Indice di questa pagina

TERESA : La semplicità -  La pace -  L'amore -  Dono di sé -

KEMPIS: L'occultista e il suo credo -  La magia -   Atlantide -   Il dono della vita -   Verità e realtà -

Bene e male -  Le gamme della sensibilità (camminava Ombretta...) -  La paura -  La società futura (...se l'opinione del gregge comune...)- 

FRATELLO ORIENTALE: L'Assoluto è in te -  Vivi  nel presente -  Migliora te stesso -  L'equilibrio interiore -

Vivi per gli altri -  La vera libertà -  Mantra -

11. Teresa

Si può dire che Teresa è la Guida essenzialmente mistica della cerchia, poiché nessuno come lei sa suscitare una disposizione dell'anima all'amore del prossimo, all'abbandono fiducioso in Dio, alla preghiera. La sua voce è di una dolcezza inconfondibile che riscalda il cuore di chi l'ascolta. I suoi messaggi parlano sempre di bontà, di comprensione, di fraterno affetto verso tutti. La sua manifestazione è sempre accompagnata da un intenso profumo di rose ed ella si aggira in mezzo alla cerchia quasi sempre in stato di levitazione, spesso accarezzando i presenti e facendo il segno di croce sulle loro fronti. Anche dopo molte ore dalla fine della riunione il profumo permane nella stanza, nella poltrona in cui era adagiato il medium e sugli abiti.

Ecco alcuni messaggi di Teresa.

 

                        *  *  *

La semplicità

Creature che siete in attesa della nostra presenza, noi rispondiamo al vostro appello, al vostro richiamo ed io sono fra voi per darvi speranza, per dirvi: Voi che non riuscite a seguire con la mente gli alti insegnamenti dei Maestri, siate sereni e fiduciosi. La Verità che è in ognuno, in ogni essere, è suscitata non solo dalla mente, ma anche dall'amore di Dio!

La povera e misera Teresa, con lo sconfinato amore per il Creatore del Tutto, l'ha trovata in sé , in forza del suo amore.

E così dico a quelli che non sanno seguire difficili ragionamenti: la Verità è in voi e può essere suscitata anche con l'amore per il nostro Creatore. Non disperate, l'intuizione soccorre l'umile, il povero di spirito e gli fa conoscere la Verità che nasconde ai saggi. Fratelli, non perdete mai il senso mistico della vita!... Pensate a noi come a creature simili a voi che sono protese per cercare di aiutarvi, di farvi comprendere chiaramente il senso di ciò che vi attende.

                        *  *  *

La pace

La pace sia con voi, con coloro che vi amano, con coloro che vi odiano. La pace sia con gli oppressi, con gli oppressori, con chi fa il bene, con chi ha ricevuto il bene, sia con chi soffre, con chi combatte, con chi uccide, con chi è ucciso.

La pace discenda sugli accecati dalle passioni, su chi giudica, su chi non crede, sull'egoista.

La pace sia con tutti, acciocché chi ama, ami con amore puro, chi odia plachi l'odio, chi è oppresso sia sollevato, chi fa il bene nella pace sia ricompensato, chi ha ricevuto il bene sia in grado di rendere il bene, chi soffre abbia dolce la sofferenza, chi combatte cessi di combattere, chi uccide pianga l'atto commesso, chi è ucciso non abbia moto di ribellione contro l'uccisore.

La pace discenda su tutti acciocché l'accecato dalle passioni plachi il tormento interiore, il giudice giudichi con discernimento, chi non crede trovi Dio, chi ama se stesso abbia Luce.

Tutto ciò perché nella pace riceviamo gli influssi della scintilla Divina, nella pace ritroviamo noi stessi, nella pace siamo più buoni.

La pace sia dunque con tutti.

                          *  *  *

L'amore

"Iddio è amore e quegli che resta nell'amore rimane in Dio e Dio in lui".

O fratelli, amate voi? Il vero amante non chiede, dà tutto se stesso, senza curarsi se l'oggetto del suo amore l'apprezza o corrisponde. E' invincibile perché ha in sé  la stessa natura divina, e non teme gli ostacoli, niente per lui è spiacevole o impossibile. Ma se voi dite: Mi sacrifico, o vi scusate con l'impossibilità o temete, o soffrite se non siete corrisposti nel vostro amore voi non amate, voi siete schiavi delle circostanze, schiavi di una passione idealizzata.

Il vero amore non conosce distinzioni di ceto o di sesso, né di morale, né soffre per la lontananza dell'oggetto suo; è più forte di ogni cosa, più della violenza, più della coscienza, perché è forza invincibile, suprema ragione, divino sentire.

Felice è colui che ama; niente desidera, perché tutto possiede, vive nel mondo, ma non è di questo mondo; i suoi affanni o le sue glorie non possono trattenerlo dall'intima unione col Supremo Amore. Ama la vita, ma non teme di perderla, ama le creature, ma non teme di perderle; per lui Dio è amico, fratello, padre, madre, tutto; non è un fanatico perché non ha bisogno né di tempio, né di culto per rendere gloria al Creatore. Per il vero amante il creato stesso è tempio e la vita che conduce, gloria a Dio. Il suo Dio non è il vero, è il solo, l'Unico; egli ha rispetto per la concezione che ha il filosofo della divinità come per quella che ne ha il selvaggio, come per la sua dinanzi alla quale egli tace perché il suo silenzio è più di ogni giaculatoria; Ma il vero amore, fratelli, non è nelle mie parole, non può essere descritto, deve essere provato. Solo se avete un temperamento o devoto, o comprensivo, o amante potete intendere cos'è amore.

"Iddio è amore e quegli che resta nell'amore, rimane in Dio e Dio in lui".

 

                       *  *  *

Dono di sé

Quante creature incontrate nel vostro cammino! Le soppesate, le scegliete; con quelle che vi interessano allacciate delle relazioni più o meno strette, da loro ricevete, a loro date; ma quante volte, fratelli, donate voi segretamente a chi non conoscete? Se amate alcune creature, le amate per quello che esse possono darvi e non per amore. "Amore", non per questa grande fiamma che tutti voi dovete sentire e trovare nell'intimo vostro. Saper ascoltare, ascoltare i lamenti delle creature, saperli comprendere. Rare virtù! Le querule parole danno tristezza, e l'amarezza si vuol fuggire e con essa le creature che soffrono. Oh! quale celeste benedizione scende su chi, dimenticando il proprio svago, cerca di sollevare del peso dalle spalle del proprio fratello! Aiutatevi l'un l'altro, sorreggetevi a vicenda e un grande Consolatore vi seguirà nella vita ed oltre!

 

 

12 Kempis

Kempis è tra le Guide quella che impartisce l'insegnamento nell'aspetto più razionale. Rigoroso nell'analisi dei problemi di volta in volta affrontati, è  vivo di slanci mistici i quali, però, non si riducono mai a semplici - anche se sublimi - enunciazioni, ma costituiscono per così dire, il portato ultimo e quasi la decantazione sapientemente dosata degli elementi che il discorso precedente è servito a plasmare in termini logici e degni della migliore tradizione scolastica.

Di solito Kempis prende spunto, per la sua lezione, dai temi emersi con maggiore vivezza nella discussione che nasce tra i partecipanti prima della seduta. Discussione che, di regola, verte sugli argomenti trattati nella lezione precedente. In ciò la chiave della continuità dell'insegnamento spesso vivacemente polemico, a tratti ironico nella sua consumata dialettica.

L'argomento su cui ci intrattiene da molti anni è stato, specialmente all'inizio, molto difficile, poiché solo alcuni fra noi si erano posti interrogativi sulla natura dell'Assoluto, sul concetto dell'immutabilità in un mondo in continua mutazione, sulla inesistenza del tempo e dello spazio in Dio, sul libero arbitrio, ecc. Ma egli, con pazienza infinita, senza imposizione alcuna, ci ha condotti ad interessarci di ciò che è stato ed è oggetto di profonda meditazione e studio di tutti i filosofi e pensatori della storia: le sue teorie, pur non trovando completo riscontro in nessuna fra quelle enunciate dai filosofi più conosciuti, possono avere qualche punto di contatto con quelle del Leibniz (sulla continuità di percezioni per cui dalle percezioni semplici, oscure e confuse, si passa attraverso gradazioni infinitesimali, alle percezioni chiare e distinte fino alla percezione assoluta), di Kant (sull'universale soggettivo), di Spencer (sul mondo come rappresentazione), di Spencer (sul concetto di evoluzione inteso come fatto universale e cosmico, in un passaggio graduale per successive differenziazioni ed integrazioni), tanto per citare i filosofi più conosciuti.

Non è molto semplice condensare in poche righe le idee su cui il Maestro Kempis sviluppa il suo insegnamento. Possiamo solo citare qualche frase: "... Per definizione, Assoluto significa essere il tutto e quindi nulla può esservi che non sia nell'Assoluto e nulla può crescere o diminuire da questo Assoluto...".

"Ogni manifestazione cosmica è presente nell'Assoluto nella sua interezza in un attimo eterno". "Come il movimento è una successione di punti, il tempo ne è una di attimi, in ciascuno dei quali vi è una particolare disposizione degli oggetti dell'universo. La vostra mente, passando da un attimo all'altro, secondo una convenzionale successione, con il ricordo crea l'illusione del movimento, del cambiamento, del tempo".

"Nell'ambito dell'ambiente cosmico, costruito con una particolare impronta, l'individuo ha il senso del trascorrere del tempo, assiste ad una parte del ciclo di vita cosmica perché di volta in volta, di fase in fase, egli è legato ad una situazione diversa; ma il cosmo nell'eterno presente, nell'Assoluto, è sempre eternamente dispiegato, cioè vi è in tutti gli attimi della sua esistenza". "L'esistenza del sentire individuale è contenuta in una scala che comprende, ad un estremo, un sentire semplice, all'altro estremo un sentire massimo: questo concepire di passare da un sentire all'altro occupa l'eternità...".

  "Eternità che non significa tempo infinito, ma senza tempo...".

Questo il suo insegnamento degli ultimi anni: i brani che riportiamo di seguito, si riferiscono invece alla fase iniziale del suo insegnamento. La scelta più ampia del solito, è stata suggerita dall'esigenza di rendere evidenti al lettore l'eterogeneità e vastità che compongono l'unitario insegnamento di Kempis.

 

L'occultista e il suo credo

"Chi sei tu che puoi camminare tra le più grandi tempeste senza che una piega del tuo abito sia scomposta? Che puoi cadere fra i più insidiosi gorghi o camminare sulle fiamme senza un danno, sia pur minimo, alla tua persona? Ti sanno occultista ed è per questo che gli uomini ti temono, così come chi non ha la coscienza tranquilla teme la notte.

Tu sei deriso dalla scienza scolastica, tu sei sprezzato dai potenti della terra; se parlano di te, ti definiscono un malato di mente, un indemoniato, un ciarlatano, un essere insomma nocivo alla società. Se parli non ti ascoltano; le tue sono utopie, cose irreali, fantastiche, non adeguate ai tempi, alla vita attiva, alla vita di ogni giorno. Avete ragione! Lasciamo da parte i sogni e i sognatori; nella vita ci vuole qualcosa di meno fantastico, qualcosa di molto reale. Chiudete gli occhi...

Ecco fatto, ora possiamo guardare: stanno di fronte a voi, o potenti, gli orrori delle guerre, delle insurrezioni causate dal vostro opprimere e sfruttare; stanno di fronte a voi, o fanatici, i roghi, gli eccidi, gli opportunismi di un clero corrotto; stanno di fronte a voi, o ignoranti, le torture e i veleni che avete dato alle povere cavie in nome della scienza. Questo volevate vedere? Il cannibalismo della società? Questo è reale, di ogni giorno.

E' inutile che ci si getti la colpa l'uno sull'altro, che si dica di lavorare per la pace, quando si lavora per il proprio interesse, che si consacri la propria vita sotto il crisma della missione umanitaria, quando è esercizio di una delle professioni più corrotte, che si inauguri il nuovo culto di Maria, la dolce, perché in nome del Padre e del Figlio si sono commesse troppe violenze.

E tu occultista, e tu iniziato, tu vedi tutto questo (molte volte hai fatto le loro spese), giudicato senza giudicare. Ma chi sei tu che puoi tramutare in oro tutto quanto tocchi e che vivi in povertà, che conosci l'animo degli uomini e non vuoi affrontarli? Con uno sguardo potresti ucciderli e, se ti colpiscono, li abbracci e li chiami fratelli".

A tutte queste domande sorride l'iniziato; i suoi occhi sono quelli di colui che vede faccia a faccia la Realtà,  faccia a faccia l'Anziano degli Anziani, l'Anziano dei Giorni.

Chi sono? Ascolta il mio Credo e mi conoscerai:

"Io credo nell'amore di Dio per le Sue creature e credo che un giorno tutti gli uomini si ameranno gli uni gli altri.

"Credo che nessuna creatura possa essere discacciata dal Padre, ma che tutte un giorno saranno coscientemente in Lui, perché credo nella legge di evoluzione spirituale cosmica, mezzo e oggetto di essa la Vita, supremo dono per la quale l'uomo, che nulla è, diviene tutto.

"Credo nella reincarnazione o trasmigrazione della individualità in corpi capaci di esprimere l'evoluzione conseguita allo scopo di conseguire evoluzione.

"Credo nella legge di causa ed effetto, per cui ognuno raccoglie i frutti che ha seminato; l'uomo causa la sua infelicità, rimanendo vittima di quello che egli stesso ha determinato.

"Credo nella Giustizia Divina e credo nella Divina Misericordia, in quanto nessuno è mai eternamente condannato, ma dalla giusta conseguenza delle proprie azioni, ognuno impara e si santifica.

"Credo che il bene ed il male siano relativi ad ogni individuo, ma posso affermare che sia giusto e buono tutto quanto favorisce il progresso dell'individuo e sia ingiusto e cattivo tutto ciò che in questo senso danneggia i miei fratelli e me stesso.

"Credo che la coscienza esprima quanto di più elevato l'individuo possa concepire, ma non necessariamente quanto di più elevato vi sia.

"Credo il miracolo della trasformazione Morte, tanto bello quanto quello della trasformazione Vita e credo che l'uomo definisca bello o brutto, attrattivo o repulsivo, secondo l'impressione soggettiva.

"Credo in un'Unica fonte del Tutto, l'uomo parte di Essa, come i raggi del sole sono parte del sole, pur non essendo il sole.

"Credo che non vi sia vita che non sia il riflesso dell'Unica Vita, così come ogni potere è riflesso dell'Unico Potere, espressione dell'Unica Vita.

"E' supremo conforto per me essere certo che per le creature niente è male reale, che niente muore, perché nell'Universo è Vita e Amore, l'una esplicante l'estrema natura di Dio, l'altra l'interna.

"Credo nella Trinità o triplice aspetto della manifestazione Divina e cioè:

nell'Unità Spirito, radice di ogni cosa, quid al di sopra di ogni effetto perché è parte della Causa;

nella Dualità Akasa orditura del Kosmo;

nella Trialità, mente, energia, materia, intessitura del Cosmo.

"Credo in Maria, Chiesa occulta, Verità Ultima, Madre dell'uomo-Dio, la quale solo il Santo può conoscere priva di veli.

"Credo nel solo Dio, Eterno, Perfetto, Infinito, Indivisibile, Immutabile, Costante, Onniscente, Onnipresente, Onnipossente, che comprende in S‚ tutto quanto realmente E'.

Esiste, E' esistito, Esisterà, perché :

"ASSOLUTO.

"Affermo la mia fede in tutto questo.

"Così fu, così è, così sia, così sarà".

                       *  *  *

La magia

In sostanza, fratelli, voi sareste i moderni cultori della negromanzia: i moderni cultori della negromanzia, comodamente seduti in attesa del brivido.

Veramente i tempi sono cambiati ed anche questa vecchia, decrepita direi, pazzia dell'uomo ha mutato abito, si è introdotta nei salotti, collocata fra i passatempi dell'ultima generazione. Vecchio è il desiderio dell'uomo di mettersi in contatto con quel mondo invisibile che lo circonda, la cui esistenza sfugge alla più recente scienza ed è ancora oggi materia di fede. Le evocazioni della storia non possono essere contate, tante esse sono. Erano credute tanto da incutere paura, prima, ed essere condannate poi.

Successivamente, quando l'uomo apre gli occhi quel tanto necessario per osservare i più elementari fenomeni che lo circondano e trascriverli in leggi, forte per la conquista e per la fatica, ride dell'invisibile così come un ebete può ridere su un'opera d'arte che non capisce. Oggi invece l'uomo, grazie alle tante gaffe commesse, cerca di essere meno drastico e categorico: studia i fenomeno con lo stesso successo che può avere chi, ad esempio, voglia tradurre un'opera scritta in francese, convinto che lo sia in arabo. Povero dilettante! Che cosa ha cercato di raggiungere? La prova scientifica della sopravvivenza dell'anima per moralizzare i popoli? Creare il nuovo motivo di inibizione fondato sulla scienza, oggi che si sta sciogliendo quello fondato sull'ignoranza, dominatore dei tempi passati? Oppure dimostrare che più nulla esiste oltre quello che vedete?

Le vostre o le loro sono personali interpretazioni, polemiche, non positive indagini dei fatti. Non lasciamoci quindi trascinare dalla foga che l'amore alla scienza a volte può dare.

Amore alla scienza, ho detto. Chissà, fratelli, se tornata in voga la moda di bruciare i cultori delle scienze occulte, ci sarebbero tanti, come oggi, che hanno amore a questa scienza?

Sareste ugualmente numerosi a questo genere di riunioni?

Eppure quanti, prima di voi, hanno sfidato il fuoco, seguito le più impossibili pratiche pur di evocare l'anima di qualche trapassato!

«Allo scoccare della mezzanotte, fra il primo ed il secondo giorno di novembre, vestiti di nero, acceso un fuoco di legno di cipresso e di verbena, bruciare della mirra e dello zolfo, pronunciando il seguente scongiuro: "0 potenti forze della tenebra e della morte io vi invoco. Ombra che nascondi, morte che cancelli, io evoco dall'oscuro regno l'anima di Tizio, Caio e Sempronio".

Presa una tibia con la destra, tenendo un teschio nella sinistra, compiere di corsa tredici volte tredici passi, ripetendo lo scongiuro, e gettarsi in una fossa scavata in un cimitero per seppellire un morto, coricarsi guardando il cielo, ripetere lo scongiuro aggiungendo: "Tizio, Caio o Sempronio, mostrati a me!"«.

Il risultato è certo. Lo credo! O sarete voi che andrete  a raggiungere l'anima evocata, morendo dallo spavento, oppure, essendo tanto pazzi da seguire questa pratica, niente di più facile che possiate vedere quello che desiderate. 

Se avete pratica di queste formule, se per curiosità avete letto l'opera di un qualche ciarlatano (e non potrebbe essere altrimenti) sulla magia bianca e nera, avrete certamente notato che ogni formula presenta delle difficoltà di esecuzione insormontabili. Molto probabilmente, chi le ha inventate, rendendole impossibili, si cautelava contro ogni eventuale accusa  di impostura, in quanto nessuno vi sarebbe stato che l'avrebbe provate o trovate false. 

Con probabilità questo pensava l'autore; mentre qualsiasi formula, anche la più fantastica, quando colpisca l'immaginazione e sia seguita scrupolosamente dalla volontà e convinzione di un pazzo, diventa efficace.

Le difficoltà presentate dai rituali magici non sono che la pietra di paragone per la volontà e la convinzione dell'operatore. Chi riesce a procurarsi da solo, con i propri mezzi, tutto quanto il rituale richiede, ha tanta forza in sé  da muovere le montagne. Gli altri si arrendono. Non è quindi "la mano di un assassino giustiziato e sepolto da tre giorni" che può farvi operare dei prodigi, ma la volontà che avete dimostrato potendovi procurare un simile cimelio. Ma chi ha in sé  questa forza, questa volontà, non ha bisogno né di bacchetta magica né di altri arnesi del genere per operare sull'invisibile. I Maestri ne sono esempi viventi. E quando un uomo comune chiede di operare un prodigio, mostri la sua volontà procurandosi le più impossibili e stravaganti cose.

Non è neppure vero, quindi, che la bacchetta magica del mago, in mano all'apprendista, compia gli stessi miracoli.

Il potere sull'invisibile è una facoltà personale, che non può essere tramandata, non può essere realizzata a seguito di una comunicazione. Deve essere trovata, e chi non l'ha naturale per evoluzione, deve dimostrare di avere tanta volontà da procurarsi «le cose più impossibili».

Non diciamo una cosa nuova affermando che l'uomo ha a propria disposizione dei poteri che neppure si sogna: ma perché queste facoltà siano attive, bisogna che l'individuo abbia un particolare stato interiore che è naturale nel Guru, nel Santo, nel Mago; artificioso nello stregone, nell'ignorante.

E' come la corda di uno strumento musicale che per produrre un suono od una nota desiderata deve essere tesa in modo giusto. Questa intima tensione è naturale virtù dell'individuo evoluto, mentre nel non evoluto è un'autosuggestione, che egli si procura seguendo queste formule magiche.

Al Maestro che desideri agire sul visibile o sull'invisibile non occorre alcuna formula, perché in sé  ha questa intima tensione, non ha bisogno di ricorrere a qualcosa di molto simile ad uno stupefacente per averla. Ora questi poteri sull'invisibile sono propri dei Maestri; ma questo non significa che non possano essere adoperati a scopo egoistico; ciascuno può usare come meglio crede dei propri poteri, così come a proprio piacimento usa le mani. Una sublime legge di giustizia e di equilibrio tutto soppesa e valuta; là dove questo equilibrio viene rotto, nasce, si crea una causa il cui effetto andrà a ricadere sugli autori di questa perturbazione per trasformarli, per insegnare loro una verità.

Sublime misericordia, perfetta giustizia di Dio. Ricordatelo, voi che invocate la misericordia celeste per i casi vostri, la giustizia divina, quando non avete potuto vendicare un torto fattovi.

Dio non punisce, ma corregge chi ha perturbato l'equilibrio.

Torniamo a noi. Fortunatamente questo giuoco di forze non è mai oltremodo dannoso perché la ferma convinzione, la ferrea volontà del Maestro, sono sempre dirette a scopi altruistici e quindi benefici. Quelle dello stregone, dell'ignorante che abbiano superato le difficoltà con una formula magica, costano a questo ignorante o a questo stregone un tal dispendio di energie che, dopo due o tre pratiche di questo genere, costui finisce, come ipotesi migliore, pazzo completo.

Non si avventuri quindi l'ignorante negli impervi sentieri delle scienze occulte per non essere divorato dalla Sfinge!

Volontà, fede, scienza, ecco il trinomio su cui il mago fonda la propria azione.

Volontà, convinzione, immaginazione, danno allo stregone un'effimera potestà sulle cose e sulle creature. Tali gli sono elementi che contribuiscono al successo in una pratica magica.

Ma vi sono altri fattori i quali, pur non concorrendo  direttamente, non possono essere trascurati, fattoti od elementi che servono a dare all'operatore uno stato d'animo particolare, corroborante in tutto lo  svolgimento; ad esempio, un senso di timore che favorisce l'estrinsecazione della sensibilità, oppure quel senso del segreto, dell'occulto che fa sì che sia aumentata nell'individuo l'infatuazione. Vi sarà certamente capitato di dover attraversare un luogo solitario, timorosi di quello che poteva accadervi; ed allora ricorderete di aver visto ed udito cose inesistenti, eppur reali e sensibili ai vostri sensi. Allo stesso modo osservate con quale morbosa curiosità si ascoltano cose segrete, con quanto piacere si fanno certi atti in luoghi proibiti.

Si usa, nella vostra società, censurare tutto quanto è attinente al sesso, credendo con ciò di fare opera di moralizzazione; ma le immagini e quanto altro sfuggito alla censura, che cadono sotto l'attenzione di un individuo, acquistano un tal potere erotico da rendere tre volte inutile l'opera di moralizzazione. Così, di fronte - ad esempio - ad una situazione piccante, è di gran lunga meno "porco" il membro di una qualche associazione di nudisti che un funzionario della censura stessa. Tutto ciò avviene per l'ascendente che ha il segreto, l'occulto, per un individuo.

Il compiere un'opera magica richiede un'attenzione, una precisione non comuni; il trascurare il particolare più insignificante può compromettere l'opera tutta. Generalmente, si crede che chi ha potere sull'invisibile possa esprimere un desiderio e vederlo realizzato immediatamente: tutto questo è un errore: occorre la completa partecipazione dell'individuo, di tutto l'individuo.

L'opera del Cristo è un'opera magica.

Potenza della parola! Una folla inferocita, pronta a linciare una povera donna, ed una frase, detta nel modo più semplice e sereno, d'incanto arresta ogni velleità. Nulla più della calma annienta l'iroso.

Fermenta un popolo, si pronuncia una condanna. Ma chi uccidete, o potenti? Il falegname che parla per regalare sogni alla povera gente? Nulla più dell'ombra spaventa chi ha potere temporale.

Il mago che agisce sulle moltitudini ha più conoscenza dell'uomo e del visibile che del Divino e dell'Invisibile.

"Quando qualcuno di voi sarà riunito in nome mio - dice il Cristo - qui io sarò", ben conoscendo l'importanza di queste parole.

Quando alcune creature sono fermamente convinte del potere di un individuo, conferiscono a lui tutto il potere creduto.

Guardate: sono poche pietre chiamate Altare. Due luride mani che spezzano il pane, una fetida bocca che pronuncia incomprese parole, eppure avete di fronte a voi il prodigio per eccellenza! Potenza dell'umana convinzione! Ecco quella creatura curva per l'artrite, guardarvi con un'espressione bieca per la miopia, cercare di sorridervi con i pochi denti superstiti di una piorrea alveolare, e voi giurate di averla vista volare cavalcando la coda di Satana. Potenza dell'umana immaginazione!

Provate ad imporre a quello scalatore di raggiungere quella cima accessibile ai soli volatili, come più volte ha fatto di sua iniziativa, e lo vedrete cadere nell'ascesa, non una, ma dieci volte. Potenza dell'umana volontà!

E più ancora. Ecco l'acqua di una piscina su cui galleggiano pus, croste, bende infette, guarire, sanare ciò che non possono i più moderni mezzi. Potenza dell'umana fede!

E voi uomini, ricercate l'energia nella materia! Se dunque ciascuno di voi ha tanta forza in sé  da far credere che possa sovvertire le leggi della natura, quando più persone siano riunite in un'unica fede, potete immaginare quale forza ne scaturisca.

I Romani erano fermamente convinti dell'esistenza degli Dei, e con questa loro convinzione avevano creato delle  forme pensiero così caratterizzate e dense, da essere scambiate per Entità reali all'occhio del veggente. Successivamente, quando il Cristianesimo prese vigore e il popolo non credeva più negli antichi Dei, a Giuliano, in una visione, apparvero stanchi e terribilmente invecchiati.

Quando delle creature si riuniscono, fermamente convinte in qualcosa, creano una catena magica che può avere degli effetti cinetici sulle cose e sulle creature. Dopo l'esperienza del Mesmer sugli animali e sugli uomini, si pensava che le cosiddette "forze psichiche " avessero ascendente solo sugli animali e sugli individui; successivamente, lo spiritismo dimostrò che il pensiero è un ente dinamico che può mettere in moto corpi inanimati da chi sappia, con la volontà, dirigerlo e produrre una serie di meravigliosi fenomeni.

Gli spiriti riuscirono tanto bene in questo primo intento che alcuni studiosi ne esclusero addirittura l'intervento, attribuendo i fenomeni alle forze del pensiero dei presenti, in special modo del medium; essi attribuivano a questi poveri medium tanta forza, tante possibilità quante sono le malattie guarite dalla panacea universale. Sorsero così le correnti naturalistiche, del tutto giustificate, se si pensa che fino a pochi anni fa si discuteva su quanti Angeli possono entrare sulla punta di un ago! E si discuteva e si discute tutt'oggi: si creano delle teorie per spiegare ciò che è semplice, ciò che è già spiegato, ma che non si vuole ammettere. Ed allora, esprimiamo un ringraziamento particolare a nome dell'umanità ai vari inventori dei serbatoi cosmici, della memoria ancestrale, ecc. ecc., praticamente serviti ed accontentati da quei ciarlatani sedicenti medium. Potenza dell'umana illusione!

Voi, così categorici nei vostri giudizi, così precisi nelle valutazioni, così esatti nelle vostre osservazioni, che sapete distinguere il bello dal brutto, il gradevole dallo sgradevole, il freddo dal caldo, per dare un'assoluta importanza a tutto ciò, non avete ancora compreso né l'uomo né la natura.

Aprite gli occhi una buona volta, girateli intorno e guardate. Convincetevi che ogni cosa fa parte di un Tutto, di un meraviglioso Tutto in cui uno solo è il principio ed una sola la fine. Non vi sono creature neglette ed altre privilegiate, ma ogni creatura, in relazione, è ugualmente dotata. Cercate quindi di vedere questo, di convincervi di ciò, di sapervi collocare  nel grande disegno Universale, ed allora una grande pace, un grande equilibrio, una grande serenità saranno in voi; ed in questa pace, in questo equilibrio, in questa serenità si svilupperanno quei poteri occulti, poteri i cui effetti hanno creato la parola «miracolo»: sono sembrati, cioè, tanto grandi in verità da doverli attribuire alla Divinità. E così è, fratelli, quella Divinità che è in voi, che è in me, che è in tutto.

In nome dell'Uno, che nei cicli generatori prende l'universo stesso come sua forma;

in nome della Vita Unica, che respira in tutto l'universo, che si limita e manifesta nelle forme;

in nome dell'irrefrenabile ed incessante evolversi di ogni vita:

possiate riconoscere l'illusione delle forme,

possiate riconoscere la radice di ogni vita animatrice, possiate riconoscere l'Unità Spirituale dell'universo, acciocché possiate essere consapevolmente uno col Padre. Amen.

                         *  *  *

Atlantide

Atlantide, leggenda o realtà?

Realtà: lo possiamo gridare senza tema di smentita. Paradisiaca terra dalla meravigliosa civiltà, dagli abitanti semidei dalle forme armoniosissime, dalle immense ricchezze, paese della felicità. Tu, Atlantide, hai ispirato la fantasia dei poeti, l'inventiva degli scrittori, il sorriso degli scettici, ma tu sei stata una realtà vera tanto da rasentare la fantasia.

Di te parla il mito che ti vuole regno del gelosissimo Dio Poseidone, tremendamente geloso di Clito, il quale, per salvare questa fanciulla dal temuto rapimento di altri Dei, circondò l'isola di gigantesche montagne irte e rocciose, strapiombanti sull'oceano. Clito è la civiltà che i tuoi abitanti raggiunsero.

I tuoi sapienti non erano materialisti, i tuoi sacerdoti non erano degli incapaci: scienza e religione collimavano. La suprema sapienza, l'alta magia erano le basi della tua civiltà. I tuoi figli bandirono l'infelicità, non dandosi ad orge morbose, ma vivendo nell'armonia del loro essere. Essi non avevano bisogno di rubare per mangiare, poiché eri la terra dagli innumerevoli tesori.

La tua giustizia era la giustizia divina: chi si rendeva colpevole di una colpa grave, veniva allontanato da te al di là del mare, e solo in questo stava la punizione.

Che cosa è l'attuale civiltà in confronto alla tua? Non conoscevi tu, forse, l'elettricità, la carta, il vetro e mille altre cose che i figli d'oggi credono d'essere gli unici a possedere?

I tuoi abitanti non avevano bisogno del telefono e della televisione, perché avevano il dono della veggenza, e con questa comunicavano a distanza. Conoscevano benissimo la navigazione a vela, per cui furono possibili i contatti con Egizi, Assiri, Babilonesi, Greci, Incas. Ma spesse volte sospendevano, per intere generazioni, i contatti con gli stranieri: sapevano che il segreto della loro felicità era pericoloso e che, se fosse caduto in mano a chi non l'avesse saputo adoperare a scopo umanitario, si sarebbe trasformato in una terribile calamità.

Ridente la tua posizione, circondata dall'Oceano: ad occidente l'America, a oriente l'Africa, che aveva nel Marocco il punto a te più vicino; tutto era bellezza e felicità in te, Atlantide.

 

La fine di Atlantide

La tua fine avvenne quando i tuoi figli cessarono il loro ciclo evolutivo sulla terra e cominciarono a incarnarsi nel tuo seno i malvagi. Essi profanarono la tua civiltà, attirando su di loro la più terribile maledizione che l'uomo possa ricevere.

In ventiquattro ore un cataclisma ti distrusse, ti seppellì in fondo al mare.

Addio Atlantide, terra immaginosa di felicità! Il mare

parla di te: quando è calmo, della tua felicità; quando è tempestoso, della tua fine. Nessun malvagio verrà più a turbare la tua pace, in fondo a quell'oceano che porta il tuo nome, o Atlantide. Di te non rimangono che le più alte vette delle tue montagne: oggi isole Azzorre, Canarie, Capo Verde.

Esse sono un monito per l'umano, un insegnamento ai figli di questa civiltà, un ringraziamento a Dio, che ha voluto occultarti perché più oltre tu non fossi profanata. Atlantide, addio!

 

                       *  *  *

Il dono della vita

Vi è un mistero che ancora affascina gli studiosi e che ancora non è stato spiegato. Un mistero tanto comune e tanto discusso; or semplice, in apparenza, or complicato ed oscuro: il mistero della vita.

La parola "vita" esprime molti aspetti dell'esistenza umana, ognuno dei quali lascia un come ed un perché al quale manca una risposta. Quale sublime verità sarà celata tanto gelosamente?, pensa l'uomo. Non vi sono delle verità più o meno belle, più o meno segrete, ma solo verità più o meno comprensibili dall'uomo, eppur tutte sono semplici ad un modo.

Qualcuno disse: «nel momento che si nasce si comincia a morire». Noi vi diciamo: «nascete all'oggi, morite all'ieri, sarete sempre vivi e non cadaveri ambulanti». Guardiamolo, questo essere che entra nella vita tenuto per i piedi: qualche colpetto, e la macchina si mette in movimento. Quando e per quale delle molte cause si fermerà?

Chi può dirlo si faccia avanti. Non dobbiamo sempre pensare a come sarà; ora è nato, ha ricevuto il più grande dono: il dono della Vita.

Già, dimenticavo, voi non siete d'accordo con me. Siete un po' tutti degli stanchi e sfiduciati della vita, poveri fratelli senza entusiasmo, timorosi di vivere, timorosi di morire. La vita è una prova, è vero fratello? Qua non v'è felicità, bisogna cercare solamente di restare in grazia di Dio per meritarsi la vita eterna. Ecco il ritornello che da secoli si canta all'umanità come supremo conforto religioso. E quando gli uomini cercano qualcosa di più convincente parlano gli Spiriti con parole nuove:

«Questo vostro non è il mondo della realtà, la vita comincia dopo la morte». A voi piacciono queste spiegazioni, perché vi scusano un po' con voi stessi e con gli altri per quello che non avete fatto. Se interrogate una creatura che in vita sua non abbia fatto niente, vi risponderà che le è stato impedito di fare: malattie, colpi del destino, rovesci di fortuna e via dicendo, come se l'uomo esistesse solamente per essere impedito. Sono tutte evasioni e scuse. Il mondo non è una valle di lacrime per disposizione divina, non è terra di continuo a sé  stante, ma parte di quel Tutto-Uno che si chiama Universo, in cui ogni suddivisione è convenzionale, essendo unica la Realtà. Convincetevi di ciò, e la vita vi apparirà sotto una luce diversa. Infatti, se voi pensate che sia un esilio per l'uomo, siete portati a trascorrerla in un modo che è un compromesso tra ciò che ritenete piacevole e ciò che fate con sforzo, chiudendovi in questo tergiversare, alla realtà stessa della vita. Ogni avvenimento, ogni pensiero sono presi come pretesto per la continua evasione alla vita; la stessa verità comunicata da altri è fraintesa ed usata come giustificazione al «non vivere» che voi fate nel vero senso della parola.

«Dimmi, fratello, credi alla legge dell'evoluzione?».

E' comodo credervi. Voi dite: "L'evoluzione avviene in ogni modo; giungerà l'ora della mia liberazione».

«Dimmi, fratello, credi al Karma? Guarda quella povera creatura quanto soffre". "Che dici? è il suo Karma». E con questo credi di essere esonerato dall'aiutarla. E l'altra? "Sono anni che è negli stenti". "Come hai detto?" - "Che è per il suo bene!" - "Ah!".

Dite, fratelli, non è così! E' così, purtroppo. E' dunque l'uomo che interpreta erratamente, che vive tra compromessi, illudendosi di trarne due o più vantaggi. Non è importante credere alla legge dell'evoluzione; se non vi muovete, tali siete, tali resterete.

Non è importante credere al Karma, fratello che ci credi, anzi, se nel timore di ciò che può ricadere su di te vivi in costrizione meglio è che tu non ci creda. Non potete certo dire di amare i vostri fratelli se, considerando che essi si trovano in difficoltà per loro stessa cagione, credete di avere il diritto di disinteressarvi dal prestare loro aiuto. Dovete intendere nel vero senso della parola i nostri insegnamenti, non dovete sfuggire a voi stessi, illudervi, ma essere esattamente edotti di tutti quei come e perché che determinano la vostra condotta e che corrispondono ad altrettanti come e perché , misteriose incognite della vostra esistenza.

Non dovete pensare che la vita sia una prova; che la vita sia un castigo, una ed una sola delle molte incarnazioni necessarie al conseguimento della Realtà. Così facendo, voi riguardate alla vita come a qualcosa che bisogna sopportare di buon animo, e che non è completa in sé , mentre proprio per questo è "il più gran dono".

La vita è completa in sé . Ognuno prende esattamente da essa quanto a lui fa bisogno. Noi, i Maestri, Cristo stesso, nessuno può sostituirsi all'insegnamento della vita. La Verità comunicata da un Maestro può essere fraintesa, come prima vi ho detto, ma le lezioni che impartisce la vita no, quelle no, quelle lasciano una esatta traccia nell'individuo. Nessuna verità comunicata può essere tanto importante e tanto vera quanto quella che scopre l'individuo vivendo. Voi tanto anelanti di conoscere il «supremo perché » che un tempo era rivelato ai pochi, forse potreste rimanere delusi.

Perché gli Universi si susseguono agli Universi?

Perché ciò che è perfetto in potenza deve esserlo in atto?

Perché tutto questo?

Risalendo nella catena delle cause e degli effetti fino alla Prima Causa, si nota un'infinita corrente di creatività. Perché questa creatività? Volete saperlo? Ebbene, inginocchiatevi, voi state per udire l'oracolo degli oracoli, il Supremo Perché .

Udite! «Questo perché non esiste». Può la Prima Causa avere un perché ? Cioè essere conseguenza di un'altra causa?

No, o non sarebbe più Prima Causa. La creatività per la creatività quindi.

Ebbene, ditemi, ora che avete udito il supremo Perché , vi sentite cambiati? Confessatelo, siete rimasti più colpiti oggi in tram quando quel viaggiatore vi ha pestato un piede.

Sì, fratelli, questo è la vita: "Il più grande dono!".

 

                       *  *  *

Verità e realtà

Oh Natura!, or dispensatrice di bellezza, gloria, potenza, agi, or di lacrime e miseria, sei tu madre o matrigna?

Tu giuochi con l'uomo: or l'innalzi all'apice della ricchezza, alle somme gerarchie del potere, alle sublimi vette del genio, or lo releghi nelle tenebre dell'ignoranza.

«Perché ?» ti chiede quest'uomo.

Guardatevi attorno: che cosa vedete? Una immensa lotta, 

il mondo è un campo di battaglia dove gli uomini si combattono, non senza ferocia, per l'esistenza. E che cosa si contendono i combattenti? Un palmo di terra in cui morire.

E chi sono i vincitori? Al termine di pochi lustri, tutti son vinti dalla Morte. Essa sola sembra essere la vera sovrana della terra che attende, con pazienza, ogni frutto della vita.

Ogni forma che la vita crea essa la dissolve, la cancella.

O uomo, ricorda: ogni fulgore, ogni frastuono si spengono nella tomba! Triste e greve premonizione.

Eppure, dimenticando il terrore che essa può ispirarci,  può esserci di ammonimento. Quale valore possiamo noi dare, infatti, a tutte quelle vanità della vita, pensando ad una simile conclusione? E perché tanto ci affatichiamo per valorizzarla, se questa non è la nostra dimora? Inutile insegnamento.

Rinunciare a tutto? Mai. Dichiarare inutile ciò che è costato tanta fatica? Impossibile. Bisogna salvare il dolore. E il prete ci aiuta. "La sofferenza di questo mondo, egli ci dice, sarà compensata nell'altro: ai malvagi il fuoco eterno".

Ciò è sufficiente ad illuderci. Tuttavia la religione impone dei comandamenti e la non osservanza di questi può portare ad un castigo eterno.

Così il conflitto non finisce. Gli onesti e sinceri con se stessi, vedendosi lontani dall'esatta osservanza dei precetti religiosi, si vedono votati all'eterno dolore. Ma di fronte all'inferno dei credenti, il "nulla" dei materialisti appare come una liberazione e non si crede più. Tale agnosticismo non è peggiore di una fede che determini nell'individuo l'ipocrisia, lasciandone intatta la natura avida e crudele. Tuttavia di quella fede non ha l'inibizione, per cui la lotta per l'esistenza fra individui atei assume toni più violenti e piani più scoperti.                

Guardate la città ai nostri piedi! E' fatta di pietra e di fango, ma è simile ad una foresta, ed i suoi abitanti si braccano l'un l'altro in cerca di potere, di guadagno, per saziare un'avidità non certo migliore di quella degli animali. E' un crogiuolo dove si fondono avidità, terrore, odio, indifferenza, formando una catena che si perpetua passando dall'uno all'altro di quegli esseri chiamati uomini, i quali da questa breve distanza neppure si vedono tanto sono piccoli! Ma che accade?

La catena si è rotta, estinta da un essere che in mezzo alla lotta per l'esistenza è tanto pazzo da lottare per la perfezione.

Chi è costui? Forse un pazzo, per andare contro corrente, per esporsi a tanta tortura. Forse conosce la Verità! Verità... e che cos'è la Verità? Neppure Cristo volle rispondere.

Quante creature sono andate incontro alla morte per predicare quella che esse ritenevano essere la Verità! Proprio in forza del loro sacrificio avvinsero le folle: "I Cristiani alle belve!"; ma il cristianesimo sopravvisse. "Al fuoco le streghe!". E quella che era la più grande follia del Medioevo tenne succuba l'umanità, non già nella paura del fuoco, ma di Satana.

Quante creature hanno giurato, di fronte all'Inquisizione, di aver commesso con Satana i più inverosimili delitti, le più impossibili colpe? Sapevano a che cosa andavano incontro, eppure non esitavano, pur di dire quella che per loro era verità. Povere creature, vittime delle loro stesse allucinazioni!

Allora? Voi vedete ciò che il vostro essere vi fa vedere, limitatamente ad un convenzionale postulato. La vostra verità quindi non è assoluta. Ma l'una verità "relativa" vale l'altra. Vede la Verità assoluta chi è assolutamente libero.

Guardate quell'uomo, i suoi occhi esprimono insofferenza, è eccitabile al massimo, giurereste di lui che è un assassino, ed invece è un povero diavolo che ha le scarpe strette!

Verità, perché mostri tante facce? Risponde la Verità: "Io sono quella che sono, l'uomo non sa e non vuole conoscermi".

Così è. Pilato, non avesti risposta perché non la comprendesti. Eppure essa è semplice, come tutte le cose forti.

Verità è constatazione della Realtà, Realtà è ciò che è, e non ciò che appare.

 

                        *  *  *

Bene e male

Voi volete sapere che cosa è il bene e che cosa è il male.

Bene e male, un grande conflitto. Chi può dire quanto sia combattuto l'uomo in questa alternativa!

Può essere che da un male nasca un bene? Può accadere che una creatura, per rancore, faccia ad un'altra qualcosa che essa crede male e l'operato risulti invece a vantaggio di quella che doveva esserne la vittima? Quanto male è stato fatto in nome del bene?

Risponda chi dice di sapere che cosa è bene e che cosa è male.

In ogni caso, per sapere con precisione bisogna attendere.

Che cosa? Il giorno del giudizio, quando guarderemo la classifica e ci rallegreremo della vittoria dell'uno o dell'altro.

Se Dio è dalla parte del bene, questi non dovrebbe faticare molto a vincere; mo se Satana riuscirà a strappare qualche punto (pardon, anima) sarà una sconfitta gloriosa a meno che, come si mormora, non sia Dio stesso a destinare, dopo averle create, le anime all'eterna dannazione; questo per rendere meno amara la sconfitta di Satana! Quale generosità!

Ed infatti è logico: l'inferno deve essere popolato, altrimenti perché esisterebbe? Il conflitto che riguarda il povero uomo non Lo riguarda direttamente, serve per vedere se vincerà il bene o il male.

L'uomo è un campo di battaglia dove le due forze si scontrano; scegliendo, dà un punto o all'una o all'altra. Andare verso il bene è difficile, è faticoso; verso il male è facile e agevole. Una volta scelto il bene, non è vinta la partita; c'è la tentazione che bisogna non ascoltare.

Credendo tutto questo, non so come facciano a dire che l'uomo ha il libero arbitrio!

Per giudicare serenamente e decidere con imparzialità, bisogna essere fuori da ogni influenza. Dice Dante all'inizio del canto IV del Paradiso:

"Intra due cibi, distanti e moventi

d'un modo, prima si morria di fame

che liber uomo l'un recasse a' denti";

cioè che, quando la scelta non sia determinata da un motivo, è difficile scegliere, volendo significare che fra il bene e il male, per l'uomo, esisterebbe la stessa difficoltà di scelta se non vi fosse qualcosa  che lo porta all'uno o all'altro; anche chiamando questo qualcosa "natura" potete voi dire che l'uomo ha libero arbitrio?

Ma torniamo a noi. Sapere che cosa si deve o non si deve fare ha poca importanza, vista fa scorrettezza di Satana nella gara. Questo signore furbo e scaltro non esita a mostrarvi il male camuffato da bene, e voi ci cascate. Vorrei proprio vedere la faccia di colui che, per tutta la vita, ha creduto di aver fatto il bene e poi si accorge di essere stato giocato da Satana. Meno male che ancora non ho sentito dire che Dio mostri il bene camuffato da male salvando, contro sua volontà, chi voleva dannarsi; altrimenti avrei creduto che non serva l'intenzione dell'individuo, ma il problema stia nel non essere ingannati.

Se si crede che bene e male esistano su un piano assoluto, la questione riguarda Satana e l'Eterno; l'uomo c'entra solo di riflesso.

Il dualismo "bene e male" in senso assoluto non esiste, esiste questo dualismo per il singolo. La definizione di questi due elementi è varia e profondamente diversa fra due o più individui, se essi sono diversi uno dall'altro, o è simile se sono sullo stesso piano di evoluzione.

Man mano che l'uomo evolve, l'orizzonte del bene e del male si dischiude, con questa differenza: che una creatura evoluta farà molte, chiamiamole, buone azioni, e non farà, proprio perché evoluta, molte cattive azioni, l'uno è direttamente proporzionale, l'altro inversamente. In che termine può esistere una definizione generica di bene e di male? E' bene tutto ciò che accelera l'evoluzione dell'individuo, è male ciò che la ritarda. In altra lezione abbiamo visto come nacque la differenziazione fra gli uomini, come i simili si siano raccolti in razze che, evolvendo, abbiano costituita una civiltà. Ora, essendo coloro che appartengono ad una stessa razza, simili, si può dire per sommi capi a quel popolo: «questo è bene e questo è male».i.b1:; (vedi i Comandamenti di Mosè).

La prima differenziazione "bene" - "male" è del tempo dei trogloditi: dei primi uomini.

Un organismo per vivere ed essere pienamente efficiente, deve pulsare in condizioni ambientali favorevoli. E' vero che non può superare un certo coefficiente, le cause che determinano il quale non possiamo elencare in questa occasione.

Quando un organismo (nel nostro caso: "uomo") si trova in un ambiente sfavorevole e non soddisfa alcuna necessità, avverte un senso di disagio che cessa col ristabilirsi delle condizioni a lui propizie. Sorge così il desiderio dell'ambiente favorevole e la ricerca di esso: in una parola, anche la mente funziona. Però eccedere nel soddisfare certe necessità può portare ad un senso di disagio come eccedere nel non soddisfarle; sorge così il primo frammento di coscienza. A forza di piccole esperienze la coscienza si costituisce.

Le prime comunità erano guidate dai più anziani che, esperti, facevano uso del loro buon senso: ecco nascere i primi veti, incomprensibili ai più giovani in esperienza, e le prime violazioni le quali confermavano gli ordini giusti, smentivano quelli che non venivano né dall'esperienza, né dall'intuito, ma dall'interesse personale di colui che comandava.

Si ha così una a "morale" della comunità che non ha ideali molto elevati (la generosità, il coraggio e via dicendo) ma abbastanza per produrre buoni effetti.

In seguito, Guide appositamente inviate con i loro insegnamenti fanno sì che l'ideale morale sia elevato.

Il concetto di bene o di male che avevano i primi uomini, naturalmente, non è simile al vostro, in quanto era riferibile esclusivamente alla loro vita, diciamo, animale. Però, man mano che le Guide portavano i loro insegnamenti, questo concetto si sublimava fino ad arrivare ai più alti che siano esistiti sulla terra. Ecco che cosa è la Legge ed il Comandamento: freno per l'inevoluto, norma di vita per l'evoluto.

L'uno, se la teme, ne è limitato perché essa dovrebbe essere perseguita, non perseguire; l'altro, avendo tutte le virtù che essa descrive, trova che riflette la sua natura e la sua coscienza. I Re ed i Sacerdoti della terra hanno stabilito gravi pene per coloro che non osservano la legge loro, in modo che le creature non vedano più in essa un ideale morale da raggiungere, ma la convenienza per non incorrere nel castigo; ecco allora che il dualismo bene e male non sussiste più per la coscienza che l'individuo sta acquistando, ma per paura della punizione. Affermo: il bene e il male sono relativi e voglio significare: non giudicate le creature!

Purtroppo, voi vi servite di quello che affermo per scusare i vostri errori, vi servite di quello che voglio significare per dire: "non condannatemi, non ho sbagliato". E' un modo di intendere per uso vostro; ma riuscirete ad ingannare la vostra coscienza? Coscienza, ho detto.

Che cos'è la coscienza? Quale funzione essa ha, rispetto a bene e male?

Chi dice che bene e male non sono relativi afferma che l'uomo, il quale non conosca i Comandamenti di Mosè né le altre rivelazioni del Divino Volere, ha la coscienza che lo guida perché essa sarebbe una specie di esperanto, del quale si servirebbe il buon Dio per far conoscere all'umano la Sua volontà. Però ho sentito anche dire che la coscienza può essere sbagliata! Ed infatti, dico io, d'intere tribù dell'Africa, ad esempio, nessuno c'è che trovi scorretto trucidare il proprio nemico, anche se questo è definito tale per futili motivi.

Fra queste due definizioni pare vi sia un contrasto non solamente apparente, ma non è il solo nella religione dei dogmi. Beati quelli che credono senza toccare con mano, è detto, ed infatti beati sono quelli che riescono a superare una passione senza dovere sperimentare direttamente. Però non si dice: dannati voi siete se non credete ciecamente. 

Credere è vedere. Che cosa vuol dire, allora, credere ciecamente? Vuol dire essere dei fanatici. Se vi sono delle cose a voi incomprensibili data la loro elevatezza, i Maestri vi dicono: "un giorno comprenderete"; il che è ben diverso dal: "credi ciecamente"! Sarebbe come dire ad un cieco: "Tu devi vedere la luce, perché io la vedo". Altri credono che la coscienza sia il frutto dell'educazione avuta e dell'ambiente nel quale si è vissuti. Vi sono dei fatti che smentiscono questo, però generalmente sono pochi, perché , in genere, l'individuo nasce nell'ambiente che più gli si confà dal punto di vista "evoluzione". Per questo vi sono delle famiglie che si tramandano di padre in figlio l'arte rubare, ma colui che avesse superato una tale esperienza, anche se gli fosse insegnato, non ruberebbe. I fatti lo dimostrano.

La coscienza è il frutto dell'esperienza avuta direttamente o da altri. Nel momento che l'individuo dice "io sto bene o male" è un centro di coscienza;  nel momento che è conscio di un bene o di un male la sua coscienza si è costituita e comincia a raffrontare il suo vivere con l'ideale nato da un bene conosciuto e ritenuto tale. Così la coscienza di un selvaggio è sbagliata in confronto a quella di un San Francesco, ma entrambe esprimono quanto di più elevato possono concepire quelle individualità al rispettivo punto di evoluzione. Ecco perché vi diciamo: bene e male sono relativi. Lo ripeto volendo significare: non giudicate le creature.

Non servitevi dell'insegnamento dei Maestri unicamente per condannare chi è andato contro di essi, non è questo lo scopo per il quale furono dati; ogni Maestro ha sempre cercato di elevare l'ideale morale dell'individuo. Man mano che l'umanità evolve, ideali morali sempre più elevati sono prospettati ad essa, così come al fanciullo sono impartite, in più lezioni, nozioni sempre più ampie; ma in ultima analisi, ciascuna di esse, semplice o complessa, è ugualmente formativa.

Se voi credete che non vi siano degli insegnamenti più elevati dell'altruismo, vi sbagliate. Se credete che noi vi diamo i più alti insegnamenti, siete dei presuntuosi. Le Guide non hanno mai potuto dare all'umanità insegnamenti più elevati, se non quelli che essa poteva comprendere. Mettete un fanciullo che non sappia leggere di fronte ad un trattato di medicina e ditemi se può diventare dottore. Voi non sapete leggere e dovete essere dottori.

In quali termini può sussistere allora un confronto fra gli insegnamenti dei Maestri? "Non uccidere" ha detto Mosè.

Voi avete udito che vi fu detto dagli antichi "non uccidere" e chiunque avrà ucciso sarà sottoposto a tribunale. "Ma Io vi dico che chiunque si adira con il proprio fratello sarà sottoposto a tribunale e chi gli avrà detto "pazzo" sarà condannato al fuoco" (Matteo V, 21-23).

Dall'uccidere, tollerato come cerimonia religiosa, al veto di Mosè: dall'uccidere, tollerato come debito d'onore, alla condanna fattane dal Cristo. In questi termini, e solo in questi, può esistere un confronto fra gli insegnamenti, fra le rivelazioni, per vedere un progresso, per scoprire che ogni Maestro ha ritenuto determinante solo l'insegnamento che poteva essere compreso, quindi assimilato, quindi seguito.

E' conscio colui che non sa? No. E' responsabile dei propri errori colui che li ha commessi senza esserne conscio?

Ma giacché dite di sapere che cosa è bene e che cosa è male, spiegatemi perché fate la guerra, una volta che vi è stato detto di non infierire contro il vostro fratello né con l'arma né con la parola. "Legittima difesa". Se questa difesa è un omicidio, diviene legittima. Per paura che altri vi uccida, uccidete; rendete legittima non la difesa, l'offesa. Nel momento che arbitrariamente dite "guerra", dimenticate il «non uccidere» di Mosè e chiamate le creature all'omicidio; anzi, per spronarle, benedite le armi e le bandiere. E' chiamato complice colui che aiuta un colpevole a sfuggire la legge ed il suo castigo; ma l'avvocato difensore che cosa fa, fratelli?

Anche per voi, quindi, alcune cose si spostano rispetto alle coordinate «bene» - "male", ma sono proprio quelle che non dovrebbero spostarsi. Fra il vostro concetto di "bene  e male" ed il nostro vi è questa differenza: voi dite che bene e male sono universalmente distinti e definiti, salvo poi a comportarvi in modo non consono a quello che dite di credere. Noi diciamo: non può esistere una definizione universale di bene e di male se non in questi termini: "E' bene tutto ciò che accelera l'evoluzione dell'individuo, è male tutto ciò che la ritarda".

Ora, l'accelerare a il ritardare l'evoluzione dell'individuo è una questione che riguarda il singolo, in quanto dipende dal karma individuale; quindi il bene e il male non possono che essere relativi. Del resto, non esistono delle cose buone o cattive in senso assoluto; in natura può essere nociva ad una creatura una cosa che ad un'altra è indifferente o addirittura corroborante. Vi servite di certi oggetti o sostanze per mettere in atto le vostre azioni - vedi ad esempio l'arma con la quale uccidete il vostro nemico - ma l'oggetto in sé  non è

né buono né cattivo: è un mezzo della vostra intenzione. Quando vi diciamo: non uccidere e non rubare, vogliamo significare: non avere l'intenzione di uccidere o di rubare. Ma poniamo ad esempio che una creatura abbia un grande desiderio di impossessarsi di cose altrui, finché un giorno commette un furto; le conseguenze di ciò sono tali che essa non ruberà più e non avrà più desiderio d'impossessarsi di cose altrui. Ora ditemi, fratelli: il furto in sé  e stato un bene o un male? 

Nè questo, né quello, a meno che non lo si riferisca alla vittima o al ladro. Riferiamolo al ladro: secondo Mosè, un male. Ma quanti furti avrebbe commesso in cuor suo quella creatura, se non ne avesse commesso uno di fatto?

Per quanto tempo sarebbe stato ladro se non avesse commesso un furto? Ditemi, fratelli, potete giudicare le creature? Un selvaggio non può essere imputato moralmente di quello che potrebbe esserlo un S. Francesco; però un S. Francesco non si sognerebbe mai di fare alcune cose che fa un selvaggio. Caterina da Siena rubava per dare ai poveri, ma la sua intenzione era tale che potesse risultarne macchiata?

Così anche nell'evoluzione v'è un ritmo; è perché lo si vuole accelerare che si dice: "Convinciti che per te fare quella cosa è male, cioè una perdita di tempo", ma chi non segue il consiglio giunge ugualmente alla meta, sia pure con lentezza e sofferenza.

Come gli oggetti non sono che mezzi per mettere in atto le vostre intenzioni, l'azione in sé  è un insieme di movimenti privi di significato morale, se non la si giudica, se non si considera alla luce dell'intenzione e della conseguenza, e dall'una considerazione all'altra può cambiare significato.

Voi direte: «Non sappiamo più come comportarci», ed io vi dico: Seguite l'ideale morale più alto da voi concepito e la vostra coscienza concepirà ideali morali sempre più elevati.

Ma non rimandate nel futuro, non agite come se aveste di fronte a voi tutta una vita, non attendete l'occasione del domani; avete un solo giorno, perché la vita è l'eterno presente: questo giorno è l'oggi. Il passato è il ricordo di un mondo trascorso, il futuro immaginazione di uno non ancora definito; due mondi che non sono i vostri, ai quali voi non appartenete; ed è importante appartenere al proprio mondo, ed il vostro è l'oggi. Siate quello che siete, non quello che foste o che vorreste essere.

Voi dite: "Il tempo passa e l'uomo invecchia". Avete ragione! Ma io vi dico che, se l'uomo passasse con il tempo, non invecchierebbe. In verità una creatura invecchia quando non cambia, quando non si trasforma, quando si cristallizza, in una parola quando vuol restare quella che era. Allora, e solo allora, appartiene al passato. Il presente è la vita e voi vivete restando nel presente, cioè nascendo e morendo ogni giorno. La vita è continua trasformazione, più esattamente: rinnovazione. Questo è valido per la vita nel senso assoluto, per la vita nel senso relativo. Tutto ciò che è, esiste; tutto ciò che esiste, vive; tutto ciò che vive, si rinnova. La vita dell'individuo è il suo rinnovarsi: il trasformarsi per rinnovarsi è evoluzione: la vita è evoluzione. L'individuo è, quindi esiste, quindi vive.

I veicoli dell'esistenza, vita, evoluzione dell'individuo fanno parte di tanti piani di esistenza; vita-evoluzione, che sono in realtà un tutto, sono inscindibili. Ora questi veicoli, non essendo delle individualità, ma degli elementi, non evolvono singolarmente; evolve il tutto a cui essi appartengono. Ogni cosa per vivere deve trasformarsi, rinnovarsi e, per rinnovarsi, morire. Anche l'uomo deve morire come il giorno. Esser nuovi ogni giorno significa non temere la legge, ma amarla.

Che cosa vuol dire: "Tu non hai timor di Dio?".

"No, io non Lo temo perché Lo amo e per questo Gli rendo gloria ogni giorno; e non avendo paura di Lui, ogni azione che io faccio è spontanea, sincera". Anche un uomo apprezzerebbe di più poche azioni fattegli per impulso d'amore che molte per paura. Ma non crediate ch'io voglia giustificarvi, né tanto meno scagionarvi delle vostre colpe: voi dovreste stare ai Comandamenti di Mosè, come la coscienza di un S. Francesco sta a quella di un selvaggio. Questo vogliamo significare: voi, dunque, che seguite scrupolosamente le leggi, i comandamenti, i precetti e via dicendo, sappiate che forse state sciupando la vostra vita come colui che non li segue affatto.

Questo vogliamo significarvi e qui mi fermo per non  avvilirvi.

 

                       *  *  *

Le gamme della sensibilità

Camminava Ombretta, anima gentile, fra le piante di un bosco, serena, protesa a quelle dolci sensazioni che l'odore del muschio, della menta e dell'origano risvegliavano alla sensibile anima sua. Passava di meraviglia in meraviglia, or guardando un fiore che si affacciava solitario, fra l'erba alta, or baciandone molti con gli occhi che ringraziavano, grati della calda carezza del sole che riusciva a filtrare tra il folto strame.

Gioiva Ombretta e ringraziava Iddio di questo bello spettacolo naturale e diceva: "Signore, oh quanto mi sento vicino a Te in questa Tua vita della natura; quanto lontano sembrano le crudeltà degli uomini! Oh, uomini orgogliosi, in questa semplicità è Iddio, nell'amore che mi circonda!".

Ad un tratto, un leprottino - sbucando da un cespuglio - le corse innanzi quasi volesse indicarle la strada; a questo spettacolo, Ombretta, anima sensibile, fu quasi rapita in estasi e si fermò, trattenendo il fiato, temendo di rompere l'incantesimo: ed ecco che quel leprottino birbante ne approfittò per fare una scorpacciata di fiori; quei cari fiorellini che piacevano tanto all'anima sensibile di Ombretta.

Vedendo questo, la fanciulla si dispiacque e stava per muovere un rimprovero al leprottino quando, vedendo quegli occhi che ben poco avevano di umano, si intenerì e si consolò pensando che forse il fiore non aveva poi sofferto nell'essere divorato. Già stava per dimenticare l'accaduto, quando un lupo, veloce come una saetta, balzò sul leprottino, l'azzannò e fuggì via per divorarselo in pace.

A tanta tragedia Ombretta non seppe resistere e fuggì spaventata. Povera fanciulla!

In voi tutti, fratelli, vi è una piccola Ombretta.

Amate la natura, le cui manifestazioni vi danno una prova dell'esistenza di Dio come nessun'altra cosa, ma rimanete turbati quando notate certi episodi della vita naturale che non stentate a definire crudeli. Perché la natura - che vive secondo precise leggi (per difetto di libero arbitrio), leggi che son dell'Altissimo - deve avere queste manifestazioni crudeli?

Una creatura vibra in relazione alla propria capacità di vibrare, e cioè in relazione alla propria sensibilità.

Un animale, ad esempio, non rimane colpito di fronte alla bellezza di un tramonto che, invece, ispira la sensibilità di un artista. Così la vostra sensibilità è di gran lunga più acuta di quella di un selvaggio. Ora, quando una creatura non ha molto sviluppata la sensibilità, cioè non è molto ricettiva (di quella ricettività che è determinante per la propria evoluzione), ha bisogno di vivere degli avvenimenti intensi tanto che questa sensibilità sia colpita.

Poiché negli animali l'evoluzione, consistente nell'organizzazione dei veicoli, avviene con gli urti del mondo circoscrizionale, gli animali, o tutte le creature del regno naturale, debbono vivere degli episodi che la vostra sensibilità definisce crudeli.

In verità io dico che ciò che aveva provato Ombretta nell'osservare quel naturale episodio, era di gran lunga più intenso di quello che aveva provato il leprottino, protagonista dell'episodio.

                      *  *  *

La paura

Avete mai pensato a quante sfumature di paura conosce l'uomo? Da quelle più violente, a quelle lievi lievi, quasi inavvertibili, ma che tanto peso hanno nelle sue decisioni.

Non esiste l'uomo a cui sia sconosciuta la paura; vi sono uomini che bene o male riescono a nasconderla o a dominarla, ma tutti la conoscono perché essa viene dalle nostre origini. Infatti, fratelli, alle origini  l'individuo conosce la paura perché gli è necessaria; rappresenta un mezzo che lo conduce alla riflessione. Se non vi fosse stato il timore di soccombere, gli individui si sarebbero distrutti gli uni gli altri, e non un superstite vi sarebbe stato.

Ma non solo per la conservazione della specie la paura è necessaria, bensì anche per l'acquisizione di una prima larvata moralità. Il fanciullo, timoroso del castigo materno, si astiene dai giuochi proibiti; il goloso, avendo paura per la sua salute, riduce la sua incontinenza; il religioso, temendo il castigo di Dio... beh, pecca egualmente, però fa penitenza.

I primi uomini che apparvero sulla terra, conoscevano la paura per eredità del regno animale dal quale provenivano; essa sorgeva in loro, di fronte al pericolo, dettata dall'istinto di conservazione. E' strano questo istinto: a volte allontana l'individuo dal pericolo, altre lo spinge in perigliose avventure, proprio perché possa sopravvivere. Ed infatti, se fosse diversamente, l'istinto di conservazione si potrebbe identificare con la paura, mentre questi possono esistere indipendentemente l'uno dall'altro.

La paura - dando una definizione - potrebbe essere quello smarrimento, quella titubanza che l'individuo prova in un avvenimento, in considerazione che questo potrebbe, o può, procurargli un danno. Avete mai sentito dire che il pesce grosso divora il piccolo? L'avete addirittura vissuto, è vero fratelli? Orbene, l'uso di eleggere un capo od un sovrano, è nato proprio da questo decrepito vizio di divorare il piccolo. Voi capite, infatti, che i primi individui, riuniti in gruppi, non potevano certo eleggere il loro capo con il conclave! Non potevano esprimere liberamente la loro opinione come accade in queste illuminate riunioni! Anzi il loro parere non interessava affatto, l'elezione era piuttosto un'auto-elezione: accondiscendere o prenderle di santa ragione. L'uomo poi sostituì alla forza l'astuzia, ma la musica è rimasta sempre la stessa, credetelo. La paura di buscarne stempera molti ardori combattivi. Ancora oggi, si dice che chi fa la voce grossa ha sempre ragione; così, con l'incutere paura agli altri l'uomo può difendersi o sfruttare.

Ma perché e di che cosa abbiamo paura? Tutta la nostra vita è pervasa di timori. Nel regno animale esiste un solo tipo di paura: quello che l'individuo prova di fronte al pericolo, e che gli è suggerito dall'istinto di conservazione.

L'uomo, invece, conosce una grande varietà di timori, ma tutti hanno un comune denominatore: nascono dal dubbio che qualcosa possa danneggiarlo, e siccome l'uomo pensa di poter essere danneggiato non solo nella persona fisica, ma anche nei beni, nel prestigio e via dicendo, i timori dell'uomo sono molteplici. "Chi niente possiede, niente teme di perdere", dicemmo. Ma l'uomo accumula ed aggiunge a questi timori quello di perdere ciò che ha accumulato.

L'umano accumula perché teme il futuro; la paura del futuro fa dunque valorizzare il presente. Chi soffrisse del presente e sperasse di raggiungere nel futuro la felicità, non avrebbe paura del domani, ma lo invocherebbe. Quando l'uomo fa una esperienza piacevole, desidera ripeterla, e quando è riuscito a ripeterla a piacere, teme che l'incognito futuro possa privarlo di questa sua possibilità. Così il timore che il futuro possa serbargli amarezza lo rende timoroso. E' chi ha da difendere il presente che teme l'avvenire, teme di perdere ciò che ha, o ciò che è. Tutta la vita dell'uomo è prigioniera di questo desiderio di continuare, timore di non continuare, desiderio di godere, paura di soffrire.

Ma fra tutti i timori che l'incognito suggerisce, regna sovrana la paura della morte.

Chi vorrebbe sopportare il peso di una vita di fatiche e di pene, se non fosse la paura di qualcosa che può accadere dopo la morte, in questo paese sconosciuto che è l'oltretomba, da cui nessun viaggiatore è mai ritornato? Così dice il cogitabondo Amleto, che - evidentemente - dimentica l'apparizione del padre defunto. Chi è più forte? Colui che riesce a vincere la paura della morte e si uccide, o colui che continua una vita di affanni? Ma l'amletico dubbio identifica nella paura della morte solo la paura dell'incognito, tralasciando la paura del dolore fisico. Chi è tanto forte da non aver paura del dolore?

Si desidera e si ricerca ciò che, in qualunque modo, può dare piacere; si teme e si sfugge ciò che in qualunque modo, può dare dolore. Vi è un solo timore: la paura della sofferenza.

Convincete gli uomini che chi vi torcerà un capello patirà un'eterna sofferenza e sarete potenti; ogni porta si spalancherà dinanzi a voi. Le stesse ricchezze di re Salomone vi saranno offerte, potrete vendere tutto ciò che gli uomini saranno disposti a comprare, anche ciò che non è vendibile, ed in nome della salvezza eterna vi sarà permesso perdere i secolari. Vi è un solo vittorioso fra gli uomini, o fratelli: colui che riesce ad incutere più paura.

Però, tal genere di supremazia non ammette indecisioni; abbiate un attimo di titubanza e solo le porte del carcere si apriranno dinanzi a voi. Qualcuno disse: "Meglio vivere un giorno da leone che cento da pecore". Però, nel momento della morte avrebbe voluto vivere ancora novantanove giorni.

Se volete mostrarvi diversi da quello che siete, sappiate sostenere fino in fondo la vostra parte; il mondo è crudele con chi lo ha ingannato. Votate tutta la vostra vita alla realizzazione della più grande opera, ed un attimo di titubanza farà sprofondare nel nulla dell'immaginazione tutta la vostra fatica.

La paura crea un panico che spesso paralizza i riflessi dell'uomo e lo perde definitivamente. Conoscete la storia dell'uccellino che alla vista del serpente teme di muoversi e finisce con l'essere divorato vivo, quando avrebbe potuto volarsene via?

La paura impedisce la comprensione; chi può esattamente valutare i fatti e le circostanze se è colto da timore? Voi tutti conoscete le tristi conseguenze del panico collettivo, di questa specie di reazione a catena, per dirla in termine moderno. Similmente accade nell'individuo. Se è colto da timore e non reagisce, il timore ben presto si trasforma in paura e poi in terrore, impedendogli così, anche se ora volesse, di reagire alla cause.

Abbiamo necessità di comprendere e temiamo. Se per un istante analizzassimo noi stessi, resteremmo meravigliati dai tanti timori che sono in noi: la timidezza è paura; il rispetto umano, la superstizione; la carità che facciamo per meritarci il paradiso, si chiama paura dell'inferno.

La ricerca di conforto denuncia la nostra debolezza e la nostra paura. Vogliamo emergere, vogliamo essere od avere  più degli altri e temiamo chiunque possa frenare la nostra espansione. Scavalchiamo chi non sa difendersi incutendoci paura, approfittiamo di chi ci teme. Siamo simili alle bestie.

Avvicinatevi al pasto dell'animale e lo sentirete ringhiare.      

Avete notato mai quanta soddisfazione v'è a dir male del prossimo? Perché , così facendo, valorizziamo noi stessi; tanta più soddisfazione, quanti più vizi ha che noi crediamo di non avere. E' la paura che un altro, con i suoi meriti, ci passi avanti. Insomma, tutto ciò che dubitiamo possa arrecarci un danno ci suggerisce paura.       Allora, che solo il vizio e la passione siano coraggiosi?

Incoscienti, non coraggiosi. Il danno che immaginiamo possa investirci è frutto di una valutazione del tutto personale. Ciò che veramente ci danneggia, spesso ci attrae e ci inebria e quando ce ne accorgiamo è troppo tardi per avere paura. La debolezza, il vuoto interiore, la mancanza di sicurezza ci rendono timorosi. Chi ha fiducia in se stesso, corre gli stessi pericoli degli altri, ma non teme; e chi è riuscito in qualche impresa straordinaria deve sempre ringraziare il suo coraggio. L'individuo ha coraggio quando è sicuro di riuscire; così ha coraggio nell'affrontare i rischi di un'impresa quando è sicuro di riuscire. Talvolta questa sicurezza gli può venire dal non conoscere esattamente i pericoli che lo minacciano, cioè dall'ignoranza o dall'inconsapevolezza. Altre volte, proprio queste lo rendono mal sicuro di sé  e quindi timoroso.        

Paura, sempre tanta paura. In questa marea di paure che ora ci annichiliscono, ora ci spingono all'azione, chi è mai tanto coraggioso da opporsi e muoversi di moto proprio?

Fino dai tempi più antichi l'individuo timoroso, pauroso, è stato giudicato non favorevolmente. Fino d'allora la paura è stata considerata una qualità negativa.        

Gli eroi ed i semidei della mitologia sono completamente affrancati da essa. I valorosi delle leggende di tutti i popoli debbono la loro immortalità al loro coraggio. Raccontare una storia nella quale il protagonista vede premiata la sua paura, equivale ad annoiare chi ascolta e far sorridere di incredulità.

Se - invece - l'eroe è un coraggioso, sarà subito visto di buon occhio e con molta condiscendenza saranno seguite le sue gesta, anche se non lo rendono un modello di moralità.

Ma, passando dalla fantasia alla realtà, troviamo tanti che in guerra si sono gettati allo sbaraglio per essere considerati dei coraggiosi.

Presso i popoli primitivi, ancora oggi, l'adolescente, per essere considerato un uomo, deve mettere in vari modi alla prova il suo coraggio. Negli antichi riti di iniziazione le prove ai coraggio erano di fondamentale importanza, perché si diceva che la fede deve dare sicurezza, quindi se il candidato avesse avuto fede non avrebbe dovuto temere; ed in effetti la vera fede è certezza. Dire «io credo» equivale a dire io sono certo. Questa, o fratelli, è quella fede che opera quei miracoli che la più esatta teologia non potrà mai operare.

La vera fede non lascia posto alla speranza. Si spera nell'incertezza; la speranza non è in funzione delle probabilità favorevoli alla soluzione che invochiamo. Sperare significa auspicarsi che non debba accadere qualcosa che ci fa timore; è invocare il rimedio ad una situazione di fatto che ci incute paura. La speranza è quindi un'evasione alla paura che ci angoscia. Finché l'uomo avrà timore, spererà; guai se non vi fosse questa speranza, se non vi fosse questo rimedio alla paura.  Sperare nelle situazioni disperate è come mettere la testa nella sabbia per scacciare il pericolo; è illudersi. Ma chi è mai tanti forte da non avere bisogno della speranza?

Chi è mai tanto coraggioso da conoscere esattamente le sofferenze che deve avere, senza illudersi e senza aver bisogno di ricorrere alla speranza?

Questo è il vero coraggioso, finalmente ve lo dico, fratelli: l'uomo libero. Egli ha fede che niente può veramente danneggiarlo e niente teme di perdere. Non ha paura del futuro neppure quando diviene tanto incognito da chiamarsi «morte».

Ed è logico che sia così: è libero, infatti, nel vero senso della parola, anche dalla paura, che, essendo nell'uomo uno stato d'animo inibitorio, è un ostacolo alla sua liberazione.      

Ma è dunque la paura così dannosa? E' deleteria per il saggio, provvidenziale per l'incosciente. Nella scala dell'evoluzione, fino a che l'individuo non ha libertà, conosce la paura; ma appena il suo intelletto comincia ad organizzarsi, ed egli può disporre di una maggiore libertà, la paura produce in lui un fermento necessario come il lievito alla bontà del pane.

Quante cristallizzazioni impedisce la paura! Quanta prudenza insegna!

Ma lo scoglio che fu di salvezza ieri, diviene pesante zavorra oggi, perché tutto è movimento. I profeti e gli illuminati della Bibbia insegnavano ad avere paura di Dio. Cristo ha mostrato l'amore divino ed ha insegnato a chiamarlo "Padre". Quel Cristo, che oggi non avrebbe paura a barattare la chiesa che porta il Suo nome per aiutare una creatura, anche allora non ebbe timore a superare le decrepite  concezioni che avevano fatto il loro tempo.

Ma il suo tempo non l'ha fatto; purtroppo, la paura è ancora oggi, giacché la mancanza di coscienza la richiama dagli oscuri meandri dei secoli passati, ove solamente doveva regnare, rendendola ancora necessaria in un tempo in cui la fiducia dovrebbe dare serenità agli uomini. Ma come le prime luci dell'alba fugano i fantasmi e pongono fine agli incubi notturni, man mano che l'uomo comprenderà il mondo nel quale vive, si dissolverà in lui ogni timore.

In ciò, gran parte potranno avere le scoperte scientifiche.

Ma se la coscienza individuale non instaurerà il regno dell'amore fraterno, esse scoperte si trasformeranno, per l'uomo, in motivo di più grande paura.           

A voi la scelta, o fratelli.

                         *  *  *

La società futura

Quando noi vi diciamo "non desiderare", intendiamo dire: «non dovete avere desideri egoistici «, perché il desiderio è vita. Guai a chi non ha nessun desiderio, guai a chi è abulico. Il desiderio è un incentivo all'azione; occorre estirpare l'io e continuare a desiderare in senso altruistico. Quando vi diciamo «non giudicate», intendiamo: "non innalzate il vostro io abbassando quello degli altri". Tutto quello che si fonda sull'io è fondato sull'illusione. Pensate quale catastrofe sta per abbattersi su questa società fondata sull'io! Basterà un soffio, e l'enorme castello di carta cadrà. Ma il soffio capace di ciò è il soffio dello spirito, e spira dove e quando vuole.

Sciocchi, se pensate di poter conservare il vostro patrimonio e i vostri privilegi! Lo sfruttamento di molti che ha creato la fortuna di pochi non appartiene al futuro dell'uomo! Nella società futura si incoraggeranno i giovani, si aiuteranno i vecchi, gli uomini collaboreranno ma - soprattutto - i massimo saranno tali per servire i minimi.

Se questa è dunque la società che vi attende, perché non lavorare per realizzarla subito? Accaparrare e tenere nascosti dei prodotti e far soffrire chi ne ha bisogno, a avvelenare le genti solo per realizzare facili guadagni, o andare al potere per meglio amministrare i propri interessi, o far finta di credere che l'esercitarsi all'assassinio possa costituire un semplice hobby come collezionare francobolli, o lamentarsi del proprio lavoro perché - ripeto testualmente - «l'ambiente climatizzato per dare più agio a chi lavora, potrebbe anche portare un raffreddore», o perché «lavorando ci si può spezzare le unghie», sono delitti che chiedono vendetta al cospetto di Dio e potrebbero meritare una rivoluzione. E allora chi può contestarvi il diritto di esigere una società migliore?

Se l'opinione del gregge comune non sarà tua regola di condotta,

Se sarai tollerante con gli altri quanto lo sei con te stesso,

Se saprai comandare più a te stesso che agli altri,

Se sarai giusto più che buono, indulgente e comprensivo specie con i deboli,

Se lavorerai pazientemente,   

Se mai risponderai con un rifiuto ad una richiesta o ad un'offerta,      

Se potrai avere ricchezze e onori, ma non esserne schiavo,   

Se potrai godere della solitudine, ma non avrai paura della compagnia degli uomini e viceversa,      

Se saprai essere povero e parsimonioso,    

Se potrai sopportare di buon grado l'oblio e l'ingratitudine degli uomini,    

Se saprai camminare da solo senza grucce, eccitanti ed illusioni,

Se saprai essere infantile coi fanciulli, gioioso coi giovani, pacato con gli anziani, paziente coi pazzi, felice coi saggi,     

Se saprai sorridere, con chi sorride, piangere con chi soffre, e saprai amare senza essere riamato, allora, figlio mio, chi potrà contestarti il diritto di esigere una società migliore?

Nessuno, perché tu stesso, con le tue mani, l'avrai creata!

Pace a voi.

 

                        *  *  *

QUESTA è la fonte preziosa di quell'acqua che disseta: Casta, per purificare,

Forte, per trascinare,

Umile, per esaltare.        

Se sei venuto per bere, attingi di quest'acqua sì rara nel deserto; se non hai sete, fatti da una parte e cedi il posto.           

Quest'acqua è aurea, ma è più preziosa ancora dell'oro.  Conservala dunque gelosamente e non sprecarla, perché la via è lunga e solatia.

Odi il dolce rumore dello zampillo, ma non esserne incantato, non sia per te come sirena per il navigante.

  Guarda come cristallina è la polla; puoi specchiarti ed acconciarti l'abito, ma non essere novello Narciso.

Immergi il tuo corpo nella freschezza di quest'acqua, ma sii pronto ad uscirne come se fosse sterco.

Eppure essa è preziosa, più ancora del cibo nella carestia. 

Prendi dunque nell'abbondanza per non essere      povero nella carestia e bada di non barattare l'oro per l'orpello.

Leggi ed intendi che cosa è scritto con caratteri      di fuoco sulla fonte. La voce risuona, ma il tuo orecchio non l'ascolta;

la mano scrive sulla sabbia del deserto ma, se attendi domani, il vento avrà tutto cancellato e non potrai più leggere.       

La meteora attraversa il cielo: alza la testa subito, se vuoi vederla; fra pochi istanti sarà consumata nel suo stesso fulgore.   

Le Sue mani sono protese nell'aiuto innumerevoli volte, perché immensa è la Sua pazienza, poi - improvvisamente - si ritraggono.

Allora ascolterai, ma sarà il silenzio; cercherai di vedere, ma la sabbia sarà muta ed il cielo buio, né il pianto, né la tua grande disperazione potranno richiamare l'occasione perduta.

 

13. Il Fratello Orientale

L'insegnamento di questa Guida spirituale, da noi conosciuta sotto il nome di Fratello Orientale, è anch'esso mistico, ma caratterizzato da un senso di distacco tipico della religiosità orientale. Le parole  con cui si annuncia, e che suonano "Om Mani Padme Hum", risultano essere un mantra comune tra i Lama del Tibet (significherebbe "La perla è nel noto").

Con voce pacata, ritmica e dalle cadenze musicali, si rivolge ai presenti al singolare, quasi a rendere ciascuno suo diretto interlocutore. Nel corso della manifestazione di questa Guida, lo strumento si siede sul pavimento al centro della stanza, al modo degli Orientali. Possiamo cogliere il contenuto e lo stile del suo insegnamento dai passi qui di seguito riportati.

 

      OM MANI PADME HUM

L'Assoluto è in te

Guardando le immense profondità del mare, le infinite altezze del cielo, pensa che ovunque è sempre presente la Vita e che ogni vita non è mai dimenticata dall'Uno. Così, guardando quegli infiniti spazi, non lasciarti cogliere da smarrimento, non pensare neppure un istante        di essere solo, non sentirti abbandonato. Nella Sua mente  tutto è presente, nessuno è dimenticato. Ti fu detto, molto saggiamente, che l'individuo ama e ricerca solo ciò che gli interessa; possiamo aggiungere che l'individuo interessa solo ciò che varia.

Quando ciò che lo interessava diviene consuetudine, dimostra freddezza, noncuranza e desidera qualcosa di  nuovo.

Può accadere anche a te, fratello caro, perché accade a tutti, di essere trascinato, nella ricerca di nuove sensazioni, molto lontano. Quando ti accorgerai di questo, non dire: "ho perduto tempo", perché se sei giunto a questa consapevolezza, è stata un'utile esperienza. Non ti accada mai, in simile situazione, di pensare d'essere definitivamente perduto. Egli, l'Uno, necessariamente ti richiama a S‚ e tu senti questo richiamo; ovunque ti trovi, consciamente o inconsciamente, ti avvii verso di Lui.       

Questo cammino può essere lungo e tortuoso, può richiedere molte e molte esistenze, ma non può essere spezzato.

Sii certo, fratello caro, mai nessun tratto sarà da te     percorso due volte, perché nessuno torna indietro. Anche quando un fratello si è perduto nel vortice dei piaceri terreni, con il tempo, deve inevitabilmente ravvedersi ed allora non ha fatto altro che imparare un'esperienza ed avvicinarsi così ad una meta ultima. Ovunque ti trovi, quindi, pensa l'Assoluto ti ha presente, che è in te e  vive dentro di te, perché tu sei un centro di coscienza e di espressione.            

Fa' tuo questo pensiero: in esso è la pace, la sicurezza di te stesso, il potere. Ed in questa certezza abbandonerai i timori del passato, che rimarranno per sempre ombre di un mondo di ombre.

 

                      *  *  *

Vivi  nel presente

Salve, fratello caro, salve!

Ti amo, fratello, e questo mio amore non è condizionato;  ti conosco e ti amo come sei, conosco i tuoi dolori, conosco le tue lacrime, il sapore che hanno. So delle preoccupazioni che rendono la tua vita una ricerca continua nei vari campi per trovare una sicurezza, per poter essere felice: ma più insegui questa felicità e più essa ti sfugge, fratello caro; credi che essa risieda in ciò che pensi possa darti gioia ed allora vuoi far tuo ciò che pensi possa darti piacere, vuoi accaparrarlo, averlo sempre con te. Ma spesso nella tua barca si aprono delle falle, fratello caro, e il castello che hai costruito con tanto spreco di energia ti sembra misero e vorresti abbellirlo. Così, anche quando hai raggiunto l'oggetto di un tuo sogno, di un tuo desiderio, la vita non cessa di essere per te irrequieta ed affaticante e vivi più per ricordare o sperare che per vivere. 

Il  passato è un libro che ami consultare sovente, che conservi con tanta gelosia; il futuro o lo scopo della tua vita. Quando soffri esso rappresenta la speranza di un miglioramento lenitore; quando gioisci, l'incubo dell'incognita durata. Così, legato al passato, rivolto al futuro, non vivi  nel presente, non ne gusti il sapore, occupato come sei a fare la guardia al mondo col quale ti sei circoscritto e che rappresenta la tua illusoria sicurezza. Sì, fratello caro, ciò che tu credi essere motivo di felicità, altro non è che la prigione che ti impedisce il diretto contatto con la vita.

Devi abbandonare tutto, non devi recriminare il passato, temere o fidare nel futuro, ma vivere nel presente. Questo è molto importante. Devi convincerti che quella sicurezza che tu cerchi or qua or là, non è il risultato di un mondo ostile, bensì di un indistruttibile intimo equilibrio. Vivi dunque semplicemente, serenamente, al di fuori d'ogni influenza di altri e conquisterai quella serenità che non è incoscienza, ma profonda consapevolezza della vita. Tu allora amerai la vita, avrai trovato la tua verità, il sorriso sarà sempre sulle tue labbra, perché avrai raggiunto una delle più confortanti mete.

 

                        *  *  *

Migliora te stesso

Salve a te, che cerchi uno scopo perché ti senti inutile. Credi forse di essere dimenticato? Nessuno può esserlo; ognuno è costantemente presente nella grande Mente Divina.

Non preoccuparti se la tua vita o le tue azioni non hanno una conseguenza considerevole nell'universo; ciò che tu fai è tanto ed è poco, è tanto per te ed è poco per l'universo al quale appartieni.

Ognuno ha un posto nel piano divino, una missione, un compito rispetto alla collettività ed è un compito di questo genere, non solo aiutare gli altri, ma anche migliorare te stesso.      

Vorrei che da queste parole tu comprendessi, tu divenissi intimamente convinto che i tuoi interessi sono strettamente legati a quelli di tutta la famiglia umana. Tu sei un'unità nel grande piano divino ed occupi un posto e devi collaborare; ama dunque la tua attività, qualunque essa sia; sii disposto a lasciarti usare dalla mente che guida lo svolgersi del piano ed eliminando l'attrito, eliminerai la sofferenza.

Ama il lavoro per amore del lavoro, non per ciò che esso può darti; colui che ama il lavoro nel giusto senso non teme di dovere iniziare nuovamente tutto. E' colui che si serve del lavoro unicamente per soddisfare la propria ambizione che soffre di una sconfitta; così non preoccuparti alla fine della giornata se il tuo lavoro ti ha reso bene, ma guarda se hai reso bene il tuo lavoro. Il lavoro, così inteso, darà a te quanto ti abbisogna, quanto soddisfa i tuoi gusti semplici, sarà per te una benedizione non avara di benefici, perché il lavoro è connaturale all'uomo, sviluppa la sua volontà che serve

non per violentare se stesso, ma per generare, nell'intimo suo, ordine ed equilibrio, così come ordinatamente ed equilibratamente si svolge il grande piano divino.

 

                        *  *  *

L'equilibrio interiore

Sono lieto di essere qui con te, sapendo che in questi momenti tu hai coscienza di questa nostra unione.

Io sono unito a te sempre, ma tu non avverti la mia vicinanza, spesso - anzi - ti senti solo e incompreso; credi di essere l'oggetto dell'altrui scherno, vittima di congiure tramate dal malanimo dei tuoi fratelli. Altre volte ti ritieni perseguitato dal destino; se ti accadono quei piccoli incidenti, che in definitiva sono i comuni contrattempi della vita, tu li interpreti come inequivocabili segni di una divina persecuzione. Spesso tracci piani per il futuro riguardanti relazioni o il tuo lavoro; quando la realizzazione dei tuoi piani, spesso irrealizzabili nei termini che vorresti, tarda o presenta difficoltà contingenti, cadi in uno stato di agitazione che ti fa imprecare contro chi - in definitiva - manca di ciò di cui tutti manchiamo: amore al prossimo.

Non riconosci mai di avere sbagliato o di avere desiderato qualcosa per te irraggiungibile; dai sempre la colpa agli altri.

Quando invece devi riconoscere quello che i tuoi fratelli hanno saputo fare più di te, dici che sono stati aiutati dalla fortuna. Eppure, quando ci indirizziamo gli uni agli altri, abbiamo tutti momenti di indecisione, tutti abbiamo paura, abbiamo il lato tenero, amiamo l'elogio e non vogliamo sentirci dire la verità.

Sei scontento e sfiduciato, chiuso in te stesso e pur desideroso di relazioni; vorresti che gli altri riconoscessero le tue capacità, ma ti nascondi, non per modestia, per timore.      

Questo insieme di incoerenza, di contraddizioni, è l'uomo.

Sei tu che ancora non hai raggiunto un ordine ed un equilibrio interiore. Raggiungere un ordine ed un equilibrio, non significa avere dei principi presi a prestito dalla morale e vivere coerentemente a quelli con sforzo; la legislatura più rigida e più completa non vale la coscienza sociale di un popolo. Così raggiungere quest'ordine significa vivificare la propria coscienza di unità nella pluralità, in funzione della pluralità stessa. Un fratello che ha raggiunto quest'ordine è equilibrio, costante, non è trascinato dall'entusiasmo, non è annientato da un contrattempo.

Vi sono alcune cose od alcune creature che sono per te fonte di dolore, eppure ti danno un qualche interesse, visto che non vuoi disfarti di loro. Queste cose, creature o relazioni, ti irritano tanto da riempire di malumore te stesso e di riflesso l'ambiente nel quale vivi; maledici per esse la vita e chi non ti aiuta a risolvere il tuo dolore. Se tu volessi intendere, fratello caro, non vi sarebbe bisogno che noi ti parlassimo in particolare, perché nei passati insegnamenti, vi è già la soluzione che desideri. E che cosa possono farti delle parole, quando la sofferenza che ti procurano queste relazioni, creature o cose, non è sufficiente a farti reagire? Se sono per te importanti come l'aria che respiri, devi accettarle come sono, con il loro lato piacevole e con quello spiacevole; se invece credi di poter vivere ugualmente, senza creare danno ai tuoi fratelli, prendi coraggio e liberati.

Vi sono alcune cose nella vita che sono per te pesanti bagagli, conseguenze di azioni che cerchi di scrollarti di dosso, ma che in un modo o nell'altro, da una parte o dall'altra, tornano a te; non ti servirà il malvolere verso chi è l'apparente causa di questa tua gravosità; non esiste dolore, sia pure causato da altri, che ricada ingiustamente o inutilmente su te. Questo è importante, fratello caro!      

Ti ho udito spesso dire: "Vorrei aiutare i miei fratelli, ma non posso, ho poche possibilità, se ne avessi al più, potrei anche aiutare di più".      

Se tu perdessi quello che hai ti accorgeresti di essere ricco e di non "aver voluto" dare, non di "non aver potuto".

Anche nella più grande misera c'è qualcosa da donare. Nessuno può dire di essere al di fuori di ogni aiuto. Così, aiuta tutte le creature, amale. Non mostrarti scandalizzato se un tuo fratello ti fa una confessione,  confessa a te un suo grave errore, non giudicarlo, dona a lui comprensione. Se mostri molta riprovazione per ciò che ha fatto, interrompi fra te e lui quella prima corrente di simpatia che si è stabilita e non potrai più aiutarlo. Accrescerai in lui la crudeltà, non la fiducia nell'altrui comprensione, non la fiducia nella vita.

E c'è tanto bisogno di comprensione nel mondo!

Ecco che cosa può portare la pace nel mondo. Non è certo la reciproca paura che può tenervi a lungo lontani da un conflitto; ma se non distruggi le barriere che sono fra te e il tuo fratello, come potrà esservi la pace nel mondo? Se non cessi di sfruttare, come potrà essere che tu non sia sfruttato?

Così aiuta le creature. Tu forse non immagini quanto sia più facile per un fratello beneficato aiutare a sua volta un altro fratello, quanta fiducia gli dia nella vita un atto che a te costa poco. E perché non donare questo amor fraterno, sapendo che non è solo la sensazione di sentirsi circondati di affetto, ma che può cambiare tutta l'esistenza di una creatura? Tu getti un seme, seme che germoglia, che dà i suoi frutti, tu metti in moto una catena di cause e di effetti, che trascinerà chi agisce per convinzione e chi dà ricevere. Anche chi non dona  spontaneamente imparerà, vedendo i meravigliosi effetti del fraterno aiuto. Tu - forse - pensi: "Perché devo essere così comprensivo con i miei fratelli, quando da qualcuno di loro non ho ricevuto che dolore, che crudeltà?". Proprio per questo il ricordo di ciò che tu hai provato deve spingerti ad evitare ai tuoi fratelli qualsiasi dolore.

Forse ascoltando queste mie parole tu pensi che non esprimono niente di nuovo; da tanti secoli sono state dette e nessuno le ha messe in pratica, proprio perché troppo lontane dalla vita dell'uomo. Ed io ti dico, invece che ti sono dette proprio perché vivi.            

Quando, ad esempio, tu sei in collera con un tuo fratello, credi sia meglio domandare a lui scusa, pur avendo ragione, o continuare ad alimentare questa collera? Molte volte proprio perché quello che dici è giusto, è vero, i tuoi fratelli si irritano con te, ed allora è doppiamente faticoso per loro chiederti scusa. Sii dunque tu il primo a muoverti; non vi sono questioni di ragione o di torto nella grande fratellanza universale.

Guarda con quanto amore ci seguono i nostri Fratelli Maggiori. Se tu sbagli, l'Assoluto non attende che tu riconosca il tuo errore; è Lui che ti fa comprendere, e tu cerca di contraccambiare l'amore che Egli ha per te, amando le sue creature come io ti amo.

                        

                      *  *  *

Vivi per gli altri

Torno a te, torno a portarti il mio consiglio, perché desidero vederti sereno, più consapevole della vita.

Spesso ti vedo amareggiato dalle esperienze del vivere, ed allora soffro di questa tua infelicità. Anch'io sono passato dalle stesse situazioni, anch'io ho creduto trovare la felicità, in tanti ideali che mi ero creati e che poi sono caduti ad uno ad uno. Sinché un giorno, in un bagliore improvviso, ho intuito. Mi auguro che anche per te venga presto questo giorno.          

Oggi parleremo assieme delle relazioni che intercorrono tra te ed i tuoi fratelli.

Quando scorgi un fratello dal volto pensoso, indirizza verso di lui una corrente di simpatia; avrai fatto per lui quello che faccio per te.  

E' tanto bello, credi, essere in armonia con tutti, accettare ogni fratello come è, senza desiderare che cambi il suo carattere. Tutto ciò deve ispirarti l'amore per le creature e tu non chiuderti a questo sentimento che viene dalla parte più pura e più vera di te stesso. Abbandona quel senso di diffidenza che generalmente hai verso chi non conosci, non chiedere prove di fedeltà a chi ami. Il vero amore non fa soffrire né si estingue con la lontananza, ma ti fa sentire universale, spiritualmente unito a tutti gli esseri del creato.

Perdona con facilità gli errori altrui: «Hai molto amato  e molto ti sarà perdonato» dicono le Scritture; hai molto perdonato e molto sarai amato, possiamo dire noi.    

Sorvola quindi sui difetti del tuo fratello, sii sempre pronto a perdonare le sue mancanze, nulla turbi la tua serena comprensione nei suoi riguardi.

Un giorno ti ho sorpreso mentre, vedendo un fratello parlare a bassa voce, credevi dicesse contro di te. Ricorda, ti parlai del significato di morire a se stessi; ebbene, se tu fossi morto a te stesso, non  avresti pensato una cosa di questo genere.

Accade che alcune persone riescono a tenerti legato a sé , o con il dovere della famiglia, o con il dovere filiale, e via dicendo, mentre vorresti vivere la tua vita. Abbi discernimento, cerca di capire se soggiaci a questa imposizione per una convenienza o per il senso del dovere vero e proprio.

Può essere non convenienza anche il timore di affrontare una rottura completa con chi ti lega; è senso di dovere solo se non ti pesa questo sacrificio. Non sono qui per giudicarti, fratello caro, ma solo per consigliarti, ed il mio consiglio è questo: «Sappi che solo vivendo per gli altri, si vive la propria vita».

 

                         *  *  *

La vera libertà

Il progresso porta, coi vantaggi, nuovi problemi. Ciò che si costruisce per rendere comoda la vita dell'uomo, spesso si rivela fonte di scomodità. Ciò che si fa per renderlo indipendente, non di rado lo fa schiavo; ciò che si fa per facilitare la sua esistenza, lo rende sempre più scontento. Il Budda disse: "Tutti i tormenti dell'anima umana traggono originale dal timore e dai desideri". Io vedo come la tua serenità venga distrutta dalle tue ansie e dalle tue brame. Tu temi anche ciò che non è certo, ma questo non è saggio. Tutto potrebbe accaderti! Ed allora, pensando a questa probabilità, vuoi rendere la tua vita un solo timore? Chi non teme è libero.

Pensa a quante cose ti rendono servo, e a come sarebbe importante per te poter usufruire di tutta la libertà di cui potresti disporre. La vera libertà non sta nel poter appagare tutti i tuoi desideri, ma sta nel sottrarsi ad ogni influenza, prima fra tutte la coercizione esercitata dal tuo desiderio.

Devi essere così libero e forte da poter disporre di te stesso in ogni momento. L'uomo forte, il più potente, è colui che sa comandare a se medesimo. Puoi gloriarti di comandare gli altri, se non sai comandare a te stesso? Devi essere forte per servire; nell'auto-controllo genererai l'ordine e nell'ordine interiore la tua liberazione. Sempre la libertà si fonda sull'ordine, ma l'ordine non può essere imposto. Chi affermasse il contrario in sostanza direbbe che la libertà si fonda sulla coercizione: sarebbe in contraddizione con se medesimo. La libertà dai tuoi desideri non la puoi raggiungere violentando te stesso, reprimendo le tue brame, ma generando in te quell'ordine che risulta dall'aver trasceso la radice dei tuoi desideri. Questo è vero non solo per il tuo mondo interiore, ma anche per la società nella quale tu vivi. 

L'ordine sociale, e perciò la vera libertà, è raggiungibile solo nel convinto adempimento dei propri doveri individuali. Ciò che devi raggiungere è la convinzione che non puoi vivere solo per te stesso, fai parte di una società la quale può avere un assetto armonioso solo se i suoi membri posseggono una coscienza sociale. Fa’ che il tuo desiderio sia il desiderio di tutti; chi nulla desidera per sé è il più ricco degli uomini perché ha già ciò che gli altri cercano di raggiungere appagando i loro desideri.        

Se desideri sapere, sappiti istruire, ma non istruire per essere considerato un Maestro e perciò essere amato; piuttosto ama!       

Non adorare i morti per quanto degni possano essere stati. Ama i vivi, ma non far dipendere da essi la tua felicità.

Infelice è l'uomo che fa dipendere dagli altri la sua gioia.           

Non aver paura del dolore, se non sai nulla della sofferenza, cosa puoi sapere della felicità? Se non hai patito un sopruso, cosa puoi sapere e come puoi amare la giustizia?      

Ricorda: l'uomo deve conoscere la felicità e il dolore, il bene e il male, per essere al di là di essi!

 

                         *  *  *

Mantra

Quanta afflizione amareggia la tua vita, o fratello, quanta paura turba la tua pace. L'incomprensione ti isola dai tuoi fratelli e, in questa solitudine, il tuo cuore s'indurisce ancor più.

Ripeti mentalmente con me questo mantra; in esso è serenità, in esso è sicurezza, in esso è comprensione, perché in esso è la Verità.

"Io sono un centro di coscienza, d'influenza e di potere, di pensiero e di conoscenza, di sensibilità e di espressione.

Attorno a me si aggira il mio mondo di cui io sono signore.

La mia mente è strumento d'espressione ed io sono indipendente dal corpo, dalle sensazioni, dalle emozioni, dai desideri, dalle facoltà intellettuali. I miei veicoli  sono un'unica cosa con la materia universale, così la mia vita con l'unica vita universale, così il mio spirito con gli altri, apparentemente divisi, e con l'Unico che li sovrasta ed abbraccia tutti.           

Il dolore dei miei fratelli è mio dolore, la loro colpa è mia colpa; con essi raggiungerò, alla fine dei giorni, la Gloria Suprema.         

Io sono una manifestazione della vita universale che tutto plasma ed anima; essa vita è in me come in ogni altro essere o cosa; io sono nel suo seno ed essa mi sostiene, niente può danneggiarmi veramente. Qualunque cosa possa sorprendermi non è che un cambiamento necessario alla mia evoluzione.

Non temo di perdermi, né temo alcun male, perché sono una manifestazione della Realtà e, per questo, potenzialmente

pieno di Divino Amore, di Divino Sapere, di Divino Potere.

Rivolgo la mia attenzione al mio Sé superiore, lo Spirito, che mi guida nelle lunghe peregrinazioni della carne, acciocché renda attivo in me ciò che, per natura, è allo stato latente.

Sono pronto ad andare là dove posso essere di aiuto; l'Universo è la mia patria, l'umanità la ma famiglia, il mio prossimo me stesso». 

 

                   Continua