Indice di questa pagina

Diversi modi di esistere di un'unica cosa - Tutto è - I due generi del sentire individuale - Gli individui sono già tutti creati -

Spazio e tempo; duplice aspetto dell'illusione - Carattere unitario del Tutto - Capisaldi del concetto delle Varianti -

Determinismo, Contigentismo - Creatività dell'uomo - Sentire akasico - Fasi dell'evoluzione individuale -

Il mondo come rappresentazione - Virtuale frantumazione del Sentire Assoluto - Il dolore - 

Costituzione del Cosmo - Dossier Cosmo -

Diverso modo di esistere di un'unica cosa

 

V' è on episodio biblico che viene richiamato alla memoria ascoltando il nostro dire ed i vostri commenti. Certo che l'esempio non si adatta perfettamente: vi sono dei presupposti alquanto differenti. Ma non posso fare a meno di ricordarvelo, tanto, in certi momenti, il richiamo alla memoria sia così ben suggerito.

E' l'episodio del popolo che vuole giungere là dove è il trono di Dio, nel più alto dei cieli. E comincia a costruire una torre altissima per giungere alla meta prefissa. Ma sopraggiunge la confusione delle lingue per cui ognuno ne parla una per proprio conto e la costruzione che si fondava sulla reciproca collaborazione diviene impossibile.

Ora qua non siete voi che volete carpire i segreti dell'Olimpo, dell'iniziazione più segreta; ma noi, che a forza, vogliamo trascinarvi al di là di quella soglia oltre la quale pochi hanno potuto guardare. E trascinandovi dobbiamo essere preparati ai vostri malumori, alla confusione dei linguaggi, ai rimpianti, a tanti e tanti interrogativi. Eppure vogliamo ad ogni costo spingervi oltre quello che già sapevate.

Ditemi, quale scopo poteva avere il seguitare a parlarvi degli insegnamenti che già avevamo ripetuto a sufficienza?

Tanti sono gli interrogativi che ancora vi attendono. Ma se gli argomenti che abbiamo momentaneamente lasciati - per poi riprendere con un nuovo sapere - vi interessano ancora, altre fonti vi sono che di essi possono parlarvi, continuare a ripetere quello che già sapete.

 

Noi, cercando di sfatare i pericoli di una novella torre di Babele, continuiamo a trascinarvi; a trascinare la vostra comprensione oltre gli schemi di un mondo che già conoscete a sufficienza. Oltre, laddove non è il tempo.

 

Una volta, constatando la differenza di evoluzione che esiste fra gli uomini, trovaste che ciò non era giusto e vi domandaste perché. Cercando di capire le ragioni, giungeste - forse anche dietro nostro suggerimento - alla conclusione che ciò dipendeva da un'ubicazione dei "centri di sensibilità e di espressione" nello spazio. Questa diversa ubicazione conduceva ad un diverso risuonare, ad un cammino più spedito di alcuni rispetto ad altri e così da un'iniziale diversità minima, si giungeva ad un'enorme diversità successiva e quindi a differenti evoluzioni. Oggi noi possiamo dire che oltre ad una diversa ubicazione nello spazio dei "centri di sensibilità e di espressione" prima e di "coscienza e di espressione" dopo, c'è anche una diversa ubicazione nel tempo. Ma quello che prima sembrava un'ingiustizia oggi appare invece eguaglianza. Già perché - aggiungo uno scandalo agli scandali - qua c'è l'eguaglianza perfetta.

Una sorta di comunismo ideale, secondo il quale non vi  sono creature diligenti e sgobbone che mangiano i tempi, ed altre che invece "ripetono", secondo un antico concetto. Quante cose vanno aggiustate alla luce delle nuove Verità! Ma tutte le creature camminano, pressappoco, di pari passo. E non v'è la necessità di attendere l'ambiente favorevole sulla Terra per passare alla successiva incarnazione, ma ciascun individuo, di volta in volta, va, si cala nell'ambiente favorevole alla sua evoluzione.  Ebbene, chi ha "sentito" un ambiente adatto alla sua evoluzione e capace di condurlo un gradino più innanzi, ed ha completato quell'esperienza - cioè ha chiuso una vita sul piano fisico, tirate le somme nel piano astrale e nel piano mentale - non ha più bisogno di attendere che le lancette degli anni trascorrano ed anche dei secoli, a volte, prima di potersi reincarnare, ma trova il suo ambiente favorevole più innanzi, più avanti secondo il senso del tempo fisico; e trova quell'ambiente pronto fino da allora ad accoglierlo per dargli le necessarie esperienze, per aggiungere ulteriore evoluzione. Per fare sfociare il "sentire" da lui raggiunto di grado A, ad un "sentire" successivo di grado A+I.

 

Ecco dunque che quello che fino ad oggi sapevate ha subito un ritocco. Gli ambienti sono sempre pronti a ricevere l'individuo, allo scopo di fare sfociare il suo "sentire" in un "sentire" più esteso. Da un "sentire" precedente ad un "sentire" seguente. E queste parole mi ricordano altre parole dette in altra circostanza, quasi identiche parole. Chissà che i due concetti vicendevolmente non si compendino!

 

Una minima variazione - dicemmo - che avrebbe portato un'enorme differenza. Ed invece noi vediamo che tutti i "sentire" hanno un medesimo grado iniziale: le lettere A che compaiono tutte sulla pagina del racconto in qualunque rigo esse siano dislocate. E poi le lettere B e poi su su, fino a completare il racconto. Ma chi ha il suo "sentire" minimo in questa vostra epoca e completa la sua vita, la sua esperienza, ed è pronto per un altro "sentire" più esteso, non ha bisogno di aspettare che la Terra faccia 3 o 4 o 5 mila giri per poi trovare, sulla Terra stessa, un ambiente a lui favorevole. Non sale in qualche piano in attesa che la Terra giri. L'ambiente a lui favorevole, ancorché ubicato - e questo sempre - in un tempo futuro, rispetto a quello che egli ha lasciato, è lì che lo attende ed è pronto ad accoglierlo non appena potrà immedesimarvisi, indipendentemente da un girar di pianeti che, oggettivamente, non esiste.

 

Questo mi premeva sottolineare. Cose, del resto, che da soli avreste colto, conclusioni che da soli avreste tratto.

Altre Verità s'intravedono, altre considerazioni; l'errata conclusione che ci fa sentire soli pur avendo attorno a sé tante creature. Pensando che il "sentire" delle creature che vedete non sia presente contemporaneamente al vostro "sentire", voi credete, o ritenete, che questo dia un sapore diverso alle vostre

azioni e alla realtà del piano fisico. Ma nessuna differenza, in, effetti, esiste. Parlo più chiaramente: che il figlio S. in questo momento nel quale io "sento" questi fotogrammi, senta anch'esso con me o no, non toglie né accresce niente alla validità di questa mia e sua esperienza. Il fatto che l'esperienza sia vissuta non simultaneamente da coloro che ne sono i soggetti e gli oggetti, non diminuisce valore all'esperienza. L'esperienza rimane integra nel suo significato. Quindi è errato pensare che questo nuovo modo di vedere possa togliere valore alla vita. Se mai lo modifica, perché v'insegna ad agire bene per l'agire bene; perché v'insegna a dare importanza all'intimo dell'uomo e al vostro intimo. 

 

Pensate, se di tutto quello che vi circonda niente fosse vero, ma l'unica Verità fosse l'intimo vostro, voi egualmente evolvereste. Se veramente la sensazione dell'iniziando di sentirsi solo nel Cosmo fosse giusta e reale, egualmente esisterebbe l'evoluzione. Se gli esseri che vi circondano non fossero creature reali, nella loro relatività, ma fossero "simulatori", la vostra esperienza interiore non diminuirebbe di un cubito, sarebbe egualmente valida. Per un astronauta che, senza saperlo, fosse chiuso in una cabina spaziale e vivesse un volo interplanetario simulato - ma simulato così bene da fargli ritenere di essere veramente negli spazi siderali - per quell'astronauta l'esperienza sarebbe egualmente reale e valida. E' dunque importante l'intimo dell'uomo, il suo "sentire", e di ciascuno il proprio.

Se di tutta questa bella assemblea di creature niente fosse vero e reale tranne l'intimo di chi parla, ebbene l'esperienza sarebbe egualmente valida per me. Questa enunciazione non è una curiosità, ma ha un principio di Verità. 

Così se questo fotogramma fosse vissuto solo da chi lo "sente", sarebbe egualmente valido e apportatore di evoluzione per chi lo ha "sentito". Se questo fotogramma, pur essendo vissuto da tutti coloro che in esso sono raffigurati, fosse vissuto singolarmente da ognuno in tempi diversi, a ciascuno porterebbe il suo contributo di progresso, di esperienza; in ultima analisi, di evoluzione.

 

Ciò che arreca al mio intimo evoluzione e sviluppo, non è il fatto che dietro quello che gli occhi di un corpo fisico vedono vi sia o non vi sia, contemporaneamente al mio, un "sentire", ma è il fatto che io viva questo fotogramma. E' il fatto che questo fotogramma contiene per me un'esperienza; come la contiene per tutti coloro che a questo fotogramma si uniscono. Se noi vedessimo gli altri individui che fummo, in epoche passate della nostra evoluzione - parlo con il vecchio linguaggio - senza sapere di trattarsi d'individui appartenenti alla nostra individualità, saremmo convinti trattarsi di tutt'altre creature. Di creature definite "prossimo nostro".

 

C'è differenza fra noi quali siamo, nel modo di esistere attuale, e noi quali fummo nel modo di esistere di allora? La differenza è un diverso modo di esistere. E ciò che mi differenzia, in fondo, dalla figlia Nella o dalla figlia Bettina è un diverso modo di esistere.

Ma se io guardo la serie dei numeri, vedo che ciascun numero, diverso dall'altro, in fondo è un diverso modo di esistere dell'Unità. L'Unità, che ripetuta, moltiplicata, divisa e via dicendo, combinata in modo diverso, mi dà un'entità numerica X la quale è differente da un'entità numerica Y solo perché questa unità - come base ad entrambe - è combinata in modo diverso.

Ma tanto X quanto Y sono un diverso modo di esistere dell'Unità.

Ed allora se l'Assoluto è il Tutto e l'unità, prima serie dei numeri, è l'inizio del tutto-relativo - del relativo - se v'è questa differenza fra lo stato di evoluzione mio attuale ed uno precedente - che è un diverso modo di esistere di allora rispetto ad ora - questo diverso modo di esistere c'è anche fra me e chi mi sta vicino, ma è un diverso modo di esistere di una cosa unica.                

Dunque v'è l'Assoluto, v'è il relativo; tutto ciò che sta oltre il relativo, è un diverso modo di esistere di una stessa cosa.

 

E tutto dunque, in fondo, è una stessa cosa. E' la base comune che è in ciascuna cosa; e come fra me ed il mio diverso modo di esistere - pur appartenente alla mia individualità - nulla v'è di differente se non questo diverso modo di esistere, come nulla di diverso v'è fra me e chi mi attornia se non un diverso modo di esistere, così che ciascuno di noi, ciascun individuo, appartenga o no ad una stessa individualità, non è che un diverso modo di esistere dell'Unità comune, non è che una sua variante, una possibile combinazione dell'Unità. Ed allora come e come giusto suona il Comandamento: "Ama il prossimo tuo come te stesso!".

 

Tutto è!

 

Come si fa per conoscere qualcosa che si scopre? Uno scienziato, un chimico, ad esempio, che abbia scoperto un nuovo elemento, cercherà di capirne la valenza, il peso atomico, insomma lo sottopone ad una misurazione. Misurare, definire un qualche cosa significa paragonarlo, inquadrarlo, con quello che già si conosce; insomma rendere assimilabile il nuovo, paragonandolo al vecchi.

Quando, dunque, si conosce un nuovo concetto, si cerca di coglierne il significato paragonandolo a ciò che sapevamo. Quando udite qualche nuova Verità, ecco che subito, per capire la differenza che v'è fra questo nuovo ed il vecchio, ponete le due Verità l'una accanto all'altra per confrontarle; e la nuova sarà tanto più comprensibile quanto più la si potrà ravvicinare a quella che già si è conosciuta, non dico "assimilata" per posta in pratica, ma assimilata per capita, perché di essa si è divenuti padroni.

 

Ora, a chi vuole restare in pace con la propria coscienza, a chi non vuole aver turbati i propri sonni nel pensiero di aver perduto del tempo ieri, per imparare delle Verità così prestamente e facilmente superabili, noi diciamo: "Non vi impaurite, state tranquilli, il nuovo è abbastanza vicino al vecchio. Noi progrediamo vicino al vecchio. Noi progrediamo per piccoli passi; piccoli passi, sfumature in avanti appena appena percettibili".

Un esempio di questa mia affermazione possiamo averlo confrontando quanto ora sapete del Cosmo con quanto sapevate.

Non c'è stata una ritrattazione, ma un approfondimento. Un tempo vedevate un Cosmo, oserei dire, indipendente dall'Assoluto; sì, era una Sua emanazione, ma in sostanza l'Assoluto - se fosse stato un vecchio barbogio seduto in trono - avrebbe potuto dire: "Il Cosmo è circa alla meta della sua esistenza".

Questa, naturalmente esagerando, era la conclusione che si poteva avere secondo quello che conoscevate. Ma che cosa è successo? E' successo che questo Cosmo, nel suo insieme, particolarmente per il piano fisico, il piano astrale e il piano mentale, non ha più una sua vita indipendente, ma vive ogni qualvolta gli individui si legano a certe situazioni (fotogrammi) unitarie fisse. Quindi non più una vita, ma innumerevoli vite, una per ogni volta che questi fotogrammi sono percorsi da un individuo.

 

Abbiamo visto che questo percorrere fotogrammi corrisponde ad un "sentire" nel piano akasico. Questa visione d'insieme muta un po' il concetto che ci eravamo fatti. Ma certo che secondo l'esempio fatto possiamo ancora vedere questo Padre Eterno che dice: "Il Cosmo fisico, astrale e mentale è lì fermo, non ha più un suo movimento autonomo e, direi, oggettivo nella sua  relatività, però c'è uno scorrere ancora, ed è lo scorrere del "sentire degli individui". Lo scorrere non è più nel piano fisico, astrale e mentale, ma è nel piano akasico, per cui io Padre Eterno, anche non servendomi dei miei poteri di onniscienza, dando una guardatina a questo Cosmo, vedo che gli individui stanno "sentendo" tutti contemporaneamente, a qualunque razza essi appartengano, da incarnati, in qualunque tempo essi nel Cosmo siano ubicati nel fare delle esperienze, vedo che tutti hanno un "sentire" X. Per cui posso dire che lo scorrere, la teoria del "sentire", è pressappoco a metà del suo cammino".

Eh no, figli e fratelli, no, non può essere neanche così!

Allora vi abbiamo enunciata la Verità del "sentire" chiuso e limitato ma unitario che crea l'idea di una successione nella sua esistenza, l'illusione di qualcosa che trascorre.

 

In effetti il Cosmo, sia esso fisico, astrale, mentale o akasico, è tutto lì. Non è più neppure quindi che trascorra, sviluppi l'individuo nel piano akasico, ma nel piano akasico - pur non essendovi fotogrammi secondo il concetto classico che noi vi abbiamo illustrato, come nel piano fisico astrale e mentale - vi sono le teorie dei "sentire individuali", ciascuna facente capo ad una individualità.

Niente in sostanza trascorre. E di fatti come sarebbe possibile ubicare nell'Eternità, nel non tempo, l'inizio di uno scorrere di "sentire individuale"? Sarebbe impossibile. Dunque quello che noi sentiamo trascorrere, come essere ad un punto, rispetto all'Assoluto, non è più così. Esiste tutto. "Ma allora - direte voi - perché noi percepiamo come un trascorrere? Come passare da un antecedente e tendere ad un seguente? Come "ora" e non "prima" e non "dopo"? Perché di per sé il "sentire relativo", chiuso, limitato, non può che rivelarsi così: un "sentire" definito non può che esistere e sussistere in questi termini. Collocare questa sensazione illusoria di "ora" nella Realtà che è priva di tempo e di spazio è assurdo: significa non comprendere il concetto di Realtà".

 

Qual è l'ulteriore piccolo passo avanti? E' che comprendiamo che oggettivamente possiamo solo dire: tutto è. E allora quale significato può avere un Cosmo, emanazione dell'Assoluto, quasi avulso dell'Assoluto? Dobbiamo dire che il Cosmo è nell'Assoluto, è parte dell'Assoluto. Quanto vecchie e nuove suonano queste parole se si comprendono veramente! Tutto è nell'Assoluto, anche quello che chiamavamo "relativo" non è che un aspetto dell'Assoluto ed è nell'Assoluto. Niente trascorre. Dov'è valida questa Verità, solo nell'Eterno Presente? No. Niente trascorre in senso assoluto. L'Eterno Presente esiste come un ente a sé, depositario del Tutto, nel quale Eterno Presente niente muta, trascorre, passa, si aggiunge, si accresce; ed esiste, poi, un Cosmo nel quale tutto muta, passa, trascorre, cresce? No.

L'Eterno Presente non è che lo stato d'essere, di esistere del Tutto. Il Cosmo stesso - visto dall'Assoluto, cioè al di fuori dell'illusione che lo fa apparire come definito, come trascorrente e come accrescentesi -  il Cosmo stesso è Eterno Presente.  Il relativo stesso è sempre, senza tempo, è senza fine.

Questi limiti, questi confini del Cosmo, che eravamo abituati a collocare in modo preciso per aiutarci nella comprensione, questi confini che servivano a dividere il bene dal male, il bello dal brutto, il relativo pieno di brutture, di storture, di cattiverie, dall'Assoluto tutto meraviglia e bellezza, questi confini cominciano a sfumarsi, a cadere.

 

Cade forse tutto? No! Il Tutto acquista un significato più aderente alla Realtà, il Tutto acquista un senso più  proprio.

Ecco che si deve parlare di un Tutto unico, di tutti i Cosmi nell'Assoluto, intessuti, sangue del sangue dell'Assoluto. Carne della carne dell'Assoluto, dove l'illusione esiste solo nel momento in cui dall'Assoluto ci si circoscrive, ci si isola, ed allora solo si diventa relativi, ed allora solo nasce il tempo, acquista un senso lo spazio, un senso di trascorrere. Solo allora è emanato il relativo, solo allora il limite vige; ma quando è possibile creare un momento, che significa un tempo, laddove il tempo non esiste? Quando è possibile circoscrivere qualcosa, laddove la circoscrizione non ha senso?

Questo che io vi dico ha solo significato accademico, solo significato per comprendere, non altro. Non c'è un "ora", un "qui", nell'Assoluto. Non può esistere questo, non può esistere un punto nell'evoluzione degli individui, nell'Assoluto. Questo trascorrere, questo passare, questo attendere un futuro, rimpiangere il passato, sentirsi qui e non là, non è, figli e fratelli, che un'illusione. Un'illusione del  "sentire individuale" il quale, per così chiamarsi, così e solo in questo modo può sussistere. Ecco dov'è l'Unità del Tutto.

 

Io vi auguro, con tutto il mio amore, che possiate intravedere che cosa si nasconde oltre il suono povero e misero di queste parole.

Vi amo e vi benedico.

 

I due generi del sentire individuale

 

Dobbiamo intenderci su cosa significa "sentire". Una volta voi avevate le idee chiare in proposito: il "sentire" era "sentimento", il resto era sensazione, emozione, pensieri. Da quando abbiamo preso a parlare dei fotogrammi, non potevamo conservare questa distinzione senza avere una grande difficoltà nell'esprimerci. Ed allora abbiamo usato il termine "sentire" in senso lato, che comprende cioè sensazioni, emozioni, ricordi ed anche sentimento.

Quando noi diciamo "sentire dell'individuo" intendiamo quella percezione individuale che comprende sensazioni, emozioni, suscitate anche dai sensi del corpo fisico, desideri, pensieri, ricordi e sentimento, cioè coscienza, cioè grado di evoluzione raggiunto.

 

In questa elencazione va tenuta presente una distinzione fra i tipi di movimenti interiori dell'individuo, ovvero il "sentire individuale" è di due generi: il primo comprende tutti quei movimenti legati alle situazioni contingenti in cui si trova l'individuo ed alla sua consapevolezza come sensazioni, desideri, pensieri; il secondo è comprensivo del suo essere reale. In altre parole il secondo genere di "sentire individuale", è quello che chiamavamo sentimento, cioè coscienza individuale o evoluzione raggiunta. 

Questo "sentire" non è legato alla situazione del momento nel senso che esiste al di fuori di essa. E' il vostro vero essere che non è così perché legato al ricordo di esperienze avute, ma è così perché proveniente dalle situazioni vissute ed assimilate. Il ricordo può scomparire, ma quando l'esperienza è assimilata la coscienza individuale è accresciuta anche se la cronaca dell'avvenimento non si ricorda più.

Questo secondo genere di "sentire" non è legato alla consapevolezza dell'individuo, voi ben lo sapete: pochi conoscono se stessi, pochi hanno consapevolezza del loro vero essere che si rivela diverso da quello presunto (sovente assai peggiore).

 

Allora, quando noi parliamo di "sentire individuale" intendiamo questi due generi di "sentire": l'uno legato alle situazioni contingenti (fotogrammi) e proveniente dai veicoli grossolani dell'individuo, l'altro rappresentato dal grado di coscienza individuale (evoluzione) raggiunta. L'esistenza del "sentire individuale" è contenuta in una scala che comprende ad un  estremo un "sentire" minimo, all'altro estremo un "sentire" massimo. Naturalmente dei due generi del sentire individuale quello che si amplia notevolmente secondo questa gradualità è il sentire di coscienza.

 

Adesso parliamo del "sentire dell'individualità". Voi già sapete che il sentire dell'individualità è il percepire tutto ed in un solo attimo eterno la gradualità del sentire individuale, cosicché possiamo dire che il sentire dell'individualità non comprende tanto le situazioni contingenti, quanto le varie fasi di

costituzione della coscienza individuale percepite tutte assieme.

 

Per questo motivo parlandovi anni fa dell'individualità vi dicemmo che il suo ciclo di esistenza è unico, cioè non presenta varianti, qualunque sia la strada scelta dall'individuo. Del resto ciò è facilmente comprensibile: quando l'individuo ha la possibilità di scegliere, le due strade che rappresentano questa possibilità si equivalgono ai fini del raggiungimento di un grado maggiore di coscienza. Siccome il sentire dell'individualità corrisponde al sentire tutti assieme i gradi della coscienza che via via l'individuo raggiunge, voi comprenderete come il sentire dell'individualità non contenga essenzialmente il sentire contingente dell'individuo.

Le considerazioni che ho fatto servono per introdurci al problema del libero arbitrio e delle varianti. Credo che abbiamo enunciato a sufficienza i tipi di libertà goduta dall'individuo.

 

L'argomento deve essere ripreso per esaminarlo alla luce della Verità dei fotogrammi, per così chiamarla.

Infatti voi avete compreso il principio delle situazioni cosmiche e della non contemporaneità del sentire individuale, ma lo avete fatto ponendo da parte la possibilità di scegliere degli uomini che nel momento avrebbe complicato la possibilità di comprensione degli altri principi.

Infatti, se noi ammettiamo che la nostra vita non si realizzi man mano che noi viviamo, ma sia già tutta realizzata e che noi la viviamo quando in qualche modo veniamo a contatto con ciò che già esiste, possiamo facilmente comprendere anche che altri nostri simili, che intrecciano la loro esistenza con la nostra, possano vivere la loro (nel modo suddetto) non contemporaneamente alla nostra. Ma quando in tutto ciò s'inserisce la possibilità di tutti di scegliere, poco o tanto che sia, come è possibile che tutto sia già realizzato?

 

Vi abbiamo allora accennato alle cosiddette varianti: cioè quei rami doppi delle esistenze individuali che esistono laddove l'uomo ha la reale, cioè non presunta, possibilità di scegliere.

Dobbiamo però fare un esempio pratico per comprendere come queste varianti si inseriscono nell'esistenza degli altri.

Nella comprensione di questa Verità, come non mai, vorremmo che riusciste da soli. Ripeto: niente viene di volta in volta creato; nessuna situazione è creata lì per lì, a seguito di un'altra situazione precedente. Ma già tutto esiste ed una situazione viene scelta in funzione della scelta che si è fatta precedentemente.

Fino a ieri voi credevate che di volta in volta il Cosmo crescesse, maturasse, sviluppasse. Oggi voi sapete che il Cosmo esiste da sempre e per sempre in tutte le sue fasi di sviluppo.

Altrettanto è per la vita degli individui, ogni situazione è già esistente nel senso che non si attende che l'individuo abbia scelto una situazione precedente per concretizzare la seguente; ma già tutto esiste ed è l`individuo che, in forza di una scelta precedente, opera una scelta successiva già realizzata. Esistono passaggi forzati, serie di fotogrammi le quali, una volta imboccate all'inizio, non possono che condurre alla fine, ma esistono anche le varianti. Se la variante interessa due individui, può essere vissuta solo da una di queste due creature.

 

Nello spiegarmi più chiaramente debbo affermare cose che in realtà non si riscontrano così recisamente, ma debbo farlo per farvi intendere.

Supponiamo che in una serie di fotogrammi siano rappresentate due creature: un mendicante ed uno che passa a lui di fronte. A questo punto nasce una variante: che cosa succede?

La creatura che passa di fronte al mendicante può scegliere fra fare l'elemosina o non farla. Fare l'elemosina è un fatto materiale, cioè togliere, da una certa quantità di monete in una borsa, una moneta e passarla nelle mani del mendicante. Ecco della variante la prima serie di fotogrammi (guardate che quando parliamo di serie di fotogrammi non intendiamo queste semplici azioni, ma tutto un insieme, un complesso che può occupare gran parte di una vita di un individuo, ma qua siamo per semplificare): la creatura passa davanti al mendicante e fa l'offerta, cioè toglie delle monete dal suo portamonete e le passa al mendicante. Seconda serie di fotogrammi: passa di fronte al mendicante e tira di lungo, quindi le monete rimangono nel borsellino.

Che cosa succede?

 

Voi sapete che non esiste la contemporaneità del "sentire" per cui il mendicante vivrà, "sentirà", percepirà, si immedesimerà in una di queste due serie di fotogrammi in un tempo per così dire non contemporaneo all'altra creatura che passa di fronte a lui. Supponiamo che la serie dei fotogrammi sia vissuta prima dal mendicante e che egli debba ricevere quelle monete per un suo buon karma. Allora, il 27 novembre, giorno credo di riscossione per molti umani in questa vostra città, in questo giorno preciso del calendario - che però può essere vissuto in tempi diversi da ciascuno di noi pur essendo sempre il 27 novembre - il mendicante deve avere questo karma buono: ricevere certe monete. 

Quando questa scena del Cosmo sarà "sentita" dal mendicante, egli vedrà passare davanti a sé quella persona di cui dicevamo prima che essa tiri fuori dal suo borsellino delle monete e gliele passi. E' chiaro fin qui?

Ma che cosa succederà quando questa serie di fotogrammi sarà "sentita" dall'altro personaggio in essa raffigurato - che può anche del resto essere "sentita" contemporaneamente al mendicante, noi abbiamo cercato di complicare l'esempio - se il secondo personaggio, che dovrebbe donare, invece per un moto egoistico, imbocca l'altra serie di fotogrammi e non dà le monete? Come tornano i conti? Il mendicante avrà avuto il suo denaro, denaro che spenderà o che forse seppellirà, ne farà quello che vorrà. L'altro invece se lo terrà stretto nel borsellino. Ciascuno dei due personaggi, pure essendo rappresentato in un episodio comune, ha seguito una soluzione diversa.

Domanda - Ma il 27 novembre che cosa è successo?

Risposta - Per uno è successa una cosa, per l'altro un'altra.

Meditare su questo esempio. La soluzione, cioè la realtà di come ciò accade, dovete guadagnarvela.

 

Gli individui sono già tutti creati

 

Quello che noi vi diciamo non trova immediato riscontro in voi: è logico deve essere prima capito. Così la Verità della non contemporaneità nella percezione delle situazioni cosmiche da parte di più individui di differente evoluzione, ora che comincia ad essere intesa, vi lascia perplessi. Eppure è già un po' che l'abbiamo enunciata.

Una volta quando non era posto il problema del divenire del mondo che osserviamo in relazione all'Essere di Dio che non può intendersi perfettibile in quanto già perfetto, non esistevano difficoltà di comprensione. Il tempo astronomico che voi conoscete poteva avere quasi un valore oggettivo. Infatti l’Assoluto secondo quello che credevate di aver capito allora, avrebbe potuto dire a che stadio di sviluppo si trovava il Cosmo con tutto il suo contenuto.

 

Questa escrescenza che voi ritenevate il Cosmo che ad un dato momento dell'eternità veniva emanata da Dio, poteva misurarsi oggettivamente se non altro rispetto al suo riassorbimento. Poteva dirsi a quale punto del suo ciclo di manifestazione si trovava prima di scomparire dalla scena oggettiva.

La creazione degli individui era un fatto continuo da parte della Divinità. Questo è quello che avevate capito interpretando l'Assoluto con la chiave del relativo. Senza pensare che, secondo questo errato concetto, l'Assoluto aveva un prima ed un dopo, era una quantità in continua crescita.

 

Noi vogliamo distruggere questo errore che è non solo in voi, ma in tutti coloro che credono in Dio ed in qualche modo  se lo raffigurano.

Per portarvi all'esatta comprensione della Natura Divina - meta ancora lontana - abbiamo cominciato a dirvi che il Cosmo non nasce vive e muore come pensavate, ma che questi sono eventi che compaiono nella rappresentazione di esso. Il Cosmo esiste sempre e da sempre. Esistono, quindi, i tempi per voi trascorsi e quelli a venire. Gli individui sono quindi tutti già creati e lo sono da sempre e per sempre. Le razze che sono ubicate nel vostro futuro non debbono aspettare che sia trascorso il tempo astronomico per esistere, vivere, evolvere. Esistono, vivono, evolvono con voi e contemporaneamente a voi, ma forse è più preciso dire all'unisono con voi.

 

Per l'individuo vivere significa sentire. La natura del sentire individuale è tale che rende l'idea di un "provenire da," e "volgere a"; è un "sentire" finito, limitato. I suoi limiti sono la causa della separatività dal tutto, del percepire un "ora" dopo l'altro, di sentirsi "io" in confronto al "non io".

Tutti i "sentire" compresi nella lunga esistenza di un individuo che contiene "sentire" semplici e "sentire" complessi, sono allineati con gli analoghi "sentire" degli altri individui.

Ho detto che vivere significa "sentire", allora posso dire che se c'è un "ora" questo sta a significare solo che con il mio vibrano tutti i "sentire" di analoga natura, appartengono essi ad individui ubicati nel passato o nel futuro astronomico.

 

Questa affermazione inizialmente ci porta a delle considerazioni che ci lasciano assai perplessi. Le vite inferiori che rispecchiano un "sentire" più semplice di quelli relativi alle vite umane sono dunque già trascorse rispetto alle vostre o comunque non vibrano all'unisono con voi. Dunque questa scena del mondo che voi percepite mentre udite queste parole, da altri è già stata vissuta e sentita in modo analogo a come voi la vedete ora, anche se con altro "sentire". Allora le vite dei Santi di cui avete udito parlare e che fanno parte del tempo passato, rispecchiano dei "sentire" più complessi, appartenendo ad individui più evoluti, in relazione ad un "ora" riferentesi al mio "sentire", non sono state ancora percepite, sentite!

 

Certo che è così. Ma questo ha un valore relativo. Il fatto che Francesco d'Assisi, Buddha o Cristo siano individui di grande evoluzione e quindi di grande "sentire" secondo la scala che abbiamo accennata e perciò non contemporanei a noi nella percezione del mondo, ha valore solo per Loro, non per la nostra esistenza. Chi avesse la beata ventura d'incontrarsi con queste figure potrebbe forse dubitare della Loro vitalità?

Ma oltre a ciò esiste un'altra ragione ben più valida ed è che nessuna separazione in realtà esiste, né di spazio né di tempo. L'unica separazione nasce dal sentirsi separati.

I limiti dello spazio e del tempo nascono dalla natura limitata del sentire individuale. Il sentire che voi ora percepite è la realizzazione nell'eternità di un frammento di coscienza.

Ma tutti i frammenti esistenti, semplici o complessi che siano, anche se vibranti all'unisono solo per gamme di sentire, in ultima analisi esistono da sempre e per sempre in una comunione inseparabile.

 

Spazio e tempo, duplice aspetto dell'illusione

 

Non possiamo, per non turbare i vostri animi, per essere rispettosi delle vostre opinioni, tacere. Se dobbiamo continuare a parlarvi, dobbiamo continuare a dirvi delle cose nuove, altrimenti basterebbe rileggere quello che con tanto amore, con tanta passione, avete già raccolto. Parlare, quindi, a costo di scandalizzarvi.

Quale aspetto può avere il piano akasico sì tanto diverso dagli altri piani del Cosmo, dove la sola forma che esiste è il "sentire"? E quale aspetto può avere questo "sentire"? Il piano akasico, pur appartenendo al Cosmo, è qualcosa di molto diverso dal piano fisico, dal piano astrale, del piano mentale.

Solo per darvi un'idea della diversità del trascorrere del tempo e dello spazio nel piano fisico in confronto alla successione, allo scorrere del tempo nel "mondo degli individui"-  solo parlando di questo - quanto  imbarazzo e quanto logorio vi abbiamo procurato! Ma certo siamo qua per questo e, pietra su pietra, cercheremo di ampliare le vostre conoscenze.

 

Nel piano akasico esiste qualcosa di simile al tempo perché v'è uno scorrere; e anche se questo scorrere è generato dalla natura stessa del "sentire", che dà l'idea di provenire da un "sentire" precedente e dello sfociare in un "sentire" seguente, cioè se anche - nel piano akasico - questo trascorrere è un'illusione nei confronti della Realtà, pur tuttavia agli effetti della percezione soggettiva esiste questo scorrere, c'è questa sorta di tempo, tanto per così dire. E c'è dunque spazio, perché lo spazio ed il tempo - sia pure in forma diversa - esistono ed imperano in tutto il Cosmo come enti inscindibili anche se profondamente diversi da un piano all'altro. In ultima analisi, che cos'è che differenzia un piano dall'altro, se non lo spazio e il tempo i quali non sono che il duplice aspetto di una stessa cosa; di una stessa illusione avente duplice faccia?

 

Nel piano fisico, sembra che il tempo trascorso cada nel nulla e non sia più esistente, che lo spazio possa contenere una quantità finita di corpi. Invece, quante volte esiste questo tempo nel piano fisico! Tutte le volte che questo fotogramma è "sentito" da qualcuno che in questo fotogramma è raffigurato, tutte le volte che una creatura rappresentata in questo fotogramma finalmente lo percepisce, la data di oggi, vive, esiste. E questo spazio? Possiamo parlare di spazio se nel Cosmo esistono contemporaneamente tutti i tempi? Dunque lo spazio quante volte si sdoppia, centuplica? Quante volte! Spazio e tempo non sono che il duplice aspetto di una stessa entità illusoria. 

 

Ogni piano ha un suo spazio ed un suo tempo, ed i piani si differenziano per questo. Spazio e tempo sono strettamente legati alla densità della materia; tuttavia essi acquistano realtà ove è la sede della percezione, il "sentire individuale". Lo scorrere dell'orologio e il misurarsi dello spazio nel piano fisico ad opera degli individui - perché sono solo gli incarnati nel piano fisico che, dentro di loro, creano lo spazio ed il tempo del piano fisico - avviene solo ed unicamente in funzione dello scorrere del tempo nel piano akasico, nel "mondo degli individui". Perché è là che viene scandito, in qualche modo, il tempo cosmico, l'unico che ha parvenza di scorrere, sia pure illusoria. E' là che è scandito il ritmo dell'evoluzione. Quando è l'era del "sentire" A, tutte le creature esistenti percepiscono il loro "sentire" A nel piano fisico, ovunque questo sia collocato: misurano lo spazio nel quale è il corpo fisico, e leggono il tempo, la data nella quale essi vivono. Così è per i "sentire" successivi, intendendo per successivi i più complessi.

Se dunque una successione convenzionale noi dobbiamo mantenerla per non vedere crollare tutto, questa è l'unica alla quale possiamo momentaneamente appoggiarci.

 

Carattere unitario del Tutto

 

In un'epoca in cui molto si parla di viaggi cosmici, vogliamo anche noi compiere un viaggio immaginario, sulla base di quello che vi abbiamo detto: dall'Eterno Presente - se ciò fosse possibile - vogliamo dare un rapido sguardo al Cosmo, per scoprire il senso e la portata delle varianti.

Se del Cosmo esiste già tutto, nell'ipotesi che adesso ponevo di questo viaggio immaginario, quale paesaggio troveremo? E' chiaro che dovremmo fissare la meta del nostro peregrinare, cioè dovremmo fissare in quale punto ed in quale tempo approdare.

Infatti, poiché tutto esiste già, non troveremo l'epoca che voi state vivendo, ma tutte le epoche. Ponendo di scegliere questo tempo e questo spazio, noi troveremmo una staticità dell'esistente e non percepiremmo movimento se non limitassimo la nostra attenzione a ciascuna situazione ed al moto che queste situazioni avviano, da una all'altra. Solo allora troveremmo il movimento che voi percepite ora.

 

Dunque Eterno Presente e Cosmo non sono poi tanto lontani fra loro. Per entrare nel Cosmo si tratta di limitarsi, limitare la propria percezione alla situazione che si desidera seguire, perché tutte le situazioni esistono già. Così pure se volessimo visitare il piano akasico, dovremmo scegliere a quale punto di successione dei "sentire" noi vorremmo fissare la nostra attenzione; altrimenti egualmente troveremmo una situazione statica perché il moto - quale voi lo conoscete e lo "sentire" - nel senso assoluto non esiste.

 

Voi sapete che la successione nel piano akasico si chiama passare da un "sentire" elementare ad un "sentire" in forma più intensa, che avviene contemporaneamente per ogni individuo, perché tutto ciò che è equipollente, vibra, agisce, svolge la sua funzione nello stesso modo. Da qui nasce la contemporaneità del "sentire" nel piano akasico. Se nel piano akasico esistono tante forme di  "sentire", dalla più semplice alla più complessa, e illusoriamente sbocciano, tanto per dire qualcosa, ciò non può che avvenire contemporaneamente per ciascun grado di "sentire" analogo. Non vi sarebbe motivo che "sentire" equipollenti esistessero in modo diverso. Due corde di violino che siano accordate sulla stessa nota, vibrano all'unisono. Tanti sono gli esempi che potremmo fare; ma credo che non vi sia bisogno d'altro per comprendere questo concetto.

 

Nel piano akasico ogni "sentire" individuale è presente e di ciascun individuo la gamma completa. Come nel piano fisico, ogni fotogramma rappresentante i veicoli fisici di ciascun individuo è presente. 

Lo scorrere, ho detto, si ha solo se si limita l'attenzione a ciascun fotogramma ed al movimento cui questo fotogramma induce. Così la vibrazione del "sentire" nel piano akasico avviene in modo analogo; ogni "sentire" è presente, ma è per sua natura che induce e sfocia in un "sentire" successivo. In forza di un "sentire" alla volta nasce lo scorrere del "sentire" nel piano akasico; che, come abbiamo visto, dà luogo alla vita di "sentire" in tutti gli altri piani: di sensazione, di emozione, di pensiero, di sentimento. Alla vita dell'individuo, in parole povere.

Se dunque noi vogliamo scendere nel piano akasico, dobbiamo fissare la nostra attenzione ad un livello di  "sentire" e legarci a quello per seguirne lo scorrere. Ed allora vedremmo che l'aspetto del Cosmo acquista tutto un significato diverso, una luce assai differente. Mentre da uomini vedevamo una serie di avvenimenti scorrere contemporaneamente, cioè secondo l'epoca e lo spazio scelti, adesso non più: adesso vediamo che tutte le epoche e tutti gli avvenimenti sono ricettacoli di "sentire".

 

Individui ubicati in tempi e spazi diversi, sentono contemporaneamente, giacché il "sentire" equipollente vibra all'unisono.

Così Tizio dell'antica Roma, vive e "sente" contemporaneamente al rag. Rossi della vostra epoca.

A questo punto, quale significato può avere la variante? Se tutto è già, come si può parlare di libertà dell'uomo? Certo tutto esiste già, non v'è dubbio su questo. E' una deduzione logica, forse di altri postulati: ma certo che ha una sua valida spiegazione. Se l'Assoluto è il Tutto, tutto sa, tutto conosce, tutto comprende; anche le nostre scelte dunque esistono già.

Ma siamo poi sicuri che dire: "poiché tutto esiste già" vuol dire che io non ho scelta alcuna? Siamo sicuri che dire: "tutto è già esistente" significa che l'individuo non abbia libertà? E' questa, infatti, una deduzione errata, perché ho detto or ora che Dio non ha, ad un certo momento - momento che non può esistere - emanato o creato il Cosmo. Il Cosmo è esistito da sempre. L'inizio e la fine del Cosmo sono nell'ambito stesso del Cosmo, perché il Cosmo è limitato ed ha un inizio ed una fine; ma ciò non ha riscontro nell'Eterno Presente.

 

Se Dio avesse emanato il Cosmo nel senso che le religioni danno al concetto della Creazione, questa non potrebbe essere avvenuta che in un solo attimo. E l'attimo in cui il Tutto avrebbe emanato il Tutto, comprese le vostre scelte, le avrebbe emanate quali voi le vivete, non in base ad un suo disegno, ma in base alle vostre scelte. Non è un sillogismo. Dunque voi che scegliete, non seguite un disegno di Dio. Piuttosto è giusto il contrario: il disegno di Dio è quello che è in base alle vostre scelte. La cosa, come vedete, è molto diversa.

 

Dire che tutto esiste già, non significa dire che l'uomo non ha scelta. Dobbiamo dire che tutto esiste già in funzione ed in virtù delle scelte dell'uomo, degli individui.

"Come? - voi direte. - Ma noi ancora non le abbiamo operate queste scelte!". Non ha alcuna importanza, ripeto. Nella mente dell'Onniscienza non esistono questi limiti. Tutto è stato fatto secondo un disegno che lascia all'uomo una certa libertà.

I limiti di questa libertà voi li conoscete.

Ma come può allora esistere una variante se già tutto esiste?

Ma per dire, e per essere, che l'uomo esista e viva e "senta" nei limiti della sua libertà relativa, è necessario che questa libertà di fatto si concretizzi nel Cosmo. Per dire che l'uomo ha una certa libertà, il Tutto deve esistere nella misura di questa libertà. Per dire, per esistere un Kempis che ha la possibilità di fare una scelta, deve esistere nel Cosmo un'azione e la sua variante; ovverossia offrire questa possibilità di scelta, anche se già esiste la scelta che io farò. Ripeto: tutte le volte che l'individuo ha la possibilità reale e concreta - non facente parte quindi di quella libertà illusoria che decuplica la libertà individuale - di poter fare un'azione o non farla - dunque anche quelle azioni che rientrano nella sua libertà relativa spuria - esiste una variante. Il duplice svolgimento degli eventi è egualmente vivente ed esistente.

 

Allora quale peso ha mai seguire l'una o l'altra versione nei riguardi dell'esistente? Vedete come tutto sembra disperdersi! Come questo unico Cosmo sembra ancora una volta diventato una sfera dalle mille sfaccettature che tutte rispecchiano una storia diversa e che scompongono, così, la Realtà in tante immagini l'una differente dall'altra? Questa non è la visione esatta perché il Tutto ha una Sua unicità e tutto, alla fine, conserva un carattere unitario.

E' vero, può accadere - debbo dirlo? - che un fatto che voi considerate avvenuto in un modo, sia da altri vissuto in un modo diverso. Che un colpevole, visto da centinaia di testimoni, in effetti sia innocente, perché ha vissuto una versione diversa dell'avvenimento. Ed allora, come giudicare? Voi stessi avete convenuto che l'uomo non può, non ha gli elementi per giudicare.

 

Non smarritevi in questa realtà che sembra sfuggirvi. Non temete di perdervi. Pensate come tutto è stato fatto in modo perfetto. Pensate come tutto è stato fatto nel rispetto di una vostra libertà, anche se questa libertà vi viene concessa gradualmente per il vostro stesso bene. Pensate a quante cose nuove avete conosciute che vi sono state date in modo, forse, incredibile. Pensare a come gli eventi nascondano substrati, conoscenze, fatti, fattori, influenze diversi. Ed abbiate la forza di non smarrire la ragione.

 

                       * * *

 

Chi è qua presente questa sera è in un numero esatto.

Questo numero è il risultato ben preciso delle vostre presenze.

Qua vi sono coloro che debbono venire e coloro che hanno libertà di scegliere di venire o non venire. Mancano coloro che non debbono venire. Questo fotogramma sarà vissuto certamente da coloro che debbono venire; probabilmente da coloro che hanno la libertà di scegliere di venire. Non sarà vissuto, logicamente, da coloro che non debbono venire, e qua quindi non sono rappresentati.

                                                    X

 

Capisaldi del concetto delle varianti

 

Ricordo che una volta fece scalpore - ma non tanto quanto queste ultime Verità - la nostra affermazione che alcuni che credete morti sono vivi ed altri che credete vivi sono morti.

Allora parlavamo dei sepolti vivi e dei pazzi; delle morti e delle vite apparenti. Dicevamo che certe forme di pazzia sono in effetti forme di morte, perché dietro quei corpi fisici, astrali, mentali istintivi, non si nasconde un "sentire", un'anima, un individuo. Sono quindi morti-viventi, che così sono per karma di familiari o di società.

Ora, conoscendo ciò, non deve destarvi meraviglia il fatto che il "sentire" non sia contemporaneo e che l'interlocutore che vi sta di fronte e che parla con voi, che risponde a tono alle vostre domande, che dimostra le sue emozioni, che è vivo in parvenza, possa "vivere" ciò che voi vivete in modo sfalsato rispetto a voi; possa averlo "sentito" prima, o "sentirlo" successivamente, o addirittura non "sentirlo" mai. Il processo è equivalente.

E come nella pazzia furiosa l'individuo sta al di là, non è legato a quel veicolo fisico che voi conoscete pazzo, ma se ne vive nel piano akasico altre esperienze, così l'interlocutore che voi vedete "sente" altri fotogrammi, diversi da quelli che voi in questo momento state  "sentendo". Cioè quel capitolo della sua vita individuale che s'incrocia con il vostro, e che voi ora state leggendo, sarà da lui, o è stato da lui vissuto, "sentito" in un momento, non contemporaneo a voi. 

 

Conosciute queste Verità, la realtà fisica non cambia; voi avete sempre di fronte a voi le creature che avete. Se pensate che il suono impiega un certo tempo per percorrere uno spazio, voi già vedete che - senza ricorrere al concetto dello sfalsamento del "sentire" individuale - già nel concetto della comunicazione che avviene attraverso alla parola nel piano fisico, impera una diversità di tempi. Dal momento in cui l'ugola mia - o quella che mi è prestata - emette dei suoni, fino a quando questi giungono ai vostri orecchi, passa un tempo, perciò esiste una non contemporaneità fra voi ed i vostri uditori. Esiste una sfalsatura alla quale siete abituati, che chiamate impercettibile, minima; ma che esiste. 

 

Ebbene, tutto questo avviene senza che nulla cambi; il fenomeno vi è diventato consueto e non vi dà problemi, come invece sembra darvi la non contemporaneità del "sentire", a proposito della quale vi siete chiesti se ciascun fotogramma contiene un "sentire". Contiene gli elementi che costituiscono il corpo fisico; contiene gli elementi che costituiscono il corpo astrale e quelli che costituiscono il corpo mentale. Quando l'individuo si lega a questo fotogramma, lega il suo "sentire" a questi elementi ed avviene una inter-comunicazione fra questi elementi fino a formare un tutto: allora l'individuo "vive" quei fotogrammi. Vive nella pienezza del pensiero, del sentire fisico, del sentire astrale e del "sentire" della sua coscienza. Per ora è sufficiente questo. Quando avrete comprese le "varianti", approfondiremo.

 

Allora siamo ancora tornati sul problema delle varianti ed abbiamo visto che l'individuo talvolta, anzi spesso, si trova - in virtù della libertà che ha acquisito - di fronte alla possibilità di scegliere di percorrere una serie di fotogrammi piuttosto che l'altra. Che cosa vuol dire questo voi lo sapete: che in ciascuna serie di fotogrammi egli è rappresentato, le due varianti sono equivalenti. In una è rappresentato come facente una certa azione, nell'altra impegnato in una diversa. Le due versioni sono egualmente vive e valide tanto che l'Assoluto - se si potesse dire che le ha concepite in un momento - quando le avesse concepite non l'avrebbe fatto secondo un Suo desiderio, ma secondo le scelte stesse che l'individuo ha possibilità di operare.

 

A qualcuno può sembrare strano che nel momento in cui un individuo sceglie di percorrere una serie di fotogrammi in cui è visto compiere una certa azione, nella variante a questa serie, egli sia - per gli altri - vivo, palpitante, reale, apparentemente e sostanzialmente, come in quella serie che egli ha scelto.

Se di fronte a voi fosse stato creato un automa - a vostra insaputa - talmente perfetto da rispondere alle vostre domande e interloquire con voi, non vi accorgereste mai di avere di fronte a voi un essere senz'anima. Il fatto che al di là di quel bel parlare, di quel ben rispondere alle vostre domande non vi fosse nessun "sentire", riguarderebbe unicamente l'automa e non voi. Ecco perché noi vi diciamo che il fatto che questo "sentire" sia sfalsato riguarda non voi, ma unicamente chi sta di fronte a voi. Voi siete di fronte a creature che sono complete, integre: questo dovete sempre ricordarvi. Vi abbiamo rivelati questi concetti perché sono Verità e la Verità deve essere conosciuta.

 

Ma questo nuovo nostro dire non deve avere lo scopo di farvi "distinguere" le creature; non deve essere un pretesto per dividervi da loro. Sono tutte eguali, sono tutte quelle che sono e tutte - lo diciamo - vivono contemporaneamente, "sentono" contemporaneamente nel piano akasico. Tutti i "sentire" analoghi vibrano all'unisono. Che poi trovino riscontro nel piano fisico in tempi e spazi diversi, non ha alcuna importanza. Ciò che vedete delle creature, ciò che voi ascoltate, non è la loro realtà; è la loro manifestazione esteriore e non ha importanza che il loro "sentire" esista prima o dopo, in modo sfalsato rispetto al vostro. La realtà delle creature sta al di là della manifestazione esteriore, delle loro parole, del loro reagire, del loro condividere i vostri pensieri, i turbamenti e le contentezze.

Questo dovete sempre ricordarlo, figli e fratelli, per percorrere questa nuova via che è una via di Verità. Verità veramente rivelata a pochi; comunque necessaria, indispensabile per comprendere la Realtà.

A conclusione di questa conversazione desideriamo fare il punto, come si suol dire, circa la realtà delle "varianti" riassumendo, dalle precisazioni che di volta in volta vi abbiamo date, i capisaldi essenziali:

 

1) Il Cosmo è la vulva nella quale viene alla luce la coscienza, cioè il "sentire per eccellenza" la cui gamma può essere sintetizzata in sensibilità - consapevolezza - coscienza individuale - coscienza cosmica - ed oltre, coscienza assoluta. Quindi la ragione o lo scopo della Manifestazione è la rivelazione della coscienza.

Ma la coscienza può venire in luce solo se nel Cosmo l'individuo ha, in misura graduale, possibilità di scegliere il proprio agire, modificarlo secondo i propri desideri, pensieri, sentimenti, in altre parole "libertà". Infatti la coscienza si può definire sentimento di discernimento liberamente operato. Ebbene,  le varianti sono proprio i mezzi che conferiscono all'individuo la reale libertà di scelta e per questo fine esistono.

Se, dunque, ha importanza la Manifestazione cosmica, questa importanza si riassume nello scaturire della coscienza che ne costituisce il motivo. Ma la coscienza non può rivelarsi se non nella libertà. Le varianti rappresentano appunto la necessaria indipendenza dell'individuo nell'ambito della quale ha modo di rivelarsi la coscienza.

 

2) Perciò le varianti esistono quando esiste la reale possibilità per l'individuo di scegliere il suo comportamento. Esse sono realizzate sul principio dell'esistenza delle cose possibili, ma non delle assurde ed esistono nella misura della libertà di cui gode l'individuo.

 

3) La variante forma, quindi, la reale alternativa della storia individuale, ma è fatto di portata analoga a quello del quale costituisce variazione, tanto che si può definire differente versione della stessa e storia non storia totalmente diversa. La differente versione del fatto cessa laddove non emergono conseguenze della preesistente possibile scelta e torna a sussistere laddove queste conseguenze possono venire in evidenza.

 

4) Le storie individuali s'intrecciano, ma nessuno può in qualche modo ingerirsi nella vita degli altri senza che ciò sia previsto dall'ordine generale degli eventi a pareggio di dare ed avere karmici. Perciò quando la variante dell'uno costituirebbe alterazione della storia dell'altro, l'alternativa può essere vissuta solo da colui per il quale ha motivo di sussistere. Questo significa l'espressione: "tutto è numero ed i conti debbono tornare ".

 

5) La storia generale non muta, quindi, in dipendenza delle scelte del singolo, tuttavia esiste in funzione di esse. Questo non è un controsenso: quando l'individuo vive il momento della scelta, percepisce nel tempo ciò che esiste da sempre nell'eternità; l'esistente è come è, proprio in funzione delle scelte individuali, ma non in loro dipendenza. Le varianti esistono proprio perché la storia generale non sia in dipendenza delle scelte singole, ma sia solo in funzione di esse.

 

6) I duplici, o molteplici, tracciati delle vite individuali sono egualmente esistenti. Infatti, se per comodità di comprensione ci serviamo della finzione che tutto sia stato creato, ci è più chiaro capire che nel momento in cui Dio crea la storia di un uomo e gli dà, in certe occasioni, la libertà di scegliere, dovrebbe concepire le varianti, cioè stabilire che quell'uomo in quella circostanza potrà comportarsi in un certo modo o in maniera differente. Ebbene, indipendentemente da quello che sarà l`arbitrio, le vie da scegliere dovrebbero essere da Dio concepite con la stessa potenza creativa se per l'uomo dovranno poi rappresentare una reale alternativa.

Così i differenti tracciati della vita di un individuo sono egualmente reali, sia pure di realtà soggettiva, ed il vivere l'uno, piuttosto che l'altro, fa parte della libertà individuale. La collettività segue sempre quei rami della storia che non sono in dipendenza delle scelte individuali. In questo modo gli esseri di cui è

permeato un Cosmo potrebbero vivere uno alla volta, separatamente dall'altro, la loro esistenza senza che si verificasse differenza alcuna nella loro vita qual è vissuta coralmente.

 

7) Nella comprensione di tutto ciò sta la spiegazione di come può esistere la libertà di scelta in una Realtà tutta presente ed immutabile; comprensione che è preludio alla piena cognizione della "sintesi" fra "divenire" ed  "essere".

 

Determinismo - Contingentismo

 

Osservando il triste spettacolo offerto dall'egoismo dell'uomo, spinto agli estremi della crudeltà e della completa insensibilità verso i problemi altrui - spettacolo in scena della preistoria ad oggi - non pochi hanno posto in dubbio l'esistenza di Dio, concepito come verità, bontà, amore e giustizia. 

L'Ente supremo non dovrebbe permettere che questi valori venissero calpestati, dato che non sono poi irraggiungibili, dal momento che è l'uomo a concepirli.

Altri, per spiegare il mancato intervento divino senza negare l'esistenza di Dio, hanno concepito il mondo come una terra di frontiera, una specie di zona franca dove l'uomo potrebbe fare ciò che gli pare e gli piace, rendendo conto delle sue azioni solo dopo la sua morte. In sostanza, Dio permetterebbe che sulla Terra esistesse il male, per consentire all'uomo di esercitare il suo libero arbitrio. In questa concezione non è chiara la posizione di chi si trova a subire l'esercizio dell'altrui prepotenza.

 

Ma c'è un'altra spiegazione al triste spettacolo che si osserva, ed è che quanto si vede faccia parte di un quadro assai vasto, del quale - con ragione - all'uomo ne apparisca solo un frammento, ma che la Realtà sia oltre l'illusoria apparenza. Perché illusoria? Parlando di "ciò che è", della Realtà, noi abbiamo affermato esistere due stati: il primo si coglie allorché si entra in comunione con tutto quanto esiste, ed è uno stato in cui il Tutto è fuso nell'Unità, al di là della successione, della separazione, del tempo, dello spazio, del movimento. E', quindi, uno stato di "essere".

L'altro stato si coglie allorché si delimita virtualmente una parte dal Tutto, e con essa ci si pone in rapporto. Questo secondo stato è uno stato di "divenire", perché in esso appare il movimento, il tempo, lo spazio, la successione, la separazione.

 

Noi abbiamo definito il primo stato, quello di "essere", Realtà, ed il secondo, quello di "divenire", illusione. Ma questa definizione è reversibile? Certo, si possono invertire i sostantivi, a patto che s'inverta il significato. Oppure si può chiamare il secondo stato "realtà parziale" anziché "illusione"; ma resta il fatto che fra uno stato che abbraccia tutto quanto esiste, ed uno stato che invece si riferisce ad una parte, la condizione e la qualità di ciò che è veramente, non possono che essere quelle che si colgono in una dimensione globale del Tutto, non nell'altra. E l'"essere", non il "divenire", è questa condizione e qualità.

Se questo è vero - come è vero - allora è chiara la relatività del giudizio di chi, come l'uomo, non vede tutta la Realtà, ne vede una parte o - quanto meno - ne vede solo l'apparenza.

 

Mi si potrebbe obiettare che apparente non sembra quanto ciascuno percepisce, in special modo il dolore. D'altra parte, è altresì vero che il dolore che si osserva negli altri, è reale per chi lo osserva solo nella misura in cui suscita, in qualche modo, un "sentire". Quante creature vicinissime a voi soffrono! Magari nell'appartamento contiguo al vostro; per esse il loro dolore è reale, ma non lo è per chi ignora tutto di quelle. Da questa considerazione, ecco emergere una particolare concezione della realtà umana: per ciascuno è reale solo ciò che in qualche modo percepisce, comprendendo nel percepire anche il conoscere nella misura in cui è percepito. Dunque, quella che si crede realtà umana, è un insieme di soggettività.

 

D'altra parte è altresì vero che se l'uomo evolve, evolve proprio in forza di questa soggettività; intendo dire che al limite tutto potrebbe essere uno spettacolo di ombre senz'anima e l'uomo, il singolo, evolverebbe egualmente. Sicché il triste spettacolo che si osserva, al limite potrebbe essere una finzione scenica, valida per il solo spettatore così come in filosofia è la concezione del solipsismo c ciascuno spettatore avere il suo spettacolo indipendente dagli altri. 

Voi sapete che non è così, perché le varie storie soggettive che s'incentrano sugli esseri hanno dei punti di contatto. La ragione per cui esistono i comun denominatori - così abbiamo chiamato i punti di contatto delle varie storie individuali e soggettive - risiede nel fatto che ciascuno percepisce la stessa apparenza di una parte della Realtà unica totale. Ne discende che il mondo dell'apparenza, della percezione, ha una sua natura unitaria, sicché osservando la vita dei vostri simili, molto probabilmente voi non osservate uno spettacolo di spettri senz'anima, ma teoricamente potrebbe esserlo; o quanto meno in alcuni casi è. Abbiamo già precisato quando questo accade: cioè abbiamo già parlato della non contemporanea percezione di una stessa situazione spazio-temporale da parte di "sentire" di grado diverso. Ed abbiamo ancora parlato delle varianti, che realizzano l'effettiva possibilità di scelta del singolo, senza alterare la storia collettiva. Ma perché deve esistere l'effettiva possibilità di scelta del singolo? 

 

Non potrebbe essere, la libertà, una semplice apparenza, dato che abbiamo visto che anche ciò che si crede nel mondo umano oggettività è un insieme di soggettivismi? In altre parole, non potrebbe essere la libertà di cui crede di godere ciascuno, una semplice supposizione e nulla più? Questo collimerebbe bene con il concetto di Eterno Presente, secondo cui tutto esiste già Se così fosse, allora il futuro dell'uomo non dipenderebbe dalle sue libere scelte, ma sarebbe già predeterminato. A meno che - a meno che - tutto non esistesse già in funzione delle scelte individuali, già note da sempre all'onniscienza divina.

 

Diodoro Crono sosteneva che non v'è differenza fra possibilità e realtà, perché ciò che non si realizza non è possibile; e concludeva che tutto quanto accade deve accadere, perché ciò che non accade non accade proprio a motivo che non può accadere. Non crediate che questo  sillogismo sia facilmente controbattibile come può sembrare. Se getto un dado ed esce un numero, non osservo una delle sei possibili realizzazioni, perché se quel numero è uscito ciò significa che fattori cinetici od altro ne hanno determinato l'uscita; e siccome in quel momento i fattori cinetici erano quelli e quelli soli, quel numero solo poteva uscire e non altro; dunque esisteva una sola possibilità veramente tale: quella che si è realizzata. Ciò che non si realizza a motivo di fattori cinetici o di altro genere, non è possibile. Da questo ad affermare che non esiste possibilità di scelta, il passo è brevissimo.

 

Senza entrare in polemica con Diodoro Crono, ciò che fa superare questa argomentazione - almeno per quanto riguarda la possibilità di scelta - è proprio la pluralità alternativa dell'esistenza soggettiva. Infatti Diodoro Crono nega più possibili realizzazioni in una stessa dimensione della realtà. Noi condividiamo questo, ma vedete: quanto più si afferma esistere un severo determinismo - cioè una rigida concatenazione di cause fisiche e psichiche, che non lascia spazio a comportamenti autonomi ed indipendenti del singolo - e tanto più è necessario, per affermare l'esistenza delle scelte individuali, ricorrere al concetto delle varianti che sono serie alternative di cause concatenate, ciascuna serie delle quali è legata con la serie che sta a monte - con la serie madre - non da un rapporto causale, ma contingente. 

 

Dunque causalità in seno alle serie; contingentismo laddove le serie si originano, le storie si sdoppiano. Dunque, determinismo nella vita macrocosmica e nella storia generale: indeterminismo nella struttura dei microcosmi laddove esiste potenzialmente un salto quantico nell'andamento dell'evoluzione individuale. In altre parole, o si dice che la libertà non è necessaria all'incremento dell'evoluzione individuale - quindi non esiste - oppure se si ammette che in determinati momenti della sua esistenza, l'individuo non dico possa, ma debba operare delle libere scelte, allora non si può ridurre la libertà ad un semplice fatto esterno, ad assenza di impedimenti esteriori, mentre nell`intimo dell'uomo la libertà non esiste perché ciascuno ha una sola possibilità: quella che corrisponde al suo intimo essere.

Tutt'altro: nel mondo umano, a differenza del mondo naturale, la libertà non è un fatto esterno, ma è un fatto interiore e le varianti esistono proprio per dare questo carattere intimo alla libertà.

 

A prescindere dall'assenza di impedimenti esterni, i condizionamenti caratteriali e quant'altro contribuisce a formare la personalità dell'individuo e a determinare gli interessi dell'intimo essere, nel mondo umano non sono a senso unico, ma conducono l'uomo a reali scelte alternative. Se così non fosse, basterebbe una buona psicologia per indovinare tutti i comportamenti umani; mentre la psicologia è più valida a posteriori che a priori proprio per questo motivo.

Giovanna d'Arco, grazie alle varianti, può non abiurare e vivere una sua storia particolare, che s'innesta in quella generale rimasta invariata nei punti compatibili, per esempio: la prigionia e la morte. In effetti nessuno sa, tranne Giovanna d'Arco, se essa abiura o no. Proprio questo significa l'affermazione che tutto esiste in funzione delle scelte individuali, ma non in dipendenza di esse.

 

Inoltre, questa affermazione, prima di tutto non deve farci intendere che il manifestato sia stato pensato, progettato, realizzato ad hoc da Dio come un momento esterno alla Sua esistenza, perché il manifestato forma parte integrante dell'esistenza di Dio, della Sua Natura, della Realtà divina. Un Dio assoluto che sia considerabile in due momenti: uno in cui è privo della Sua creazione, emanazione, manifestazione ed uno in cui ne è completo, sarà un'immagine mistica meravigliosa, ma filosoficamente è un assurdo.

 

In secondo luogo affermare che tutto esiste in funzione delle scelte individuali, significa implicitamente affermare l'esistenza delle scelte, e data la Natura di Dio che comprende in Sé tutto quanto esiste, senza successione fra potenza ed atto, se le scelte esistono non possono che essere reali possibilità, più che possibili realizzazioni, come Diodoro Crono suggerisce. E come potrebbero esserlo, se non con le varianti? L'affermazione che tutto esiste in funzione delle scelte individuali, e un'affermazione limitativa perché limita il numero delle varianti alle effettive scelte dell'individuo, non a quelle teoriche o supposte; ma  un'affermazione confermativa dell'esistenza delle scelte e perciò delle varianti.

 

Alcuni di voi trovano difficoltà ad ammettere l'esistenza delle varianti, perché pare a loro che esse costituiscano un inutile sciupìo contrario ad ogni principio economico. Io non entro nel merito di ciò che si può ritenere utile o inutile, perché sono convinto che tutto quanto esiste ha una ragione d'esistenza e perciò, da questo punto di vista, tutto è utile. Ma a parte il fatto che questo rigore economico è più proprio di un severo determinismo che di un determinismo relativo, identificabile con un relativo contingentismo quali noi li propugniamo, e che il severo determinismo già da tempo è stato posto in crisi dalla scoperta in fisica del principio di indeterminazione, ma a parte tutto questo, ammettiamo pure che tutto esista nel rispetto di questo vostro presunto rigore economico. 

Allora lo stesso rigore lo si dovrebbe trovare non dico nel mondo umano - dove la  mancanza potrebbe attribuirsi alla natura dissipatrice dell'uomo - ma almeno nel mondo naturale. 

 

Ebbene, domandare ai biologi se in natura si riscontra questo rigoroso principio economico, o se piuttosto - fra tante realizzazioni - non sia una sola quella che si concretizza. Dunque, secondo il vostro ragionamento, tutte le altre che iniziano a realizzarsi, ma che non si completano, costituiscono un inutile sciupìo. Ebbene, se questo è vero, sciupìo esiste indipendentemente dalle varianti; ma se di sciupìo non si tratta, non lo è neppure quello delle varianti che affermano l'indipendenza relativa dell'individuo in una marea di cause concatenate. Vi pare poco? Forse tutto questo non sarà logico, ma allora ditemi qual è la vostra logica.

Il discorso che noi facciamo sulle varianti, è valido nella misura in cui è necessario che, per incrementare l'evoluzione individuale, l'uomo debba essere effettivamente - anche se relativamente - libero. Ma da che cosa possiamo arguire che la libertà è necessaria ad incrementare l'evoluzione dell'uomo?

 

Passando in rassegna le varie specie naturali, si osserva come le specie dotate di maggiore autonomia siano quelle che hanno un grado maggiore d'espressione. Fra la vita di una pianta che per voi uomini, fino a qualche anno fa era considerata priva di sensibilità, e la vita di un animale vertebrato, la differenza di autonomia e di espressione è evidente. 

V'è dunque un legame fra autonomia ed espressione; quanto più una vita esprime, più è autonoma e viceversa. Non solo, ma v'è un legame fra autonomia, espressione ed evoluzione. Infatti se si  ammette che ciascuna forma di vita esprime un quid  psichico o di mente, si deve ammettere che il quid espresso dalla pianta è meno evoluto di quello espresso da un animale vertebrato, proprio come l'autonomia e l'espressione. Sicché personalmente, posso con ragione credere che privando un essere della sua autonomia, lo si priva non solo della sua possibilità di esprimere, ma anche della sua possibilità di evolvere. Non per nulla in fisiologia è risaputo che l'esercizio autonomo reca sviluppo; e che cos'è l'autonomia del mondo naturale se non l'analogo della libertà nel mondo umano? 

 

Dunque privando l'uomo della sua libertà lo privo della sua possibilità di evolvere? Attenti! In che misura è vera questa affermazione? L'essere relativo non nasce forse nella limitazione? Ed il karma, che qualunque sia reca coscienza, non è forse sottoposizione ad un effetto, e quindi coercizione?

Dunque anche i fattori coercitivi recano sviluppo. Certo, ma lo recano quali contrari della libertà. L'individuo dall'ambiente ha degli stimoli; dai suoi istinti naturali riceve questi stimoli. Ma è proprio dal soggiacere a questi stimoli o dal resistere ad essi che nasce l'esperienza, la maturazione, la coscienza. Dunque l'evoluzione è il frutto di una misurata dualità: coercizione, libertà. Una delle tante dualità che rendono possibile la vita degli esseri nel mondo della percezione.

 

Riassumendo: il mondo umano, al pari di tutto ciò che "diviene", è conciliabile con il Dio Eterno Presente solo se si comprende che il "divenire" a non è reale, è un'illusione della percezione soggettiva; che tutto esiste già in modo da assicurare la libertà dell'individuo ove e quando questo sia necessario, per mezzo delle varianti che esistono in funzione delle effettive scelte individuali. 

Il mondo umano creduto oggettivo è costituito dall'insieme delle soggettività. Questa base comune, costituita dai punti di contatto delle soggettività, fa sì che le percezioni individuali non siano disarticolate le une dalle altre, ma al tempo stesso non impedisce che siano realizzate più versioni della realtà umana per mezzo delle varianti che sono punti di disgiunzione della soggettività. Punti di contatto, punti di disgiunzione: un'altra dualità del mondo della percezione. Tutto questo realizza in varie misure la libertà individuale che è sempre relativa ed è sempre proporzionale all'evoluzione. Libertà ed evoluzione sono strettamente connesse, come lo sono evoluzione e legge di causa e di effetto.

 

Nel mondo della percezione, l'esercizio della propria autonomia reca evoluzione direttamente o indirettamente, per mezzo dell'effetto coercitivo. Una più grande evoluzione consente una più grande autonomia, con il progressivo sottrarsi al karma coercitivo per effetto del progressivo identificarsi della volontà individuale con la volontà divina - per dirla in un termine mistico- che poi è la finalità del Tutto. Dunque quello delle varianti è un momento della struttura cosmica che va dalle soglie dell'incarnazione umana per spegnersi con il progressivo identificarsi della volontà dell'individuo con la finalità del Tutto.

Cioè termina allorché l'individuo abbandona la ruota delle nascite nel mondo della percezione. In questa fase particolare dell'esistenza individuale, allorché l'uomo può sottrarsi agli stimoli dell'ambiente e agli istinti animali, ma ancora non coscientemente indirizzata la sua volontà con la finalità del Tutto, è essenziale per lui: a) poter disporre di scelte effettive, cioè di realtà alternative effettivamente realizzabili nel senso di Diodoro Crono; b) che la sua scelta rimanga sua, cioè indeterminata per tutti tranne che per lui; c) che la scelta non interferisca nella storia generale - cioè quella comune a tutti gli altri - la quale rimane quella che è, qualunque sia l'opzione che l'individuo decide. Lo strumento delle varianti soddisfa tutte queste  condizioni.

Tuttavia, talvolta è più facile capire il principio che non come le cose effettivamente sono articolate. Talaltra è più convincente conoscere l'attuazione pratica che non i criteri fondamentali. La meta è comprendere: per raggiungerla ognuno scelga il punto di vista che più gli è connaturale.

 

Creatività dell'uomo

 

Se voi pensate all'Assoluto come "vita" - perché tale è l'Assoluto, anche se "vita" in senso diverso da quello che voi siete abituati a considerare, che è un divenire - se voi pensate all'Assoluto come "vita", è vita assoluta Egli stesso. Ma la vita è creazione continua; creazione del resto diversa da quella che voi siete usi a considerare nel piano fisico, perché "creare" in fondo  significa anch'esso, per voi, un divenire; ma l'Assoluto è un "essere", è dovunque una creatività di esistenza. 

 

Tutto è creatività ed è vita; tutto in senso assoluto. Dunque ogni Cosmo è un atto di creatività. pur non essendo mai stato creato. Ogni Cosmo è un "vivere" pur non essendo un divenire, in assoluto. Ciascun oggetto di ogni Cosmo è in particolare in sé perfetto, pur non essendo la perfezione assoluta. Eppure, ripeto, in sé è perfetto ed assolve perfettamente il compito per il quale è creato, pur non essendo mai stato creato. Ogni oggetto è espressione di creatività assoluta, anche l'uomo. 

L'uomo, questo individuo meraviglioso che è il coronamento della creatività cosmica, è un oggetto che "vive", che è creato, pur non essendo mai stato creato, pure esistendo da sempre. Ed è un centro di creatività perché l'uomo crea, ha questa possibilità - sia pure unica nel Cosmo - in confronto agli altri esseri viventi, i quali sono "vita",  ma non possono crearla. Badate bene, non esiste una gerarchia in funzione di una supposta minore o maggiore perfezione; ciascun essere in sé e per sé è perfetto, quando assolva al compito per il quale è stato creato. Così non si può porre, nei valori assoluti, "inferiore" un animale rispetto ad un uomo, anche se l'animale non ha la possibilità di creare e l'uomo sì. Entrambi sono perfetti rispetto al compito che debbono assolvere.

 

Ma l'uomo, dicevo, ha qualcosa di più nei suoi confronti, che non ha l'animale o la pianta, od un tavolo, od una sedia, od una pietra. L'uomo ha la possibilità di creare, di esprimere quindi un valore cosmico. Ecco che la creatività cosmica, che trova il suo coronamento nell'uomo, attraverso all'uomo ancora si esprime. Da "oggetto" della creatività, l'uomo diventa "soggetto" di essa. E' come se - badate bene, parlo attraverso un velo - Dio, dopo aver creato un Tutto, vivesse questo Tutto dall'interno; dopo aver creato un centro di coscienza e di espressione, vivesse attraverso a questo centro di coscienza e di espressione.

 

Vivrebbe, allora, una medesima esperienza ripetuta miliardi di volte, tanti quanti sono gli uomini o gli esseri sensibili nel Cosmo? No! Vivrebbe miliardi e miliardi di esperienze, l'una diversa dalle altre, perché ciascun centro di coscienza e di espressione, o di sensibilità e di espressione, ha un "sentire" in qualche modo diverso dal "sentire" che fa capo agli altri suoi simili.

 

Dunque ci troviamo di fronte a qualche cosa che era "oggetto" e che diviene "soggetto" ed intravediamo vagamente una nuova Verità, una Verità che ci fa sentire in casa nostra, ci fa sentire quali veramente siamo: parte integrante di un Tutto, differenziati gli uni dagli altri da un velo illusorio. Percepienti ciascuno una porzione di tempo e di spazio come canali di un'unica percezione. 

Posti al centro di un Cosmo individuale, gli uni accanto agli altri; ciascuno perfetto nel compito per il quale è stato creato. Imperfetto - nel senso non vivente - qualora non rispondente a questo compito.

Ecco che in questa visione sparisce ogni senso di differenziazione; ma per accettare questa visione con animo sereno, per farla nostra, occorre una grandissima forza, un equilibrio che a pochi è dato raggiungere. Perché è facile diventare dei fatalisti, degli intemperanti, degli esseri che perdono il freno morale quando si trovano di fronte un Universo in cui tutto è a loro disposizione; in cui non esiste più il veto che  conobbero Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre; in cui udiamo dire: "ogni frutto del Paradiso terrestre è a vostra disposizione, compreso quello dell'albero del bene e del male".

Allora, senza più il terrore di un'eterna dannazione, senza più la paura che può, in se e per sé, infondere l'idea del male, l'uomo facilmente perde il senso della misura e dell'equilibrio.

E veramente allora compie un suo male, perché non corrisponde più allo scopo per il quale è creato: scopo di vita, di attività di ordine, di equilibrio.

 

Ora voi siete in questa fase delicata del trapasso, in cui comprendete di avere libertà; in cui vi è detto: "questo fardello che portate sulle spalle e che rappresenta il peso della vostra vita, non dovete sopportarlo in visione di un bene futuro; dovete farlo parte di voi stessi, così come lo scultore fa parte della sua creatività la pesante pietra". Non vi diciamo: sopportate il peso che vi è dato", ma vi diciamo: "il peso che vi è dato deve diventare parte di voi stessi perché voi lo dovete comprendere, superare, sviscerare, trovare che ciò che vi è di peso, non lo è in realtà. E' peso solo in funzione dell'illusione".

Cadono dai vostri occhi i veli che fino ad oggi vi hanno aiutato a non perdere il cammino, abbandonate le grucce per camminare da soli. Quale fase delicata della vostra esistenza spirituale! Eppure noi confidiamo che saprete muovere da soli - senza questi conforti oggi per voi illusori di bene e di male, di giusto e di ingiusto - i vostri passi di individui che acquistano coscienza di "essere".

 

Sentire akasico

 

Questa sera vi siete domandati: "Ma questa storia dell'evoluzione, come va a finire? Quando l'individuo ha finito di "sentire" i fotogrammi del piano fisico, del piano astrale, ha finito, lascia, abbandona la ruota delle nascite e delle morti, che cosa succede? Che cosa avremo da fare?".

Evidentemente il mondo del "sentire" non può essere descritto. Fino ad ora abbiamo parlato di concetti e di meccanica del Cosmo: vi abbiamo parlato di che cosa succede al "sentire"« dell'individuo dopo la morte del corpo fisico; il "sentire" si sposta nel piano astrale. In alcune riunioni - non credo attraverso a questo medium - ma attraverso ad altri medium, sono state scritte molte cronache di quello che succede nel piano astrale, molte volte confondendo ciò che gli spiriti creano con la loro volontà, con la realtà effettiva. Perché un perfetto buddista,convinto di un determinato tipo di vita oltre la morte, presente in una riunione spiritica, giurerà e farà fede ai presenti che l'aldilà è tale e quale lo descrive la religione buddista.

 

Altrettanto valga per la vostra religione. Questo è il frutto del crearsi la realtà secondo la propria fede. Molti, addirittura, si creano il proprio inferno: chi ha un rimorso di coscienza, e via e via. Ma non vogliamo ancora un volta parlare di queste cose, perché sono già state dette e ripetute fin troppo, forse.

Sapete, dunque, che cosa succede dopo la morte del corpo fisico fino a quando - vi abbiamo detto - l'uomo lascia la ruota delle nascite e delle morti. Per parlarvi di un modo di "essere" del tutto diverso, abbiamo cominciato a parlare della non contemporaneità del "sentire" il mondo dei fotogrammi e questo ha portato una sorta di terremoto.

 

"Ma - direte voi - che cosa succede dopo, quando abbiamo lasciato questo mondo dei fotogrammi? Qual è l'attività dell'individuo?". Ora, ponete un istante l'attenzione fra quanta diversità di interessi c'è fra il mondo animale ed il mondo umano: un abisso. Come è possibile spiegare ad un animale, ad esempio, quali sono gli interessi del mondo umano? Come spiegare ad una volpe che il problema di una signora, donna, nel mondo umano è quello di farsi cucire una sottana più o meno corta o più o meno lunga a seconda della moda? Ma anche quale diversità di mentalità e di modi esiste, nello stesso mondo umano! Quale diversità fra interessi di certe popolazioni primitive e gli interessi di un uomo appartenente ad una delle civiltà più avanzate del vostro tempo! Non solo, ma quale diversità di interessi, ad esempio, fra individui di una nazione e gli individui di un'altra nazione a questa lontana!

 

Ciò che viene ampliato è qualcosa che sta dentro, è l'intimo, è il "sentire" dell'uomo. Ed è tanto ampliato al punto che ciò che fino a un dato momento ha servito a questo ampliamento - la vita nel piano fisico e negli altri mondi soprastanti - viene abbandonato. Perché l'intimo non ha più bisogno di qualcosa che sia al di fuori, per vibrare, ma vibra spontaneamente ed indipendentemente dall'ambiente. In altre parole, fino a un certo momento è l'ambiente che fa vibrare l'intimo dell'uomo; da un certo momento in poi questa vibrazione è autonoma.

 

Eppure noi ancora - sembra di essere molto in là parlando di questo - stiamo parlando del "sentire" in seno al Cosmo.

Ma immaginate che questo "sentire" si accresce tanto che a un certo punto, per essere vivo, vero, intenso, reale, esistente, non ha più neppure bisogno dell'illusorio  senso del trascorrere.

Insomma trova l'essenza assoluta, nell'assoluta immobilità, che corrisponde al moto assoluto.

 

Come spiegare questo? Farlo intuire con queste misere parole, ricordandovi che l'evoluzione dell'uomo a superuomo si può genericamente dire, in un primo momento, ampliamento dei compiti dell'individuo che una volta era uomo e che ha lasciato la ruota delle nascite e delle morti, ma che ciò rappresenta un primo gradino del tutto trascurabile; che la vita futura è del tutto diversa, che il suo ampliamento d'interessi è un ampliamento di "sentire", non è un ampliamento di mansioni, di fare. E' cosa tutt'affatto diversa dalla vostra concezione.

Questi sono i primi elementi che possiamo darvi, ma certo il "sentire" - ancora lo ripeto - non può essere descritto. Tuttavia, se avrete pazienza di seguirci saremo più espliciti.

 

Nell'attesa io vi raccomando di meditare tutto quello che vi abbiamo detto, di renderlo parte di voi stessi, di assimilarlo, come si dice, di non cercare di ricondurlo alle vecchie idee.

Pensate che questa non contemporaneità, nel mondo dei fotogrammi, non ha alcuna importanza; anzi, non ha talmente nessuna importanza che non viene neppure supposta dagli uomini.

Pensate che noi tutti indistintamente siamo nel Cosmo, siamo in seno all'Assoluto; che questa è la nostra vera Patria: L'Assoluto. Che tutto quanto è attorno, a noi  è stato fatto per l'Amore che Lui ha per noi, in ultima analisi, e che quindi non dobbiamo temere: che questo nuovo modo di vedere che ci risulta strano, è strano in quanto ci apre ad un nuovo orizzonte, ad una nuova Realtà, ma che non possiamo pretendere che la Realtà sia statica, secondo quanto noi conosciamo, quando tanto diversa è per le creature me noi vediamo. Perché la nostra dovrebbe essere la giusta e quella degli altri l'errata? Perché la nostra  dovrebbe "sentire" e concepire dell'uomo dovrebbe essere esatto, ed errato quello di un cane o di un gatto? Ciascun modo di "sentire", nel suo complesso, è giusto, rapportato alla forma di cui trae espressione.

 

Il vostro modo di "sentire" è giusto fino a che corrisponde ad uno stadio, ad una forma, ad una ragione d'essere, ad un "essere" interiore. Quando questo "essere" è pronto per mutare, anche il nostro modo di "sentire" deve essere aiutato a mutare.

Il fiore che abbiamo dentro di noi deve essere aiutato  a sbocciare, liberandolo da tutte le sovrastrutture. Ciò che per noi era, fino a ieri, di più bello e più prezioso, diventa una sovrastruttura nel momento in cui, dall'intimo, sta per sbocciare un nuovo fiore di comprensione. E questo stesso fiore che ora è in boccio, un giorno dovrà essere rimosso per lasciare posto ad un altro fiore che ancora nascerà dal nostro intimo; fino a che tutto ciò che sta all'esterno abbandonerà la sua importanza, diventerà per noi privo d'interesse. Ed allora sposteremo la nostra consapevolezza, dal mondo sensibile, ad un mondo assai diverso, ma più intenso di "sentire", dove non crescono le mansioni, le azioni, il divenire quali si concepiscono da uomini, ma cresce il "sentire" e l'"essere".

 

Fasi dell'evoluzione individuale

 

Una volta dicemmo che se voi pensate che l'altruismo sia il più alto insegnamento che possa esistere, certamente voi siete degli illusi. Ed oggi, ancora una volta, confermiamo questa affermazione. Voi siete abituati a pensare alla massima evoluzione secondo quegli ideali morali che le nostre Guide - religiose o filosofiche o spirituali - ci hanno additati, dimenticando che questi ideali sono tali per creature limitate quali noi siamo,

perché sarebbe infruttuoso presentare una meta che vada al di là di ciò che gli uomini possono capire o concepire. Se dunque le nostre Guide - o religiose o spirituali o filosofiche, quelle che noi siamo abituati ad intendere come nostri Maestri - ci hanno prospettato l'altruismo, l'amore al prossimo, il retto agire, il retto pensare come nostri ideali, potete essere certi che ben più alti inconcepibili insegnamenti e Verità - e più esatto ancora è dire "sentire" - esistono oltre.

Il rispetto o, addirittura, l'amore per il prossimo niente sono in confronto al "sentire" cui è chiamato l'individuo.

L'uomo abbraccia degli ideali ed a questi si vota. Non importa che siano giusti o rispondano all'etica comune: sono suoi ideali e per quelli, in misura diversa, vive. 

Da ciò, ha diverse esperienze in ordine alle quali modifica i suoi ideali e la sua vita.

 

E' questa proprio una tipica caratteristica dell'evoluzione: evolvere per l'uomo significa passare da un minimo ad un massimo, svolgere, ampliare, accrescere il proprio "sentire". Ed è logico, quindi, che la strada di questa evoluzione sia proprio così concepita: una tappa dopo l'altra, un ideale morale che si raggiunge,

un altro che ci viene prospettato. Sembra facile e breve a dirsi, ma voi sapete quanto questo costi, quanto significhi d'interna riflessione e d'esterna azione. L'uomo che noi vediamo, dal punto di vista del "sentire", è ancora una piccola creatura in confronto al destino al quale è chiamato. Egli è un essere ai primi movimenti di "sentire", per il quale non è sufficiente meditare, riflettere con la mente per evolvere. Ciò che egli pensa, l'ideale che egli concepisce ed intravede, deve tradursi in natura interiore, attraverso ad azioni nella vita del mondo fisico. Tutto ciò, ripeto, non è che una prima fase di evoluzione di quell'essere che un giorno, superato il divenire, si riconoscerà nell'Assoluto.

 

Noi abbiamo fissato delle fasi nell'evoluzione di questo essere che abbiamo chiamato "individuo". Durante la prima

di esse egli anima nel piano fisico forme di vita inferiori all'umana; durante questa fase si organizzano i corpi, gli strumenti che gli serviranno nella fase successiva. Si forma il corpo astrale che gli dà la percezione delle sensazioni, emozioni, desideri; il corpo mentale che gl'insegna a ricordare le esperienze vissute, a cercare di ripeterle o a prevenirle.

 

Nella seconda fase di evoluzione l'individuo anima forme umane; durante questa, servendosi degli strumenti che si è formato nella trasmigrazione nelle vite inferiori all'umana, egli ha delle esperienze che formano la sua coscienza, quella che noi abbiamo chiamata coscienza individuale. Naturalmente la completa costituzione di essa occupa l'intero arco delle molteplici incarnazioni di un individuo come uomo ed il modo come si costituisce è quello che prima abbiamo accennato.

Coscienza individuale costituita significa pressappoco avere fatto proprio, perché divenuto intimo "sentire", l'insegnamento dell'altruismo, dell'amore al prossimo, epilogo del quale il senso del proprio dovere rappresenta la prima tappa. Significa amare il prossimo come se stesso. E dopo? A voi sembra che un uomo che così "senta", un uomo che riesca ad essere buono e giusto, sia già meritevole di partecipare alla gloria di Dio. Ma non è così. Altri destini lo attendono.

A questo punto l'individuo è interamente costituito tanto che ha coscienza di sé, ma nello stesso tempo comprende di non essere il centro dell'Universo; egli non è che una goccia in un infinito mare. E ne è tanto convinto che ama tutte le altre gocce a lui simili, verso le quali nutre un senso di profondo amore, ma con le quali ancora non si è immedesimato.

 

"Allora - direte voi - che cosa fa, materialmente, l'uomo che ha costituito la propria coscienza individuale, per giungere alla coscienza cosmica?".

Noi abbiamo visto che la coscienza individuale costituita dà un profondo senso del dovere, un essere altruista, amare il prossimo nostro come se stessi; che cosa significa invece "coscienza cosmica"? Significa "sentire" in termini cosmici; sentire il Cosmo come un "tutto" del quale l'individuo fa parte in maniera viva. Significa non solo essere convinti di far parte del Cosmo, ma vivere di questa partecipazione, sentirsi sangue di questo Cosmo; partecipare in modo attivo ed inequivocabile alla vita del Cosmo; vederla nella sua eterna esistenza e nel suo mai trascorrere. Questo è il significato che si può dire con parole umane.

Ma - ecco la vostra domanda - come si perviene a questa coscienza cosmica?

 

Voi sapete che il Cosmo mai trascorre, ma che è l'individuo che ha l'illusione di trascorrere perché inserito in una gamma di "sentire". Ed allora, quando sperimenta il "sentire" che corrisponde alla coscienza individuale costituita, tocca una tappa che prelude ad una fase del tutto diversa: immedesimazione coi "sentire" degli altri. Noi abbiamo chiamato questa fase: "intendere il significato della storia". Facendo un esempio paragonammo i "sentire individuali" alle lettere dell'alfabeto con cui è scritto un libro. Dicemmo che nell'illusoria successione del "sentire" le lettere compaiono non nella progressione in cui le ha vergate lo scrittore, ma secondo l'ordine progressivo occupato rispettivamente nell'alfabeto. Saranno stampate prima tutte le lettere "a" in qualunque pagina si trovino, poi le "b" e così via. Sicché il senso della storia che è narrata nel libro, non potrà essere compreso fino a che tutte le lettere dell'alfabeto non saranno comparse. Cioè finché non sarà completato l'intero ciclo di susseguirsi delle lettere stampate.

 

Così quando l'individuo è pervenuto a costituire la sua coscienza individuale, deve pervenire a leggere il senso della storia cosmica, e ciò significa vivere, compenetrare, scorrere come sangue nelle vene del Cosmo al quale appartiene. "Sentire" non già come ha "sentito" fino ad allora attraverso ai suoi veicoli; ma "sentire" di coscienza costituita da tutti i "sentire" del Cosmo. Dall'alto verso il basso: non più dal basso verso l'alto. Questa è la terza fase dell'evoluzione individuale. Ma la meta finale non è ancora toccata. Lo sarà quando con lo stesso processo "sentirà" tutti i Cosmi, perché l'individuo è chiamato ad avere una "coscienza assoluta", a "sentire" tutti i Cosmi, il "tutto", cioè l'Assoluto stesso, attraverso ad analogo processo: dall'alto verso il basso. Come ultimo episodio di questo vivere e partecipare, è la "coscienza assoluta", è Dio stesso, e il cessare di ogni scorrere che illusoriamente si può

percepire. E' l'Eterno Presente, e l'Infinita Presenza. E' il Tutto, l'Assoluto.

 

Il mondo come rappresentazione

 

L'archeologia e l'antiquariato regalano all'umanità preziose testimonianze dei tempi che furono. E' difficile sfuggire al fascino del passato in genere: si visitano centri storici ripensando agli eventi che si svolsero ed il cui ricordo è giunto fino a noi; si toccano oggetti che si sa  appartenuti a personaggi di ieri e si venerano reliquie con innocente stupore. Tutto questo che senso ha? Si tratta veramente dei luoghi e delle cose di allora?

 

No, non mettiamo in dubbio l'autenticità delle cose, ma vogliamo fare delle considerazioni alla luce di ciò che conosciamo. Anzi, per togliere ogni dubbio, vogliamo semplicemente domandarci non "io sono sempre io?" in quanto la risposta potrebbe essere negativa anche per il fatto che ognuno è diverso da quello che era, ma chiederci: "Il mio corpo fisico è lo stesso di ieri?".

 

"... avendo lasciato le impronte digitali sul corpo del reato, ha firmato la sua confessione del delitto... ". Non c'è dubbio: per l'uomo è una prova d'identificazione inconfutabile. Eppure, noi sappiamo, dopo la spiegazione delle varianti, che in linea teorica un evento potrebbe non essere vissuto dal suo protagonista il quale in una esistente possibilità di scelta potrebbe percepire una variante di ciò che noi conosciamo. Ma neppure di questo vogliamo parlare.

Quel corpo che ci fa nascere nel mondo fisico e che ci conduce lungo il sentiero della nostra vita fino al termine, che nonostante la sua lenta metamorfosi conserva precipue caratteristiche morfologiche, non solo della specie ma dell'individuo, è veramente lo stesso per tutto l'arco della sua vita? Troppo facile la risposta: la vostra scienza insegna che ogni sette anni un corpo umano, a furia di rinnovare quotidianamente le sue cellule consumate, ha interamente cambiato se stesso. 

 

Allora, le vostre mani, il vostro volto, come minimo, non sono gli stessi di sette anni fa.

In realtà il cambiamento di materie è più rapido di quanto il sapere umano supponga. Il passaggio della corrente elettrica in un conduttore si dice che avviene per lo spostarsi degli elettroni da un atomo all'altro del conduttore nel senso della corrente ed alla velocità della luce! Così quando accendete una lampada elettrica perché non ci vedete, pensate a quante mutazioni voi date il via nella materia dei conduttori elettrici! Eppure i fili apparentemente rimangono eguali... a meno che non avvenga un corto circuito.

 

Lo sapete che il corpo umano è conduttore di elettricità?

Ecco, già sento quelli di voi che cercano di ricordare quante volte sono stati investiti dalla corrente elettrica per fare il conto di quante mutazioni hanno avuto, non sapendo che il loro corpo fisico è continuamente attraversato da campi elettrici statici.

Dunque, anche senza tener conto di ciò che vi abbiamo rivelato, voi siete spettatori di una realtà in continuo divenire:  niente è lo stesso di un momento prima. C'è sempre qualcosa nella materia che compone gli oggetti che è diversa ogni istante.

 

Si può dire che i corpi e le forme che osserviamo hanno  un'intelaiatura su cui s'intessono le materie che continuamente mutano, pur restando analoghe nella qualità.

Se un oggetto è fatto di ferro, lentamente potrà ossidarsi; quello che muta continuamente sono le particelle sub-atomiche che ne compongono gli atomi e quindi il ferro stesso. L'oggetto conserva la forma che l'uomo gli ha dato, ma la sostanza subatomica è in continuo avvicendamento.

Allora, se quella che rimane è solo la forma, attribuire la proprietà di un oggetto dall'identità della figura è un'altra delle umane convenzioni.

Oh cultori dell'archeologia e dell'antiquariato, voi ripulite dalla polvere del tempo non ciò che fu, ma la rappresentazione di ciò che era! Voi conservate ciò che mai fu com'è ora. Il presente è eguale solo a se stesso. Tutto quanto è nel presente ha la stessa sua durata: un attimo e l'eternità.

Fin qui abbiamo parlato col linguaggio proprio del mondo dei fenomeni, cioè del divenire, adesso parliamo di ciò che è.

 

Non esistono, secondo la verità dei fotogrammi, gli oggetti del piano fisico, ma esistono tante rappresentazioni di essi fino a coprire la loro durata nel tempo. Lo stesso corpo fisico, come del resto l'astrale ed il mentale, è il risultato di percezioni di fotogrammi nei quali è rappresentato ora in salute, ora in malattia, ora giovane, ora adulto. Questo corpo che noi identifichiamo con noi stessi, che per noi rappresenta la prova della nostra continuità nel tempo, è scomposto in tante unità di mutazioni quanti sono i cambiamenti di materie, di forme, di atteggiamenti, di movimenti, di attività che ha dalla nascita alla morte.

Cosi è degli oggetti: non un oggetto che dura anche dei secoli, ma tante rappresentazioni di esso quante sono le unità di mutazioni (fotogrammi) in cui è raffigurato. Il mondo fisico, come l'astrale ed il mentale, esiste come lo conoscete solo quando si percorrono, vivendoli uno ad uno, i fotogrammi che, in ultima analisi, lo compongono.

Allo stesso modo gli oggetti, i corpi, le forme che in questo mondo esistono, acquistano dimensioni e realtà  solo scorrendo i fotogrammi nei quali sono raffigurati.

"Ed i luoghi?" vi chiederete. Lo spazio, come il tempo, in Assoluto non esiste; per quanto lo si possa misurare nel mondo dei fotogrammi, non è che una percezione illusoria.

 

Oggettivamente non esiste lo spazio che voi conoscete come piazza del Duomo della vostra città, nel quale sono ubicati certi palazzi e monumenti che hanno un loro ciclo di vita, perché non esiste oggettivamente uno spazio nel quale il Cosmo vive, evolve e muore. In effetti nascita, evoluzione e morte di un Cosmo sono tutta una realtà nell'Eterno Presente, al di là dell'illusorio mondo delle apparenze.

Come il tempo scaturisce dal susseguirsi dei fotogrammi di fronte alla percezione individuale, altrettanto è dello spazio. La piazza del Duomo che voi conoscete oggi non è lo stesso spazio nel quale il Duomo fu edificato: quelle pietre levigate dal tempo non sono le stesse poste dagli antichi. Ogni fotogramma ha un suo tempo, come un suo spazio.

 

Non esistono eventi e cose che hanno svolgimento e durata in tempi e spazi oggettivamente esistenti, ma tante raffigurazioni di essi che, poste l'una accanto all'altra, costituiscono la loro esistenza, ubicazione e persistenza nel mondo dell'illusione.

Ciò che dà senso di durata e luogo è la percezione scandita delle situazioni in se stesse immutabili ed impercettibili, perché obiettivamente inesistenti  quali voi le conoscete.

 

Virtuale frantumazione del Sentire Assoluto

 

Abbiamo cominciato a parlarvi di quello che sta oltre il mondo fisico ed oltre ciò che i sensi vi fanno percepire, perché appunto questo era lo scopo delle nostre comunicazioni. Naturalmente non avremmo potuto parlare con voi se, implicitamente qua venendo, non aveste dimostrato interesse ad ascoltarci. Abbiamo cominciato a dire di quello che comunemente si crede; l'abbecedario dell'insegnamento è stato illustrare l'idea della sopravvivenza alla morte del corpo fisico. Poi, a poco a poco, vi abbiamo fatto conoscere le Verità della reincarnazione, dell'evoluzione, della legge di causa e di effetto e via via. Per l'esposizione di queste Verità non occorreva toccare il concetto che avevate di Dio come di un ente che sta al di sopra dell'uomo, che ne dirige i destini come un sovrano. Inizialmente parlavamo di un Dio che poteva benissimo essere insegnato dalle vostre religioni occidentali. Perché quello che interessava allora era appunto farvi comprendere le Verità dell'evoluzione, della reincarnazione, della legge di causa e di effetto, della sopravvivenza, la composizione del microcosmo che è chiamato "uomo", e tutte le cose che per anni abbiamo continuato a dirvi.

 

Finalmente, quando tutto questo lo avevate capito, potemmo accennare che l'Assoluto non poteva avere un carattere transitorio, mutevole, variabile, che bene poteva essere definito Eterno Presente perché era eterno, infinito, non conosceva, appunto, né tempo, né spazio, né trascorrere. Anche questo concetto, a furia di ripetere e di discutere in riunioni come quella di questa sera, si fece strada in voi. 

Giungemmo allora ad un momento particolare nel quale avevate capito da una parte certe Verità quali la reincarnazione, l'evoluzione, che fanno parte del mondo dei fenomeni, del microcosmo imperniato sulla mutazione; dall'altra il mondo del moto assoluto e quindi dell'immutabilità, dell'Eterno Presente, visione di un Dio che non può mutare, non può divenire, tale è e tale deve rimanere. Infatti si dice: l'"Essere è l'Essere". Quello, ho detto, era un momento particolare. Senza porvi in allarme - perché i problemi complessi vanno affrontati con semplicità - cominciammo a farvi comprendere come questi due mondi siano una sola Realtà. Come è possibile che esista, contemporaneamente, nell'Eterno Presente, in ciò che mai muta, mai varia, ciò che è mutevole e cangiabile? Ed eccoci arrivati alla Verità illustrata con l'esempio dei fotogrammi.

 

Naturalmente, per farvi comprendere che il movimento che osserviamo con i sensi del corpo fisico, che il susseguirsi delle sensazioni che percepiamo grazie al corpo astrale, che il mulinello di pensieri che s'inseguono nelle nostre menti, ha un'altra esistenza, tutt'affatto diversa da quella che comunemente si è abituati a credere, siamo passati per gradi ed abbiamo dovuto servirci di Verità-punti-di-passaggio.

Infatti abbiamo iniziato col parlarvi della non contemporaneità del "sentire". Cioè voi, che qua siete tutti riuniti nello stesso momento, secondo il tempo fisico, in effetti nel "sentire" potete non essere contemporanei. Attraverso a conversazioni come quella di questa sera, a poco a poco vi siete impadroniti di questo concetto. Per farvi meglio comprendere che cosa significa questa diversità di "sentire", vi abbiamo detto che di questa serata - nella quale sono presenti un numero X di creature - possono esservi tante ripetizioni quanti sono i centri di "sentire", di sensibilità e di coscienza in essa rappresentati, in essa esistenti. Vi abbiamo detto, cioè, che questo fatto della vita che è comune a ciascuno di voi, può ripetersi nella stessa, precisa, identica maniera, tante volte quanti voi siete. Non solo, ma se vi sono forme di vita inferiore, altrettante volte quante sono le forme di vita inferiore presenti.

 

"Ripetersi", che cosa vuol dire? A questo interrogativo abbiamo risposto dicendo che non esiste una vita oggettiva nel senso che il Cosmo abbia un suo ciclo di vita autonomo: che nasca, cresca, evolva, ma che tutta la vita del Cosmo, tutto il suo ciclo di esistenza, è scomposta in fotogrammi: cioè in "unità di mutazione". Che il nascere, svolgersi e morire del Cosmo, e quindi della vita di un individuo, o di una Nazione o di un Pianeta, si osserva, si percepisce unendosi ai relativi fotogrammi, a quelle "unità di mutazione" secondo una successione che è la successione fondamentale del Cosmo. Per cui, attraverso a questo unirsi seguendo questa successione, osserviamo un trascorrere, un passare. Avvenire che si avvicina e  diventa presente e quindi passato; ma in Assoluto non è così perché nell'Eterno Presente, il Cosmo è sempre, tutto, eternamente presente.

Come accade che questo susseguirsi del "sentire" esiste?

 

Per farvelo comprendere, per ora possiamo solo ripetere parole già dette, perché qui veramente si tratta di comprendere, di "sentire" questa Verità, non di capirla con la mente. Per propria natura il veicolo akasico è composto da un insieme unità di « sentire»; ciascuna unità di "sentire" è sempre unita, collegata ad un relativo mondo di fotogrammi del piano mentale, del piano astrale, del piano fisico. Ed allora, che cosa è che trascorre? Niente, in Assoluto, trascorre; sono queste unità di "sentire", per loro stessa natura, chiuse dal senso di provenire da una situazione precedente e sfociare in una situazione seguente che creano un'errata percezione. Questa è la vera individualizzazione, è la vera frantumazione dell'Uno nei "molti".

 

Questo concepire di venire da una situazione precedente, per sfociare in una situazione seguente, occupa l'eternità. Pur dando all'individuo il senso di qualcosa che deve compiersi - e che in effetti si compie - non può essere collocato in un momento preciso dell'eternità; è questo circoscriversi del "Sentire Uno" in "unità di sentire" che dà l'illusione di qualcosa che sta in un punto preciso del tempo, ma così non è. Esiste come è "sentito", perché sia "sentito" una sola volta, ma non ha ubicazione, né nel tempo, né nello spazio.

 

Ed ecco un'altra domanda: se, dunque, queste "unità di sentire" costituiscono la vera frantumazione dell'Uno nei "molti", può essere che, fra me ed un mio simile, la differenza sia solo costituita da una variante del "Sentire Assoluto"? E può darsi che a percepire tutti questi "sentire", sia un unico "sentire"? A voi la risposta.

Il solo ostacolo che noi abbiamo a comprendere questo concetto è che noi partiamo dal basso - da noi individui - pensando che domani possiamo essere un altro individuo. Una risposta affermativa non avrebbe niente di strano, dal momento che oggi possiamo "sentire" questa vita con una personalità, ed in un'incarnazione successiva "sentirla" con personalità diversa, pur rimanendo la stessa individualità. 

Ma, per comprendere meglio questo concetto, dobbiamo pensare a noi individui non come a ciò che sta in alto e che vive, "sente" ciò che sta in basso, se mi è concesso di usare questi termini. Allora, nel momento in cui questo qualcosa che sta in alto, riprende la sua coscienza di ciò che è il "sentire individuale", diventa "Sentire Assoluto" ed è come se avesse vissuto e percepito ogni altro "sentire individuale", non già come qualcosa che viene improvvisamente, che nasce, che spunta come un fungo, ma come vera e propria esperienza vissuta, perché se c'è un "sentire immenso" che vive e percepisce ogni esperienza individuale, questo è il "Sentire Assoluto". Ecco che cosa significa amare il nostro prossimo come noi stessi. Questo. 

 

Ma nella spiegazione di ciò, per farci capire, siamo costretti ad esprimerci in termini di divenire, e questo tradisce la Realtà. Non v'è nessuna differenza, in realtà, fra noi, voi, io e te, ma ogni cosa è in Lui. E' Lui moltiplicato nei "molti" che si riassume nel Tutto e nell'Uno. E' questo mare immenso di "sentire", di coscienza, che compenetra ogni unità elementare dei Cosmi e del Suo stesso Essere. E' Lui che esiste allo stato di "sentire", non solo limitato e chiuso in "sentire individuali", ma anche in un "Sentire Assoluto", fino all'ultimo atomo del Suo stesso Essere. Lui è "Sentire" per eccellenza.

 

I nostri "sentire individuali" che sembrano trascorrere e giungere ad una conclusione, e che contano il "sentire" dell'inizio ed il "sentire" della conclusione, in realtà non trascorrono mai, non mutano mai, sono eterni come Lui, perché di Lui fanno parte. E' la stessa legge che ha frammentato questo "Sentire Assoluto" e quindi Lui stesso - perché Lui stesso, la Sua stessa Natura è legge - che ha fatto sì che questi frammenti fossero uniti da questo senso di provenire "da" per sfociare "in". Solo in questo modo potevano sussistere le unità di "sentire", solo in questo modo poteva chiudersi un cerchio che delimitava un "sentire" limitato, una unità di "sentire" diversa l'una dall'altra: questo credere di provenire "da" per giungere "a" è ciò che isola e rende esistenti le "unità di sentire".

Ma nessuna parola può farvi comprendere questo: noi non possiamo che pregare che ciascuno di voi possa giungere a "sentire" questi concetti. Noi possiamo aiutarvi servendoci di Verità punti di passaggio e con questo compiere ogni sforzo possibile, ma quelli che debbono comprendere siete voi.

 

Io vi auguro, con tutto l'amore che vi portiamo, che possiate presto giungere a questa comprensione, perché in essa è la liberazione da ogni affanno, dall'attaccamento all'apparenza, è veramente la fine di ogni divisione, raggiunta non già  attraverso alle riforme, ma attraverso al "sentire" interiore. Significa prendere coscienza di se stessi, di ciò che si è; significa prendere coscienza del TUTTO.

 

 

Il dolore

 

Dopo aver conosciute nuove Verità, ci riproponete la domanda: perché esiste il dolore? Voi sperate che quanto ora sapete possa insegnarvi ad annullare il dolore, lasciando inalterata la vostra esistenza, il vostro modo di pensare ed agire. Volete conoscere la ragione per cui Dio ha posto il dolore nell'esistente.

 

Da tutti certo è stato capito che il dolore è un moto soggettivo ed è una delle innumerevoli percezioni che costituiscono l'intera gamma del "sentire individuale".

Il dolore quindi, come fatto di parte, non può trovare riscontro oggettivo, però voi che siete nel mondo soggettivo, volete sapere perché soffrite. Perché non vi chiedete il motivo di tutti i "sentire individuali", ma di uno solo di essi? Il dolore, a differenza di altre, è una sensazione spiacevole, ed allora è naturale che si rifugga lo spiacevole per cercare il piacevole; è nel giuoco stesso che fa evolvere. Il dolore diventa una condanna e l'uomo, che concepisce Dio come la cosa più bella che possa esistere, vuol sapere come questa percezione sta in Dio, come può giustificarsi in Lui. In altre parole dal relativo vuol giudicare l'Assoluto.

Il vostro dolore, per quanto reale possa sembrarvi - lo ripeto ancora - è un fatto soggettivo e, senza tenere presente ciò, non si può raffrontarlo con l'Assoluto; sarebbe come voler giudicare l'insieme da una parte.

 

Ma neppure chiedersi perché esiste il dolore nel soggettivo, è giusto. Infatti non ha senso non trovare giustificazione unicamente del dolore, solo per il fatto che questo è spiacevole. Tutto è sullo stesso piano, ed allora di tutto deve essere domandato il perché, non solo del dolore. La giusta domanda non è quella di chiedersi come si giustifica il dolore nell'Assoluto, ma come tutto il mondo dei "sentire" soggettivi trova giustificazione. Cioè: perché il Tutto è così? Voi invece chiedete: "Perché una parte del Tutto è così?". Vi interessate di quella parte per il fatto che non l'accettate.

Questa è la precisazione che dobbiamo fare, conosciute le ultime Verità.

 

Perché esiste il dolore, non occorre che ve lo ricordi; voi già lo sapete. La spiegazione data rimane valida. Il perché di tutto il resto è quello che cerchiamo di farvi capire. Noi stimo lottando per aiutarvi a superare non solo il dolore, ma la paura e tutto ciò che v'impedisce di essere sereni. Nella comprensione della Realtà è il superamento di ogni angoscia, ogni affanno.

 

Ma per giungere a questo occorre rinnovare il proprio essere, i rapporti con i propri simili.

L'uomo ha uno strumento nelle sue mani che non ha l'animale: l'intelletto. Ebbene la mente è come un'arma che non sa usare. Egli è schiavo delle sue idee, ciò che non capisce è spiegato con erronee supposizioni. La mente, che non sa bene usare, lo domina. Pensate alle angosce e alle paure che prendono corpo nella mente dell'uomo! Lì è il regno del terrore, lì è il regno dei fantasmi, lì è il regno del dolore. Molte volte neppure l'uomo più evoluto Vi sfugge. Quanti Santi hanno subìto torture e sofferenze dai demoni immaginati dalla loro mente!

 

Quante creature trapassate soffrono pene di un inferno da loro pensato! Quanti terrori nascono nell'intimo degli uomini per pericoli che mai si manifesteranno o sussisteranno; perché è la mente che costruisce il terrore, la paura, il dolore.

Non esistono demoni, oggettivamente, che torturino dei Santi.

Non ha senso credere che il figlio di Dio stigmatizzi delle creature per farle soffrire in sconto di peccati dell'umanità. Eppure le stigmate esistono, i demoni tormentano; e quelle sofferenze innalzano le creature. Che significato ha tutto questo? Che cosa vuol dire? Voi rispondete, perché potete rispondere!

Quando vi diciamo che il dolore nasce dalla mente dell'uomo, vogliamo dire qualcosa che va oltre il semplice significato di queste parole. Perché il dolore nasce nella mente dell'uomo?

E quale genere di dolore? Il dolore fisico od anche quello ben più tormentoso? Dire che il dolore si rivela nella mente dell' uomo, significa ammettere che il dolore è un fenomeno soggettivo. E chi può negare tutto questo? Chi può dire che il medesimo evento reca a due o più individui lo stesso dolore?

Non v'è bisogno di dimostrare ciò che di per sé è già dimostrato. Ma perché quello è il tuo dolore? Perché tu sei fatto così; perché per te, consapevole del tuo essere, della tua posizione, dei tuoi problemi, dei tuoi principi, delle cose che per te sono irrinunciabili, quello significa amarezza, sofferenza, dolore.

 

Di fronte al dolore, l'individuo ha delle esperienze che segnano tappe fondamentali della sua esistenza. In primo tempo non sente che il proprio dolore e quello solo lo atterrisce e lo sconvolge.

E' una visione egoistica della sofferenza. Man mano che l'esperienza prosegue, ecco che l'individuo allarga la sua visione ed è colpito anche dal dolore degli altri che stanno attorno a lui.

 

Questo può significare paura che quello che accade agli altri possa, quanto prima, accadergli. E così per gradi fino alla visione del dolore altrui altamente sublimata di chi ha intrapreso la via dell'altruismo: piangere sul dolore degli altri come se fosse il proprio. Tuttavia questi modi di considerare il dolore si equivalgono, perché in ultima analisi si soffermano sugli effetti senza cercare di capire le cause, cioè capire l'essenza stessa del dolore.

Sino a che voi non comprenderete che voi e gli altri soffrite perché siete fatti come siete e sino a che non comprenderete e quindi trascenderete voi stessi, il dolore vi abbaglierà.

 

Che cosa significa questo discorso? Sono forse parole dette unicamente per tacitarvi? Per darvi una qualunque spiegazione in modo da non farvi più fare queste domande che possono avere una difficile risposta? No certo! Fino a che non si è compreso che il dolore che ci tormenta è in funzione del nostro essere, del valore che noi diamo a tutto quanto costituisce la nostra personalità; fino a che - per i mistici - non si è "morti a se stessi", esisterà il dolore. Il dolore ha unicamente lo scopo di farci capire questo, di farci trascendere quelle cose alle quali noi diamo tanta importanza e per le quali soffriamo.

Oggettivamente il dolore ha la stessa importanza della gioia, della tristezza, dell'allegria e della pace. Tutto ha la stessa importanza, tutto ha una stessa finalità: quella di farci vivere in modo reale pur nel mondo dell'illusione.

 

Costituzione del Cosmo

 

Supponiamo di essere qua riuniti in questa stanza e di avere, al centro di essa, un tavolo con sopra un'arancia. L'oggetto che richiamiamo arancia ha un certo colore, una certa forma, contiene certi succhi, insomma lo abbiamo catalogato in base a quelle che sono le reazioni che l'oggetto procura ai nostri sensi.

Ma se noi lo guardiamo oggettivamente, non vediamo, sul piano fisico, che un insieme di atomi, di molecole, di elettroni, di protoni, secondo a quale livello lo osserviamo. 

 

Se lo osserviamo a livello più grossolano, vedremo delle sostanze, insieme di molecole; poi a livello più sottile degli atomi, poi delle particelle che costituiscono gli atomi (elettroni, protoni, nuclei, particelle, corpuscoli, è vero? Voi sapete la suddivisione che abbiamo fatto della materia). Quindi, se prendiamo in esame questo oggetto a livello dei corpi atomici, come possiamo chiamarlo "arancia"? Come possiamo distinguere gli atomi che compongono l'arancia dagli atomi che compongono l'aria che sta attorno all'arancia, o del tavolo su cui è posata? Evidentemente potremmo dire che esistono un gran numero di atomi, vedremmo questi atomi, in certi punti più vicini gli uni agli altri, in certi punti più lontani, più o meno fermi a seconda della temperatura dell'ambiente e via dicendo, ma indubbiamente l'oggetto arancia sparirebbe, alla mia visione, sul piano fisico. Quand'è che riapparirebbe? Nel momento in cui tornassi ad esaminarlo con occhi di un corpo fisico; allora potrei dire che quella è un'arancia.

 

Ora, se voglio avere un quadro completo, un'antologia completa dell'arancia (noi siamo attorno a un tavolo, non dimentichiamolo) esistono due sistemi: uno molto più limitato, quello di prendere l'arancia in mano e girarla da tutte le parti. Ma sarebbe un "conoscere" da un unico punto di vista. L'altro, invece, è quello di mettere insieme tutte le visioni dell'arancia dei vari osservatori che sono intorno al tavolo. Se io devo fare una raccolta di tutte le conoscenze intorno all'arancia, non posso altro che raccogliere tutti i punti di vista dei singoli osservatori che osservano l'oggetto.

 

Che cosa significa questo? Obiettivamente, al di fuori degli osservatori, noi abbiamo visto che l'oggetto arancia non esiste più, o per lo meno non esiste più con le caratteristiche che si è abituati a conoscere nel piano umano, definite in ordine alle reazioni che hanno i sensi del corpo fisico. Per cui, la conoscenza a livello umano di quell'oggetto, è costituita dall'insieme

delle singole conoscenze individuali. Ecco il mondo del "sentire" degli individui e dell'individualità. Il mondo del "sentire" dei "centri di sensibilità di espressione", dei centri di "coscienza e di espressione".

 

Allo stesso modo, come si conosce un Cosmo? Può conoscersi oggettivamente? No! Come non si conosce oggettivamente l'arancia, perché oggettivamente un Cosmo è una cosa tutt'affatto diversa da quella che voi siete abituati a considerare ed a vedere.

Un Cosmo dunque è costituito unicamente dall'insieme del mondo dei fotogrammi. Il Cosmo può essere sperimentato unicamente nel "sentire" degli individui, il Cosmo quale voi lo conoscete e quale cade sotto la vostra attenzione.

 

Dossier Cosmo

 

La vita macrocosmica trova il suo ambiente nel Cosmo; essa compenetra la stessa vita microcosmica. Così l'ambiente cosmico è il "brodo di cultura" per la vita dei microcosmi; ma nello stesso tempo, questa vita dei microcosmi è l'elemento essenziale della vita dell'Assoluto.

Dobbiamo ricordare che tutte queste disposizioni che noi facciamo, di Cosmo, di relativo, non relativo, di finito, microcosmo, macrocosmo e via dicendo, sono tutte distinzioni convenzionali. Sono tutte definizioni che riguardano parti e porzioni dell'Assoluto, il quale è tutt'altra cosa. Così quando noi diciamo che il Cosmo è l'ambiente nel quale evolvono le vite individuali, diciamo una cosa giusta e vera; ma se ci limitiamo unicamente a questa visione, che noi abbiamo dovuto chiudere per comprendere, non possiamo poi comprendere il Tutto. Comprendendo la parte, noi comprendiamo quella e basta; è dalla totalità delle parti che possiamo condurci sulla strada per comprendere il Tutto, non dimenticando che il Tutto trascende la totalità delle cose.

 

Quando abbiamo parlato dell'esempio dell'arancia e degli osservatori, abbiamo voluto significare che un Cosmo è fatto da una serie di fotogrammi innumerevoli, immensa, infinita. Che "oggettivamente" - ormai lo abbiamo detto tante volte - non esiste una "vita del Cosmo" nel senso che eravate abituati a credere; però esiste un insieme di fotogrammi nel quale è rappresentato l'inizio di un Cosmo ed il termine dello stesso Cosmo, con un'infinità di fotogrammi intermedi che uniscono le due parti. Orbene, questa storia del Cosmo, facendo astrazione dalle vite individuali degli uomini, potrebbe esistere anche in modo a sé stante. Cioè se, in qualche modo, potessimo legarci a questi fotogrammi restandone al di fuori, si vedrebbe il ciclo cosmico della materia e della vita del Cosmo, della vita macrocosmica.

 

Tuttavia non può sussistere questa astrazione: la vita macrocosmica si compenetra e compenetra la vita microcosmica. Unitamente a queste serie di fotogrammi che rappresentano la nascita, l'evolvere ed il morire del Cosmo, vi è un'altra infinità di fotogrammi che rappresentano la nascita, l'evolvere ed il morire - in qualche senso, cioè, il trasformarsi - degli individui.

Il "dossier" Cosmo è dunque costituito da tutte queste cartelle riguardanti la vita macrocosmica e quella dei microcosmi.

Riflettere.

 

Continua