Ultimo aggiornamento:    31/08/02

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Rapporto tra grafologia e psicologia
Il rapporto tra grafologia e psicologia è stato, nel passato, un rapporto conflittuale, che solo in questi ultimi anni si va chiarendo e precisando, perchè la grafologia si è proposta nei confronti della psicologia molte volte in termini non chiari e non definiti. Così come è avvenuto all’inizio della storia della psicologia, una materia non ancora ben definita, non ancora codifica e non ancora riconosciuta ufficialmente si presta ad un utilizzo da parte di persone non provviste di una preparazione adeguata, che si improvvisano grafologi, come precedentemente altri si improvvisavano psicologi. Così in Italia, come in altri paesi, ci siamo trovati di fronte ad una grafologia seria che procedeva secondo certe linee scientificamente correte e ad una grafologia improvvisata che tendeva a spiegare tutti i problemi del mondo attraverso l’interpretazione di una scrittura o di un disegno.
In realtà, al di là di queste posizioni da respingere da un punto di vista scientifico, culturale, etico (come è l’utilizzazione di uno strumento ai soli fini pecuniari o comunque ai fini di una affermazione di sè al di fuori del valore che questo strumento ha) i rapporti tra la grafologia e la psicologia sono rimasti dei rapporti che richiedono dei chiarimenti, chiarimenti che alcuni di noi e alcuni delle scuole grafologiche hanno ritenuto di approfondire e da precisare. La psicologia considera al suo interno la psicologia della scrittura, che in questi ultimi anni è uno dei capitoli che hanno assunto un interesse particolarmente avanzato. E la psicologia della scrittura si avvicina in modo definito al problema della grafologia, anche se la grafologia utilizza un sistema di illustrazione che le è proprio e quindi da un punto di vista delle procedure impiega tecniche hanno una loro peculiarità e quindi un loro valore intrinseco. Il problema più delicato è quello dell’interpretazione. Molte volte ancora oggi si assiste ad una facilità o forse ad una faciloneria nelle interpretazioni, si assiste alla presunzione di potere desumere i molti aspetti che riguardano una persona semplicemente dall’osservazione di una parte di un suo scritto. Ebbene noi psicologi, come del resto anche i grafologi seri, guardiamo a questo in modo molto critico, perchè riteniamo che l’espressione grafica, l’espressione della scrittura, sia indubbiamente utile per aiutarci a conoscere la persona autrice di questa scrittura, ma che sia estremamente pericoloso se si ritiene, sulla base soltanto di questi elementi, di ricavare una interpretazione della persona stessa. Gli psicologi hanno più volte insistito sulla necessità che i dati che si ricavano dalla scrittura, come i dati che si ricavano da una serie di testo dall’osservazione del comportamento devono essere integrati, confrontati reciprocamente. Soltanto dall’insieme di elementi ricavati con strumenti diversi è possibile presumere, sempre con molta cautela di arrivare a descrivere le caratteristiche principali di una persona o di mettere in evidenza le sue eventuali alterazioni e di precisare le modalità di intervento per aiutare a risolvere queste possibili alterazioni. Quindi cautela nel ricavare dalla lettura di un brano, di una lettera, di un pezzo scritto di un individuo una valutazione che si ritenga conclusiva, esaustiva della persona stessa e assumere l’atteggiamento a considerare che dalla lettura di uno scritto è possibile ricavare degli elementi che ci consentono di formulare delle ipotesi, che però dovranno essere verificate sulla base di altri criteri. Certamente cautela nell’estrapolare da certi dati quello che questi dati ci possono soltanto indicare, non mai prospettare in senso preciso e definito. D’altra parte un altro elemento di complicazione che gli psicologi ritengono utile sottolineare ai grafologi è quello secondo il quale l’interpretazione che può ricavarsi dalla visione di un certo scritto (come da un certo test psicologico) non è necessariamente univoca, perchè esistono varie scuole psicologiche e a seconda dell’appartenenza all’una o all’altra si può dare dello stesso risultato di uno scritto o dello stesso risultato di un test un’interpretazione differente. Allora il problema sarà quello di scegliere in base a determinati criteri qual è il tipo di interpretazione che risulta che risulta più idoneo a dare una spiegazione dei fenomeni che abbiamo di fronte. Quindi un problema fatto di controlli reciproci, un problema che richiede una particolare cautela, una situazione sulla quale occorre muoversi in modo estremamente accurato, in modo da evitare quello che l’entusiasmo soprattutto dei neofiti potrebbe condurre a prospettare. Quindi sulla base di questa dialettica che si è venuta realizzando tra psicologi e grafologi l’indicazione che ci permettiamo di dare noi psicologi di una certa età è quella di mantenere una notevole cautela onde evitare le troppo semplicistiche interpretazioni, arrivare a trovare, per quanto possibile, un criterio di verifica di ogni affermazione che si ritiene di poter dare, una verifica che può essere interpersonale (cioè sottoponendo gli stessi tipi di scritti o di test o di risultati a più persone e confrontando le indicazioni che ciascuna di queste persone indipendentemente dalle altre tende a ricava) e che può essere anche relativa all’utilizzazione di uno strumento diverso rispetto a quello del testo scritto per poter rilevare se le indicazione che emergono dall’osservazione del testo scritto e quelle quest’altro altro strumento possono essere convergenti, possono portare a delle conclusioni di carattere scientifico.

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