventa consapevole solo delle notizie, delle segnalazioni che gli vengono attraverso i sensi del corpo fisico. 

 

E' la via immediata, e che preclude la strada agli altri stati di coscienza. Però vi sono questi altri stati di coscienza. Se guardiamo un uomo e vediamo che ha un suo stato di coscienza x, mentre la percezione lo rende edotto solo di una decima parte di questo sentire, non dobbiamo pensare che la parte rimanente sia perduta: essa è semplicemente inconscia alla sua mente.       

 

Ricordatevi sempre che la consapevolezza dell'uomo scende là dove i veicoli sono più densi, là dove sono aperti i sensi dei veicoli più densi. 

Vi è questa trasposizione, per cui la consapevolezza dell'uomo esclude, non abbraccia tutto il sentire di coscienza dell'essere che quell'uomo è. Ma quel sentire c'è. Vi è come uno sdoppiamento - ripeto - fra consapevolezza dell'uomo e sentire dell'essere, coscienza dell'individuo.

 

 

Se la realtà è sentire, quale comunicazione c'è tra gli uomini.

 

La comunicazione tra coloro che vivono nel mondo della percezione, escludendo il sentire, avviene solo nell'apparenza, su ciò che appare. Gli stessi mezzi di comunicazione, come la parola e la scrittura, si fondano sull'apparenza e non sulla realtà.          

 

La vera comunicazione è nel mondo del sentire, dove vi è la fusione, l'identificazione del sentire. Naturalmente due creature possono essere nel mondo della percezione ed avere un sentire così sviluppato da avere una sorta di comunicazione molto più stretta di quanto possano averne altri, che non hanno invece questo sentire interiore. 

Il sentire, dunque, esiste anche nel mondo della percezione; però la comunicazione per eccellenza, quella vera, è l'identificazione, la comunione del sentire degli esseri: è quella che li porta a una fusione totale.

 

 

La divina sostanza indiversificata

 

Tutto il mondo della percezione non esiste.            

Se voi usciste dai vostri sensi fisici, potreste vedere la parte di sostanza divina, che voi ora vedete come mondo fisico, come una cosa del tutto diversa. Voi vedreste sostanza indiversificata. E solo in funzione dei sensi del corpo fisico che appare questo mondo. Siccome gli uomini hanno tutti gli stessi sensi, allora si sono messi d'accordo nel dire: "Il mondo è fatto così", e credono che questo mondo sia oggettivo. Ma l'oggettività risulta solo dal fatto che tutti gli uomini vedono attraverso sensi analoghi e quindi vedono un'illusione analoga. Ma al di fuori dei sensi del corpo fisico non esiste che sostanza divina indiversificata.

 

Lo stesso vale per il piano astrale e per il corpo astrale: attraverso i sensi del corpo astrale l'individuo crea il mondo astrale, lo crea proprio nella sua percezione. Ma se i sensi fossero diversi, la realtà che egli coglierebbe sarebbe completamente diversa.      

 

E se si andasse al di là dei sensi, se fosse possibile vedere questa sostanza, che attraverso i sensi fisici diventa mondo fisico, attraverso i sensi astrali diventa mondo astrale, attraverso i sensi mentali diventa mondo mentale; se si potesse vedere che cos'è in  se stessa questa sostanza, vedremmo che essa, sostanza divina indiversificata, è Spirito indiversificato.

 

Non è vero, però, che il vedere la realtà sia solo un sognarla ognuno per conto suo, in maniera totalmente diversa e solitaria. 

La realtà non è del tipo solipsistico, che ognuno la veda in modo suo particolare: no, c'è questo comun denominatore  che sono i sensi del corpo fisico, per quanto riguarda il mondo fisico, e qualunque altro mezzo di indagine che in un certo  senso ampli la portata dei sensi fisici. 

 

Un microscopio, per esempio, non è che un estendere la possibilità del senso della vista dell'uomo, che non fa vedere cose diverse, che esistono oltre il senso della vista; ed anche se si creasse un altro strumento o sensore che cogliesse qualche altra cosa, la coglierebbe non perchè la cosa esiste in sè, ma la cosa esiste perchè e in quanto il sensore ha certe limitazioni, cioè delimita la sostanza divina indiversificata e delimitandola la fa esistere e apparire in un certo modo.      

 

Qualunque senso, qualunque sensore che tenda a vedere la realtà come è fatta, delimita la cosa che sta indagando, non la vede nella sua ampiezza, ne vede solo una parte, e nel momento in cui ne vede solo una parte la fa essere in un determinato modo. 

Allora, se poni diversi sensori che hanno la stessa limitazione, da diverse parti  tu vedi la stessa cosa e allora dici: "Siccome ho diverse fonti di informazione, diverse fonti di percezione, e tutte mi dicono che la materia è fatta così, oggettivamente, questo significa che la materia è fatta così". Ma non è vero, perchè tu vedi solo una parte. 

 

L'osservazione è viziata in partenza, perchè il gruppo di persone vede solo limitatamente. E nel momento io cui vedono limitatamente questa cosa immensa che è la sostanza divina che tutto contiene, essa assume un determinato aspetto, una determinata realtà che è proprio in funzione delle limitazioni che i sensi hanno nella percezione. Ecco in che senso la percezione, necessariamente limitata, "crea".    

 

Io osservo un oggetto con certi sensi e dico: "E' così".

Poi, con un qualunque sistema, amplio i miei sensi e vedo che questo oggetto è del tutto diverso. Basta vedere questo oggetto non nel suo complesso, ma raggiungendo la possibilità, di vederlo nella sua composizione ultratomica, e la prospettiva cambia radicalmente, immensamente. L'oggetto non solo è del tutto diverso, ma addirittura sparisce. Se poi vado ancora più avanti, fino a vedere la materia nella costituzione astrale, sparisce assolutamente la forma fisica. E così avanti, nella materia mentale. E via e via. 

 

Allora, che cosa succede? Di tutti questi aspetti, quale è quello reale? O tutti o nessuno. Non ce n'è uno più reale dell'altro. Semmai, se vogliamo andare a cogliere qual è l'aspetto reale, quello totale, vediamolo (se si potesse vedere, mentre invece si tratta di "sentire") in una percezione senza limiti. 

E allora, nella percezione senza limiti, ecco la sostanza, quella che costituisce Dio, che costituisce l'essere: la sostanza divina, la quale nella cognizione totale è indiversificata, non ha nè forma nè colore, non ha niente. E' tutto ed è nulla in particolare .

 

Sulle tre grandi ère evolutive: del Padre o della potenza, del figlio o dell'amore, dello Spirito santo o della sapienza. Perchè l'era del Padre è detta della potenza?

 

La tradizione esoterica, e i Rosa-Croce in particolare, polarizzarono l'attenzione su queste tre ère, introdussero nell'esoterismo appunto questa distinzione - che, come tutte le distinzioni, è sempre un po' convenzionale. Perchè l'èra della potenza? Perchè l'ideale, diciamo, degli uomini di quel periodo è quello dell'affermazione di se stessi, del predominio, appunto della potenza.         

 

Ciò può sembrare, alla luce dell'insegnamento dei maestri sull'espansione dell'io, qualcosa che non dovrebbe essere. Ma bisogna riportarci a quei tempi e riconoscere che  l'uomo che sente il desiderio di affermarsi, che non si abbandona all'inerzia, rappresenta qualcosa che si eleva dal grigiore comune, dal comune basso livello di evoluzione. 

E quindi, se dal punto di vista dell'insegnamento dei maestri l'èra della  potenza, oggi, potrebbe far pensare unicamente all'espansione dell'io, perciò ad un aspetto negativo del problema, riportata e vista all'epoca degli individui rappresenta invece qualcosa che li elevava e, se di merito vogliamo parlare, indicava un merito, in quanto affermazione di se stessi al di sopra del grigiore, dell'indifferenza, della tepidezza, dell'abulia, della brutalità intesa in senso animale, dell'uomo che non desidera per niente superare se stesso e vive unicamente di istinti, alla giornata.        

 

Ripeto, rapportata a quel livello di evoluzione questa volontà di potenza può anche essere un ideale di vita. Mentre poi, nella successiva epoca del Figlio, ossia nell'epoca dell'amore, diventa un ideale superato; ossia, quello che nell'epoca del Padre è un ideale di vita da raggiungere, nell'epoca del Figlio diventa un ideale superato dall'evoluzione.       

 

Avrete notato come certi modi d'essere si trovino all'inizio dell'evoluzione e si ritrovino poi anche più avanti, tali che visti dall'esterno potrebbero sembrare identici, e si potrebbero quasi confondere, mentre hanno un movimento interiore assai diverso. Per esempio, appunto questo vivere alla giornata, senza interessarsi di niente, questo stato di tepidezza, di abulia, può essere dell'uomo poco evoluto - che addirittura ancora non sente l'io nella forma più sottile e sublimata, che è quella dell'ambizione, dell'espansione vera e propria dell'io; che conosce solo l'egoismo bruto che cerca solo di soddisfare il suo bisogno, ma non arriva ancora a pianificare, come poi farà l'io quando è nella sua forma più sublime.  

 

Ecco, questa abulia è proprio dell'evoluzione ai primordi. E poi si ritrova, vista così dal di fuori, anche nell'individuo evoluto; il quale vive, è così ("basta a ciascun giorno il suo affanno", dice l'evangelo) proprio perchè ha superato l'io con i suoi sottilissimi processi di ambizione, di espansione, ha superato il non-io; e ritorna, esteriormente, quasi allo stesso modo di essere, di comportarsi, dell'uomo inevoluto. Ma questo, chiaramente, solo nell'apparenza esteriore.

 

Vi chiederete, ora, come si fa a distinguere se questa abulia appartiene ad un individuo evoluto oppure ad uno inevoluto. Non ha nessunissima importanza, e da qui il famoso "non giudicare". Perchè quello che si può vedere al di fuori può apparire in un modo, mentre la motivazione interiore può essere del tutto diversa. Quindi, non dobbiamo interessarci dell'evoluzione degli altri perchè sono cose che non ci riguardano, che riguardano esclusivamente loro. Il discorso è invece diverso per quanto riguarda se stessi, e rientra nel discorso del conoscere se stessi, non certo per riuscire a capire quale è il proprio grado di evoluzione (questo mai, è vero?), ma proprio per il fattore liberatorio che la conoscenza di se stessi conduce alfine con sè.

 

Continua