Messaggi di Dali (Le tre vie della conoscenza) (Tollerare le opinioni degli altri) (Remore morali...ho conosciuto...) -
Messaggi di Kempis (L'immaginazione) (Fantasmi della mente) (Lettera aperta a Pindemonte) (Sull'aborto) (La morale) -
Messaggi di Claudio (Esortazione a rinnovarsi) (Il conformismo) (La successione degli stati di coscienza)-
PARTE SECONDA L'INSEGNAMENTO MORALE Dali Rinnovarsi
per comprendere Con
l'ingresso nel vostro gruppo di nuovi amici, torna ancora come tema di discussione
e di riflessione, l'interrogativo sull'origine di queste comunicazioni; ed è
logico che sia così perché tutto deve essere sempre posto nuovamente in
discussione. Guai se l'uomo si fissasse per tutta la durata della propria
esistenza dei capisaldi dai quali poi mai più volesse prescindere. Non vi
diciamo che questi devono essere fissati per il tempo necessario a comprendere,
ma con molta semplicità e facilità possono essere, anzi debbono essere,
abbandonati e sottoposti, via via, a nuove verifiche.
Non
è la prima volta, o figli, che vi diciamo che non ha alcuna importanza chi noi
in realtà siamo, per molte ragioni. Noi
non vogliamo essere ascoltati da voi solo perché voi siete convinti che noi
siamo degli abitatori di una diversa dimensione; se anche questo è vero, non è
vero che chi si trova in E
quindi, se voi credete che noi siamo Entità, perché questo vi dà una garanzia
della Verità di ciò che vi diciamo, ed accettate questa Verità solo perché noi
la diciamo, voi siete in errore.
Ripeto:
al di fuori dell'unica Realtà oggettiva, ogni altra realtà è relativa e
soggettiva. Ma in questo movimento di soggettività, l'uomo - creatura stessa
della relatività e della soggettività - deve sottostare al giuoco che lo vuole
al centro di un suo mondo, completamente suo, nel quale egli riceve degli urti,
che sembrano provenire dall'esterno e che suscitano nell'intimo suo qualcosa,
una reazione, una risposta, sicché qualcosa di diverso nasce nel suo intimo. In
questo giuoco di colpi e di contraccolpi, l'uomo non deve cristallizzarsi, deve
continuamente riflettere. Ecco perché noi vi diciamo: "accettate quello
che noi pronunciamo, vi prospettiamo, non perché sono delle Entità a dirlo, ma
perché è passato al vaglio della vostra comprensione e lo trovate giusto". Fra una Entità che fosse all'origine di queste comunicazioni bugiarda ed uno psichismo veritiero, non c'è dubbio che sarebbe molto più utile uno psichismo vero di una Entità bugiarda. Così, miei cari, ancora vi ripeto - se non lo avessi ripetuto abbastanza - che è essenziale che voi comprendiate quello che noi vi diciamo, lo meditiate, lo assimiliate. Le
tre vie della conoscenza A voi sembra inverosimile essere al centro di queste comunicazioni che a vostro giudizio dovrebbero interessare quasi la totalità degli uomini. L'inverosimiglianza diminuisce allorché assistete ad una divulgazione delle nostre parole, perché con questo fatto la vostra posizione diviene meno eccezionale e quindi più credibile.
In effetti, o figli, noi siamo uno dei
moltissimi mezzi che la legge di evoluzione dà all'uomo per farlo riflettere e
progredire. Dovete tenere presente che tre sono le vie che conducono a quella
che è la meta dell'uomo, uno stato di "sentire" tutt'affatto diverso
dalla sua condizione di esistenza nel mondo della percezione; queste tre vie le
abbiamo genericamente indicate nella via mistica, nella via dell'azione, nella
via della conoscenza non sono che mezzi per giungere a questo
"sentire" che è indescrivibile, che tanto vi rammentiamo e che non
possiamo che illustrare sommariamente, perché non può che essere provato. Se si
tiene presente questo, si comprende che anche la
Ma non è tutto. Vedete, figli, conoscere la Verità non significa raggiungere automaticamente questo famoso "sentire", questa meta che vi attende. La Verità non è una formula magica che, allorché pronunciata, immediatamente in chiunque la pronunci o l'ascolti susciti questo "sentire" interiore, cioè faccia a lui raggiungere quella meta della quale vi parliamo e a cui continuamente vi sproniamo. La conoscenza deve essere vissuta, deve essere continuamente verificata, deve essere sperimentata. La conoscenza, come il misticismo e
l'azione, non sono che un mezzo per trarre l'uomo in quello stato di tensione interiore
propizio al fluire del suo profondo "sentire". Perciò non è
necessario che la conoscenza sia una conoscenza del vero; può benissimo essere
una conoscenza che nulla ha di contatto con la Realtà. Cioè può essere una
conoscenza che rispecchia una storia totalmente fantasiosa, basta che l'uomo la
viva profondamente con tutto l'essere suo, basta che l'uomo attraverso a quella
conoscenza creduta intimamente, sperimentata e vissuta, raggiunga quello stato
di tensione interiore nel quale sbocca il "sentire" suo più profondo.
Direte
allora voi: "Che necessità v'è che voi veniate fra noi a parlarci della
Realtà?". Noi parliamo di una conoscenza in termini accessibili alla
vostra mente, alla vostra logica perché pensiamo che forse conoscenze di tipo
fantastico e prettamente mistiche, e che riguardino la via dell'azione, non
sarebbero in voi di effetto; perciò cerchiamo di catturare la vostra
attenzione, di convincervi attraverso a cose che bene si adattano alla vostra
mentalità, acciocché voi, attraverso a questa convinzione, troviate quello
stato di intima tensione che, come ho detto più volte, è la condizione
indispensabile, assoluta, per la quale il "sentire" del vostro essere
interiore comincia a fluire. Ecco allora che la divulgazione acquista una nuova
luce: non è più importante come la si può credere, non ha quello scopo di
missione universale che un certo misticismo d'ispirazione romantica può
indurre.
Ecco
allora che la divulgazione non ha bisogno di un'organizzazione che lavori a
livello collettivo, ma, anzi, direi che la divulgazione deve semmai avvenire a
livello individuale, perché è allora che ciascuno di voi può vedere quanto i
vostri simili recepiscono e che cosa è a loro più adatto di tutto quello che
diciamo. Perciò la divulgazione non deve dare spazio ad una nuova
organizzazione, ma per essere veramente utile deve essere ispirata dal
desiderio di fare agli altri quel bene che voi pensate di avere ricevuto
attraverso di noi. Io spero, con queste considerazioni, di avere chiarito la nostra posizione nei confronti del resto di tutta l'umanità che, come vedete, non è, in fondo, affatto eccezionale. Tollerare
le opinioni degli altri L'affermazione
che ciò che c'è da conoscere è già stato detto, al massimo può essere accettata
solo come dogma di fede di una religione suicida. Ognuno,
senza difficoltà, è disposto a credere che quanto l'uomo conosce è una piccola
parte del conoscibile ed una parte ancora più piccola della Realtà. Siccome
nessuno saprà mai quanto resta da conoscere, ogni uomo del presente e del
futuro, senza fare atti di fede, può ammettere che la Realtà comprende più di
quanto si conosce, più di ciò che si può osservare, più di quello che appare.
Questo è quanto basta per rendere legittima ogni opinione della quale non sia
stato dimostrato il contrario.
Ed
è pensando a questo che costantemente vi richiamiamo alla tolleranza nei
confronti delle opinioni degli altri, vi richiamiamo alla duttilità, vi
incitiamo ad ascoltare, per comprendere, ciò che gli altri intendono
significare. Vedete, ogni uomo - veramente degno di essere uomo - deve portare
avanti le sue opinioni onestamente: vivere per esse, non rinunciare per
interessi in qualche modo contrastanti. Deve, in tutta onestà, far conoscere il
suo pensiero, se è richiesto, ma non rinunciarvi; e quando, sul terreno delle
dimostrazioni, si scontrano gli interessi, allora deve saper riconoscere chi
parla in buona fede e chi, invece, non ha questa buona fede. Molte volte
abbiamo detto - ed ancora volentieri lo ripetiamo - che non è tanto importante
morire per un'idea, quanto vivere per essa. Così voi che qua siete riuniti ad ascoltare la nostra voce, tenete sempre presente quanto vi dico. Non rinunciate a ciò che credete, siate sempre disposti ad ascoltare il pensiero degli altri e anche ad abbandonare ciò che, fino a ieri, è stato per voi sostegno della vostra esistenza, quando qualcosa di nuovo entra nella vostra comprensione; ma non rinunciate per un interesse materiale. Rinunciate perché avete compreso di più - questo sì - e siate, ripeto, convinti che tanto c'è da sapere, senza cristallizzare il vostro pensiero in ciò che sapete.
Molte volte scopro il pensiero di voi che qua ci ascoltate e che, in
una riflessione interiore, osservate di non riuscire a seguirci fino in fondo
in ciò che vogliamo significare.
Ebbene, figli, può sembrare un'esagerazione, ma io vi assicuro che quanto voi
udite - anche se non è completamente afferrato - rimane trascritto in voi ed al
Da
quando abbiamo iniziato queste comunicazioni, abbiamo
Per
rendere più completo possibile questo compendio, abbiamo illustrato la Realtà
da differenti punti di vista che esulano dalla dimensione umana e fisica, molti
dei quali incredibili e sconosciuti. Sapevamo che le nostre affermazioni
avrebbero suscitato l'incredulità di molti; d'altra parte non farle avrebbe
lasciato delle lacune nell'esposizione sistematica del nostro pensiero ed
avrebbe privato l'insegnamento della sua parte più pregnante e più originale.
Sapevamo che le critiche non sarebbero state di coloro che hanno un
temperamento mistico - più che mistico direi scettico - così come la logica
lascerebbe supporre. Lo sarebbe se accettare o meno il nuovo non avesse motivi
e radici psicologiche; ma sempre quando l'uomo è posto di fronte al nuovo,
lo accetta solo se non contrasta con i
suoi interessi intesi in senso lato, comprendendo in ciò anche il solo
prestigio personale. Questo
è valido sempre, non solo per il nostro insegnamento. In
ogni caso il nuovo è accettato subito solo se lega con la propria fede, con le
proprie esperienze, con la cultura
che si ha.
Ebbene
- dicevo - la parte più originale del nostro insegnamento troverà i suoi
maggiori critici proprio in chi conosce dimensioni ultrafisiche, ma solo da un
punto di vista del mondo fenomenico e della percezione; dalla prospettiva
"soggetto" ed "oggetto", che è una prospettiva estremamente
soggettiva e quindi illusoria. Questi non immagina neppure lontanamente che
esistano altre dimensioni d'esistenza, in cui si conosce una Realtà non perché
la si percepisce, ma perché la si è. Più volte vi abbiamo ripetuto che chi vive
in un piano di esistenza, non immagina lontanamente neppure che ne esistano
altri, proprio come potete constatare nel piano fisico dove normalmente l'uomo
non immagina che esistano altri piani oltre quello in cui egli vive.
Se
domandate a chi ignora la parte nascosta della Realtà - che vi assicuro è la parte
più grande - de domandate a lui cose delle quali non ha mai potuto parlare,
neppure per sentito Io
non mi rivolgo a chi si è sentito dire dal suo Maestro - in senso lato - o a
chi se lo sentirà dire, che ciò che diciamo non è vero per convincerlo che
invece ciò che diciamo riflette una dimensione d'esistenza della quale poco e
nulla si conosce perché dalla quale solo raramente si comunica. Non mi rivolgo
a questi per convincerlo, perché non abbiamo interesse a convincere nessuno. Ma
mi rivolgo a lui per metterlo in guardia contro chi vuole
Noi
non abbiamo questo interesse, né la Verità è più o meno vera a seconda che sia
più o meno creduta, più o meno condivisa. Non dipendete dagli altri per la
vostra comprensione; il comprendere è un fatto estremamente individuale, non
può - e soprattutto non deve - essere delegato ad altri. Non permettete che
altri comprendano per voi o al posto vostro, siate estremamente aperti alla
comprensione. Questo significa sottrarsi ai molti condizionamenti che possono
venirvi dall'ambiente e dagli
La vostra fede religiosa, la vostra cultura, non debbono costituire un ostacolo fra voi ed il nuovo, un ostacolo alla vostra comprensione. Ma al contrario debbono darvi la duttilità di pensiero e la penetrazione dei significati. Debbono rendervi intimamente attenti. Chi fa della propria cultura un diaframma fra sé e il nuovo, tradisce l'unica funzione della cultura, la priva dell'unico scopo che essa ha, che è quello di fare spaziare il singolo in esperienze da altri vissute, di renderlo massimamente aperto ai messaggi di cui gli altri possono essere portatori. Un
momento di transizione Riprendiamo questi nostri incontri in un momento in cui gli eventi umani sembrano volgere al peggio, in cui sorgono da molte parti grida di allarme. Sembra - e forse in parte è vero - che tutto vada a scatafascio e che nessuna speranza vi sia per l'uomo di oggi. In questa ridda di opinioni allarmanti e di grave preoccupazione nella quale, vostro malgrado, siete trascinati, mai come ora vi preghiamo di tenere presente il nostro insegnamento; mai come ora vi invitiamo ad essere fiduciosi, soprattutto a non fidare in un "uomo del destino". L'uomo del destino è ciascuno di
Questo
è l'unico rimedio veramente valido che possa ricondurre la società umana su un
binario più tranquillo e di maggior serenità. In
questo momento in cui ogni valore che l'uomo aveva tenuto sugli altari dei
propri ideali sembra sparire e venire calpestato o tenuto in nessun conto, più
di sempre è importante che vi siano delle creature, come voi, che si riuniscono
per formare una catena di pensieri e di intenzioni che risulta, all'occhio di
chi vede oltre l'apparenza, come una sorta di faro da cui si diffonde un
segnale per la nuova strada che l'umanità dovrà percorrere.
Parlare di evoluzione in un simile momento, fa correre il rischio di non essere creduti perché, in effetti, udendo i fatti della vostra vita, sembra che l'umanità non sia progredita, ma abbia percorso il cammino all'inverso. Voi sapete, perché molte volte lo abbiamo detto - e lo ripeto per chi non ascolta sovente la nostra voce - che tutto avviene secondo un ordine preciso, e che anche quello che può sembrare disordine e confusione obbedisce ad una legge di equilibrio che non falla. Questo momento, che tutto il mondo in generale sta vivendo, è e segna un trapasso da una vecchia epoca ad una nuova. E' un momento di
transizione dove cadono le stampelle, gli appoggi, le grucce, i limiti entro i
quali l'umanità di ieri doveva muoversi, per dare respiro a più grandi e più
ampi spazi. L'umanità di oggi, e più ancora del domani, si muoverà in direzioni
diverse e - quello che conta più di ogni altra casa - si muoverà di moto
proprio, in maggior libertà. E' questo cadere dei tabù, delle inibizioni, delle
morali coercitive che dà l'impressione di un peggioramento nello spirito degli
uomini, ma voi dovete guardare con fiducia al nuovo respiro dell'umanità; non
dovete giudicare tutti gli uomini dai fatti di cronaca nera o simili che
leggete sui giornali.
Di
fronte a questi eccessi - pur essi importanti ed essenziali per le creature che
li compiono, perché costituiscono l'esperienza che esse debbono fare - vi sono
tante, tantissime creature che vivono semplicemente, modestamente la loro
esistenza. Forse un po' smarrite perché non credono più alla religione, non Vi sono tante creature che non appaiono sulle colonne dei giornali e arrendono di credere ancora a qualcosa di veramente costruttivo. Ebbene, quando avvicinate qualcuno che è vicino a voi come vicinanza fisica, e più ancora vicino a voi per questo anelito di cui vi dicevo, sappiatelo riconoscere, sappiate dare a queste creature la speranza che esse attendono. Parlate a questo "qualcuno",
dite che ciò che appare è un atto ed una rappresentazione che deve essere per
fare scaturire nel loro intimo - nell'intimo di questi che vi ascoltano - come
reazione, un maggiore impulso ed una maggior ricerca alla rettitudine,
all'onestà, questa volta non più imposte dall'esterno, ma ritrovate nell'intimo
di ogni uomo. Questo è quello che io vi raccomando, o figli, iniziando questa
comunicazione. Volete
rivolgere delle domande? D.
- Vorrei chiedere... E' stato detto che il marxismo è un'espressione di questi
rivolgimenti. Quando non lo si condivide o quando lo si rifiuta, ci si pone in
un atteggiamento negativo? Come si può fare per superare e per accettare i
tempi nuovi che si presentano con questo volto? R.
- Ogni creatura, ogni essere umano, ha un suo "ambiente", un suo
mondo e ciascuno ha fatto addosso a sé questo mondo, lo ha cucito indosso, come
si suol dire; e ciò che va bene per te, forse non va bene per chi ti siede
accanto o chi fa parte della tua stessa famiglia. Così non possiamo dire, intitolare
un'ideologia, una fede, in qualche modo, e dire che quella va bene per tutti
gli uomini. Non sia mai! Ciascuno ha le sue esperienze da compiere, figli, e
ciascuno indubbiamente le deve compiere nell'ambito di se stesso, dell'ambiente
in cui è posto.
Ciò
che noi vogliamo dire quando diciamo che il marxismo va bene come il
cristianesimo, deve essere inteso in questo significato. Perché certe creature
abbiano delle esperienze necessarie alla loro esistenza, è utile e necessario
che credano in certe ideologie, vivano per quelle. Mentre, per altre creature,
sono utili ideologie opposte. Ma quello che conta è che ciascuno creda e pensi
con la propria mente e sappia comprendere questo principio che significa, in
termini pratici, tolleranza. Comprendere cioè che ognuno ha le sue esperienze
da compiere e non giudicare
Comprendere che ognuno - ripeto - crede a quello che deve
credere, perché anche il credere in qualcosa fa parte di un
"ambiente" - non solo fisico ma anche psichico - nel quale è posto e
nel quale deve sperimentare. Quindi noi non vi invitiamo a credere in questa
ideologia o in quella, in questa religione o nell'altra; ogni pensiero degli
uomini è sempre bello. Dicemmo una volta che ogni fede, tutte le fedi, sono
paragonabili ai fiori: ciascuno diverso e ciascuno bello in sé; ciascuno segua
l'ideologia, le proprie convinzioni, secondo se stesso, secondo le esperienze
che deve fare. E, forti di questa convinzione, figli, vi sarà più facile
comprendere e tollerare chi non la pensa come voi.
Quello che noi cerchiamo di farvi capire è che non esistono ideali morali validi per tutti nello stesso modo; ma ciascuno di voi deve raggiungere la sua meta. Ciò che è ideale morale per un selvaggio non lo è certo per un Santo. Certo questi sono due estremi di una scala di valori, ma fra questi due estremi voi potete comprendere che anche una leggera sfumatura di ideali costituisce una diversità che ha lo stesso valore della diversità che vi è fra i due estremi. Ciò che vogliamo soprattutto indicarvi come ideale - che può, in un certo senso, avere un significato universale, per tutti - è, invece, la meta e il significato delle umane incarnazioni.
Ogni uomo, dal selvaggio a colui che sta
Questo
è importante. Comprendere, quindi, che l'uomo è sulla Terra per giungere a
vivere al di là di se stesso, per giungere a capire che egli è uno con tutto
quanto esiste. E se egli è uno con tutto quanto esiste, non c'è dubbio che il
proprio prossimo è un se stesso. Quando l'uomo ha trovato questa convinzione
interiore, fermamente, allora può abbandonare la condizione delle umane
incarnazioni ed ha raggiunto lo scopo per il quale ha trascorso una fase di
vita umana. Sottrarsi
alla strumentalizzazione Voi state assistendo ad un'attività che non è nuova nel mondo umano, ma per la quale si è sentita la necessità di coniare un neologismo: strumentalizzare. Ossia servirsi di un fatto esistente o accaduto, per valorizzare la propria posizione, come se il fatto che si prende in considerazione fosse quello che è perché si sono seguiti - o non si sono seguiti - certi dettati di chi quel fatto strumentalizza. Nell'arte dello strumentalizzare non si debbono avere
remore; un fatto può essere interpretato in un senso o nel senso diametralmente
opposto - in tempi diversi - a seconda di quello che è l'interesse del momento.
Non vi sarebbe dunque da meravigliarsi se si assistesse ad un recupero
dell'ipotesi spiritica da parte di organizzazioni che fino a qui l'hanno
avversata, perché i dirigenti di quelle improvvisamente si accorgessero che lo
spiritismo, inteso nei suoi canoni tradizionali, in fondo può servire ad
arginare il dilagare del materialismo storico; cosa questa che può far loro
comodo nel momento. N‚ vi sarebbe da meravigliarsi se, in campo avverso, vi
fosse un lavoro in senso diametralmente opposto, magari affermando che i
fenomeni spiritici non sono causati da Entità e che l'ideologia, quando c'è, è
un'ideologia di destra.
Io
vi prego caldamente di non prestarvi al perpetrare del E' necessario dunque che vi sottraiate ai molti condizionamenti che possono venirvi dalle fonti d'informazione.
Non lasciatevi suggestionare da chi
ha interesse a farvi credere che la bellezza e la felicità della vita stiano
nell'accumulare beni, nel fare incetta di sensazioni piacevoli. Che cosa dovete
aspettarvi che faccia chi non può procurarsi quei beni e quelle sensazioni
acquistabili con il denaro che l'odierna concezione della vita pone come
supremo bene del vivere? Se educate i vostri figli a dare la massima importanza
al mondo esterno, a fare incetta di sensazioni piacevoli, perché vi
meravigliate delle conseguenze che questa concezione comporta? Non era giusta la concezione passiva degli orientali, in cui veniva trascurata ogni azione atta a migliorare il vivere di ogni giorno, ma non è neppure giusta una concezione di vita in cui ad una fantasmagoria di viaggi, relazioni, impegni che hanno come protagonista la propria persona, corrisponda un desolante vuoto interiore. Badate, non si tratta di scegliere tra una vita in condizioni di miserevole ristrettezza, perché non necessariamente ad essa corrisponde una ricchezza interiore, ed una vita nell'agio e nell'abbondanza ma vuota, perché non è detto che quest'ultima sia sempre e necessariamente superficiale. Si tratta di trovare il giusto equilibrio fra un'attività esteriore e la propria vita interiore, la vita dell'"intimo essere". Si tratta di guadagnarsi da vivere e trovare il tempo per fare qualcosa di costruttivo per gli altri e per il proprio essere interiore; certamente non intendendo con "costruttivo" cose che appartengano o siano riferibili al mondo dei sensi. Remore
morali Eccoci
nuovamente riuniti. Riuniti - noi confidiamo - nella ricerca della Verità,
animati da uno spirito di analisi, da una volontà di approfondire, di vedere il
vero. Voi siete consapevoli che questo "vero" si chiama "insieme di punti di passaggio"
che di volta in volta aprono nuovi orizzonti. E come colui che è intento a
camminare lungo il sentiero, di tanto in tanto si volge indietro a guardare i
luoghi che ha lasciato, così voi di tanto in tanto ripensate a quello che
credevate prima di avere raggiunta ed ampliata una Verità e quasi - da quella
che dovrebbe essere stata superata - siete tratti indietro, come se un senso di
nostalgia vi impedisse di abbandonare il vecchio punto di vista, di lasciare
l'approdo che fu di salvezza ieri, di tentare nuove strade, nuove mete, di
azzardare cammini ulteriori.
Ma
noi siamo qua per questo. Non per incitarvi a rimanere
Abbiate
dunque il coraggio di lasciare quei concetti che possono esseri stati, per voi, di conforto ai quali vi aggrappate E'
lo scopo delle nostre riunioni.
E' giusto che voi facciate il punto per chiarire le idee, ma quando si fa il punto, si fa un bilancio, si tirano le somme come si usa dire, bisogna avere coraggio; non affezionarsi a niente, vedere - direi cinicamente - che cosa alla luce delle nuove analisi, delle nuove posizioni raggiunte, è ancora valido e che cosa è superato. Quello che c'è di bello e che può agevolarvi è che ciò che è superato non lo è in senso assoluto. Intendo dire che non vi è mai contraddizione fra ciò che vi diciamo successivamente e ciò che vi avevamo detto, ma sempre e solo ampliamento, approfondimento. Quindi non si tratta, in
definitiva, di rifiutare "in toto" certe Verità che noi vi avevamo
dette - a meno che voi non le aveste mal comprese - si tratta di approfondire,
di vederle da una nuova luce più ampliata. Certo che se un concetto è stato da voi mal compreso - perché questo può accadere - allora, se è stato svisato, occorre abbandonarlo nell'approfondimento perché se ne scopre la falsità, il senso falsato. Ma quando così non è, ciò che voi venite a conoscere vi amplia ciò che conoscevate ed il quadro che si presenta di fronte ai vostri occhi deve sempre di più lasciarvi stupiti ed ammirati.
Questo è ciò che possiamo fare allo stato attuale delle vostre conoscenze. Un giorno
questo quadro, sempre più precisato, sempre più completo, non desterà più
stupore ed ammirazione, ma sarà capace di aprirvi ad una nuova esistenza, sarà
capace di far fluire in voi stessi spontaneamente il "sentire". Stato interiore chiamato in molti modi (non ha importanza) ma che non può essere descritto: solo sperimentato. Noi, figli, non vogliamo rappresentare per voi un
ulteriore problema; avete già abbastanza problemi da risolvere. Se mai vogliamo
aiutarvi in queste soluzioni. Certo è comprensibile che le nostre parole vi
pongano di fronte a meditazioni, talvolta anche profondamente sentite, e che
esse stesse rappresentino in sé dei problemi.
Ma
vedete, cari, ciò che intendo dire è che non vogliamo rappresentare per voi una
sorta di remora a quello che avreste fatto se non ci aveste incontrati. Cioè
non vogliamo rappresentare un rafforzativo delle leggi morali, unicamente
crescere il timore di agire in un certo senso, cosa che non avreste avuto se
non ci aveste conosciuti. Voi sapete quanto sia importante che l'uomo Noi
speriamo sinceramente di essere da voi compresi e di riuscire a spiegarci in modo chiaro e fattivo. Perché vogliamo che un giorno - guardando alle
esperienze terrene - voi diciate: "Ho
conosciuto l'amore degli uomini, ed era possessivo; ho conosciuto la loro
amicizia, ed era sfruttamento; ho
conosciuto il loro aiuto, ed era umiliazione; ho
conosciuto la pietà degli uomini, ed era degnazione; la
loro protezione, ma aveva un secondo fine; ho
conosciuto la giustizia degli uomini, ma era parziale; la
loro forza, ma era brutalità; la
loro onestà, ed era apparenza. Ho
conosciuto la fede degli uomini, ma era una prigione; la
loro filosofia, ed era cenere; la
loro scienza, ed era cecità; ho
conosciuto lo compagnia degli uomini, ma non mi riempiva. Tutto
questo ho conosciuto ed assaporato e
restandone turbato ho compreso di non essere morto a me stesso". Come
migliorare la società in cui viviamo Vorrei
rivolgermi particolarmente a quelli che ci seguono solo attraverso alla
divulgazione di queste comunicazioni, per dire loro: "Non siete degli
sconosciuti. Se non avete l'occasione di partecipare direttamente a queste
riunioni, per noi non ha alcuna importanza; non siete meno amati di quelli che
ci seguono dalla viva voce. In questa breve occasione che io ho di rivolgermi
direttamente a voi, vorrei dirvi tante cose che vi fossero utili.
Vorrei
dirvi che non ha importanza credere che l'uomo sopravvive alla morte del suo
corpo, quando poi nella propria vita si fa tutto l'opposto di quello che si
dice di credere. Che non ha importanza
credere a Dio, se poi della propria vita si fa un continuo insulto alle sue
creature e quindi a Lui. E' importante ciò che "sentite" ciò che
fate, più di ogni affermazione di fede resa nel timore di un castigo celeste. Vorrei
dirvi di amare di più i vostri figli, almeno i vostri familiari, i vostri
amici, i vostri conoscenti, perché è vero che l'amore in se stesso è premio di
chi ama. Vorrei dirvi che non è vero che gli insegnamenti fondamentali della
morale riducano gli uomini dei gonzi. I cosiddetti insegnamenti mistici sono
stati presentati agli uomini come un mezzo per guadagnarsi un premio Questo errore d'impostazione non è stato voluto dagli esseri illuminati
che hanno rivelato gli insegnamenti di altruismo all'umanità, ma è stato voluto
- ad arte e scientemente - da chi aveva interesse che le masse fossero
remissive, che ognuno facilmente rinunciasse ai propri diritti in favore di
pochi privilegiati. Nessuno può negare che gli insegnamenti di altruismo non
sono stati combattuti perché inducevano i singoli ad accettare la loro
condizione di miseria e di ristrettezze, senza creare problemi ai governanti.
Ma se in passato tanto si è chiesto al singolo, ben poco o addirittura nulla
dando, l'uomo di oggi non deve compiere l'errore opposto, tutto esigendo senza
nulla dare.
In questa vostra epoca di grande intelligenza e razionalità, sembra che gli insegnamenti fondamentali della morale siano privi di logica e di valore pratico; la società si vuol migliorare con nuovi sistemi ed ideologie i cui fautori cercano consensi, ognuno affermando di possedere il rimedio ai molti problemi che affliggono la società. Vedete, la società può essere migliorata solo se muta il singolo; solo se ognuno si sente in dovere di fare e di condurre la propria vita con onestà, con rettitudine, in funzione della società in cui vive. Ecco la grande logica dell'insegnamento di altruismo, ed ecco un insostituibile valore pratico che mira a dare coscienza al singolo di se stesso in rapporto alla collettività. Senza questa visione - che è mistica e razionale al tempo stesso - ogni ideologia è destinata a naufragare pietosamente. Troppo facile, infatti, sarebbe parlare della mancanza di buona fede in chi si presenta come salvatore della società e del divario che esiste fra ciò che viene detto e ciò che viene fatto. Vi accenno solo all'errore d'impostazione - che anche oggi è ripetuto e di cui vi dicevo all'inizio - a proposito degli insegnamenti della morale; ogni ideologia ed ogni organizzazione che attorno ad essa si è creata, mira a difendere certe forze, certe categorie, certi privilegi. Ogni parte difende i propri interessi cercando di ottenere sempre di più.
Ebbene, questo sistema non può per nulla migliorare la società in cui
vivete. La verità di questa affermazione è dimostrata dai fatti. Ripeto: la
società può cambiare solo se il singolo intende fare tutto intero il suo Solo
così. Perciò questo credete, questo insegnate ai vostri figli, sicuri di dire
loro l'unica cosa veramente costruttiva per se stessi e per un mondo migliore. Kempis L'immaginazione Quando
Dio cacciò Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre dopo aver condannato l'intero
genere umano alla fatica e al dolore, fu colto dal dubbio di essere stato un
tantino severo e pensò di rimediare facendo agli uomini un dono. Egli disse:
"Quando i giorni vi attenderanno l'uno dopo l'altro con il loro carico di
fatica e di monotonia, quando umiliati dai potenti sarete costretti a servirli,
ad imbandire le loro tavole cibandovi delle briciole che da esse cadranno,
quando quando chinerete la testa nella prona condiscendenza di chi può permettersi
solo di assentire, quando vi percuoteranno e voi dovrete sorridere perché non
potrete fare altro, ecco allora io vi manderò in soccorso
l'immaginazione". Immaginazione! Magica facoltà. E' il sale della Terra,
il colore del mondo. Che cos'è la vita senza l'immaginazione? Una realtà senza
poesia, un sonno senza sogni, la morte. Chi
potrebbe sopportare una vita di fatica e di stenti se non potesse immaginare di
essere un Re? Chi resisterebbe alle situazioni più disperate e senza via
d'uscita, se non potesse evadere sul filo della fantasia con l'immaginazione?
Eccola l'amica dell'uomo,
Ma
tanta benedizione non poteva essere data all'uomo se non avesse potuto
trasformarsi in una droga pericolosa. L'immaginazione è come una lente che
ingigantisce la visione di chi vi guarda attraverso; se la si usa abitualmente
non si sa più distinguere la realtà concreta dalla fantasia. E chi l'adopera
senza controllo, è come se cavalcasse un indomito cavallo senza redini e
speroni. Tutto ciò che essa immagina lo crea e ciò che è creato esiste anche se
solo nella mente. In questo modo rende credibile ciò che non lo è e per questo
molte delle cosiddette tragedie della gelosia in effetti non sono che tragedie
dell'immaginazione. Se
con essa guardate i vostri simili, potete farne dei santi o degli assassini e
quando l'associate al richiamo sessuale che qualcuno esercita su di voi, cadete
perdutamente innamorati.
Chi
può dire la vera grandezza di Carlo Magno o di Giulio Cesare? I divi divengono
idolatrati quando riescono a colpire l'immaginazione delle folle. Immaginare è sinonimo d'inventare ed inventare può voler dire ideare o mentire. Qual è la regola esatta per usare l'immaginazione? L'immaginazione non va adoperata nei confronti dei propri simili né delle relazioni che con essi si hanno perché potrebbe trarre in inganno: ma è preziosa nella comprensione della realtà.
Sì,
perché l'immaginazione non appartiene alla fantasia, ha fini pratici. L'animale
che trova sbarrata la strada che medio
di questa civiltà sta nel seguire la moda, nell'imitare le azioni altrui;
perfino il lavoro non è che una ripetizione meccanica di operazioni che nulla
lascia all'inventiva del singolo.
Beati
coloro che possono abbellire la loro esistenza con qualcosa che viene da loro
stessi, dalla loro creatività intesa non come operosità ma come inventiva!
Tuttavia molte volte anche chi ha questa possibilità non la mente in atto
proprio per mancanza d'immaginazione. L'immaginazione è una facoltà superiore
della mente che vi aiuta ad ipotizzare
una realtà nella quale i fatti che accadono nel mondo che vi circonda trovano
una logica collocazione, ma soprattutto una convincente spiegazione. Una
Quando
noi vi parliamo di questa Verità da noi conosciuta Mediatrice della comprensione del mondo nel quale vivere, mondo in cui nulla veramente è come appare. Noi stimoliamo la vostra immaginazione, ma questo non significa che vi invitiamo a fantasticare. Fantasticare è cavalcare l'ippogrifo dei poeti senza tener conto dell'orientamento. Immaginare è congetturare, ideare, partendo da dati concreti. Il vostro mondo non è che immaginazione della realtà che vi circonda, perfino la visione ottica è immaginazione. Voi ricostruite nella vostra mente gli oggetti con l'immaginazione. Senza l'immaginazione, la percezione degli stimoli luminosi non si tradurrebbe in immagini e non vi sarebbe comunicazione a meno che non vi fosse "comunione". Attraverso
all'immaginazione voi vedete. Le immagini, dal cervello fisico, passano al
corpo astrale, da qui nella mente in cui sono ricostruite con l'immaginazione:
da qui la comunicazione. Dal grossolano al sottile, dunque. Mentre
con l'intuizione la via è opposta. Nell'intuizione è la comunione della parte
più sottile del vostro essere con una realtà che vi dà la consapevolezza di
essa. Se
dunque noi dobbiamo parlare dell'esistenza successiva a quella attuale, noi
dobbiamo parlare di intuizione. Ma solo un uso controllato e ragionevole
dell'immaginazione può aprirci a questa esistenza successiva. E con questo - avendo detto la cosa per voi più importante - posso terminare il mio panegirico sull'immaginazione. Fantasmi
della mente Un
modo sicuro per tramandare la Verità al di là dei periodi di oscurantismo è
quello di mascherarla in un giuoco o trasformarla in una favola. Il
Tarocco e la Mitologia sono esempi eloquenti di questa Prometeo
ruba il fuoco sacro agli Dèi e per questo la sua condanna è di avere il fegato
perennemente divorato da un rapace, ma alla fine è ammesso all'Olimpo. L'idea,
il significato di questa favola, bene si adatta all'esistenza dell'uomo; l'uomo
che, a differenza di altri esseri del Creato, possiede l'intelletto, paga cara
questa sua ricchezza: il prezzo dell'intelletto è il dolore ed in effetti si
può dire che il novanta per cento della sofferenza che patisce l'uomo
scaturisca dalla sua mente. Togliete quel dieci per cento causato dal corpo, ed
il resto è tortura inflitta dalla mente creatrice dell'"io" e dei suoi
inestinguibili conflitti. Uhm!
Più che la materia, un sogno ha il potere di farci soffrire!
Dimmi,
fratello, perché soffri? Perché i tuoi meriti non sono riconosciuti? Perché non
sei il primo in senso assoluto, o se sei il primo temi di perdere il primato?
Sei incompreso? Non sei amato? Sei tradito? Sei sfortunato? Vedi, la tua
sofferenza fa parte di quel novanta per cento di cui ti dicevo: stai pagando lo
scotto di possedere una mente.
Infatti
la causa della sofferenza umana non sta negli eventi che rendono diversa la
vita da come l'uomo vorrebbe, è risaputo: accontentandolo, l'umano, non lo si
rende felice per più di un fiat. La sua mente lo condurrà su nuovi terreni di
contesa e d'inquietudine. Allora, se gran parte della sofferenza che ci
amareggia viene dalla mente, meglio sarebbe non possederla e vivere
nell'incoscienza di sé. La
mente è un mezzo della nostra evoluzione che ci apre ad una fase successiva
della nostra esistenza: quella di coscienza-sentimento, ma dobbiamo imparare ad
usare bene questo mezzo, a non essere sua preda; dobbiamo riuscire a percepire
al di là del dualismo "io" - "non io" - di cui ci fa
schiavi!
Se nella possibilità che abbiamo di percepire e concepire il mondo in cui siamo immersi esiste questo errore fondamentale di parallasse, per cui crediamo diviso ciò che non lo è, allora tutte le nostre convinzioni che si basano su questa possibilità, sono errate. Riflettete: con queste poche parole la
cultura, la civiltà, la storia sono liquidate, ridotte a farneticazioni,
brancolamenti di chi non sa intendere e capire la Realtà. Incomprensioni,
sospetti, gelosie, brama di possesso, onore offeso e vendicato, farse e
tragedie si sono fondate e si fondano su miraggi creati dalla mente che l'uomo
non ha imparato a far funzionare correttamente. Povera umanità! Quante lacrime
inutili, allora!
Partendo
da questo allarmante presupposto che noi siamo vittime di noi stessi perché
diamo importanza a ciò che non ne ha, allora viene spontanea una domanda:
perché Dio ci lascia nell'errore, ci fa soffrire per situazioni che non hanno
nessun riscontro reale? Ci fa sbranare gli uni con gli altri per questioni Non voglio svalorizzare il dolore, ma vi domando: in Assoluto ha senso una scala di valori? Tutto ciò che non è Assoluto è egualmente relativo ed acquista valore solo se lo si riferisce a qualcuno, ed il valore che acquista non è lo stesso se lo si riferisce a qualcun altro. Allora esiste una scala di valori diversa per ciascuno di noi, in cui trova posto ogni esperienza da ciascuno vissuta e sono esperienze vissute anche quelle che sarebbe più proprio definire "immaginate". Ecco la chiave di volta del problema: fisicamente concreta o più immaginata che concreta, una situazione è sempre illusoria nei confronti dell'Assoluto ed è sempre reale e produttiva nei confronti di chi vi è immerso. E come potrebbe esistere una
differenza fra una situazione fisica concreta ed una più immaginata che
concreta, dal momento che lo stesso piano fisico non esiste oggettivamente se
non come comun denominatore delle nostre innumerevoli percezioni soggettive! E
così tutto il cosmo è l'elemento comune dei nostri sogni. Ma non è importante
che le nostre convinzioni e i nostri sogni siano più o meno aderenti a questa
parvenza di oggettività perché siano produttivi di esperienze. Non solo, ma
ogni tipo di esperienza è valido: l'esperienza del Santo vale quella della
prostituta, perché, lo ripeto, ciascuno ha una sua scala di valori
inconfrontabile con quella di altri.
Se
le cose stanno così, allora siamo sempre nel giusto, anche quando crediamo
nell'assurdo perché anche questo ci dà esperienza e quindi un progresso; e se
progrediamo, qualunque tipo d'esperienza noi abbiamo, che senso ha allora
tendere a migliorare noi stessi? Possiamo tenere un'esistenza basata unicamente
sui sensi, sicuri del nostro progresso. In ultima analisi è così e voi lo
sapete: nessuno regredisce. Ma se guardiamo all'economia individuale, l'interesse di ciascuno è quello di capire senza soffrire, di usare la mente senza pagare lo scotto. Questo non solo è possibile, ma rappresenta quello che voi dovete fare. Se un uomo fosse
convinto che lavarsi tutti i giorni fosse un Comandamento di Dio, fosse ciò che
lui deve fare, quella sarebbe la sua realtà. Ma quando avesse imparato a tener
fede ai suoi principi, a comandare a se stesso, allora sarebbe il momento di
capire che la legge è fatta per l'uomo e non l'uomo per la legge, il momento
d'imparare ad usare la mente senza rimanere prigioniero dei fantasmi da essa
creati. Non
crediate che l'uso non corretto della mente da parte dell'uomo sia un errore
del "piano divino", anzi, ne fa parte: i miraggi della mente sono
mezzi adatti all'immaturità dell'uomo attraverso ai quali progredisce. In
conclusione: le situazioni nelle quali l'uomo è posto in forza della sua mente,
per quanto irreali possano essere, costituiscono l'humus in cui affondano le
radici della coscienza, ma c'è un momento dell'esistenza individuale in cui
queste radici debbono penetrare più in profondità alla ricerca di nuove
situazioni che scaturiscano da un nuovo modo di vedere il mondo, una nuova
visione che non avvenga più in funzione dell'"io" e del "non
io", ed in cui non vi sia spazio per i fantasmi creati dalla mente. Noi
vogliamo aiutarvi nell'opera di rinnovamento che siete chiamati ad
intraprendere prima di tutto in voi stessi; aiutarvi a distruggere -
superandola -la visione del mondo che avete, che fate in funzione della
separatività. Per questo, come novelli iconoclasti, produrremo delle
lacerazioni qua e là sul tessuto delle
vostre convinzioni, dei vostri sogni. Teresa
- Non è vero che Dio abbia bisogno dell'uomo e che usare violenza in nome di
Dio sia una giusta causa. Egli vuole il nostro progresso ed il progresso non
può essere imposto. Alan
- Non è vero che sia censurabile chi è lontano da Dio. Nessuno
può essere lontano da Dio. E' censurabile chi si serve delle cose sacre tra gli
uomini per soddisfare la sua avidità. Kempis
- Non è vero che la vita terrena debba essere fuggita per farsi meriti in cielo
ed onorare Dio. L'inferno - se esistesse - non sarebbe abbastanza profondo per
accogliere degnamente chi così avesse vissuto. Dali
- Non è vero che il bene ed il male siano oggettivi e che rappresentino la
misura del vostro progresso o del vostro ristagno. Solo chi si pone al centro
del dualismo bene e male, per salvarsi, si perderà. A costui è preferibile un
perverso perché, per la legge di azione-reazione, quanto più grande sarà stata
la perversione, altrettanto lo sarà la spinta evolutiva. Kempis
- Non è vero che l'argomento trattato renda morale od osceno un discorso: i
vaneggiamenti di certi cosiddetti mistici fanno impallidire la "vena"
dell'Aretino. Teresa
- Non è vero che sia sufficiente amare il prossimo come Alan
- Non è vero che solo chi ruba sia ladro, lo è anche chi riceve senza dare. Kempis
- Non è vero che sia spergiuro solo chi giuri il falso: chi tace sapendo e chi
nasconde la Verità con un linguaggio ambiguo, è altrettanto spergiuro e
propagatore dell'errore. Di ciò dovrà rendere conto. Nefes
- Non è vero che il matrimonio sia indissolubile: ciò che gli uomini
congiungono possono dividere. Solo quelli che Dio unisce non potranno mai
essere divisi, né dagli uomini, né dagli eventi. Kempis
- Non è vero che "crescete e moltiplicatevi" sia un invito perentorio
perché l'uomo procrei senza tener conto delle condizioni in cui dovranno
crescere i figli. E' più crudele e perciò più colpevole chi lungamente fa
soffrire, di chi uccide. Dali
- Non è vero che la sterilità e l'omosessualità siano delle anomalie della
natura; sono mezzi con cui essa tende all'equilibrio demografico. Paracelso
- Non è vero che l'uomo sia arbitro della vita e della morte: nasce chi deve
nascere, muore chi deve morire. Tuttavia non è vero, per questo, che l'uomo non
sia responsabile delle sue azioni. Claudio
- Non è vero che sia più importante l'azione dell'intenzione: dall'intenzione
si conosce l'uomo. Dali
- Non è vero che gli uomini debbano godere della stessa libertà: la misura
della libertà deve essere in relazione con l'uso che di essa può essere fatto
tenendo presente, a questo fine, che l'umile non è peggiore del regnante. Claudio
- Non è vero che il passato sia trascorso, il futuro di là da venire: il
presente è tale solo per te e può essere ad un tempo passato e futuro degli
altri. Dali
- Non è vero che chi vedete vicino a voi lo sia veramente e chi vedete agire agisca
veramente: ciascuno deve imparare a contare unicamente su se stesso, per questo
deve sentirsi solo ed indipendente dagli altri. Teresa
- Non è vero che il bene sia opera di Dio ed il male dell'uomo: tutto fa parte
di un grande piano divino in cui non c'è posto per l'errore e l'imperfezione. Kempis - Non è vero che tutto ciò sia la Verità: ciò nondimeno è vero! Lettera
aperta Sarebbe
un peccato sciupare questa atmosfera così distesa; converrà perciò parlare di
cose semplici, per scoprire poi che le cose più facili a capirsi sono quelle
più difficili a tradursi in pratica. Ne approfitterò per scrivere una lettera: "Mio caro Pindemonte, io non so proprio come tu riesca a sopportarci. Noi parliamo, parliamo, sputiamo sentenze una dopo l'altra, ché tanto cosa farne è affar vostro. Tenerle in nessuna considerazione non è possibile: l'acqua, anche quando scivola via, lascia bagnato. Volere applicarle è un'impresa assai ardua perché ha un bel dire il signor Dali che noi non vogliamo costituire per voi un ulteriore problema. Vorrei vederlo che cosa farebbe al posto vostro; anzi
vorrei vederli tutti quei signori che se ne stanno comodi comodi, seduti lassù,
trasportati invece nella macina della vita. Per
esempio, Gesù Cristo, che cosa farebbe al posto tuo? Alzarsi presto tutte le
mattine per andare in orario in ufficio, tornare a casa stanco e dover
risolvere i problemi della famiglia. Quando
lo troverebbe il tempo per predicare? Perché non lo si vorrà mica far predicare
durante le ore di lavoro, ci mancherebbe altro! Tutto sommato, dovrebbe fare il
predicatore a tempo pieno, ma allora non sarebbe più nei tuoi panni. Già,
perché forse è necessario stabilire che cosa dovrebbe tornare a fare Gesù
Cristo sulla Terra, perché se tornasse a fare Gesù Cristo allora farebbe le
stesse cose, né più né meno. Magari sarebbe condannato come extraparlamentare;
insomma muterebbero i dettagli perché sono mutati i tempi, ma la sostanza
rimarrebbe la stessa. Se invece tornasse a fare il "povero Cristo",
sì insomma, uno qualunque, allora sarebbe uno qualunque, né più
Caro
Pindemonte, chissà che cose dirai quando riceverai questa mia lettera, perché
forse a te piacerebbe sapere come Gesù Cristo si comporterebbe nei tuoi panni,
a prescindere dalla considerazione che se anche non facesse vita pubblica non
si troverebbe mai nella tua situazione, come nessuno, in fondo, si trova mai
nella stessa situazione di un altro. Forse a te piacerebbe sapere come Gesù
Cristo risolverebbe i tuoi problemi, quei problemi che in fondo tu stesso
contribuisci a creare, non fosse altro col ritenere problematiche cose che per
altri non lo sarebbero. Ma forse a tutti piacerebbe vivere la propria vita e
quando si fosse posti di fronte ad una decisione da prendere, fare una telefonatina
per sapere che pesci pigliare, scaricando così sugli altri tutte le
responsabilità.
Ma
se poi la risposta fosse di fare cose che sono contro i nostri interessi, o che
non si ha la forza di fare?... Perché questo è il punto! Forse qual è il meglio
lo sappiamo, anche senza scomodare Gesù Cristo, ma vogliamo farlo? Tu dici che
la vita stessa, il posto che ciascuno occupa nella società, impediscono di
vivere secondo certi ideali. Hai ragione. Se
io fossi un giudice e fossi intimamente travagliato perché
Se
io fossi un soldato in battaglia e fossi di fronte al dilemma di uccidere o di
essere ucciso, saprei benissimo che Gesù Cristo al posto mio si lascerebbe
uccidere, ma lo farebbe non perché un altro al posto suo farebbe così, lo
farebbe perché quello sarebbe il suo "sentire". Ora, Pindemonte,
forse è necessario scoprire qual è il proprio "sentire" e agire in
conseguenza.
Certo,
la prima considerazione da fare è che non si è soli al mondo e che si deve pure
qualcosa anche agli altri; non foss'altro del rispetto. Ma anche questa
considerazione deve essere "sentita" . Se
io fossi un avvocato, è chiaro che potrei trovarmi nella circostanza di dover
difendere un assassino; oppure di avere un cliente per servire il quale dovrei
danneggiare altre persone. Allora
se non mi sentissi di farlo - ma non perché Gesù Cristo al posto mio non lo
farebbe, ma perché quello non fosse il mio "sentire" - è chiaro che
dovrei cambiare almeno cliente.
Capisco,
Pindemonte, a te piacerebbe sapere quali sono le cose lecite e quelle non
lecite, ma un simile elenco non ha valore assoluto. Si può fare riferimento
alle leggi della società in cui ciascuno vive, ma un tale riferimento deve
essere considerato come il minimo dei contratti collettivi di lavoro, un minimo
sotto al quale non scendere. Una traccia, fra l'altro, ben poco indicativa
perché esclude - anche se non potrebbe fare diversamente - quella piccola cosa
che è la verità dell'individuo, il mondo delle intenzioni nel quale solo il
singolo può entrare. Ecco
perché, Pindemonte, ciò che farebbe un altro al posto tuo, per te non ha senso
alcuno perché se anche facesse le stesse azioni, differenti potrebbero essere i
moventi. E
poi il codice è eludibile e incompleto perché, vedi, chi sequestra una persona
e chiede un riscatto, è certamente un cinico della peggiore specie, ma almeno
rischia in proprio i rigori della legge. Ma chi svolge una professione
considerata umanitaria, e si servisse della protezione della legge e
dell'omertà del perbenismo per arricchire in tutta tranquillità, alla barba di
chi soffre, certo sarebbe un cinico peggiore dei dediti ai sequestri di
persona. C'è una pena abbastanza severa per chi semina il vizio per raccogliere più facili e lauti guadagni? Per chi somministra, con alimenti, veleni, sempre per arricchire?
Per chi si adopera, sempre
per il proprio guadagno, a fare approvare leggi che legalizzano Invero
nulla dovrebbe essere considerato perfettibile come la legislazione di una
società, al fine di sempre meglio contemperare le esigenze dei singoli con
quelle della collettività, il che non significa un'aprioristica condanna di
tutti i principi e gli istituti sociali.
Il
nostro amico Claudio ci invita a renderci conto di ciò che facciamo e perché lo
facciamo; ossia ci invita a scoprire la ragione delle nostre azioni al fine di
prendere coscienza di noi stessi. Questo, fra l'altro, sviluppa un certo senso
critico, utile nel necessario esame che ciascuno deve compiere dei valori della
società in cui vive; ma è indispensabile che la revisione critica, più che
avere come oggetto il cangiante quadro dei costumi - l'uno dei quali vale
l'altro - sia ispirata dalla logica e dal buon senso, i quali impongono che
allorché si è accettato come vero un principio, non lo si voglia far seguire
solo agli altri, non lo si segua solo quando il seguirlo è comodo ed utile.
Niente
passi nell'indifferenza. La responsabilità penale, per certi reati, non è più
personale, vedi nella fattispecie il furto per procura: rubate per dare al
partito e avrete buone probabilità di farla franca. Ma forse è giusto che sia
così perché c'è un precedente storico che fa testo: Caterina da Siena che
rubava dalla casa paterna per dare ai poveri, e nonostante ciò fu proclamata
Santa. C'è
una certa tendenza a non considerare più come tali, i delitti perpetrati verso
la collettività. Ora se c'è un interesse preminente rispetto a quello
soggettivo, è l'interesse pubblico.
Il
patrimonio pubblico è considerato come se non fosse di nessuno ed invece è di
tutti. E poiché ognuno è molto attaccato ai propri tesori, ognuno, per
coerenza, dovrebbe sentirsi tutore dei beni pubblici. Cosa che non è affatto.
Guarda invece, Pindemonte, con quanta accortezza si cerca di mettere al sicuro
le proprie ricchezze, magari finendo con lo scegliere il luogo meno adatto. Che
vadano gli sciocchi a nascondere i loro capitali in quello staterello più
prossimo alla grande potenza che si dichiara anticapitalista; chissà che cosa
farà loro credere che là siano più al sicuro!
Non
credi, Pindemonte, che le frontiere pesino solo sugli onesti e siano invece
fonte di illeciti guadagni per chi antepone la ricchezza all'uomo? Curiosi
questi ricchi! Sono loro che nella scala dei valori antepongono il guadagno
alla vita dell'uomo e Significa capire che non è condannabile il fiore che ancora non è sbocciato: amarlo e comprenderlo, ma amare e comprendere non significa divenire complici. Non è certo immorale la belva che uccide per cibarsi, è da amare e da comprendere. Tuttavia, o Pindemonte, non sarebbe giusto che tu la sfamassi con i tuoi figli.
Perciò, se non ti senti di gettarti in pasto ad essa, ti converrà tenerla a
distanza. Sarebbe assurdo interpretare la bontà e l'amore come una sorta di
amnistia o di assoluzione generale che, fra l'altro, non togliendo la tendenza
a danneggiare in chi ha danneggiato, finirebbe con l'essere dannosa per tutta la
società. Che cosa fa la natura con la legge di causa e di effetto, se non
realizzare l'ideale della giustizia in cui l'effetto ha lo scopo di riscattare
e non di punire? Cioè, perseguendo un fine di misericordia ma al tempo stesso
restando inesorabile. Dunque, caro Pindemonte, non ti proponiamo una visione
più lassiva della vita, al contrario. Se mai abbiamo la pretesa di dartene una
più intelligente perché - vedi - se è osceno ciò che offende il pudore, e se il
pudore è la riservatezza che i cosiddetti sani principi debbono ispirare,
allora anche l'ostentazione del brutto è oscena.
La
"maja desnuda" è pudica in confronto a certe immagini sacre. C'è
più male nella morale stupidamente intesa, che in ogni comportamento spontaneo
e naturale, ma non si confonda la spontaneità e la naturalezza con l'ignoranza
e la mancanza di educazione coltivate quali alibi dei propri comodi. E non si
confonda l'educazione con l'ipocrisia; l'educazione è rispetto verso gli altri, l'ipocrisia è sacrilegio verso il prossimo. Ecco perché il sacrilegio più grande è quello
consumato dalle religioni che predicano l'unione degli uomini e invece li
dividono. Da quelle che maledicono anziché benedire, che fanno dell'altare un
banco di vendita ed una fonte di illeciti guadagni per chi non ha voglia di
lavorare; che pur di salvare il tempio, l'organizzazione, mandano alla
perdizione gli uomini. Perciò, caro Pindemonte, se non vuoi essere ipocrita,
quello che fai devi "sentirlo", tenendo presente che non sei solo al
mondo e verificando continuamente il tuo "sentire" alla luce della
considerazione che noi tutti siamo un solo essere e che ciò che non si accorda
con questa realtà
Basta
così. Le troppe parole finiscono col non dire più nulla. Lo
tenga presente chi vive in quest'epoca dai molti discorsi. Perfino
chi è morto parla più ora che prima, quando era vivo. Per tacere poi della
Madonna e di Suo Figlio che - stando ai messaggi che sarebbero da Loro invitai
- sono più ciarlieri d'una portinaia. Si racconta che Pio IX, al quale stavano
leggendo le profezie di Suor Domenica del Paradiso, se ne uscì con questa
esclamazione: "Sarà stata anche Santa, ma Gesù mio, quanto parlava!". Guardiamoci,
Pindemonte, da chi fa spreco di parole per somministrare contenuti in dosi
omeopatiche, che fa della parola anziché un mezzo di comunicazione, l'arte
dell'inganno. "Sia il tuo dire sì, sì, no, no, perché il di più di questo
viene dal maligno". Tuo
affezionatissimo KEMPIS. Sull'aborto Vedo
qua fra voi qualcuno che ha vissuto l'incarnazione
Questa sera vorrei imitare i rivoluzionari francesi per quanto riguarda la questione dell'aborto. Cioè, guardare questa questione solamente dal punto di vista della logica e del buon senso, sceverandola da tutte quelle implicazioni religiose che la rendono scottante.
Voi direte: "che cosa c'entra la morale con la logica?". C'entra perché, vedete, la morale ha una sua profonda logica, tanto che quando si discosta da essa diventa immoralità. Perciò una cosa quando è assurda, anche se appartiene alla religione, è immorale. Non ha certo la pretesa di dare delle soluzioni folgoranti; sono troppo convinto che si tratta di questioni personali. Ma mi piacerebbe sgombrare il campo - come si suol dire
- da tutte quelle false morali, quei pregiudizi, quei preconcetti, quelle
falsità, insomma, che travisano la questione, per
Saggia
Si obietterà che nel caso
dell'aborto, della gravidanza, si è di fronte ad una vita esistente e nessuno
ha diritto di sopprimere un essere vivente. Lo Stato poi dovrebbe prevenire e
reprimere i delitti contro la vita. Certo sono d'accordo, anzi sono
d'accordissimo, sono così convinto della sacralità della vita, che ne faccio un
principio generale valido per ogni sua forma, e non Ma
allora? Certi ideali morali non sono così assoluti come si vuol far credere;
pensavo che la vita fosse così sacra - la vita altrui - da imporre di lasciarsi
aggredire e Ma voi mi dite che la difesa dei propri beni o dei propri
diritti è più importante della sacralità della vita altrui. E qua sarebbe molto
facile fare del sarcasmo! Ma vi chiedo soltanto: se allora lo Stato ammette che
quel principio così sacro, passi in sottordine rispetto a motivi la cui
fondatezza io non voglio discutere, per quale motivo lo Stato dovrebbe
E qua si aprono tutte le capziose discussioni sul concetto autonomo
della vita dell'ovulo fecondato, sul concetto di persona, su vita consapevole e
vita inconsapevole. Questioni tutte che fanno tremar le vene e i polsi, perché
basti pensare che tutto vive; dal cristallo che si cristallizza, alla cellula,
al filo d'erba e su su. E che ogni vita è sempre "consapevole",
quanto meno a livello di sensazione.
Vedete,
posso anche essere d'accordo con un'interpretazione estremamente rigorosa di
ciò che può danneggiare la vita; ma allora, il rispetto dovuto alle forme
vegetative umane come la vita di un ovulo fecondato, deve essere esteso - non
dico alla forma di vita vegetativa naturale, che sarebbe troppo pretendere - ma
almeno agli animali. Si cominci con l'abolire assolutamente la caccia, non meno
delittuosa dell'aborto nei confronti della vita.
Io
credo che il vero delitto non stia tanto nell'azione, quanto nell'intenzione;
nella ragione per cui l'atto è commesso. Perciò la questione dell'aborto è una
questione personale di coscienza, riservata ai soli interessati, e non può essere
regolata da leggi dello Stato le quali possono disciplinare i rapporti fra
cittadini - fra lo Stato e i cittadini - al fine di tutelare il bene comune dei
singoli, ma non pretendere di disciplinare il pensiero e la coscienza degli
uomini. Lo Stato non ha alcun interesse, né diretto, né legittimo, né
valutabile ecc. ecc. che possa giustificare un'interferenza nella decisione dei
genitori di non avere un figlio.
E
poi la responsabilità dei genitori non è grande solo quando essi decidono di
non avere un figlio; e più grande quando decidono di averlo, assumendosi
automaticamente l'imperioso dovere di educare il figlio con autorità, ma non
con sopraffazione; con amorosa pazienza ma non con lassismo, premiando ma anche
castigando, mirando a quello che essi ritengono il bene del figlio, e non solo I genitori hanno l'obbligo di dare al figlio il necessario, che
è più dell'indispensabile e meno del superfluo. Perciò oltre che la loro forza
d'animo, debbono valutare le loro possibilità economiche, ed in base a tutti
questi elementi, decidere quanti figli avere o non avere. Dal punto di vista
dei genitori è molto più crudele far nascere un figlio negli stenti, che non
farlo nascere affatto. I genitori debbono essere lasciati liberi di decidere secondo
coscienza, perciò la loro volontà non deve essere coartata da propaganda di
alcun genere, in special modo di quelle atte ad incrementare le nascite per
fini nazionalisti, razziali e perciò razzisti. Vedete, che vi siano delle donne che non sanno rinunciare alla maternità, pure essendo affette da gravi malattie ereditarie - sperando che nel frattempo la medicina progredisca tanto da prevenire, o per lo meno curare le infermità a cui potrebbero essere assoggettati i loro figli - è abbastanza grave. Ma che certi casi siano gabellati dai moralisti come fulgidi esempi da imitare di puro amore e istinto materno, è semplicemente mostruoso.
Questo ci fa riflettere sul fatto che affidarsi alla coscienza degli uomini significa supporre, o presupporre, che si tratti di esseri responsabili, ma il che non è fatto abituale. Allora, quando manca la coscienza, torna necessaria l'imposizione esterna della norma: allora la norma deve essere limitativa delle nascite che possono avvenire ad opera di genitori irresponsabili, e non il contrario. In ogni caso vale il principio che la legge deve essere fatta per l'uomo e non l'uomo per la legge.
Cesso di scandalizzare i moralisti, ma prima vorrei rivolgermi a tutti i
probabili genitori e chiedere: "Per quale motivo volete dare la vita?
Perché così si deve fare? Per esibizionismo?
Oppure
non li volete perché le vostre condizioni economiche sono veramente
problematiche e temete di non avere il necessario da dare ai vostri figli?
Capisco il vostro dubbio; vorrei aiutarvi ma non posso, perché ogni caso è un
caso particolare e spetta solo agli interessati risolverlo in sincerità, nella
speranza, ma anche nell'incertezza, di chi non sa che cosa il futuro può
riservargli di bello o di brutto. Posso solo assicurarvi che nella pura
intenzione altruistica non c'è peccato. E
a quelli che non vogliono figli solo perché i figli sono scomodi, creano
preoccupazioni, complicazioni, magari fanno apparire più vecchi, chiedo:
"Perché optate per la non vita, per la morte? Per il vostro egoismo? Siate
per la vita, per la sua crescita, per il suo domani! Adoperatevi a migliorarla
vivendola e facendola vivere. Amatela e difendetela anche se costa, date ad
essa lo spazio e la fiducia che merita, perché la vita è il più gran dono! La
morale e le norme di comportamento Generalmente
quando l'uomo pensa all'aldilà, s'immagina che se v'è la possibilità di
comunicare con questo misterioso spicchio dell'esistente, chi parla certamente
dirà cose che ormai sono improntate alla morale conosciuta dalla religione o
dalle religioni. Io vorrei, invece, questa sera fare un'azione di rottura nei
vostri confronti, dire qualcosa che rientri in un tema attuale, se me lo
consentite.
Ebbene,
potremmo appunto cominciare dalle religioni, dal problema religioso, per dire
che indubbiamente ogni uomo si domanda almeno una volta, nella sua esistenza,
lo scopo della sua vita terrena. Una risposta a questa domanda può venirgli
solo dalle teologie religiose, cioè rientra nel novero delle cose credibili
unicamente per fede, e perciò ciascuno può scegliere la risposta che più gli
aggrada avendo questa, sul piano oggettivo, i valori di una semplice opinione, né più né meno.
Ora il fatto che un'opinione
possa essere più o meno fondata, voi dovrete convenire con me che non toglie
valore all'opinione, almeno dal punto di vista soggettivo. Tant'è vero che
molti hanno affrontato la morte, oppure indirizzato in un certo senso la loro
esistenza, unicamente in dipendenza delle loro opinioni. Invece sul piano
oggettivo, il valore di ogni opinione, anche di quelle che sembrano ben basate
e discendenti da principi universali, è sempre aleatorio; questo perché le
regole da cui traggono ispirazione sono sempre relative. Lo abbiamo detto tante
volte e lo ripetiamo questa sera per voi, che non ci seguite abitualmente.
Vogliamo
fare un esempio? Bene! Cerchiamo qualcosa che sia contro un principio
apparentemente bene identificabile e vediamo se tutte le volte che il principio
è leso, il giudizio di condanna si mantiene costante. Potremmo intitolare
questo nostro studio: "Degli atti contro natura", titolo meraviglioso
che farebbe felice un moralista; pensate che piatto succulento, per lui: azioni
condannate e dalla religione e dalla morale; peccati per i quali l'unico
destino del peccatore è il fuoco eterno! Non c'è dubbio. Dio ha dato i Suoi
Comandamenti - si dice - ha fatto conoscere la Sua legge e ove questa tace, c'è
sempre un modello di comportamento a cui rifarsi: la natura che vive costretta
nelle leggi del suo Creatore. Tutto ciò che non segue certe regole naturali,
anche se null'altro vi fosse a condannarlo, solo per quello sarebbe
condannabile.
"Mamma
- chiede Pierino - quali sono le cose contro natura?". Che rispondere ad
una domanda così imbarazzante e per di più fatta da un innocente? - pensa la
madre - e cerca di salvarsi con il vecchio sistema di eludere la domanda:
"Sono
Dolce
e ingenua mammina! Se tuo figlio fosse un po' più smaliziato obietterebbe che
se allora è naturale secondare le proprie inclinazioni congenite, derivanti
dalle caratteristiche morfologiche del tipo somatico al quale si appartiene,
allora male fa l'iroso a controllarsi e, al limite, il ladro a non rubare.
Pierino può, accontentarsi di questa risposta, ma noi no. Infatti fra le
caratteristiche somatiche e le inclinazioni congenite, spesso v`è una netta
opposizione. Allora qual è la natura dell'uomo? Quella del suo fisico o quella
del suo intimo? Logicamente si può rispondere che per quanto attiene alla sfera
d'azione del corpo fisico, la natura è quella del corpo. Benissimo, non fa una
grinza.
Ma allora è contro natura che l'uomo voli, vada negli spazi, cucini i cibi, si vesta, si trucchi, semini, mieta, raccolga in granai; tutta la vita dell'uomo, dell'intelligenza e del progresso allora è contro natura. - Come dite! Che la cosa va intesa per la sola sessualità. La regola vale solo per il sesso. - Capisco. Infatti vedo che in questo campo l'uomo segue scrupolosamente la natura, ritenendo contro natura avere rapporti sessuali che non siano volti al fine della procreazione. - Come dite? Che non è così in effetti; la regola può essere disattesa, pur restando norma naturale, norma generale. - Capisco. In altre parole, allora il comportamento, pur non essendo identico a quello della vita dei regni naturali, rientra tuttavia nella norma della generalità degli uomini. Ma allora la norma non ha a che vedere con la natura, è qualcosa che tiene conto dell'opinione della generalità degli uomini, come le imposizioni tributarie e quelle militari. - Come dite? Lì c'entra la ragion di Stato. - Ah, capisco. Ma allora che cos'è la norma? Bello sarebbe rispondere: "un'opera lirica del musicista Vincenzo Bellini" e con una battuta più o meno spiritosa cavarsi d'impaccio. Ma qua stiamo parlando di cose serie e, soprattutto, precise; perché, infatti, se affrettatamente si definisce "norma" o "regola" ciò che rientra nel comportamento generale, nello standard generale di una società, allora - per esempio - fra la genialità e la prostituzione, è molto più singolare e perciò molto più condannabile il genio della prostituta.
Ma in effetti, all'atto pratico, non è
così. Allora, qual è la vostra norma? Perché la logica mi dice infatti che se
la norma è quella della natura, allora per esempio è contro natura avere
rapporti sessuali che non siano volti al fine della
Scommetto
che non tutti siete d'accordo con me, è inevitabile. Seguite la norma che crea
le norme. E' insito nella natura egoistica di ogni uomo stigmatizzare gli altri
per innalzare se stessi; naturalmente il giudizio di condanna deve trovare
riferimento in qualcosa, nel comportamento degli altri, che sia condannabile da
un qualunque punto di vista. Perciò si passa in rassegna la loro vita, la si
confronta con la propria e, dal confronto, si pongono in evidenza quelle azioni
che - così a freddo e ben lontani dalla contingenza - si crede non facciano
parte della propria natura, dimenticando che l'occasione fa l'uomo ladro.
Ne
consegue che certe azioni che rimangono singole rispetto al comportamento
generale, vengono bollate col marchio dell'infamia e così la regola è creata.
Sicché la regola non individua certi valori assoluti, non ha un valore in sé,
ma è tale in quanto rispecchia il comportamento generale degli individui di una
società. Una questione statistica, insomma, ed il giudizio di condanna che
subisce chi la viola non deriva dal bisogno del giudice di erigersi a tutore di
supposti valori morali, ma unicamente dall'istinto di ognuno di trovare nel
comportamento degli altri qualcosa di condannabile da un qualunque punto di
vista, perché mostrando il fango che si è gettato sugli altri si crede di
nascondere il proprio. Abbassando gli altri si è convinti di innalzare se stessi.
La conclusione di questo discorso, e cioè la relatività delle norme morali di
una società, è fin troppo scontata.
Ma
che cosa succede quando queste norme sono credute comandamenti dettati ds Dio?
E qua ci riallacciamo ancora una volta al discorso religioso che abbiamo
avviato all'inizio; anche senza entrare nel merito della "dettatura", è chiaro che il
valore rimane egualmente relativo. Se infatti ancora una volta - e questa volta
per nostra comodità - ci rifacciamo alla natura, osserviamo come ogni specie
abbia le sue regole di vita, che sono quelle e vanno bene per quella specie e
non per un'altra. In modo analogo, dunque, i comandamenti di Mosè, per esempio,
non possono contenere tutta la moralità o la più alta moralità: è evidente che
si tratta di principi quanto meno riferibili ad un dato tipo di società, ad una
fase dell'evoluzione degli esseri. Infatti
per la fase dell'evoluzione che voi dovete compiere, il "non
uccidere" di Mosè è l'inizio di un discorso che si concluderà col superare
la visione egoistica della vostra esistenza. -
Quanta strada, eh fratelli?
Allora
sorge una domanda: nell'ambito di questo discorso, c'è una regola che sia
valida in senso assoluto per ogni uomo, Chi è preposto alla promulgazione
delle leggi, cura che queste divengano di pubblica conoscenza. Una
volta, quando gli uomini non sapevano leggere e scrivere, v'erano le
"grida", cioè gli "editti" gridati dai banditori e in quel
modo portati a conoscenza dei sudditi. Oggi, invece, le vostre leggi sono
pubblicate nell'intesa che ogni cittadino sappia leggere. E fino a che non è
assolta la formalità della pubblicazione, la legge non entra in vigore. Questo,
ripeto, nel difettoso
Ora,
se lo scopo della vita dell'uomo fosse quello di fare la volontà di Dio, cioè
di seguire le Sue leggi, come si dice, queste dovrebbero essere eguali per ogni
uomo, non solo, ma dovrebbero essere conosciute da tutti gli uomini, cosa che
non è in assoluto. Gli indios - o amerindi - per esempio non conoscono i
comandamenti di Mosè, né è vero che abbiano delle regole morali innate che li
sostituiscano; sicché quelle che dovrebbero essere leggi divine, non hanno quel
carattere di universalità che dovrebbero avere, primo perché non sono eguali
per
Noi
diciamo che lo scopo della vita dell'uomo è quello di Questo
scopo è raggiunto attraverso a molteplici incarnazioni, durante le quali
l'uomo, passo su passo, volge verso quella meta. Ma
per raggiungerla ha valore tanto il "non uccidere" di Mosé quanto la
dottrina di Marx. Nelle
varie fasi dell'evoluzione umana, l'ideale morale che l'uomo deve raggiungere e
fare propria natura acquisita, potrà essere il "non uccidere" e poi
il "non fare agli altri quello che non si vorrebbe fosse fatto a sé"
ed infine "l'amare gli altri come se stessi". Ne consegue che il
giudizio che si può dare, si può fare di un uomo - ammesso che sia lecito
giudicare - deve essere rapportato alla sua fase di sviluppo.
Il
problema non si esaurisce qui. Rimane infatti la questione della
"conoscenza". Chi trasgredisce, inconsapevole, la norma morale che
deve fare propria natura acquisita, è
colpevole? In altre parole, per evolvere è necessario conoscere la meta che si
Nel
vostro oggi, nel vostro mondo dove tutto è politicizzato, non c'è spazio per voi:
a chi vi appoggiate? La destra non ha peso, non è ascoltata; il centro ha una
sua religione da difendere, la sinistra è ufficialmente atea. Come pensate di
essere ascoltati? E' una prospettiva alquanto sconfortante, dovete ammetterlo.
Mi si obietterà che la scienza e la conoscenza del vivere di oggi, tutto
insomma conduce l'uomo alla massima concretezza, razionalità e tradizionalità,
eppure mai come oggi l'uomo si è sentito attratto dal misterioso e
dall'irrazionale. E' vero,
Vi guardo, fratelli, ed in voi vedo altri uomini, fuori da qui, preda dei sottili inganni della mente: Altri che soffrono, altri ancora - pochi invero - che hanno superato il dolore abbandonandosi alla ricerca del piacere. Parlo a quelli e dico: voi che vi siete liberati dai ceppi a cui il terrore della dannazione eterna e della sanzione temporale avvince, voi che credete che tutto sia lecito al più forte e perciò cercate di accaparrare quanto più potere vi è possibile, ascoltatemi. Parlo seguendo la vostra logica che è quella di valutare ciò che dovete fare per vedere se vi conviene; soffocando le giuste istanze di chi è uomo come voi e perciò ha gli stessi vostri diritti, uccidendo chi contrasta i vostri interessi, avversando chi segue l'inevitabile ed irrefrenabile moto di rinnovamento del mondo, che cosa credete di comperare? La vostra immortalità? Bene che vi vada, riuscirete a mantenere i vostri privilegi per la durata della vostra vita, che nessuno sa quanto breve sarà e che certo voi non avete il potere di prolungare.
Voi non credete alla sopravvivenza
dell'essere alla morie del corpo: io vi credo. Ma se per caso avessi ragione
io, non vi chiedo che sarà di voi fra poco, dopo la vostra morte, ma vi invito
a riflettere a quante lacrime dovrete versare prima d'imparare a non fare ciò
che fate. E
parlo anche a quelli che si scandalizzano nel vedere prevalere la corruzione
sulla rettitudine, il vizio sulla virtù, la facile menzogna sulla scomoda
verità. Voi che vedete trionfare
Se
invece siete convinti della validità delle vostre opinioni, allora di che
v'impicciate? Vivete secondo ciò che "sentite" e tanto vi basti.
Siete ricchi di ciò di cui gli altri sono poveri e che non possono comprare. A
chi non è riuscito a realizzare le proprie aspirazioni di ricchezza, i propri
desideri di potenza, dico: non questi l'uomo vive per realizzare, ma se stesso
e la vera realizzazione e silenziosa ed invisibile.
Infine a voi che sopportate il peso della vostra esistenza modesta, nell'ombra e nell'altrui indifferenza, che fate il vostro dovere anche quando nessuno ve lo impone, che siete paghi di ciò che avete, comprendendo che una sola cosa è necessaria; che siete gli ultimi fra gli uomini non perché siete timorosi incapaci, ma perché avete compreso che nessuna ricchezza, nessuna notorietà, nessun potere valgono ciò che sta al di là, essi, io dico: un sottile velo separa la vostra consapevolezza dalla mia Realtà. Caduto quello, queste mie parole di speranza saranno la vostra vivida certezza, e ciò è più di ogni ricompensa. Le
leggi divine per la nascita spirituale Questa
sera continuerò un discorso che iniziai nello scorso ciclo di riunioni e che
lasciai in sospeso con una domanda. Chiedevo: l'uomo è colpevole delle azioni
che compie infrangendo la norma morale relativa al suo stadio di sviluppo
individuale? E'
bene subito dire che è necessario, anzi indispensabile, sgombrare il terreno
dal concetto della colpevolezza e della punizione, tanto caro alle religioni di
tutti i tempi. L'idea che le sventure che colpiscono l'uomo siano un castigo di
Dio, conseguente all'infrazione di qualche legge divina, è di origine
prettamente umana. "Se farai una certa cosa non ne farai un'altra, male te
ne incoglierà". Qual è stato il sistema con cui i governanti di tutti i
tempi hanno cercato d'imporre le loro regole, se non quello di minacciare gli
eventuali trasgressori con una sanzione?
Così
gli uomini hanno creduto che Dio usasse, per imporre il Suo volere, lo stesso
metodo che usa chi detiene il potere. Ma Il discorso muta dalle fondamenta se si toglie il concetto della colpevolezza, comunque ingiusto, ed ancora più ingiusto se la legge non è conosciuta. Dicevo comunque ingiusto perché le leggi non sono universali, come abbiamo visto nell'occasione precedente. Se - come affermiamo - lo scopo della vita dell'uomo è quello dell'evoluzione, allora la differenza che c'è fra un evoluto e un inevoluto, non sta nel fatto che l'evoluto conosce e quindi rispetta il volere di Dio, mentre l'inevoluto lo ignora e quindi non lo segue, non l'osserva; ma sta nel fatto che: l'evoluto ha una diversa natura, rispetto all'inevoluto.
Sicché se certe leggi o regole esistono, debbono esistere per dare all'uomo Per
esempio, la famosa legge di causa e di effetto esiste egualmente, che l'uomo la
conosca o la ignori, ed egualmente persegue lo scopo per il quale esiste. Guai
se esistesse solo per chi la conosce! Ripeto: non si tratta che l'uomo debba
astenersi dal fare qualcosa per cui sarebbe necessario che egli conoscesse che
cosa gli è vietato, ma si tratta di ben altro.
Secondo
alcune religioni, Dio crea le anime e poi nel mondo le collauda; quelle che
superano la prova godono della Sua visione, le altre patiscono pene talvolta anche
senza fine; colpevoli, in definitiva, d'essere un aborto della creazione
divina. Noi affermiamo che la vita non è una prova, se mai è una scuola e che
l'uomo - proprio perché vive e dalle varie vite - raggiunge livelli di
coscienza sempre più ampi. Se allora lo scopo generale della vita dell'uomo è
quello di fare evolvere l`uomo, e ciò
attraverso a varie tappe in cui prima impara a non fare agli altri quello che
non vorrebbe fosse fatto a lui stesso, e poi a fare agli altri quello che
vorrebbe fosse fatto a lui stesso, allora è chiaro che ogniqualvolta l'uomo
indirizza se stesso contro lo scopo della sua esistenza, sorga un correttivo
naturale; e questo è realizzato attraverso al famoso karma - che ormai tutti
sapete che cosa sia - che non è un mezzo punitivo.
Se
tu danneggi gli altri sarai danneggiato perché questo è un mezzo attraverso al
quale, non solo tu impari a non danneggiare, ma acquisisci la natura di non
danneggiare i tuoi simili. Non sto qua a ripetere tutto quello che più o meno
conoscete a proposito del karma, anche se talvolta in modo impreciso. Vedete,
l'essere interiore di ognuno ha un suo ciclo naturale di sviluppo, né più né
meno come tutte le cose naturali. Guardate il vostro corpo fisico:
inesorabilmente invecchia, nonostante gli sforzi che taluni fanno. Voi state
nascendo ad una fase successiva della vostra evoluzione individuale, paragonati
alla quale siete come il feto nel grembo materno rispetto al fanciullo nato.
Dovete
rendervi conto che l'uomo rappresenta il primo balbettio dell'essere, e se
rappresenta così poco, nessuno può condannarlo. Vi
sentireste di condannare un fanciullo perché è tale? Di dargli una
responsabilità perché non è maturo come un uomo? Eventualmente solo nell'ambito
delle cose che il fanciullo deve imparare come fanciullo può essere valutato il
suo indice di apprendimento. Solo nell'ambito della meta individuale che dovete
raggiungere può avere senso una valutazione delle vostre esperienze.
Un
selvaggio che avesse imparato a non uccidere, giudicato secondo le leggi della
sua società che vogliono il nemico sterminato, sarebbe condannabile. Giudicato
rispetto alla norma, alla meta della sua evoluzione, sarebbe encomiabile. Ma
ancora giudicato rispetto alla meta del Santo, dell'amare gli altri come adesso
amate voi stessi, sarebbe ancora condannabile perché, se è vero che chi ama gli
altri come se stesso non uccide, non è vero il contrario... Un uomo della
vostra società che dovesse imparare il senso del dovere e fosse alla prima fase
dell'apprendimento, quando il senso del dovere diventa cecità, ed avesse
supinamente seguito l'ordine d'inviare nei campi di sterminio migliaia di
creature, sarebbe assolvibile purché non una sola volta avesse anteposto il
proprio tornaconto al suo senso del dovere,
perché ciò starebbe a significare che l'invocato, a sua discolpa, senso del
dovere, altro non era che un comodo alibi.
E chi è in grado di dare un giudizio così preciso? Sarebbe bello e di effetto rispondere: "Lo stesso interessato nell'aldilà". Ma così non è: nessuno può dare una natura che non abbiamo, se non l'evoluzione. "Ed allora?" - direte voi. "Allora - dico io - occorre abbandonare un altro falso concetto, il concetto del giudizio. L'idea che l'uomo nell'aldilà sia giudicato, è strettamente connessa al concetto della colpevolezza e della punizione e per essa valgono le stesse considerazioni che fin qui abbiamo svolte. Non si tratta che l'uomo debba essere giudicato, ma si tratta che
l'uomo nasce spiritualmente e ciò avviene in modo del tutto naturale, senza
bisogno di giudici e di giudizi". Consentitemi, a questo punto, di aprire
una parentesi per
Vedete, l'aldilà è una "brutta
bestia". Molte entità credono che ciò che osservano, per il fatto stesso
d'essere in una dimensione ultra fisica, sia la Realtà oggettiva. E non
comprendono che anche la dimensione d'esistenza in cui sono, è soggettiva. Solo
la Realtà assoluta è oggettiva, ogni altra dimensione è relativa e perciò soggettiva.
Se voi domandate ad un'entità, per esempio, chi è che sceglie la prossima sua incarnazione - supponiamo che sia un'entità che non ripeta cose udite dire, cioè che non bari, che sia abbastanza evoluta da vedere qual è la sua successiva incarnazione - ebbene novantanove su cento vi risponderà che nessuno la sceglie, ma che essa stessa l'ha scelta. Ora voi capite che un'affermazione di questo genere può essere vera, in un Cosmo perfettamente ordinato e non improvvisato, solo se chi sceglie fosse tanto evoluto e illuminato da conoscere e seguire l'ordine divino. Ma se lo Spirito, il Sè, l'Essere disincarnato
avesse questa illuminazione - che diventasse oscuramento solo quando è
incarnato - ditemi, fratelli, che cosa sarebbe l'evoluzione? Null'altro che un fatto
formale. Badate bene, io non dico che il Sè, l'Ego, lo Spirito evolve, ma dico
che ciò che è conosciuto con questi appellativi, è un complesso di stati di
coscienza, l'uno apparentemente sfociante nell'altro, i quali sono realtà
sempre meno limitate. Ora sarebbe assurdo che ad uno stato di coscienza
limitato, ne seguisse uno illimitato con il solo scopo di far operare una
scelta in armonia all'ordine divino, e che poi tutto tornasse come prima.
"Allora
- direte voi - come nasce l'errore in certe entità, di credere che ciascuno
sceglie la propria successiva incarnazione?". E' molto semplice. Quando voi avete sete e decidere di bere, vi recate laddove avete la possibilità di togliervi la sete nel modo più rapido. Se qualcuno vi domanda chi ha deciso per voi di bere, voi risponderete che nessuno l'ha fatto e che voi stessi avete deciso così; non tenendo conto che questa decisione è il risultato di due fattori: da una parte la necessità d'acqua del vostro corpo, dall'altra la possibilità di togliervi la sete nel modo più rapido possibile. Così l'entità che dice di scegliere la prossima incarnazione, non si rende conto che al di là di ciò che le appare, sta la sua necessità evolutiva e la possibilità che ha l'ambiente che essa crede di avere scelto - quello e quello solo - di soddisfare la sua necessità.
Ecco perché verso quello, si è sentita
attratta, e quello crede di avere scelto. La legge di Dio - quando non si
chiama karma doloroso - è così lieve che l'oggetto di essa non ne avverte il
giogo. Solo chi può andare al di là di ciò che appare può cogliere il senso
riposto delle
Torniamo a noi. Se nella stagione propizia e in un
terreno fertile ponete un seme vivo, il seme germoglia, ed automaticamente
segue le leggi che regolano il suo sviluppo naturale, senza che vi sia bisogno
di chi amministri o applichi quelle leggi. E come l'acqua scendendo da monte a
valle segue la via di maggior pendenza, così in modo del tutto naturale e
spontaneo, fra le varie leggi che regolano il ciclo di sviluppo individuale, si
applica quella più adatta al particolare momento e caso.
Capisco
che l'immagine della realtà da cui sia tolto l'umanissimo concetto di un Ente
supremo che giudica e perdona ed interviene direttamente nelle vicende umane -
anche se di rado e con scarsi risultati, visti gli effetti - contribuisca a
fare di questa Realtà qualcosa di inesorabile. Ma come il corpo fisico
dell'uomo vive, per lo spontaneo ed automatico svolgersi dei processi
biologici, senza che la psiche dell'uomo ne sia turbata dall'automatismo in sé
della vita biologica - ma, al contrario, lo sia quando questo automatismo venga
meno - così la parte mortale dell'uomo vive per lo spontaneo operare delle
leggi cosmiche.
Il
fanciullo che si forma nel grembo materno segue un automatismo naturale, eppure
il risultato di questo automatismo è un evento meraviglioso: una vita autonoma.
Allo stesso modo l'uomo nasce spiritualmente in virtù delle leggi cosmiche che
via via indirizzano, sostengono, correggono il suo sviluppare. Esse
vogliono il suo vero bene anche quando si chiamano dolore. E qua è introdotto un argomento che vi preme particolarmente e che non è possibile esaminare in tutta la sua ampiezza questa sera. Perciò vi dico: stando così le cose, cioè senza chiedersi perché, che senso avrebbe un Ente misericordioso che togliesse il dolore della vita dell'uomo, quando solo il dolore è indispensabile in quel particolare momento e caso dell'esistenza individuale? Se una pianta avesse bisogno d'acqua e se il darle acqua significasse farla soffrire, sarebbe pietoso, per non farla soffrire, farla inaridire? Badate, io non dico che il dolore sia l'unico mezzo che fa evolvere
l'uomo, ma dico che quando l'uomo si ostina a non comprendere, gli eccessi che
egli compie richiamano su lui il correttivo naturale. A quel punto, dannoso
sarebbe stornare dall'uomo quel naturale correttivo. Il dolore può essere
evitato solo non muovendo le cause che lo provocano.
Ed
ecco un'altra domanda che vi preme: "Come è possibile fare ciò, se non
conosciamo le cause che muoviamo?". E' giusto che sia così, perché l'uomo
deve agire non per paura di quelle che egli pensa possano essere le conseguenze a lui dannose, ma Ciascun
uomo, nella gioventù pensa di affermarsi nella vita, di diventare qualcuno; è
così convinto di questo che pensa che tutti gli altri debbano vivere in
funzione di lui stesso. Difficilmente riconoscerà che gli altri hanno gli
stessi suoi diritti; anzi cercherà ogni pretesto per diversificarsi da loro e
per potersi ritenere
così soggetto ed oggetto di un diritto speciale. In questa concezione
egotistica, egli trascura, danneggia, calpesta gli altri che, come lui, si
ritengono al centro del mondo. Poi vengono le prime constatazioni, le prime
amarezze, le prime delusioni.
Il
risultato di questo sarà o la reazione o la frustrazione, ma nell'uno e
nell'altro caso, consapevole o no, ancora calpesta, danneggia gli altri che
incontra nel suo cammino. Lo scopo della vita dell'uomo, però, è quello di
fargli superare una concezione egoistica di se stesso e del suo mondo; perciò
le cause che egli muove richiameranno su di lui degli effetti che a quel fine
lo
Perciò non vi diciamo: "Abbandonate tutto
per servire gli altri", ché questo non
Ancora
poche parole per concludere. Quello che vi diciamo è quanto constatiamo: non
pretendiamo che crediate vere le nostre parole solo perché noi le pronunciamo.
Colui che pretende che gli altri credano vero o non vero solo ciò che lui
stesso così definisce, evidentemente identifica se stesso con la Verità, ed
altrettanto evidentemente ha un comportamento che è tipico nella paranoia, il
che si commenta da solo.
Esaminare
i concetti che vi esponiamo, giudicate se essi vi danno della Realtà
un'immagine più o meno esplicativa di altre immagini. Obiettivamente a noi
sembra ch'essi diano della vita
Nel
mondo che costruite, come i fanciulli castelli di sabbia, vince l'inganno,
l'astuzia, la prepotenza. Chi si erige a difensore dei deboli e perciò degli
sfruttati, lo fa per poi venderli in cambio di trenta denari di potere. Il più
forte vince il meno forte, e a sua volta è vinto. Il debole cerca protezione
dall'una o l'altra parte, creando una catena di dipendenza estremamente
pericolosa. Ma quale prospettiva può avere un mondo così concepito, se non lo
scontro frontale dei forti o la spartizione della Terra fra essi, che paralizza
ogni aspirazione di rinnovamento dei singoli?
Se
le nostre parole non vi convincono non ha alcuna importanza. Tuttavia non vien
meno il vostro dovere ch'è il dovere di ogni uomo di chiedersi: "Ma è mai
possibile che l'uomo viva solo per perdersi? E' mai possibile che la vita di
molti sia nel migliore dei casi un continuo carnevale? E' mai possibile che la
suprema aspirazione degli uomini buoni sia crescere figli? Che solo la mira del
proprio guadagno e della propria affermazione induca l'uomo ad agire? Le opere
più belle sono espressione della creatività dell'uomo, o dei suoi commerci? E'
giusto ritenere produttivo solo ciò che dà un utile economico, quando le opere
più belle e più utili spesso sono pessimi affari? E' mai possibile che il
dolore sofferto da tanti o abbia il non senso della concezione atea, o serva a
dimostrare a Dio che la Sua creatura è degna di Lui? E dov'è l'onniscienza
divina? E' mai possibile che tante civiltà, crudeli e raffinate, guerriere o
amanti delle Arti, siano finite nel nulla perché creazioni del caso, abbiano
avuto come unico scopo quello di popolare l'inferno e il Paradiso? O piuttosto
non sia che nei mille ripieghi, risvolti, problemi anche sciocchi di ogni forma
di vita, nella lotta per la supremazia, nello squallore del proprio vuoto
interiore, nel dolore, non nasca la convinzione di un nuovo essere? Che nella
saturazione del proprio "io" egoistico, ognuno si convinca che la propria
vita appartiene anche agli altri, primo atto di una serie che condurrà ad
abbattere quelli che sono ritenuti i confini del proprio essere? Che questo
nostro mondo dalle tragiche e Claudio Esortazione
a rinnovarsi Oggi
il mondo si trascina faticosamente perché l'uomo è schiavo dei propri pensieri,
delle proprie idee, di ciò che ha creduto. Noi, figli vi esortiamo ad essere
pronti ad abbandonare ciò che è frutto del vostro ragionamento per tenere la
mente sempre duttile alla comprensione del nuovo. In questo modo ed in questa
Verità, l'umanità di oggi potrebbe evitarsi tanta sofferenza. Ma l'uomo, per
non abbandonare ciò che crede, accumula lacrime e soffre fino a che, esaurito
per la disperazione, si libera dalle ideologie, dai sistemi di pensiero che lo
hanno tenuto prigioniero fino ad allora, in modo violento ed errato. Non
aspettate di aver accumulato lacrime e sofferenze fino all'esasperazione per
abbandonare ciò che vi si richiede come in una piccola prigione. Siate disposti
ad accogliere il nuovo per comprenderlo, per prendere quanto può esservi di
buono e per scartarlo quando questo nuovo non costituisca un passo avanti, ma
sia qualcosa che è il frutto di un errato ragionamento. Così,
per comprendere se stessi, figli e fratelli, occorre conservare Il
conformismo Al fine di comprendere voi stessi, considerate quanto siate condizionati dai modelli che la società impone. Tale condizionamento vi spinge ad imitare quei prototipi e fa di voi degli apostoli, degli attivisti del conformismo. Il
conformismo è così radicato nell'uomo di oggi che gli anti-conformisti sono
degli spostati e chi non si conforma è considerato un anormale; per il timore
del giudizio sfavorevole, della disarmonia in famiglia, vi conformate alle
opinioni comuni, agli usi, ai costumi della società. La religione, la morale e
la politica contano sul vostro conformismo. Conformandovi, esse sperano di
condizionarvi e così sfruttarvi, perché il vero scopo di ogni organizzazione
politica e religiosa è quello di sfruttarvi per divenire più influente e perciò
più potente. A vostra volta, come ho detto, con i vostri silenzi, o peggio con
il vostro ostracismo, con il giudizio sfavorevole verso gli anti-conformisti,
divenite dei missionari del conformismo. Siate liberi, consapevoli che la forma
acquista importanza laddove mancano i contenuti. Il vostro riconoscervi in un
partito, in una religione, alimenta la separatività, la parzialità, incrementa
il vostro conformismo.
Il
conformismo impedisce all'uomo di agire secondo la sua vera natura, lo rende
ipocrita, incapace di comprendere chi liberamente si esprime. Conformarsi alle
idee altrui è uccidere la propria creatività. Non
crediate che io stia incitandovi all'anti-conformismo che è quasi sempre una
moda; sto incitandovi a comprendere voi stessi; agire perché così va fatto
denota vuoto interiore, così come andare contro le consuetudini sociali per
destare l'altrui attenzione, significa volere imporsi agli altri e riconoscere
di non avere altri talenti per poterlo fare altrimenti. Badate bene, io non giudico alcuna condotta, ricerco solamente le ragioni, anzi vi spingo ad agire secondo ciò che "sentite", perché è lecito violentare se stessi solo per non danneggiare gli altri. Pace a voi! La
successione degli stati di coscienza Non
di rado la conoscenza di una Verità porta l'uomo ad atteggiamenti errati nei
confronti della propria esistenza. E' classico l'esempio dei popoli orientali
che pur conoscendo molte Verità, si pongono passivamente verso la vita. Badate
che questo non accada anche a voi. L'errore in cui potete incorrere può
originarsi dalla naturale reazione ad un vostro precedente diverso modo di
atteggiamento verso la vita; una differente valutazione che le vostre idee
religiose vi davano di essa. Credere che la vita sia l'unica occasione che
l'uomo ha per meritarsi un premio od un castigo senza fine, tiene - o per lo
meno dovrebbe tenere desta l'attenzione dell'uomo verso problemi morali, più di
quanto non induca a fare la convinzione che l'uomo viva più volte; cioè abbia
più occasioni.
Invece
credere che la liberazione dell'uomo giunga ad un
Così è di tutti gli stati di coscienza. Lo scopo delle vostre esperienze nel tempo è quello di promuovere il raggiungimento di uno stato di coscienza successivo all'attuale nella sequenza logica. Ciò avviene attraverso ad un processo che comprende tre momenti: il porre attenzione, il rendersi consapevoli, il comprendere o assimilare. Se spontaneamente non ponete attenzione,
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