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La politica - Le religioni - la scienza - Le scuole iniziatiche e le organizzazioni filosofiche -

Le organizzazioni filantropiche - la verità non ha bisogno di crociati - Rimanete soli e semplici (Tappe dell'evoluzione di un individuo)-

 

4. Le organizzazioni ai fini dell'evoluzione spirituale

 

 

La politica

 

Difficilmente in uno stesso paese e quasi nel medesimo tempo, sono nati tanti uomini, poi divenuti illustri, come nell'antica Grecia. Terra meravigliosa che ha dato i suoi natali ad uomini che si sono espressi incisivamente in ogni campo del pensiero umano. Di che cosa non è stata culla l'antica Grecia? Si dice perfino della politica. Cosa c'è? Perché storcete il naso? Preferireste che io non parlassi di politica? Oppure non la ritenete tanto degna d'aver avuto i suoi natali nell'antica Grecia? Eppure la si dice figlia di Platone e di Aristotele, perché di questi due grandi sono le prime opere scritte che di politica trattino. Ma di questa paternità ho i miei dubbi, perché se è vero che la politica è la « scienza del governare », non c'è dubbio che essa abbia origini assai piú antiche. D'altra parte non mi sembra neppure certo che le piú antiche opere scritte, che di politica trattano, siano da attribuirsi a quei due grandi autori che adesso rammentavo.

 

Una cosa è certa: in ogni tempo, fare della politica ha significato usare l'arte dell'inganno. Anche quando la politica fondava i suoi principi sulla morale, in pratica, poi, era tutt'altra cosa. Per convincersene basta guardare le belle prodezze che furono compiute proprio nel periodo in cui il potere politico era, prevalentemente, nelle mani del potere religioso e quindi la politica avrebbe dovuto essere l'espressione della massima moralità. Ma dei resto era giusto che fosse cosí, perché in pratica si trattava di garantire la sopravvivenza fisica a uomini che non erano certo disposti a lasciarsi uccidere pur di non essere costretti ad uccidere, e quindi dannoso sarebbe stato applicare principi morali tanto lontani dalla comune portata.

 

La bella intelligenza di San Tommaso comprese la necessità dì distinguere il potere politico da quello religioso, proprio per poter giustificare le pessime azioni nonostante la proclamazione dei migliori propositi, e inconsciamente si può dire che inventò il principio di; « quella è un'altra cosa ». Principio meraviglioso! Che è rimasto in auge fino ai vostri tempi. Quante volte un comportamento diverso, in identiche circostanze, per persone diverse, è giustificato dicendo: « Ma quella è un'altra cosa! ». « Video meliora proboque, deteriora sequor » (Vedo il meglio e lo approvo, ma seguo il peggio).

 

Anche il sommo Dante riconobbe la necessità di distinguere il potere politico da quello religioso: ovviamente per ragioni diverse da quelle che avevano mosso San Tommaso. Il successivo passo nella storia non poteva che essere innovatore su due fronti: da una parte Marsilio da Padova ardisce affermare la superiorità

dell'Imperatore sul Papa e dall'altra il buon Machiavelli asserisce che la politica deve correre su binari diversi da quelli della morale: un atto di onestà encomiabile contro il dilagare dell'ipocrisia della Chiesa, che fu massima proprio nel periodo in cui essa deteneva il potere politico. Un atto di onestà encomia­bile, anche se poi, in pratica, si ridusse in un togliere ogni remora alla spregiudicata azione dei politici, e a fare della politica un  faccendare ancor piú privo di scrupoli.

 

Personalmente io trovo aderente la definizione secondo la quale la politica è la « scelta del possibile », ma non solo nella res publica, in ogni campo, anche nella sfera personale. Si spiega cosí perché certi politici si sentano autorizzati e nella legalità quando agiscono spregiudicatamente nella vita privata: applicano la « scienza della politica » nella sfera personale, perciò non deve destare meraviglia che il loro agire sia svincolato dalla morale, Del resto, applicare la propria scienza alla propria vita non è mai stato un reato. Ve la sentireste voi di condannare un chirurgo, per esempio, perché a tavola anziché il coltello usasse il bisturi?

 

Grazie ai suoi sacerdoti, la politica è sempre stata sinonimo di attività ingannevole e furbesca - è vero? - con la quale si cerca di ottenere quello che si vuole e spesso si trasformano in gonzi quelli che, in buona fede, ancora credono alla buona fede altrui.

 

Io non vorrei dare l'impressione di condannare la politica senza possibilità di appello, ma d'altra parte non vorrei apparire pragmatista affermando ch'essa si salva solo per quell'aspetto concreto, per le realizzazioni pratiche, tanto piú che - guarda caso - quell'aspetto potrebbe benissimo chiamarsi « sociologia ». Odo un coro di proteste: indubbiamente non sono un buon politico. Svalorizzare cosí una attività del pensiero dell'uomo, alla quale tutti possono dedicarsi con profitto, purché sappiano parlare senza dire e improvvisare! Mi si obietterà che la politica non è solo questo, c'è anche l'ideologia. t vero, c'è l'ideologia che il politico vuol far salva ad ogni costo, anche quando ormai le azioni sono esattamente all'opposto dell'idea professata. Si illude di salvarla magari applicandola alle sole ricette di culinaria.

 

Mi permettano una domanda, i funamboli del politicare: Quando parlando fate dell'alchimia politica, credete a quello che dite? Perché, se vi credete, io mi taccio; ma se non vi credete, perché parlate? Qual è la vostra intenzione? E' essa degna della dignità di un uomo?

 

Non entrerò certo nel merito di ogni singola ideologia; inutile e noioso sarebbe il farlo; mi limiterò a sottolineare un errore comune a tutte: gli aderenti ad una ideologia politica formano un raggruppamento, un partito.

 

Nei sistemi dittatoriali, chi non condivide l'ideologia di Stato è considerato un pericolo pubblico, un nemico della patria. Nel vostro sistema democratico, chi non riesce a identificare il proprio pensiero in una delle ideologie che animano i partiti, chi giudica le cose non dall'etichetta di chi le ha realizzate, ma semplicemente da quello che esse rappresentano in se stesse, è bollato col grave epiteto di « qualunquista ».

E' il sistema con cui i partiti si difendono; un sistema vecchio come la strategia militare: « difendersi attaccando ». Ebbene, io vi invito - o nemici della patria, o qualunquisti - a rilanciare, ad affermare - dando ampia facoltà di prova ai vostri accusatori - che nessuna delle categorie filosofiche del presente o del passato, nessuna scienza, nessuna religione, nessuna ideologia, nessun partito politico, possono ambiziosamente rivendicare la propria universalità, possono affermare di contenere nel loro sistema la totalità dell'uomo.

 

Una volta, fare della politica significava creare o modificare avvenimenti a vantaggio di uno Stato. Ma, dal XVII secolo in poi, cominciarono ad abbondare i creatori di sistemi. Intanto si divise il mondo in due parti, cosí come si spacca una mela: da una parte i conservatori, dall'altra i radicali; o - per usare un'espressione del Comte - la parte dell'ordine e quella del progresso. E poi si cercò di stabilire qual era la parte che migliorava il mondo, come se non lo fossero entrambe; come se non fosse l'esperienza acquisita, unita alla volontà di rinnovamento, a creare le migliori condizioni per il progresso dei popoli.

 

Sostengo che di volta in volta ciò che è ricusato dall'idealismo o dal materialismo, dall'individualismo o dal collettivismo, dal naturalismo o dall'esistenzialismo, può essere essenziale a creare quelle magiche condizioni nelle quali il progresso dei popoli compie un enorme balzo in avanti.

 

Quella nazione che troppo rigidamente vuole uniformare i propri ordinamenti ad una sola ideologia è votata alla disgregazione e alla catastrofe. Paradossalmente può salvarsi solo per la inefficienza delle sue istituzioni, per la pigrizia della sua burocrazia, per la corruzione, per l'azione dei suoi cittadini che a quel sistema non vogliono uniformarsi. Ma se questo non accade, inevitabilmente succede la catastrofe, perché non si può imprigionare la vita di un uomo, e quindi di un popolo, in un solo sistema, perché nessuno di essi rende giustizia alla intera condizione umana.

Come saggiamente pensò Aristotele, nessun governo, nessuna politica possono ispirarsi ad una sola ideologia. Quando il capitalismo - che già ha salvato dalla letargía feudale -soffoca l'uomo in obbedienza al cieco principio del profitto economico, la salvezza viene dalle idee socialiste; ma quando lo Stato e le sue istituzioni fossilizzano e la troppo diffusa ricchezza produce sperpero, un ritorno al rigore economico del capitalismo si impone Una società armoniosa ed equilibrata non può che fondarsi su una completezza di sistemi, tale da rendere giustizia ad ogni circostanza, in cui vi sia spazio per l'eresia e per l'ortodossia; per la ribellione come per il conformismo.

 

Ogni partito, ogni ideologia, mirano a esaltare e moltiplicare gli stimoli che l'ambiente ha sull'individuo e tengono invece in nessun conto gli impulsi interiori dell'uomo, l'autocontrollo. Ogni partito, ogni ideologia promettono beni materiali, istituzioni sociali, una vita piú facile e piú giusta; ma quale partito, quale ideologia lavora per un uomo intimamente nuovo? Tutti promettono qualche cosa che si fonda sul valore dei sensi, tutti parlano di una diversa organizzazione della società, mentre quella che occorre è una nuova coscienza individuale. Può, questa, venire dalla politica? Se è vero che un solo sistema non sarà mai sufficiente a contenere tutte le occasioni diverse e contraddittorie della vita di un popolo, né due, né cento sistemi potranno mai dare quello che l'individuo, il singolo deve trovare personalmente: la coscienza individuale e quindi la coscienza sociale.

 

La politica può solo indurre i cittadini ad una simile conquista: indurre, non di piú. Intimamente lo sapete, ma fate finta di ignorarlo perché sperate di gettare il peso della vostra stessa rigenerazione sulle spalle di un salvatore, di un dittatore o di un governo: legalità corrotte o corruzione legalizzata. E se il dovere di ogni buon governo, in fatto di politica interna, è quello di indurre i cittadini a migliorarsi, ad arricchirsi interiormente oltre che a creare migliori condizioni di vita, ad impedire ingiustizie e sperequazioni - la politica estera non può essere volta ad ottenere tutto questo soffocando altri popoli ed altre nazioni.

 

Checché ne dica il buon Machiavelli, il futuro della politica corre su binari che riconoscono e rispettano i diritti di ogni uomo e quindi di ogni popolo. Se questo si chiami « moralità », non lo so, né mi interessa il saperlo. So solo che diversamente da cosí non sarebbe giusto agire da nessun punto di vista, neppure dal semplice punto di vista della sopravvivenza dell'umanità. Come è giusto che, in una società giusta, ad ogni individuo vengano riconosciuti gli stessi diritti, indipendentemente dal suo nascere in una famiglia o l'altra, dal suo ricoprire una carica o l'altra, una posizione o l'altra, e ciascuno abbia la possibilità di realizzarsi, assistito dalle istituzioni sociali; cosí non sarebbe giusto, e non è giusto, che esistano popoli e nazioni sottosviluppati o, peggio ancora, che paghino con la loro miseria il benessere di altri.

 

E se vi sono degli uomini in buona fede che credono che questi ideali possano essere raggiunti dalla politica, e vivono dimenticando se stessi, protesi a questi loro ideali, essi sono i veri politici, degni del massimo rispetto e della piú grande ammirazione. Volentieri io bacio la terra da loro calpestata.

 

Ma non posso non rivolgermi a quelli che in buona fede non sono, ai falsi politici, per dire loro: « Voi che avete ricevuto un mandato dalla collettività e di esso vi servite per il vostro tornaconto; voi che usate il potere per fini egoistici, che profumatamente fate pagare quello che gratuitamente avete ricevuto; che caricate di peso gli altri senza portare neppure una piccola parte di quel peso; che facilmente e generosamente promettete - perché è facile promettere quando non ci si fa carico di mantenere -; voi siete in tutto simili a chi opera la magia nera. Voi che favorite chi può favorirvi, che adulate chi può danneggiarvi, che nella propaganda dei giusti principi celate la vostra corruzione, la faziosità, la parzialità; voi siete in tutto simili ai falsi profeti operatori di iniquità.

 

E voi che, nascostamente agli occhi degli uomini, manovrate la violenza nel mondo, non vi illudete di rimanere sconosciuti a Chi sa quanti sono i capelli sul vostro capo e ha contato le cellule del vostro corpo e conosce perfino i vostri pensieri piú riposti! Udendo queste mie parole, voi certo sorriderete. Una cosa è sicura: fra venti, trent'anni, voi come uomini sarete cenere, ma i vostri crimini rimarranno ad accusarvi.

 

E mi rivolgo anche a voi, giovani popoli; simili a voi, giovani militanti politici in buona fede, mandati allo sbaraglio come carne da prima linea per spedizioni punitive; siete sicuri di non essere ingannati da chi vi aizza? Siete certi di seguire, di servire il vostro ideale? Perché, quando si tratta di aiutare il prossimo non è lecito chiedersi nulla, ma si ha il dovere di domandarsi tutto quando lo si può danneggiare.

 

E infine voi, poveri cristi, ai quali è stato carpito il voto con la promessa di far cessare la vostra condizione di subordinazione e di bisogno; che avete dato fiducia e siete stati traditi, non abbiate rancore per chi vi ha ingannato, per chi cerca nella vostra debolezza, nel vostro stato di necessità la propria forza, la propria affermazione. Considerate costoro per quello che sono. In verità vi dico ch'essi sono assai peggiori di chi ruba le cose sacre.

Ma neppure voi siete alieni da responsabilità, perciò non compiangetevi. Perché aspettare la rivoluzione per tendere piú semplice la vostra vita? 0 il razionamento, per liberare il vostro vivere del superfluo? Perché attendere il peggio per ispirare il vostro agire alla solidarietà? 0 altre guerre, per capire che una società, un popolo, una civiltà che si fonda sulla corsa al potere, al guadagno, ad ogni forma di vantaggio materiale, è un tradimento dell'umanità?


 

Questi interrogativi pesano sulle vostre coscienze: ignorarli significa rendere inevitabile il peggio. Chi ha orecchi, intenda.

 

                                                                                                                                                                                                               KEMPIS

 

 

 

Ogni uomo, in cuor suo, auspica l'avvento di un mondo migliore. Perché questa aspirazione non si trasformi in una utopia, è necessario che ognuno si domandi che cosa fa per realizzare questo suo ideale e farlo diventare realtà operante.

 

La risposta che viene data ad un simile interrogativo è essenzialmente elusiva: generalmente si dice, si crede, che rendere migliore il mondo sia compito dei governanti, di chi guidi le sorti dei popoli. Mai come in questo periodo è stato chiaro che ogni popolo ha lo Stato che si merita e che -ognuno è il protagonista della storia che vi attende; ognuno quindi è responsabile della situazione mondiale. 

Se non solo accettate la corruzione che gli scandali rendono di pubblica ragione, ma la interpretate come una sorta di autorizzazione ad essere corrotti; se trovate calzante per la vostra persona una società basata sul valore dei sensi, sul nazionalismo, sulla destra e sulla sinistra; se trovate logica l'esistenza di religioni diverse; se perdete ogni sentimento di umanità e la responsabilità che al massimo riuscite a sentire è verso la parte politica in cui vi riconoscete, è inutile che speriate in un mondo migliore. 

Se scusate e coprite gli errori degli appartenenti al vostro partito, alla vostra consorteria; se giustificate l'esistenza dell'oppressione, del rancore, della crudeltà; se considerate necessaria la tortura e la brutalità; se pensate ai vostri simili in termini di discriminazione, voi non lavorate per un mondo migliore. Anzi, siete responsabili di tutto quello che simili premesse non possono che far ricadere sulla umanità, e vana rimane la vostra speranza.

 

                                                                                                                                                                                                               CLAUDIO

 

 

Vedete, figli, noi non vogliamo recarvi conforto, né dipingere a fosche tinte il vostro avvenire. Vogliamo richiamarvi alle vostre responsabilità, ad una critica costruttiva, non depressiva e fine a se stessa.

 

Gli eventi della storia che state vivendo lavorano nella nostra stessa direzione e vogliono indurvi a meditare, a comprendere che non basta creare organizzazioni che si prefiggono la fratellanza dei popoli, la soluzione pacifica delle controversie fra le nazioni, l'eguaglianza degli uomini, se poi, nei singoli, manca quel prezioso fermento interiore che, in questi termini, fa loro sentire la realtà.

 

Non basta creare istituzioni per difendere i diritti degli oppressi, se poi gli uomini si servono di queste istituzioni per non fare neppure piú i loro doveri elementari. Non basta propagandare principi umanitari se mancano nell'intimo di ognuno; perché se manca nell'intimo di ogni uomo ciò che si vuol raggiungere esteriormente, vana rimane la speranza.

 

Abolite pure il concetto di nazione, i confini, le lingue, le razze, le religioni e tutto quanto possa servire di appiglio per considerare un uomo diverso dall'altro, per originare affermazioni di principio circa la superiorità dell'uno sull'altro; e cento altri appigli si creeranno per dividere, classificare, diversificare. L'appartenenza ad un partito, il grado di istruzione, non sono forse nuovi appigli, nuovi pretesti di suddivisione che vanno a sostituire quelli che faticosamente, in parte, si è riusciti a cancellare?

 

Tuttavia, se il retto comportamento di ognuno non può ridursi ad un fatto esteriore, ma deve fondarsi sull'intimo convincimento che nessuno ha diritto di costruire la propria felicità sul dolore dei propri simili, questo non significa che quando manchi questo intimo convincimento, all'esterno non vi sia nulla che in qualche modo non supplisca, non colmi un tal vuoto interiore. Certo che la mancanza di sentire la realtà in termini altruistici può minare e financo vanificare ciò che le istituzioni filantropiche si propongono; ma sarebbe un errore sostituire ciò che non è perfetto con il vuoto.

 

Noi abbiamo sempre proclamato la nostra avversione ad ogni forma di organizzazione, soprattutto perché gli uomini prendono a pretesto l'organizzazione per non fare piú quello che è loro dovere personale; per scusare - di fronte a se stessi - la loro mancanza di anelito verso i propri simili, la loro mancanza di senso di aiuto ai propri simili, rimandandola, trasferendola alla organizzazione.

 

Le nostre parole hanno un senso nel richiamarvi - come ho detto - alle vostre responsabilità; nel farvi comprendere che la giustizia, l'efficienza, la rettitudine, possono essere realizzate nella società se prima di ogni altro, e prima di ogni altra cosa, voi siete retti, efficienti e giusti; perché a nessun altro, se non a voi stessi, spetta portare questi valori nel mondo; nessun altro, se non voi stessi, può efficacemente farlo.

 

                                                                                                                                                                                                                      DALI

 

 

Le religioni

 

Parlare di religione in un tempo in cui questo termine ha assunto un significato che oserei definire contrario al progresso e all'emancipazione dell'uomo, può sembrare vano, se non addirittura dannoso. Tuttavia, anche restando in una simile severità di giudizio, non si può disconoscere che le religioni hanno costituito un tessuto sociale di grande valore. Naturalmente mi riferisco piú alle religioni che predicano le buone relazioni fra gli uomini, che a quelle che si limitano a cercare un rapporto fra l'uomo e la divinità.

 

Le religioni primitive, per esempio, con una serie di riti e di prescrizioni cercano di instaurare un rapporto fra gli individui e gli Dei; ed anche questo, in una certa misura, costituisce un supporto sociale; ma non cosí importante come quello costituito dalle religioni che fanno dell'amore al prossimo, dell'aiuto reciproco, della solidarietà, un comandamento primario.

 

Ciò non significa che le religioni, in senso assoluto, conoscano una graduatoria d'importanza, che certe siano piú importanti di altre. Ciascuna ha un suo contenuto che è valido per gli individui che la seguono. Ciascuna serve ad impostare in determinato modo le esperienze dei propri fedeli.

 

Se si confrontano le varie religioni, si scoprono grandi punti di contatto, ma anche sensibili differenze di principio. Sul piano personale, ciascuna può piacere piú o meno, ma è certo che ognuna di esse ha un particolare contenuto, ed è quello che imposta in una certa maniera le esperienze dei propri fedeli, esperienze valide per la evoluzione spirituale.

 

Il punto centrale del mio discorso è che se gli uomini pratici, positivi, razionali, vogliono considerare le religioni fra le cose ormai superate, in un tempo in cui tutto deve essere sostenuto dalla logica e giustificato dall'utilità pratica, non c'è dubbio che quella parte di quelle religioni che predica l'amore al prossimo, la solidarietà, lo scambievole aiuto, conserva valore ancora oggi;  è ancora attuale rispetto ad altre parti che si limitano ad affermare principi di fede. 

Per esempio: l'assunzione al cielo della madre di Cristo: un cattolico vi crede, anzi, deve credervi, ma questo non ha un riflesso diretto nella costruzione della società, a meno che il cattolico non imbracci il fucile per difendere la sua fede.

 

Se invece parliamo di principi, a cui ora ho accennato, di solidarietà fra gli uomini, di aiuto reciproco, parliamo di principi che conservano una utilità pratica ancora nella vita d'oggi. Perciò le religioni che quei principi predicano come di primaria importanza, debbono essere rivalutate e, con esse, noi che degli stessi principi vi parliamo. Ma il nostro è forse un dire e ripetere le cose già ripetute da centinaia e centinaia d'anni?

 

L'insieme di principi etici, imposti in nome di una autorità spirituale e con la minaccia di un castigo - cioè senza farne comprendere la ragion d'essere per il singolo e per la collettività - ha determinate tutte le alienazioni di cui è piena la storia. Il « non fornicare » di Mosè, imposto senza comprenderne la ragione ed i limiti, ha determinato le nevrosi sessuali che secondo Freud - sono la causa unica dell'umana crudeltà e ferocia. 

Ma l'uomo ha il dovere di farsi delle domande logiche, anche in una materia irrazionale come quella religiosa, e di chiedersi se veramente tutto il problema religioso, per l'individuo, può risiedere in una scelta individuale. Perché - vedete - finché si tratta di fare o non fare qualcosa, allora la volontà individuale può essere determinante; ma quando si tratta del desiderio - come il non desiderare la roba d'altri, non desiderare la donna d'altri - la volontà può servire solo a non tradurre in pratica il desiderio; ma il desiderio rimane. 

 

Eppure noi affermiamo che l'uomo può superare i propri desideri egoistici. Diversamente da cosí, i grandi destini spirituali a cui è chiamato l'uomo dovrebbero identificarsi in un atteggiamento esteriore, in un altruismo costruito, artefatto, e l'uomo rimanere invece, nel suo intimo, un pozzo di egoismo. 

Ma l'amore al prossimo del Cristo non può essere inteso come un mostrarsi agnelli e rimanere, nell'intimo, lupi feroci.

 

Si è altruisti quando si « sente » in termini di altruismo, non quando ci si comporta come tali. Il comportarsi e non essere crea tutte quelle nevrosi che affliggono il singolo e la società. Ebbene, noi vogliamo aiutarvi ad « essere ». Oggi, specialmente, voi che ci ascoltate e ci accettate, non è piú sufficiente che abbiate un « comportamento » altruistico; è necessario che trasformiate il vostro intimo tanto da « essere » altruisti. 

Le leggi e le imposizioni dall'esterno non servono piú a imbrigliare l'egoismo dell'uomo; perciò è indispensabile che ognuno modifichi se stesso, se non vuole che la società diventi un triste spettacolo di indifferenza, crudeltà, insensibilità. Ma soprattutto è importante che questa trasformazione avvenga in un modo del tutto semplice e non alienante. Allora, se utile è seguire il comandamento che affratella gli uomini, ancora piú utile sarà seguirlo serenamente, nell'armonia interiore, liberi da ogni violenza a se stessi.

 

Lo scopo per il quale veniamo fra voi non è quello di ripetere i fin troppo ripetuti « ideali morali », ma quello di portarvi una parola nuova, semplice, efficace e, soprattutto, che si realizzi per ognuno quello che, per secoli, è stato conquista di pochi.

 

Vogliamo illustrarvi a grandi linee e citando brani di libri sacri, come si ritrovino nelle religioni dei popoli che ebbero una civiltà notevole quelle verità che noi vi abbiamo piú volte insegnato. Queste religioni furono la base di ogni elevato pensiero filosofico-religioso dei grandi Maestri, sul quale poi l'ignoranza dell'uomo ha intessuto fantasiose aggiunte.

 

Riassumiamo questi principi, queste verità che, con lievi differenze, riaffiorano in tutte le religioni:

 

‑ una unica esistenza eterna, infinita, incommensurabile, dalla quale è proceduto tutto il creato;

 

‑ la triplice manifestazione di questa esistenza detta anche Trinità;

 

‑ la legge di causa ed effetto, vigente nel mondo emanato, in conseguenza della prima causa‑effetto della creazione: la volontà creatrice è la causa ‑ l'immediata emanazione dell'universo è l'effetto;

 

‑ la legge di evoluzione;

 

‑ la trasmigrazione delle individualità in piú corpi, intesa come mezzo di evoluzione.

 


Gli Atlantidi ebbero rapporti con molti popoli abitanti di terre limitrofe e lontane. Prima che questa civiltà terminasse il suo ciclo evolutivo non pochi avevano attinto alla saggezza di quella razza. I Turani furono fra questi e su ciò che presero da Atlantide sorse e si fondò la vasta civiltà cinese. Il Ching‑Chang‑Ching, o Classico di purezza, che come ogni testo sacro di remota data è attribuito non concordemente allo stesso autore, conserva brani antichissimi ed autentici rispetto alla sua prima stesura del tempo di Atlantide.

 

Leggiamo alcuni passi per vedere quale idea se ne rispecchia della Divinità:

 

« Il vero Tao non ha forma né corpo, ma produce e sostiene ogni forma ed ogni corpo. Il vero Tao non ha nome, ma conserva e nutre tutti i nomi (ovverossia tutte le cose); passa e passando diventa remoto, e, diventando remoto, ritorna. Il Tao si manifesta come puro e torbido, ed ha moto e riposo. Tao produsse uno, uno produsse due, due produsse tre, tre produsse le cose; tutte le cose si avanzano ad abbracciare la luce dalla quale sono emerse. Il Tao pervade ogni cosa e può essere riconosciuto nelle cose piú piccole come nelle piú grandi ».

 

Per quanto concerne l'evoluzione è detto:

 

« Colui il quale libera l'essere suo dal desiderio egoistico, ottiene l'unione consapevole con l'Uno; colui che ha l'assoluta purezza entra nel vero Tao ».

 

Il concetto di reincarnazione non si trova così chiaramente espresso benché, se non si pensasse che la reincarnazione e la legge di causa ed effetto sono sottintese, nessun nesso logico si troverebbe nei testi sacri di questa religione. Lo troviamo piú chiaramente espresso in una saggia storia dove si domanda ad un moribondo: « Che cosa farà di te ora il Creatore? Sarai topo o insetto? ». Questo per mostrarvi che reincarnazione e karma (karma = legge di causa ed effetto) sono sottintese in tutto l'insegnamento di questa religione, in quanto la condizione della nuova vita viene determinata dopo la morte secondo le esperienze della vita trascorsa.

Molte aggiunte, mutilazioni ed errate interpretazioni contano i testi sacri di questa religione; per esempio sappiamo che, per la legge di evoluzione, chi è giunto all'incarnazione umana non potrà mai reincarnarsi in una forma animale; pure, all'attento studioso ancora oggi si mostrano in modo inequivocabile le basi dell'antica Sapienza.

 

La religione Brahamanica, la piú grande delle Ariane, ha in sé chiaramente espresso il concetto di Dio inteso come unica esistenza eterna; similmente la Trinità (Trimurti). La legge di evoluzione e quella di reincarnazione ne fanno parte integrante e sono espresse ed insegnate exotericamente come in nessun'altra religione. Non v'è bisogno quindi di citare i testi sacri se non per riconoscerne la bellezza e la dovizia morale, né v'è bisogno di mostrare l'identicità dei principi di questa religione con il nostro insegnamento.

 

Leggiamo insieme alcuni brani del Mundaka-Upanishad ed assieme ne converremo:

 

« L'intelletto purificato dalla conoscenza conosce e contempla Brahama. Chi conosce Brahama diviene Brahama ».

 

E a proposito di Brabama, o Altissimo: « Presente ogni dove, grande dimora entro la quale si rilassa tutto ciò che vive; piú sottile di ciò che è sottile; entro il quale sono i mondi con i loro abitatori. Egli è l'imperituro Brahama ».

 

E in altro testo: « Oltre gli universi, Brahama l'eterno, l'indivisibile, l'immutabile, nascosto a tutti gli esseri inversamente alla loro evoluzione, il Signore conoscendo il quale si diviene immortali, l'unico respiro di tutti i mondi, l'eterno giovane, l'anziano degli anziani, l'anima dei mondi, che è chiamato non nato, che è chiamato eterno ».

 

Notando la cristallina chiarezza e veridicità di questi testi viene fatto di pensare che gli appartenenti a questa religione siano fra i piú illuminati ed evoluti. Ma se il popolo non ha compreso questa cristallina bellezza ed ha travisato la verità tanto da trasformarla in superstizione e da divenire fanatico, non dobbiamo meravigliarci. Questo avviene anche in Occidente; anzi, mentre i santoni Indú cercano di illuminare le menti dei fedeli, non altrettanto si può dire di certe altre autorità religiose.

 

La chiara esposizione della Verità non è determinante per l'individuo se non al fine di farlo capire, comprendere ed assimilare, ovverosia « evolvere ».

 

Nella Grecia, terra dove videro la luce saggi uomini, variamente fu espresso il pensiero filosofico‑religioso; ma se diversi furono i modi di esprimersi, non cosí le basi sulle quali ogni grande mente imperniò la sua filosofia.

 

Anche secondo la teologia di Orfeo, tutte le cose hanno origine da un immenso principio divino al quale noi, per nostra ignoranza, diamo un nome considerandolo come una personalità extracosmica. t pure riconosciuta l'esistenza della Trinità intesa come Spirito universale, Anima o Coscienza universale, Mente universale.

 

Gli Orfici credono nella reincarnazione e nella legge di evoluzione in quanto l'uomo, avendo in sé potenzialmente la somma e la sostanza di tutto, attraverso la trasmigrazione mette in atto ciò che ha in potenza.

 

Pitagora insegnava la reincarnazione assieme al moto solare concentrico. Noi vi abbiamo spiegato altre volte la matematica mistica di questo Grande; vi abbiamo svelato cosa Egli intendesse per unità, trialità e via dicendo. E per fare altri nomi, Platone, Ammonio Sacca con i neoplatonici e analogisti. Empedocle insegnava dottrine di trasmigrazione ed evoluzione. Plotino predicava una dottrina identica a quella dei Vedantini, cioè che l'anima, emanata da un unico principio divino, sarà, dopo il pellegrinaggio sulla terra, ricongiunta a questo. Porfirio, oltre che aver raccolto gli scritti del suo maestro Plotino, fu lui stesso autore condividendone la fede e il pensiero.

 

Molti altri ancora potremmo citare, se questi nomi non bastassero.

 

                                                                                                                                                                                                                CLAUDIO

 

 

La religione Buddhista è divisa in molte sette, perché è molto difficile conservare l'essenza delle antiche credenze. Se non esistesse questa difficoltà il Maestro Buddha non sarebbe disceso fra noi. Egli era un Indú e non venne per fondare una nuova religione, ma accettando tutti gli insegnamenti fondamentali del Brahamanesimo lo purificò, scartò ignoranti aggiunte in modo che l'antica sapienza rifulgesse della sua vera luce.

Benché molte siano le sette Buddhiste, tutte però concepiscono Dio come Assoluto. Nella religione Buddhista è ritenuto importante che alle creature, ai discepoli, sia ben insegnato. Infatti Buddha dice:

 

« Quelle creature alle quali sia stata bene insegnata la legge, e da esse sia stata bene assimilata, possono raggiungere l'altra riva dell'esteso mare delle nascite e delle morti, tanto difficile da attraversare ».

 

La Trinità non è insegnata cosí unanimemente, ma questo dipende da una degenerazione e non dall'insegnamento di Buddha. Invece, reincarnazione, evoluzione, legge di causa ed effetto - legge karmica, sono la base fondamentale di tutto il Buddhismo. Per illustrare ciò basterà citare pochi passi di un testo sacro:

 

« Un Brabama è un illuminato che ha posto termine alla ruota delle nascite e delle morti. L'individuo saggio, con l'amore, la virtú, la purezza, si rende immune da ogni attacco. Coloro che serbano rancore contro quelli che serbano rancore, non possono essere puri. Invece colui che non serba rancore placa quelli che odiano, e siccome l'odio porta alle piú grandi miserie del mondo, il saggio, vero dispensiere di ricchezza, non può odiare. Vincere la falsità con la schiettezza ».

 

E' sottinteso che quel « vincere » della citazione non sta per « reprimere », ma per fare cessare d'esistere, avere dominio in te Buddha, come gli altri Maestri, ha portato la Verità e gli uomini l'hanno travisata.

 

Vuoi sapere, fratello caro, chi insegna la Verità? Va' per esclusione; comincia a scartare colui che crede di essere il solo a professarla, perché chi conosce la Realtà sa che essa non ha bisogno né di difensori né di imbonitori.

 

Quando un tuo fratello è pronto a riceverla, puoi anche celare la Verità, ma egli la troverà e la riconoscerà sicuramente.

 

Orn Mani Padme Hum.

 

                                                                                                                                                                                     FRATELLO ORIENTALE

 

 

Volgiamo lo sguardo all'Antico Egitto per trovarvi un'altra Civiltà. Anche dalla non copiosa letteratura sacra di quella civiltà che ci è rimasta, possiamo comprendere il pensiero religioso di quel popolo. Dai documenti di piú remota data sappiamo che gli Egiziani credevano nella Trinità: Rha, Osiride-Iside, Oro. Ricordando l'inno a Rha noi comprendiamo quale idea avevano del Divino:

 

« O Tu, produttore degli esseri, noi adoriamo l'anima che Tu emani: Tu ci generi, o Inconoscibile; Te salutiamo, adorando lo spirito che discende da Te e vive in noi ».

 

Dal frammento del Libro dei morti sappiamo che gli egiziani credevano nella reincarnazione secondo una legge di evoluzione, cioè sino al congiungimento dell'anima umana con il centro del Tutto, attraverso la peregrinazione sulla Terra.

 

Tutto questo è lapalissiano ed è inutile illustrare ciò che di per se stesso è già chiaro.

 

Dallo splendore dell'antico Egitto alla sua decadenza, alle dieci piaghe, attraverso la liberazione dalla schiavitú, fino ai prodromi della nuova civiltà: quella Ebraica. Interessiamoci del pensiero religioso di questo popolo secondo il particolare punto di vista che ci permette questo incontro.

 

Nei libri exoterici, dalle scritture exoteriche della religione ebraica non si trovano chiaramente espresse queste Verità; le troviamo invece nella Kabbala, o libro esoterico, lo studio della quale non è oggi ritenuto vantaggioso. Al contrario, diciamo noi, poiché in essa è insegnata la dottrina dell'Uno, della Trinità.

 

« L'Anziano degli Anziani, l'Anziano dei giorni - è detto - non ha forma, ma ha anche forma: ha forma in quanto l'Universo è sostenuto a mezzo di essa; non ha forma in quanto non può essere contenuto ».

 

Ed infatti ciò che è infinito non ha forma. « In nome dell'Uno che nei cieli generatori prende l'Universo stesso come sua forma », diciamo noi, e continuando:

« ... quando all'inizio dei tempi prese forma (ovverosia iniziò questo ciclo di manifestazione universale) partirono da Lui dieci luci (le tre della Trinità e le sette del Settenario) le quali tutte insieme formano i dieci sephiroth o attributi divini ».

 

Nello Zohar si dice che tutte le anime sono soggette a rivoluzione o metempsicosi:

« Gli uomini non sanno come furono giudicati quando lasciarono il mondo e prima che venissero ».

 

Tutto l'insegnamento esoterico di questa religione si basa su quei princípi insegnati da ogni grande Spirito.

 

Sulle parole dei Maestri gli uomini hanno fondato le loro Chiese, cosí come se su una vera opera d'arte architettonica fosse stato edificato un pessimo barocco. Ma l'attento studioso saprà riconoscere ciò che è buono da ciò che è inutile, dimostrando ancora una volta l'immortalità e l'indistruttibilità del Reale.

 

L'intuizione è una forma di conoscenza che non rivela delle astrazioni, ma una realtà, o, addirittura, la Realtà. L'intuizione è una forma di conoscenza per identificazione.

 

Questo discorso però non deve farvi credere erroneamente che la conoscenza di Dio sia riservata ai soli temperamenti mistici, perché il misticismo - come affermava Hegel - è un atteggiamento irrazionalistico che antepone l'intuizione al procedimento discorsivo. L'intuizione è una forma di conoscenza che è a disposizione di ogni essere.

 

Un altro errore diffuso è quello di credere che l'intuizione avvenga senza alcuna partecipazione del soggetto, mentre è anch'essa un effetto che si produce ogni qualvolta il soggetto consapevolmente o no, piú sovente inconsapevolmente - si pone nelle condizioni atte a riceverla; cioè muove la causa che la provoca.

 

Il primo atto di questo processo si chiama porre attenzione, come per ogni forma di conoscenza. La conoscenza intuitiva che ci rivela « le cose che sono sopra di noi », per usare l'espressione di Plotino, è piú ricorrente nel misticismo che non nei temperamenti razionali, perché il mistico cerca un rapporto diretto ed individuale con la divinità. libero dai condizionamenti della ragione, e in questo modo mette in moto quel processo che si conclude con l'intuizione: nel suo caso, con l'estasi.

 

Il temperamento razionale, invece, raramente si rivolge a Dio in termini di conoscenza, perciò le sue intuizioni riguardano altre realtà; ciò non toglie che anche i temperamenti razionali possano avere delle estasi. E se l'esperienza estatica non è esclusiva del misticismo, allo stesso modo il misticismo non necessariamente è legato alla religiosità. L'uno e l'altro sono atteggiamenti diversi. Il misticismo e la religiosità sono invece confusi, nella comune considerazione, perché tanto nell'uno che nell'altra si cerca un rapporto con la divinità; ma mentre il mistico può non essere legato ad alcuna particolare credenza religiosa, nel religioso v'è un attaccamento al complesso di credenze e di atti di culto che costituiscono una religione. Inoltre, nel religioso, può non esservi alcun vero afflato mistico.

 

Non va tuttavia dimenticato che i fondatori e i riformatori delle grandi religioni erano essenzialmente dei mistici che hanno cercato di tradurre nel linguaggio e nei concetti le loro estasi; e siccome queste sono intraducibili in un simile linguaggio, ne sono risultate delle espressioni incompiute e inadeguate.

 

L'essere come tale non è caratterizzabile: l'Assoluto non è riportabile nel mondo relativo. Su queste espressioni incomplete e inadeguate, gli uomini hanno costruito le loro religioni dimenticando anche, fra l'altro, che chi ha cercato di tradurre in parole la propria, o le proprie, estasi, inevitabilmente lo ha fatto servendosi dei mezzi che la sua cultura gli metteva a disposizione. Ecco perché le dottrine religiose sono traduzioni in parole e perciò in simboli ‑ di un'estasi. t chiaro che una coscienza estatica, estrinsecata anche nel migliore dei modi, perde il suo carattere autentico; e l'autenticità di una siffatta operazione può risiedere solo nel tentativo di comunicare - e perciò di tramandare - la Verità rivestendola di parole e di simboli per chi non sia in grado di comprenderla da sé.

 

Chi si accosta ad una religione, per quanto illuminata possa essere ritenuta, deve tenere presente questa impostazione iniziale, per evitare di confondere il carattere simbolico della tradizione con la Realtà.

 

Le tradizioni religiose sono favole, che consolano, infondono coraggio a chi non ha coscienza di riscattarsi dalla schiavitú del mutabile e del contingente. Con questo non intendo dire che niente di valido e di vero vi sia nelle religioni. Oltre all'utilità, alla quale adesso ho accennato, non c'è dubbio che ciascuna contiene un frammento di Verità, adombrato con differenti formulazioni, perché differenti sono gli ambienti culturali nei quali le religioni si sono sviluppate.

 

Se chi si accosta ad una religione tenesse presente tutto questo, molto probabilmente le religioni cesserebbero di essere causa di incomprensione e di divisione fra gli uomini.

 

Ogni religioso deve tenere presente che la religione non è nata per l'odio fra gli uomini, ma per il loro amore. E deve tenerlo presente per evitare che all'aspetto negativo derivante dal carattere incompleto delle dottrine religiose, si aggiunga il danno di fautori fanatici di esse. 

Certo non intendo parlare degli errori dei religiosi laici ed ecclesiastici, l'atteggiamento dei quali religiosi è essenzialmente di due tipi: nel primo tipo la religione è considerata come qualcosa da tenere presente in una piccola parte della giornata, o addirittura della settimana; il secondo atteggiamento, invece, deriva dal fatto che siccome le dottrine religiose non si interessano dell'aspetto pratico della vita - ed è giusto che sia cosí, perché per questo vi sono particolari scienze e discipline - ciò è interpretato da certi religiosi come se l'uomo fosse chiamato ad odiare il mondo.

 

Vorrei ricordare - particolarmente ai religiosi - che l'uomo non deve amare piú le proprie opinioni della Verità; e, ai non religiosi, che lo scopo della vita non è quello di godere il mondo, ma quello di istruire, educare l'individuo.

 

Se la religione deve avere un posto ed un significato, nel mondo di oggi, deve insegnare l'unione dell'uomo con la natura, con i suoi simili e con l'Unico Essere.

 

Deve far capire che ciò che può unire gli uomini, piú che una comune origine, è una comune mèta. Deve farsi piú intima e piú universale, sbarazzandosi del superfluo e riportandosi alle Verità fondamentali della fede. Deve affermare il primato dello spirito sulle forme esteriori e sulla adesione dogmatica ad una formula. Deve accogliere tutti gli uomini, perché il vero spirito religioso non imprigiona, non divide, ma, anzi, sviluppa un più significativo atteggiamento nei confronti dei propri simili e della vita, che libera dalla schiavitú della dipendenza e dell'ignoranza. Deve cessare di vantare l'esclusività della propria verità.

 

La violenza con cui certe dottrine e certe fazioni religiose si vogliono imporre nella storia costituisce fonte di grandissime calamità. Ma le dispute religiose cesserebbero se gli uomini comprendessero che alla base di tutte le religioni c'è una stessa Verità, come alla radice di tutti gli « esseri » sta una medesima identità. Ed è importante che le dispute religiose cessino, perché ciò starà a significare che l'uomo ha trovato dentro di sé la guida al cammino che deve compiere, vanificando cosí tutte le organizzazioni religiose.

 

                                                                                                                                                                                                                  KEMPIS

La scienza

 

Per non correre il rischio di essere noioso sarò paradossale, ma quanto lo sarò, in effetti, lo giudicherete poi voi.

 

Signori, in piedi. Squillino le trombe, rullino i tamburi! Entra Sua Maestà la Scienza! Verbo magico, onnipotente! Salvacondotto reale che apre ogni porta, imprimatur senza il quale la verità non è vera e la falsità non è falsa.

 

Che cosa non è consentito fare in nome della scienza? L'illecito per essa non esiste; miracolosamente tutto ciò che tocca, come Mida, lo trasforma in oro. No! Non vi sforzate di trovare motivazione alla sua tracotanza: essa stessa è la ragione, perché è ragione di sé medesima. Che cosa aspettate a tirare giú dagli altari le immagini delle vostre consunte divinità e a sostituirle con la scienza? Chi potrà donarvi la tranquillità, la serenità, risolvendo tutti i vostri problemi e risparmiandovi ogni fatica, se non la scienza?

 

Pensate voi che meraviglia! Tramite le sue applicazioni vi avanzerà tanto tempo libero che, se non vi soccorrerà la vostra vita interiore vi annoierete a morte!

 

Su chi poggiate le vostre speranze in un avvenire migliore, se non nella scienza?  E’ un'utopia sperare nella bontà degli uomini, nella fratellanza dei popoli, nell'onestà dei governanti. Chi crede piú a queste favole? Solo nella scienza è posta ogni speranza, dimenticando che ogni sua scoperta può essere usata per il bene e per un piú grande male.

 

Ma che cos'è questo Nume tanto invocato? Un complesso o il complesso ‑ delle cognizioni su un determinato ordine di fenomeni; un sapere organico - secondo Aristotele - fondato sulla esperienza e costruito con la ragione.

 

Mio nonno, che faceva il cuoco, era un grande scienziato.

 

Perché ridete? La culinaria è una scienza piú che un'arte. D'accordo, ho capito: volete cominciare con i « distinguo », volete essere piú realisti del re? Volete porre nel regno delle scienze solo quelle che studiano certi ordini di fenomeni sí da restare fedeli al vecchio criterio dell'oggettività secondo il quale si cominciò a distinguere la scienza dalla filosofia. Bene!

 

Ma se proprio vogliamo attenerci al criterio dell'oggettività, poche sono le scienze che si salvano, che possono arrogarsi il diritto di chiamarsi tali: la chimica, forse la matematica, con molti « forse » la fisica - specie la nuova fisica che, per timore di diventare anti-scientifica, ha rinunciato a dare un'immagine della realtà e, volutamente, si limita a registrare i dati dei fenomeni di cui si interessa, senza accorgersi che corre il rischio di diventare - o di ridursi - ad una branca della statistica.

 

Ma il criterio di occuparsi del « come » e non piú del « perché » dei fenomeni, non è adottato solo dalla fisica; in essa è tassativo per il timore di perdere, come ho detto, il carattere scientifico. Tutte le altre scienze lo hanno adottato allorché si sono rese conto che i « perché », ossia le ragioni, son ben difficili da indagare senza la possibilità di una visione globale di quella che si crede la Realtà.

 

Questo criterio forse sarà scientifico, ma non so quanto sia utile. Un'analisi, senza una sintesi dei dati emersi, è utile? A me sembra che corrisponda ad esaminare le cose privandole dei contenuti. Può essere una scelta, sí, certo, ma non so quanto giusta. Si può scegliere di prendere in considerazione, ad esempio, solo gli uomini con gli occhi chiari, ma questa scelta deve essere dettata da un fine che si vuole raggiungere. Ora, se il fine è « la conoscenza pura » e se si prende, o comunque accade, che il criterio adottato diventi la misura di una civiltà, occorre stare attenti a ciò che si esclude, perché fra il dire: « Non ce ne occupiamo, non è provato », e « Non è vero », « Non ha valore », il passo è breve.

 

Vi immaginate se fossero trascurati, cioè da non prendere in considerazione, « i contenuti », « i significati »? Privata del suo significato la « Divina Commedia » non esiste; essa si riduce ad un insieme di suoni - se recitata - o di fogli di carta su cui sono impressi dei segni grafici - se memorizzata in un libro. Tuttavia nell'uno e nell'altro caso è incomprensibile.

 

Una croce, in geometria, può essere definita come l'intersecazione di due segmenti di retta perpendicolari fra loro, e nulla di piú. Mentre col « significato », fra l'altro, è un simbolo religioso in forza del quale gli uomini si sono amati, odiati, uccisi, sacrificati, hanno scritto fiumi di parole e consumato la loro vita.

 

Il David di Michelangelo, dal punto di vista della chimica, è una quantità di minerale costituita quasi totalmente da carbonato di calcio; ma io vi domando se solo in questo aspetto esso può essere valutato.

 

Biologicamente parlando i corpi fisici di Hitler e di Schweitzer sono identici; eppure che diversa qualità di uomini!

 

Il « sancta sanctorum » della scienza, che nulla ha a che vedere con le applicazioni pratiche, è costituito dalle scienze pure. Ma se solo queste avessero valore, l'uomo, al massimo, sarebbe ridotto ad un animale perché - non me ne vogliano gli psicologi - la psicologia, ammesso che sia in grado di spiegare l'enigma « uomo », non è certo scientifica nel senso stretto del concetto e non lo diventa per il solo fatto che la si insegna nelle Università.

 

La scienza, componente della cultura dell'uomo, limiti pure la sua indagine ai fenomeni e coi metodi che crede, per raggiungere il suo intento di darci una rappresentazione della Realtà senza delle immagini soggettive che invece ne dà il resto della cultura. Ma nessuno - nessuno dico - le attribuisca il diritto di sentenziare ciò che è vero, e, meno ancora, ciò che è valido, perché cosí non è. Ma se anche lo fosse, riflettete e ditemi quale misera realtà sarebbe in grado di offrirci e quale enorme parte ne escluderebbe.

 

Di piú: se il metodo scientifico di « conoscere » è quello oggettivo dell'osservazione diretta per mezzo dei sensi - includendo in questo metodo anche gli strumenti atti ad ampliare la portata dei sensi umani -, permettetemi di sorridere, perché nulla vi è di meno attendibile di essi.

 

Certo non voglio qui ripetere tutto quanto abbiamo detto sulla soggettività delle percezioni sensorie e sul fatto che l'analogia o anche l'identità di percezione da parte di tutti gli uomini non dimostra l'esistenza oggettiva di ciò che è percepito. Infatti quantunque gli osservatori possano essere miliardi, il punto di osservazione è lo stesso: l'uomo con i suoi cinque sensi. Non parliamo quindi dell'attendibilità dei sensi che è un fatto assolutamente anti-scientifico.

 

D'altra parte tagliar fuori il soggetto della conoscenza l'uomo - per cercare di raggiungere la massima oggettività dell'informazione, significa costruire un mondo materiale in cui l'uomo è soltanto uno spettatore, in cui gli avvenimenti sono riconducibili, in larga misura, ad una intepretazione energetica diretta.

 

Ciò che è paradossale, nello spirito scientifico, è che esso accetta come reale solo ciò che è conoscibile attraverso la percezione dei sensi; non di meno l'immagine che la conoscenza scientifica, volente o nolente, dà del mondo, esclude ogni valore anche solo sensorio, percettivo, emozionale.

 

Una concezione scientifica del mondo non contiene in sé alcun valore etico. Eppure non c'è bisogno che vi inviti a riflettere quale parte predominante nella realtà dell'uomo questi valori hanno e debbono avere!

 

Se anche la scienza fosse in grado di descrivere dettagliatamente come le lacrime solcano il viso degli uomini, resterebbe il fatto che nulla essa ci dice del dolore e dell'emozione, dei pensieri e dei sentimenti, che sono i veri valori umani.

 

Credere che solo la scienza sia in grado di rendere il mondo un paradiso equivale a credere all'assurdo che la scienza, in sé, sia buona. La bellezza e la bontà non sono materie scientifiche, eppure non c'è dubbio che esse sono potenzialmente benefiche come la scienza.

 

Fidare nella scienza, in effetti, significa fidare nel buon uso di essa da parte dell'uomo. Credere che la scienza possa risolvere tutti o parte dei problemi umani è un atteggiamento irrazionale. Assai di piú lo può un miglioramento delle qualità degli uomini.

 

Se la ricerca scientifica, giustamente, esige un impiego di mezzi e se ciò è fatto nella speranza di un miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo, non meno dovrebbe essere fatto per migliorare l'uomo.

 

La conclusione di questi pensieri oziosi sulla scienza, è che l'uomo deve ricordare che l'equilibrio è sempre il risultato di piú forze uguali e contrarie, e che laddove una sia predominante rispetto alle altre, il sistema non è piú in equilibrio.

 

Nego che una qualsiasi delle componenti della cultura umana debba essere considerata piú nobile delle altre. Affinché la scienza non diventi un soliloquio, è necessario che essa mantenga un rapporto dialettico, non solo col inondo inorganico e con quello organico, ma anche con la realtà umana. Perciò è necessario che essa modifichi i suoi princípi informatori; certo è che, con gli attuali, non giungerà mai a cogliere l'unità del tutto, ossia Dio; cosí come non coglie la realtà umana riducendo l'uomo ad un meccanismo.

 

Ma ciò che essa non coglie non significa che non esista. L'esistenza di Dio può apparire solo da una visione globale di una scienza che include la totalità delle discipline e che non limiti la sua speculazione agli eventi colti dalle percezioni sensorie, ma la estenda - per lo meno - anche al regno della ragione pura.

 

Una volta, uno scienziato ricercatore, famoso per il rigore con cui conduceva i suoi esperimenti e per la riluttanza ad ammettere la realtà di un fenomeno anche quando ne aveva osservato il prodursi piú e piú volte, tornatosene a casa, se ne stava assorto ripensando di ripetere ancora certi esperimenti per trarre una maggiore credibilità scientifica. 

Il suo stato assorto, causato dal suo lodevole scrupolo di ricercatore, richiamò l'attenzione di sua madre che, facendoglisi incontro, cosí lo interrogò accarezzandogli i capelli: « Figlio mio, c'è qualcosa che ti preoccupa? ». Rispose: « Nulla. Pensavo al mio lavoro, mamma ». m Mamma ». E un dubbio maligno, causato da una sorta di deformazione professionale, si impossessò della sua mente e cominciò ad assillarlo con grande tormento. « Mamma, ho detto. Che prova esiste che questa donna sia mia madre? Ch'io sia veramente quel figlio uscito dalle sue viscere? Ma avrà poi avuto un figlio? E quel figlio sarò io, oppure sarò stato sostituito per un errore o un'altra causa al vero figlio di questa donna? Qual è la certezza ch'essa sia mia madre? La levatrice? Chi mi dice che non sia stata d'accordo per la sostituzione? Mio padre? Non era presente alla mia nascita. No, no, no, le testimonianze non servono. Bisogna ripetere l'esperienza ». Ma, rendendosi conto che ripetere la sua nascita non era possibile, si convinse che ogni uomo è figlio di madre scientificamente ignota. A tacere poi della paternità. « Absit injuria verbi » (Sia detto senza offesa).

 

                                                                                                                                                                                                  KEMPIS

 

 

Le scuole iniziatiche e le organizzazioni filosofiche

 

Quando la scienza era depositata nelle antiche scuole iniziatiche, molti di coloro che sentivano come voi il richiamo della Verità bussavano alle porte di questo consesso di individui uniti da un superiore livello evolutivo. Patrimonio di queste scuole erano verità che oggi sono di comune cognizione, per voi; verità che allora erano esoteriche, oggi sono divulgate, insegnate nelle normali scuole che voi avete.

 

La vita non aveva un ritmo accelerato com'è oggi e gli uomini passavano anni nello studio delle Verità, perché tutto allora era rallentato.

 

Vi dicemmo che l'evoluzione è simile ad una valanga che dall'alto di una montagna scenda a valle; man mano che la valanga scende ingrossa e, man mano che ingrossa, aumenta di velocità. Cosí è l'evoluzione nel tempo.

 

Quando vi diciamo che i tempi sono vicini, vogliamo dire che la vostra evoluzione nel ritmo naturale - badate bene è accelerata e che gli uomini non debbono camminare contro corrente, ma debbono camminare, per lo meno, di pari passo con questo ritmo naturale. Ma allora, rispetto ad oggi, il ritmo era piú lento per la generalità degli uomini ed anche chi sentiva il richiamo della scienza mistica doveva trascorrere decine di anni nello studio e nella ricerca della Verità; di quella stessa Verità che con tanta facilità a voi oggi è dichiarata.

 

Le antiche scuole di iniziazione erano importanti per i tempi che ne videro il fiorire e l'espandersi, perché allora rappresentavano le uniche sorgenti di Scienza, di Verità e di Saggezza che gli uomini potevano avere.

 

Ma oggi molte sono le fonti e piú diffuse. Quando un uomo sente il desiderio di sapere e di conoscere, tante cose ha a sua disposizione per sapere e conoscere. L'imbarazzo sta solo nella scelta e nel saper discernere l'oro dall'orpello. Ma quando ben pochi libri esistevano, quando non tutti coloro che sentivano la sete di sapere sapevano leggere, le scuole di iniziazione, con la loro tradizione orale, erano preziosissime. E se anche queste scuole di iniziazione, come ogni organizzazione, avevano i loro aspetti negativi, questi erano trascurabili rispetto al contributo positivo che potevano dare ai loro seguaci.

 

Quale aspetto negativo - direte - può avere una scuola di iniziazione? In se stessa una scuola non ha né un aspetto negativo, né uno positivo; è pur sempre l'individuo il quale reagisce positivamente o negativamente. Quando l'individuo è pronto, è maturo, non coglie della scuola che l'aspetto positivo. Ma se l'individuo non è maturo evolutivamente, non fiorirà in lui che il moto ambizioso del suo io.

 

Nelle scuole di iniziazione esistevano delle gerarchie e quando, come sempre accade nei periodi di decadenza, il posto nella gerarchia si raggiunge non per merito o capacità, né per evoluzione, ma per anzianità, allora chi conserva un posto acquistato in tal modo non permette che un neofito - pure a lui superiore in evoluzione - possa in breve tempo sapere ed essere piú di lui.

 

Noi siamo contrari alle gerarchie non perché la gerarchia in se stessa non abbia luogo di esistere, ma perché una sola gerarchia esiste ed è quella che l'evoluzione impone. E poiché è tanto importante e tanto essenziale, quella e quella sola gerarchia deve esistere. Quando al posto di questa gerarchia se ne instaura un'altra, l'altra è illusoria, è una creazione dell'io e del movimento di espansione dell'io.

 

Cosí, lasciate ai tempi andati le scuole di iniziazione, perché allora e solo allora erano necessarie nella forma che voi conoscete, o che vi viene narrata. Oggi, essendo mutato l'uomo, mutata è la forma di iniziazione, mutata è la scuola di iniziazione. Non piú le scuole iniziatiche, ma il prodotto di quello che si viene a conoscere dalla scienza, con quello che la coscienza fa ritenere di questa verità scientifica, matura l'uomo. 

Egli è posto di fronte a innumerevoli Verità; Verità che non vede e non sente perché è impegnato nel seguire la sua via, la via del suo egoismo. Queste Verità che l'uomo non vede e non sente non debbono essere a lui imposte, perché non produrrebbero alcun risultato in lui. Non sarebbero capaci di « far sbocciare il fiore di loto dal fango ». L'uomo deve prendere le Verità che ì suoi orecchi gli fanno udire, perché quelle e quelle sole gli sono necessarie.

 

La coscienza dell'uomo gli suggerisce degli ideali morali, ideali che l'uomo non sempre riesce a seguire. Ma pure l'uomo deve essere volto a questi ideali; non per seguirli con sforzo e violentando se stesso, !ma essere a questi volto; cercare di uniformarsi a questi senza sforzo, e senza pentimento o rimorso quando non riesca in questo suo intento.

 

Il pentimento e il rimorso sono un processo dell'io, sono un pianto dell'io che si vede sconfitto e gettato nella polvere.

 

Cosí, siate volti agli ideali che la vostra coscienza vi suggerisce. Siate consapevoli delle vostre debolezze e dei vostri limiti. E quando non riuscite a perseguire questi ideali, non abbiate rimpianti o rimorsi, ma Fortificatevi, comprendete; sappiate, da queste esperienze, acquisire maggior forza per superare le vostre debolezze.

 

Questa e questa sola è, attualmente, la vostra scuola di iniziazione.

 

                                                                                                                                                                                                                   CLAUDIO

 

 

Avete espresso il desiderio di sapere se certe organizzazioni filosofiche hanno un loro messaggio di Verità, e quanta Verità vi è in ciò che esse dicono.

 

L'insegnare che esiste la legge della reincarnazione, la legge della evoluzione e via dicendo, corrisponde all'insegnare delle Verità; e tutte quelle organizzazioni o religioni che portano queste notizie portano alla Verità.

 

Queste Verità sono valide fino al punto in cui riescono a dare delle idee chiare di quanto accade nel mondo, a comprendere che non vi è ingiustizia, che tutto è preciso e regolato nell'Assoluto. Ma solo fino a lí, perché la Verità piú importante è quella di costruire la coscienza individuale. « E come? » direte voi. Vivendo in modo consono alle Verità che avete sapute, conoscendo voi stessi, amando i vostri simili in modo descritto e ripetuto tante e tante volte dalle voci che anche questa sera vi parlano.

 

Dunque, una religione che insegna la reincarnazione come una delle tante religioni o sette dell'India, insegna una Verità; eppure non vi sono mai state tante creature come nell'India che abbiano inteso male una religione che contiene molte Verità.

 

Una organizzazione come la Società Teosofica, che insegna la reincarnazione, l'evoluzione, il susseguirsi delle razze, l'evoluzione nel Sistema Solare, nei vari pianeti e via dicendo, contiene delle Verità; eppure moltissime creature che seguono questa Società, questa organizzazione, non seguono la Verità che dovrebbero seguire.

 

Quando si afferma che un giorno, lontano, l'umanità si riprodurrà da una parte del corpo diversa da quella dalla quale oggi abitualmente avviene la naturale riproduzione, vuol dire che non si è capito nulla. Sarebbe come se nell'ottocento, quando gli uomini facevano chilometri per vedere le caviglie delle signore, vi fosse stato un moralista che avesse affermato che in un futuro le donne sarebbero nate senza caviglie.

 

Il marxismo afferma che gli uomini sono tutti eguali e che non debbono esistere dei privilegi. In modo analogo predicò Cristo. Eppure tra i due mondi esiste un gran passo. Ebbene, figli, la vostra Verità è quella che vi farà colmare questo passo.

 

La Verità non ha bisogno di Crociate: questa è la vostra Verità e vi farà comprendere che l'uomo, il singolo, deve amare i suoi fratelli, trovare l'eguaglianza con loro, annullare ogni e qualunque differenza sociale. Ogni e qualunque privilegio che si possa avere in questo amore si annulla, giacché « i massimi debbono servire i minimi ».

 

Cosí, sappiate trovare la vostra Verità e vivendo giorno per giorno formate la vostra coscienza individuale.

 

Se voi ci amate od avete stima di noi, vi ringraziamo, ma non è questo che dovete fare. Se qualcuno di voi ama pensarci simili a lui, noi egualmente lo ringraziamo perché in effetti cosí è: noi tutti siamo fratelli nel vero senso della parola! Se questo può aiutarlo a meglio intendere il significato di quanto avviene qua, il significato di queste comunicazioni, non possiamo che confermargli questa sua convinzione, non possiamo che dar valore a questo suo modo di pensare o credere. Soprattutto è importante intendere l'insegnamento.

 

Una organizzazione che abbia dette tante belle cose, tante Verità, ma che presa dalla enunciazione di queste Verità si sia distaccata dal problema principale dell'individuo, la formazione della sua coscienza, è una organizzazione che è fallita nell'intento.

 

Tutte le conoscenze sono necessarie e sono - direi - indispensabili per farvi intendere che tutto avviene in modo regolato e preciso, che non esistono ingiustizie, che esiste una perfezione nel Tutto, ma occorre soprattutto costruire la propria coscienza individuale, figli. Questo è importante. Gli ulteriori particolari che possiamo aggiungere al quadro generale hanno lo stesso significato: debbono aprirvi, aiutarvi ad indagare ancora di piú nell'intimo vostro, a fare ancora piú chiarezza entro voi stessi perché se non vi è chiarezza nell'intimo vostro, se non vi è purezza in voi, le passioni e i conflitti esisteranno sempre.

 

Tante sono le religioni, le filosofie che insegnano la Verità, e tante sono le Verità che le religioni, le filosofie possono insegnare. Ma pure possono disconoscerne una di estrema importanza che andrebbe a toccare l'intimo vostro, la vostra coscienza. E chi non comprende ciò, non comprende il vero senso del nostro insegnamento.

 

                                                                                                                                                                                                                         DALI

 

 

Da quello che vi è stato detto appare importante mettere a fuoco un concetto essenziale per l'insegnamento che si fonda sulla formazione della coscienza individuale.

 

Le organizzazioni religiose, filosofiche e simili, possono dire od insegnare delle Verità, ma non essere nella Verità. Allo stesso modo è dell'uomo che, ripetendo l'enunciazione di realtà. può essere ben lungi dalle Verità che esprime o predica. PE quindi essenziale capire la distinzione: « dire una Verità » e « dire la Verità ». Nella prima affermazione troviamo tutti coloro che ripetono concetti filosofici, religiosi e mistici, ma che non li vivono realmente. Nella seconda sono coloro che, se anche non conoscono l'enuncíazione di una Verità, la vivono perché fa parte della loro stessa natura. E’, una questione di assimilazione.

 

Un'opera d'arte, analizzata dal punto di vista dottrinale, è un insieme di regole rispettate o no; ma quale risultato è riuscito a produrre l'artista seguendo ed animando dei freddi canoni scolastici!

 

Cosí, molte sono le religioni, le filosofie che insegnano delle verità, ma poche sono nella Verità.

 

                                                                                                                                                                                                                    KEMPIS

 

 

Le organizzazioni filantropiche

 

La licenziosità di molti, il disordine, la confusione, l'insicurezza, la mancanza di un approdo certo a cui fare riferimento, gli scandali, avvenimenti tutti promossi e divulgati per fini politici, inducono i benpensanti a guardare con simpatia all'avvento di un uomo forte che ristabilisca l'ordine ed il rispetto dei sani principi.

 

Intanto ci sarebbe da meditare se il rispetto dei sani principi e dell'ordine non sia da raggiungere attraverso ad un intimo convincimento piuttosto che ad una imposizione esterna. E poi vi sarebbe da domandarsi se i « benpensanti » siano tali per intima convinzione o semplicemente per il timore delle conseguenze che un comportamento spregiudicato potrebbe avere; e se l'impunita spregiudicatezza sia condannata dai benpensanti solo perché, restando senza castigo, di fatto punisce chi si è mantenuto benpensante con sacrificio.

 

Meditazioni, queste, che se fossero fatte basterebbero a riscattare l'attuale caos. Voglio dire che, se la situazione quale voi la conoscete e la vivete, inducesse l'uomo a meditare su se stesso, ciò basterebbe a ripagarla.

 

Vi sarebbe anche da riflettere sulla convinzione che ogni uomo ha che i propri problemi siano risolti da qualcuno, per lui, e dal passare del tempo. Non v'è bisogno ch'io ripeta tutto quello che vi abbiamo detto sulla necessità che il singolo si convinca che se non cambia lui stesso non può cambiare il mondo nel qua le vive. E che se non comincia subito, ora, nel presente, è inutile che speri nel futuro.

 

Voi, invece, che cosa fate? Vi appellate ai valori affermati nel passato: le « celebrazioni » diventano un mezzo con cui, attraverso ad un vuoto alibi di parole, nascondete le vere intenzioni. Oppure pregate per la bontà, per la pace, per la salvezza degli uomini. Ma quanto sarebbe piú utile - anziché appellarvi ai valori del passato - che agiste nel presente; anziché pregare Dio perché voglia salvare il genere umano, foste voi stessi ad agire. Non è certo Dio che deve essere convinto, o dal quale può venire il pericolo; non è Lui che dovete temere.

 

La propensione che ha ogni uomo di delegare ad altri la propria salvezza non esiste solo per i problemi della società: c'è la stessa propensione per i travagli che dilaniano il singolo. E la forma piú lieve d'essa propensione si configura nella ricerca del giudizio di chi - dall'esterno e freddamente - può dare un parere sui propri problemi. Ma anche in ciò si manifesta la natura di contraddizione dell'uomo, perché molto spesso quello che si cerca, consapevolmente o no, è solo la conferma di un modo di agire che si è già deciso di tenere, e nulla piú. Del resto, che valore volete abbia il parere di chi non conosce la verità di voi stessi? Siete voi, invece, che dovete conoscere la vostra verità.

 

Riconosco che non è una ricerca, una analisi agevole, perché le vere motivazioni degli stati d'animo e delle azioni, molto spesso, giacciono nei profondi strati dell'io; ma quello che conta è che voi facciate questa ricerca e la facciate semplicemente e serenamente, senza poi voler abbellire o addolcire l'immagine che scoprirete di voi stessi; semplicemente per rendervi conto delle vostre intenzioni.

 

Voi non costituite una eccezione alla diffusa tendenza che ha l'uomo a cercare un Salvatore, un Maestro, a cui delegare la fatica e l'incomodo di risolvere tutti i propri problemi e su cui scaricare tutte le proprie responsabilità. Noi rappresentiamo per voi questo Messia. Nella vostra speranza, abbiamo tutte le carte in regola per esserlo; ma vederci sotto questa luce significa strumentalizzarci, usare le nostre parole per le vostre intenzioni. Significa tradire il senso, il significato del nostro venire tra voi, che è quello, invece, di mettervi di fronte alle vostre responsabilità.

 

Sia ben chiaro che noi non stiamo dolendoci di questo fatto: se fossimo soggetti a dispiacerci, in ogni caso lo saremmo per voi e non per noi. Ora, una nostra defezione non sarebbe risolutiva, perché non è certo con l'evitare le occasioni di errare che si sradicano le cause dell'errore. L'errore non nasce da fatti, circostanze del mondo esterno che possono essere corrette, ma nasce da un intimo modo di interpretare la Realtà.

 

Noi stessi, nella vostra interpretazione, rappresentiamo un errore. Infatti voi siete convinti che semplicemente stando ad ascoltarci potrete realizzare la vostra Verità. L'importanza che voi date agli ultimi messaggi, come se fossero quelli risolutivi, dimostra che pensate alla vostra liberazione in termini di acquisizione, come se si trattasse di un processo di accumulazione di notizie, di un fatto culturale. Mentre lo scopo del nostro dire è quello di stimolarvi all'azione costante, alla scoperta di voi stessi, alla liberazione, che è del presente.

 

Un altro errore è costituito dal fatto che voi ci considerate fonte di conforto e di sicurezza per poter permanere nella vostra indolenza e nelle vostre cristallizzazioni. Mentre noi non vogliamo costituire, per voi, una spiegazione-giustificazione che vi dia rassegnazione circa le vostre limitazioni. Se cosí facessimo vi allontaneremmo dalla comprensione. Mentre vi invitiamo a superare le limitazioni ora, nel presente; non a lasciare a noi e al tempo di fare quello che voi soli potete fare. Non vogliamo fare di voi delle creature che siano da noi dipendenti, perché se cosí facessimo vi plageremmo; noi vi invitiamo, anzi, ad essere degli individualisti per quanto concerne la scoperta di voi stessi ed ispirarvi al collettivismo solo per le istituzioni sociali.

 

Sarebbe perciò un errore se voi ci consideraste una sorta di religione o di organizzazione. E' giusto organizzarsi per i compiti che la società deve svolgere, ma non ha senso il farlo per quanto ognuno è chiamato a fare nei confronti di se stesso quale essere interiore. Al pari, noi non vogliamo convincervi, fare di voi degli accoliti, perché non vogliamo aggredirvi. Voi siete già abbastanza aggrediti dalla società che, suggestionandovi, vi impone che gusti avere, cosa pensare, in chi sperare e che cosa credere.

 

Non c'è movimento di pensiero che non si costituisca in organizzazione e non cerchi di catturarvi per inquadrarvi. Noi non abbiamo bisogno di propaganda, non siamo persuasori occulti. Le stesse esperienze che l'uomo consuma lo conducono a quella Verità della quale vi parliamo. Tuttavia non possiamo far altro che disporvi alla Verità, cioè non possiamo darvi quel « sentire » che alberga nel profondo del vostro cuore e che voi soli potete far fluire, liberare.

 

Nel cammino verso la liberazione non si procede di un sol passo con la costrizione, senza la convinzione. Non è certo lo sforzo che può rendervi intimamente liberi; solo rendendovi conto delle vostre limitazioni non ne sarete piú costretti; solo comprendendo le ragioni della vostra sofferenza, della paura, della delusione -ragioni che risiedono nel processo di espansione dell'io - nasce un nuovo « essere ». Solo l'intimo convincimento può liberarvi dalla concupiscenza, dal desiderio, dalla gelosia, dal rancore, dalla brama di possesso e di potere. Allora, aiutare gli altri diventa semplice e naturale come per la luce rischiarare le tenebre.

 

Ma se non ponete attenzione a voi stessi non potrete mai trovare l'intimo convincimento. Non usate la, vostra mente per escogitare espedienti atti a conciliare il vostro egoismo con ì giusti diritti degli altri.

 

Se amaste veramente, non avreste bisogno di tollerare. Non contenti di sostituire la tolleranza all'amore, ne fate poi un ideale irraggiungibile. Quello che in sé è quanto di meno deve fare chi vive in una società, cioè tollerare, diventa programma di organizzazioni filantropiche. Non serve organizzarsi per tollerare, per essere fraterni.

 

Gran parte degli uomini non liberano se stessi perché non lo desiderano, non essendo convinti di una simile necessità. Se voi domandate a chi soffre perché desidera avere molte avventure galanti e non le ha, se per far cessare la sua sofferenza sarebbe disposto a rinunciare all'appetito sessuale, vi sentirete rispondere di no, ed è giusto che sia cosí. Quello che io voglio dire, è che l'uomo soffre perché non vuole uscir fuori dalle proprie limitazioni;Io vuole quando si è convinto di esse, ed allora il superarle non è poi tanto difficile come può sembrare e, soprattutto, non costa sforzo.

 

Ora, se voi non ponete attenzione a voi stessi, non saprete mai quanto siete limitati, avidi, possessivi; non saprete mai se soffrite perché volete uscir fuori dalle vostre limitazioni, o semplicemente perché non potete avere ciò che desiderate. Chi soffre perché non vince al gioco d'azzardo, per non soffrire cerca di vincere, mentre dovrebbe ricercare dentro di sé le ragioni che lo spingono a giocare.

 

Invero voi attribuite le cause della vostra sofferenza a ciò che non potete avere; l'affetto di una persona, la stima dei vostri simili, il possesso di beni e via dicendo, e non comprendete che le cause della vostra sofferenza giacciono nell'intimo vostro. Non è certo ciò che desiderate che può appagarvi. Se vi sentite insicuri, non è la sicurezza che può colmare la vostra insicurezza, La sicurezza è l'effetto d'avere scoperto e superato le cause dell'insicurezza. Non serve cercare fuori di sé, ravvisandolo nelle cose e nelle persone, ciò che giace ed è radicato nell'intimo vostro, e che può essere trovato solo scavando dentro di voi.

 

Che cosa si agita, generalmente, nell'intimo di ognuno? Le innumerevoli brame, soddisfacendo le quali credete di trovare la felicità e non comprendete che, invece, ben altre sono le cause del vostro soffrire. Ma nella partita dovete fare i conti con le leggi morali che servono a frenare i desideri egoistici degli uomini.

 

Ora, ciò che dovete fare, non è tanto convincervi che le leggi morali sono giuste, quanto cercare le cause dei vostri desideri egoistici e superarli. Questa è la cosa giusta da fare, perché vi conduce ad essere voi stessi la legge morale.

 

                                                                                                                                                                                                                CLAUDIO

 

 

La verità non ha bisogno di crociati

 

Da tempo sono state fondate delle organizzazioni aventi un carattere moraleggiante le cui filosofie tendono a conciliare la Scienza con la Fede attraverso una logica valida ed efficace. Tali organizzazioni hanno svolto e svolgono un'opera indiscutibilmente fattiva rafforzando negli uomini il senso mistico attraverso il ragionamento positivo.

 

Per il mondo occidentale la fede ha sempre escluso la logica e non ha mai poggiato sulle conquiste della scienza, anzi spesso se ne è schierata contro. Eppure entrambe, sebbene per vie diverse, volgono ad una stessa mèta: l'ultima grande comprensione. Ma i tempi mutano e con ì tempi il linguaggio degli uomini, cosí se per il passato era sufficiente che la religione dogmatizzasse perché i fedeli credessero ciecamente e contro la scienza, in futuro ciò non sarà piú e la fede non temerà l'analisi della ragione poiché si fonderà sulla logica e sarà confermata dalla scienza.

 

Ben venga, quindi, una filosofia capace di questa conciliazione; ma soprattutto vengano gli uomini che con il loro amore la rendano viva ed operante, giacché qualunque sistema di pensiero se non è vissuto con amore rimane arido e infruttuoso.

 

Oggi una voce si leva e parla. Ai mistici dice: « Se la vostra religione vi insegna a distinguere gli uomini secondo che siano "fedeli" o "infedeli" non crediate che sia la vera: la Realtà trascende ogni opinione ed è universale, "è come il sole che splende sui giusti e sugli ingiusti" e solo il tempo può renderle ragione lasciandola intatta ed attuale. Dividersi dai propri simili per difenderla è contro lo spirito stesso della Realtà. Solo l'irrealtà può essere in contrasto con se stessa. Se non vedete nella scienza le basi della vostra fede, voi credete nell'irreale ».

 

Chi è ancorato ad un acceso positivismo cosí la voce ammonisce: « Disconoscere una medesima finalità nel movimento del Tutto è come credere che l'effetto esista senza la causa, è credere ad un Tutto smembrato in cui non potrebbe esservi ordine ed equilibrio. Negare ciò che ancora resta da conoscere è tradire lo spirito stesso della scienza, è precluderle il campo,

 

Se tentate di fare di essa uno strumento con cui combattere ciò che la fede essenzialmente asserisce, siete votati al fallimento, perché se è vero che il vostro compito è quello di scoprire ed accertare la Verità, non potete che giungere alla conclusione che accomuna tutte le religioni l'esistenza di Dio ».

 

Agli uni ed agli altri, la voce ricorda: « La Realtà non può essere negata né con la Fede né con la Scienza ».

 

Ma soprattutto la voce parla a chi, conosciuta la filosofia che concilia la Scienza con la Fede, crede di possedere la Verità ultima, ed a questi dice: « Non restate legati alle parole: la Realtà è quella che è, la Verità ne è l'enunciazione e come tale può mutare con il linguaggio degli uomini. Una verità è tanto piú esatta quanto piú dura nel tempo, ma solo la Realtà è eterna. Chi si ferma alle parole che mutano con i tempi e con i popoli, e non penetra nello spirito medesimo della Verità, rinchiude se stesso in una gabbia e si nega alla comprensione.

 

Se ciò che voi credete permette o causa l'inimicizia con i vostri simili, siete nell'errore.

 

Se ciò che voi conoscete non vi dischiude alla comprensione ed all'amore, alimentate una pianta sterile destinata a diventare cenere ».

 

A tutti la voce ricorda: « Nessuno è piú nell'illusione di chi, scoperta una Verità, crede di essere superiore agli altri. Gli ambiziosi sogni dell'egoismo sono una palese dimostrazione della distanza che separa l'uomo dalla Realtà. L'uomo è quello che è, il suo valore sta in ciò che fa, non in ciò che crede.

 

State quindi lontani dalle organizzazioni che mirano a diffondere una idea con lo scopo di sfruttare la vostra adesione per conservare dei privilegi. Chi soffre se non è creduto e seguito, non comprende la Verità ma se ne serve per soddisfare in qualche modo la propria ambizione.

 

La Verità non ha bisogno di crociati, e chi si organizza per diffonderla dimostra di non averla capita.

 

A chi ha bisogno di una parola nuova, non per essere confortato, ma per comprendere, date questa parola direttamente, da vero amico ad amico, senza avere la pretesa di essere creduti, non turbandovi se non siete ascoltati, non illudendovi se lo siete. Il prestigio che vi è accordato dai vostri simili non migliora neppure minimamente quello che in realtà voi siete.

 

Occorre stabilire individualmente questi colloqui in cui il desiderio di primeggiare sull'interlocutore sia avulso, nei quali esista unicamente il desiderio di portare chiarezza, senza cadere nell'errore di sentirsi i precursori, gli strumenti, gli eletti dell'Amore Divino, perché nessuno ha l'esclusiva della Verità. Essa può indifferentemente giungere dal filosofo, dal mistico, dallo scienziato od anche da quello che si ritiene il peggiore degli individui, giacché non conosce distinzione di sorta ed è destinata ad essere di dominio universale, purché la si cerchi con purezza di intenti ».

 

                                                                                                                                                                                                                       KEMPIS

 

 

 

Rimanete soli e semplici

 

Analizzate voi stessi: comprenderete il perché della situazione mondiale.

 

Siete cambiati in conseguenza delle passate catastrofi? Non siete forse ancora avidi di potere, ricchezza, prestigio? Per questo vi chiamate ancora italiano, russo, americano e cosí via, perché il forte sfrutti il debole. Osservate con quanta facilità vi catalogate, cioè racchiudete l'umanità in tanti compartimenti stagni una parte i buoni, i giusti, dall'altra i malvagi, gli oppressori. t questo riconoscervi sostanzialmente diversi l'uno dall'altro che :soffoca il sentimento e vi fa divenire crudeli.

 

Ciascuno è soggetto a cambiamenti; tutti sappiamo, per esperienza, quanto si navighi fra ciò che crediamo bene e ciò che crediamo male. Per questo nessuna creatura è identificabile nella ristretta posizione determinata dal dualismo: buona o cattiva. Il vostro spiritualismo è pura illusione se vi permette di tollerare una soppressione di creature per la protezione dì ideologie, interessi, o per il bene del proprio paese. Il vostro interesse è quello dell'umanità, e credete che l'umanità non avrebbe certo un vantaggio da una guerra. Voi direte che di questo ne siete convinti e che nessuno vuole la guerra, ma nondimento la guerra c'è. Il vostro parteggiare per una parte o l'altra non fa che aumentare l'attrito. Rimanete completamente soli, ed allora, se due non nutrono reciproci sentimenti di amicizia, che si picchino fra loro, ma che non coinvolgano tutta l'umanità.

 

Il vostro paese non è forse l'umanità? Solo quando avrete fatta vostra questa coscienza universale cesseranno le lotte, conseguenza di un odio spesso alimentato dall'ambizione. Solo riconoscendo la fratellanza universale cesserà ogni distinzione, ogni arrivismo a danno degli uomini.

 

La fratellanza non si realizza appartenendo tutti ad una stessa categoria, bensí non perdendosi in organizzazioni, rimanendo completamente semplici e soli. Liberate il cuore e la mente vostri da ogni incomprensione e cesseranno le guerre; purificateli e si manifesterà quella sapienza ispiratrice di un retto vivere, unico e solo capace di apportare pace ed ordine.

 

La vostra delusione è la delusione dell'umanità tutta. Ecco perché vi abbiamo detto che parlare dei vostri problemi o di quelli dell'umanità è parlare degli stessi problemi. Voi siete qua intervenuti similmente a tanti altri fratelli - raccolti di fronte ad una immagine, inginocchiati ad un altare, attenti a un capo, un Maestro; qui venuti speranti un conforto. Voi cercate un rimedio che possa darvi la felicità e la pienezza interiore; lo cercate perché siete stanchi della vita, annoiati e delusi, dolenti per qualche motivo, Questo tanto invocato e ricercato rimedio si chiama Realtà, ma proprio perché è Realtà non può essere comunicata. L'uomo è solo di fronte alla Verità; nessuno può capire, comprendere per lui.

Se ascoltate le nostre parole per il rumore che esse fanno e non per comprendere, e non per aprirvi piuttosto a quello che esse vogliono significare e suscitare in voi stessi (e lo possono solo attraverso voi stessi), la vostra vita rimane un correre affannoso or qua or là, capace solo di deludervi.

 

t di grande conforto per l'uomo e di grande aiuto vedere che le proprie idee sono condivise dai propri fratelli, come se un generale consenso fosse l'unica valida riprova della verità del suo pensiero. Ma l'uomo scorda che molte nuove verità proclamate hanno avuto ben pochi assertori. Si riunisce cosí in gruppi dove conferisce la propria fiducia a un esponente, divenendo responsabile degli errori che questi commette. 

Scorda cosí l'uomo, di nuovo, che ogni imposizione ha un'unica finalità: l'altrui sfruttamento. In questi gruppi egli impara a odia re al plurale, a combattere una creatura se non appartiene al suo gruppo, unicamente perché è di un'altra bandiera. Ma se stolto è odiare al plurale, uguale irragionevolezza è dare la propria fiducia agli altri, credere a quello che una creatura dice unicamente perché si ha fiducia in lei. L'uomo deve ragionare con la propria mente e non con la fiducia negli altri; né deve, però, ricercare l'altrui fiducia perché cosí facendo egli vuole accarezzare la propria ambizione; sempre, in ultima analisi, sfruttare.

 

Ecco che cosa significa essere soli e semplici: significa vivere la propria vita da soli, senza coalizzarsi in gruppi, senza alirnentare l'attrito che esiste inevitabilmente fra le fazioni; significa mantenere puro il proprio cuore; significa ricercare in se stessi il libero slancio che è dato da quel qualche cosa che nessuna organizzazione può avere: il sentimento.

 

Imperciocché la vita, che è l'azione, è modificata dalla mente; la mente, che è separatività, è liberata dal sentimento, quel sentimento che è amore, principio e fine della vita.

« Come amare la vita? », si domanda l'uomo. Guerre, catastrofi, immani conflitti ricadono sulla povera umanità, come per dimostrare che una maledizione divina gravi su di lei. Come amare la vita quando porta dolore, amarezza?

 

Non è la vita causa di tutto ciò, ma voi stessi. Voi con la vostra condotta scrivete pagine di storia; voi stessi, fratelli. il conflitto che si accende or qua or là, ma che fomenta in ogni terra, altro non è che il risultato del conflitto interiore che vi agita. La crisi mondiale è una crisi individuale. Fino a che non comprenderete voi stessi non potrete amare la vita; essa sarà l'esatta riproduzione del disordine che è in voi.

 

Iniziate col rimanere soli, sottraetevi all'influenza di altri; cosí facendo non accrescerete l'antagonismo. Ma soprattutto rendetevi consapevoli di tutti quei come e perché che determinano la vostra condotta. Operate una introspezione continua e liberate l'essere vostro da ogni falsità. Allora, quando ognuno di voi sarà liberato da tutti i ristagni del pensiero, potrà far fluire la vita nella scoperta del Reale; allora nell'equilibrio e nella serenità di ognuno, amerete la vita. Cesseranno le lotte e le miserie e vi renderete consapevoli che essa vita è una immensa benedizione.

 

L'uomo è timoroso, osserva gli avvenimenti del mondo e ne trae delle conclusioni. Il suo timore lo spinge a riversare tutta la responsabilità dell'attuale situazione su coloro che sono a capo dei governi e delle nazioni; il suo timore lo spinge a pregare Dio affinché questi capi siano illuminati.

 

Non considera, cosí, l'uomo, che un mondo nuovo non può nascere solamente con la sostituzione dei capi che rappresentano le nazioni, ma che il conflitto che agita il mondo non è altro che il risultato del conflitto che agita il singolo.

 

Di fronte alle continue violenze, di fronte ai gruppi che si coalizzano, di fronte a questi gruppi che riescono, coalizzati, a dare una linea di azione ad una nazione, noi vi diciamo: « Rimanete soli e semplici, non accrescete l'attrito che esiste tra le fazioni ».

 

Quando noi vi diciamo « rimanete soli e semplici », non intendiamo dirvi: rimanete chiusi in voi stessi, oppure, rimanete abulici. Sempre vi abbiamo raccomandato di non essere dei tepidi; sempre vi abbiamo dette e ricordate le parole del Grande Iniziatore: « Oh! se tu fossi stato freddo o caldo, ma poiché sei stato tiepido, comincerò col vomitarti dalla mia bocca ».

 

Rimanere soli e semplici in questo caso significa non partecipare all'attrito, non dare la propria approvazione né morale né materiale a questi gruppi, a queste coalizioni che si formano con lo scopo di scontrarsi, con lo scopo di continuare, perpetuare nel inondo la violenza.

 

Quando vi riunite, quando vi organizzate, voi non fate che gettare il seme della violenza del domani, perché ogni organizzazione deve fondarsi su dei postulati, deve avere una propria dottrina e delle proprie affermazioni da difendere, e tutti coloro che sono contro quello che l'organizzazione afferma sono nemici della organizzazione e quindi, come tali, devono essere combattuti.

 

Noi vi diciamo « rimanete soli e semplici » perché aderendo alle organizzazioni voi contribuite a mantenere nel mondo la violenza, perché aderendo alle organizzazioni voi contribuite al vostro stesso sfruttamento e all'altrui sfruttamento.

 

Ma quando vi diciamo « rimanete soli e semplici », non vogliamo significare che ciascuno di voi sia un tepido, che ciascuno di voi sia un inetto, che ciascuno di voi rimanga chiuso in se stesso e, per la paura delle responsabilità, non osi vivere, non osi agire. Quando vi diciamo « rimanete soli e semplici », vi diciamo: cercate di non crearvi dei limiti, cercate di non creare delle barriere alla vostra comprensione, cercate appunto di essere liberi, comprensivi, duttili, aperti a tutti. Abbiate tanta comprensione e tanto amore da comprendere tutte le creature.

 

Colui che è nella vita deve vivere, ma esiste una enorme differenza: la stessa azione può essere il peccato ed il rimorso terrificante di una creatura, ed essere invece il trionfo e il gaudio supremo di un'altra, perché ciò che importa non è tanto l'azione, quanto l'intenzione.

 

Colui che vive solo e semplice non vuol dire che sia un inetto. Colui che vive solo e semplice non vuol dire che sia appartato e che non partecipi alla sua stessa vita. Voi dovete partecipare attivamente alla vostra vita, voi dovete vivere, dovete essere giustamente in tensione e giustamente attivi. Colui che è tepido, colui che non partecipa, non vive.

 

Ma esiste una enorme differenza, la stessa che vi dicemmo parlando a proposito dell'espansione dell'io.

 

Il mondo quale è oggi, dal punto di vista del progresso è veramente una cosa notevole e piena di meraviglie; eppure questo progresso è stato creato per la spinta dell'io. Predicando presso di voi il superamento di ogni ambizione egoistica, potrebbe sembrare che noi fossimo degli attentatori dell'attuale civiltà. Ciò non è esatto. Noi vi abbiamo detto che dovete sostituire alla spinta egoistica dell'io una spinta be altruistica, ed allora questi risultati della tecnica, i risultati attuali della impostazione sociale, impallidiranno di fronte a quelli che si avranno con questa sostituzione. Ecco perché noi vi diciamo che non è possibile cambiare il mondo cambiando i capi, ma che per tale cambiamento è indispensabile che l'intimo dell'uomo sia mutato.

 

Colui che lavora per ambizione, sarà tutto volto a mostrare agli altri e ai propri superiori la sua bravura, forse anche a discapito del lavoro purché il suo mettersi in evidenza rimanga; mentre colui che lavora per amore del lavoro, non considerando che questo può accrescerlo agli occhi degli altri, produrrà molto di piú, darà un lavoro veramente produttivo non essendo impedito dai limiti creati dall'espansione dell'io.

 

Cosí è: rimanendo soli e semplici dovete comprendere tutti, non dovete accrescere l'attrito che esiste fra le varie fazioni. Voi dovete invece comprendere le ragioni di questo attrito, voi dovete superare in voi stessi l'imperiosa voce dell'io. Superando la quale veramente sarete « soli e semplici », di quella solitudine e di quella semplicità che vi renderà in comunione con tutti gli esseri del Creato.

 

                                                                                                                                                                                                             CLAUDIO

 

 

Bisognerebbe che ciascuno avesse il coraggio di guardare dentro di sé, di esaminare l'intimo suo. Allora vedrebbe che il mondo, con tutte le miserie, è lí, dentro di sé. Non meravigliatevi quindi di ciò che accade: siete voi, tutti voi che lo volete.

 

Vi sentite legati, imprigionati dalla società? Chi ha creato le barriere che tanto vi opprimono? L'attività che svolgete vi occupa tanto da assorbire tutta la vostra giornata? Chi ha stabilito la giornata lavorativa?

 

In sostanza si può dire che Dio ha creato il mondo e l'uomo l'ha formato.

 

Credetelo, amici, l'ambiente nel quale vivete o credete di vivere è il costrutto del vostro egoismo, del vostro sfruttare, della vostra avidità, di voi stessi.

 

Nessun miracolo sarebbe capace di cambiare il mondo ma solo il singolo individuo, cambiando, rinnovando se stesso.

 

Capite quello che io dico, ma solo lentamente ne diverrete consapevoli, vi uniformerete a questa verità. Allora la vita acquisterà un'altra luce, un altro significato, un altro valore, perché la conoscerete nel suo aspetto reale. Ma sino a che vivete egoisticamente darete un valore illusorio alla vostra esistenza; i vostri ideali, anche se perseguiti, non calmeranno la vostra sete e comprenderete che non valeva la pena di lottare per essi quanto avete lottato, e sarete nel numero dei disillusi immersi nella piú cupa disperazione.

 

Avrete allora il coraggio di riconoscere che la colpa è solo vostra, di chi si è creato delle illusioni?

 

Ma che cosa volete nella vita. Denaro? Successo? Soddisfazioni? Felicità? Non sperate. L'uomo non è nato per avere questo, è nato per qualcosa di piú importante, che cerca lontano ma che ha vicino a sé, qualcosa che non disillude.

 

Questo qualcosa è ciò che, cambiando l'individuo, cambia la società. I capi sono cambiati, ma la storia è sempre la stessa. Siete voi, tutti voi che dovete essere cambiati.

 

Non lasciatevi influenzare, rinnovate la vostra coscienza, abbandonate il desiderio di sfruttare per accumulare, dell'accumulare per accrescere il proprio io. Questa è la catena della schiavitú che dovete spezzare, che vi rende doppiamente infelici.

 

La felicità è in questa liberazione, in essa è la pace del mondo.

 

                                                                                                                                                                                                                       PAOLO

 

 

E' inutile che cerchiate un capo, un Maestro, un insegnante che possa indicarvi la strada per giungere alla vostra evoluzione spirituale: voi soli nella vita, figli e fratelli, dovete trovare in voi stessi quella maturità che sperate altri vi diano.

 

Taluni sogliono predicare che i tempi sono vicini e che occorre divulgare, coalizzarsi, serrarsi in organizzazioni per istruire l'umanità Ma questo non è sufficiente, i tempi che vivete ne danno la prova.

 

E’ vero che il tempo è vicino e che non sono piú ammesse titubanze, poiché il ritmo naturale dell'evoluzione è aumentato di molto rispetto al passato, ma la predicazione che vorreste, con tanta soddisfazione, fare agli altri, deve essere fatta a voi stessi. Questo è importante.

 

Voi assistete ad un fenomeno che per i puritani è estremamente demoralizzante, avvilente, che ha quasi un colore drammatico: voi assistete al fenomeno della caduta di ogni limitazione, di ogni rispetto umano, di ogni ritegno. In effetti la corruzione dilaga, ma anche questo - caso strano - è stato previsto. No, non è che l'umanità sia retrocessa, o oppositori della legge di evoluzione! E' venuto fuori quello che era dentro e che per tanti secoli è stato soffocato e trattenuto nell'intimo dell'uomo. Ora che i tempi sono maturi, questa intima tensione si sta scaricando, ed ecco che voi assistete al dilagare della corruzione.

 

Ma state attenti: la corruzione, prima che nell'uomo, impera nelle organizzazioni. Ed allora, se non voi direttamente, i vostri figli assisteranno ad un altro fenomeno: l'umanità, dopo un periodo di sbalordimento, di indecisione, si orienterà definitivamente e realmente verso chi le darà la prova di una incorruttibilità, di una dirittura morale reale. E poiché questa non è possibile nelle organizzazioni, ciascun uomo riconoscerà che potrà fare appello unicamente a se stesso, alla propria unità ed integrità morale. Quel giorno beato segnerà l'avvicinarsi della iniziazione generale.

 

Cosí, voi che siete convinti che i tempi sono vicini, siate precursori di questa umanità di cui ora vi parlavo. Siate convinti che non potete fare appello altro che alla vostra dirittura, e non a quella degli altri; che questa dovete cercare di raggiungere, questa dovete instaurare, la dirittura in voi stessi; e non cercarla negli altri. Ciò che potete fare è parlare delle verità che conoscete, parlarne quando trovate la giusta maturità, quando quelle che voi illustrate sono diventate vostre conquiste, vostre acquisizioni.

 

Questo dovete fare: dare lo spunto agli altri di cercare e trovare in loro stessi questa integrità morale, questo retto agire, che sono essenziali per un mondo nuovo, per una evoluzione spirituale.

 

                                                                                                                                                                                                                       KEMPIS

 

Esaminiamo a grandi tratti le linee dell'evoluzione spirituale dell'individuo.

 

Inizialmente l'individuo non ha coscienza di se stesso ed è un centro di sensibilità ed espressione. Fino a che l'individuo non si incarna come uomo, lo scopo della sua esistenza nel piano fisico è quello di costituire i propri veicoli, gli strumenti atti a dargli la possibilità di manifestare se stesso, in altre parole portarlo a quel livello di sviluppo che possa servire all'ulteriore fase dell'evoluzione individuale.

 

Allorché questo livello è raggiunto, l'individuo ha coscienza di se stesso ed è diventato un centro di coscienza e di espressione. Mentre prima era solo un centro di sensibilità, percepiva e rivelava quanto l'ambiente circostante gli faceva percepire: freddo, caldo, sete e via dicendo. Successivamente vi è una individualizzazione ed infatti l'uomo dice: io ho freddo, io ho caldo, e cosí via.

 

A questo punto è facile capire che per l'individuo si schiude un mondo nuovo: il mondo dell'io, il mondo che il senso di separatività gli suggerisce. Cosí l'individuo conosce profondamente e profondamente percepisce l'egoismo, l'avidità, la bramosia di possesso; stimoli che nascono appunto dall'io, dal sentirsi separati da quanto circonda. Questo egoismo inizialmente è violento e si manifesta in forme violente: il furto, l'omicidio, la violenza, perché l'individuo, che non si discosta molto dall'animale, cerca la via piú breve per venire in possesso di quanto è oggetto del suo desiderio.

 

Ed ecco che allora occorrono dei fattori che possano limitare questo richiamo violento dell'individuo in modo che non vi siano dei gravi danni verso altri individui che a lui sono vicini. Voi sapete che vi è una inibizione naturale rappresentata dalla limitazione della libertà di arbitrio dell'individuo quando questi non sia molto evoluto; ma, come sempre, ogni forza è doppia e a questa che risiede nell'intimo dell'individuo, nel suo essere, ne è accoppiata un'altra, la quale invece sta al di fuori dell'individuo, nell'organizzazione sociale in cui l'individuo vive.

Abbiamo allora i tabú, le leggi che non si possono violare, i comandamenti morali o religiosi i quali, sotto la minaccia di un castigo o l'inibizione della paura, vietano di compiere certi atti violenti che l'individuo vorrebbe compiere. Gli individui si costituiscono in società e le società hanno le loro regole, le loro leggi che devono essere osservate per il rispetto reciproco degli individui. Noi vediamo quindi, a questo grado dell'evoluzione, che le istituzioni sociali sono necessarie in modo simile alla limitazione di libertà di arbitrio che risiede nell'intimo dell'individuo.

 

Successivamente, quando l'evoluzione o la maturazione spirituale dell'individuo è tale per cui egli non compirebbe piú atti di violenza per assecondare il proprio egoismo, anche se non vi fossero proibizioni formali, le organizzazioni perdono il loro significato e il loro scopo.

 

Le organizzazioni vanno molto bene per le conquiste umane, per quello che l'uomo non riesce ad ottenere singolarmente in fatto di riconoscimento, in fatto di mete sociali, ma sono contrarie allo spirito stesso della verità e dell'insegnamento quando siano costituite e fondate con l'intenzione di fare evolvere l'individuo. Chi si accosta ad una organizzazione spirituale con lo scopo di evolvere se stesso, di raggiungere una meta, in effetti non fa che assecondare il processo di espansione dell'io.

 

Cosí voi non dovete parlare ai vostri simili per insegnare loro, non dovete sentirvi degli istruttori, ma ciascuno di voi, quando se ne presenta l'occasione, addivenga ad un colloquio con il suo simile per amore verso questo, per seguire quel prezioso impulso che sente di aiutarlo, senza preoccuparsi se il suo simile lo segue, se il suo simile lo giudica evoluto o intellettualmente quadrato, erudito e via dicendo: ma, ripeto, con il solo scopo di dare chiarezza al proprio fratello.

 

Occorre stabilire individualmente questi colloqui, queste intime comunioni, nelle quali il desiderio di primeggiare non esiste, nelle quali esiste unicamente il desiderio di veder tornare il sorriso sul volto del proprio interlocutore, nelle quali non si esige che il proprio interlocutore abbia capito e divenga un neofito, perché in questo caso sarebbe una palese dimostrazione che il presunto altruismo è un moto ambizioso ed egoistico.

 

Non è importante che il colloquio si ripeta. Se il vostro interlocutore avrà bisogno ancora delle vostre parole, sarà egli stesso a chiederlo, non voi ad imporglielo; se il vostro interlocutore sarà beneficato da quello che gli avete detto, sarà lui che vi chiederà di parlare ancora con voi. 

Ma voi non dovete sentirvi lusingati da questa richiesta, imperdocché se cosí fosse sarebbe una chiara, lampante, inequivocabile manifestazione che vi è ancora dell'ambizione che vi muove a parlare. E se anche cosí è, non vi diciamo « tacete », no, continuate pure a parlare perché il vostro interlocutore in ogni modo beneficierà delle vostre parole, sia che siano mosse dall'egoismo che dall'altruismo. 

Però se è l'ambizione che vi muove, siatene consapevoli ed allora vedrete che non vi sentirete piú dei novelli predicatori, dei discepoli prediletti che sono mandati fra gli uomini per catechizzare le masse, ma delle creature che ricercano, come la maggior parte delle altre, un mezzo per avere soddisfazione egoistica.

 

L'individuo è quello che è. Né le organizzazioni, né il prestigio che i suoi simili gli possono accordare, lo accrescono spiritualmente. In effetti, se l'uomo gode presso i suoi simili di una certa rispettabilità, la sua persona ha un peso nei confronti degli altri, una responsabilità nei confronti di chi gli accorda questo prestigio; ma in se stesso l'individuo è quello che è, e se, di peso, noi lo prendiamo dal centro piú o meno ristretto di coloro che gli accordano un privilegio e lo trasportiamo in un altro cerchio di individui dove nessuno lo conosce, l'individuo torna ad essere quello che è, rimane nudo di fronte agli altri, ricco solo della sua ricchezza interiore.

 

Se presso i vostri simili voi godete di una fama, di una notorietà, di un prestigio, siate consapevoli della fiducia che godete, sappiate bene usarla perché è un « talento » che avete e che deve essere speso nella maniera giusta. Chi è ascoltato dagli altri perché, a torto o ragione, è ritenuto in grado di poter dire qualcosa, sia consapevole di questa sua possibilità, di questo suo potere e sappia spendere questo « talento » che ha in piú rispetto agli altri, questo ascendente che ha sulle altre creature, in modo altruistico e a loro beneficio.

 

Se da altri ha ricevuto questa cambiale firmata in bianco, sappia contraccambiare usandola per il loro bene e non per il proprio interesse.

 

                                                                                                                                                                                                                    DALI

 

Continua