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DISCO-GRAFICA - (1)
LE COPERTINE DI ROGER DEAN
di Enzo Caffarelli (da Ciao 2001 n. 33-34 del 27 agosto 1972)
Un anno fa pubblicavamo su queste pagine un articolo intitolato “I pittori della musica pop”, in cui si passavano rapidamente in rassegna le copertine più interessanti del mercato inglese, e si sottolineava l’importanza di un fenomeno che al di fuori dei suoi presupposti commerciali e di mercato, proponeva un incontro sempre più stretto tra vari tipi di arte, in particolare fra suono ed immagine, musica e pittura. A distanza di un anno il processo si è intensificato, gli artisti lavorano con lo sguardo proteso ad un più concreto contatto fra vari modelli espressivi – musica e teatro soprattutto, dunque ancora suono e immagine – il mondo delle copertine è cresciuto ed ha raggiunto risultati estremamente positivi, e non siamo più i soli ad occuparci di questo fenomeno. Il cinema di animazione propone nuovi sviluppi attraverso il connubio disegno-musica; numerose riviste dedicano apposite rubriche alle copertine; e un gruppo editoriale, fra i più quotati nel mondo, ha indetto un concorso internazionale per premiare le “covers” più significative dell’anno in ogni settore discografico, lasciando il giudizio a critici di musica, di fotografia e di pittura insieme. Sulle orme della Gran Bretagna, sempre all’avanguardia in questo genere di iniziative, anche gli Stati Uniti hanno segnalato uno sviluppo dell’arte “grafica” legata al business musicale, e di rimando perfino in Italia ed in altri paesi abbiamo visto copertine davvero belle. Il che è profondamente sintomatico perché con novanta probabilità su cento una cover eccezionale racchiude un album altrettanto valido. Apriamo la rassegna con Roger Dean. Purtroppo le riviste specializzate inglesi, generosissime quando si tratta di incensare con le note biografiche anche più insulse i divi del momento, sono viceversa molto avare nel considerare personaggi meno noti e solo indirettamente legati alla scena musicale. E il tentativo da parte nostra di ottenere direttamente informazioni dall’Inghilterra non ha sortito esito positivo. D’altra parte Roger Dean non è un tipo facilmente avvicinabile. Vive in una comune hippie – questo è quanto si sa con certezza – in cui è particolarmente diffuso il culto dell’arte. Difficilmente lavora su precisa commissione, e più sovente sono i musicisti o i discografici a scegliere nella sua produzione. Non è legato in maniera particolare a nessuna etichetta, come viceversa accade per numerosi fra i suoi più talentati colleghi, e soprattutto non lavora per artisti che posseggano un elemento stilistico distintivo. Basta citare di sfuggita che le sue più belle copertine accompagnano i dischi degli Yes, degli Osibisa, di Billy Cox, dei Rare Earth, dei Paladin, dei Lighthouse, degli Uriah Heep, dei Nucleus. La sua grafica presenta tonalità crepuscolari e colori sfumati. IL rapporto con il contenuto del disco non è sempre profondo e radicato; anzi, direi che fra le diverse cover l’unico denominatore comune rimane lo stile dell’autore, la sua ricerca di forme e contenuti che potremmo definire “fantasia primitiva”. In essa vanno a confluire tre temi fondamentali: la preistoria con i suoi animali fantascientifici ed i suoi paesaggi apocalittici; il cavalcare; ed il volare. In tutto questo è abbastanza facile cogliere l’incontro tra passato remoto e futuro, che su di un piano stilistico ed artistico più generale, ma forse l’analogia è troppo pretenziosa, rappresenta il consueto duplice rapporto di odio-amore, cioè di antitesi-convivenza fra tradizione ed avanguardia.
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