Titolo originale: The
Majestic - Nazione: Usa - Anno:
2001 - Genere: Commedia/Drammatico
Durata: 152' - Regia:
Frank Darabont - Cast: Jim Carrey, Laurie Holden, Martin Landau, Jeffrey DeMunn,
Bruce Campbell
Trama:
Anni 50. Peter Appleton, sceneggiatore "ripudiato" da Hollywood, in
seguito ad un incidente perde la memoria e si ritrova in una piccola città dove
viene scambiato per un'altra persona.
Commento
Di Darabont sono usciti due film molti efficaci: Le ali della liberta, Il
miglio vede, sono tutti e due tratti da romanzi di Stephen King, che non è
un grande scrittore, ma un grande narratore, cioè ha il senso del racconto. Con
questo film Darabont, per la prima volta si
cimenta con un film non tratto dalla letteratura e ne esce una specie di
kolossal (anche nella durate), un film estremamente interessante, perché ci
aiuta a capire la doppia anima dell’America. Il film, ambientato all’inizio
degli anni ’50 (al tempo della caccia alle streghe o al comunismo del
maccartismo), ci presenta due immagini dell’America: una – prevalentemente
metropolitana - aggressiva, persecutoria, allucinata, brutale; l’altra –
della provincia - idilliaca, buona (quella di Frank Capra) con senso della
fedeltà, della tradizione, dei valori. E in questo confronto il regista si
chiede dove sta l’individuo in una società così manichea. (quella in fondo
del cinema western: i buoni e i cattivi, senza la possibilità di una terza
via). Non per niente la sequenza clou è quella del tribunale (spesso ancora una
volta presente anche nei film di Frank Capra), che è il luogo dove riconosciuto
il diritto dell’individuo, la supremazia dell’individuo sulla società.
Il personaggio di Jim Carrey ci aiuta a leggere correttamente questo film, che
è esattamente l’inverso di TheTruan show, che raccontava il passaggio del
protagonista dalla finzione alla realtà. In The Majestic è descritto
invece il passaggio dalla realtà alla finzione: Peter esce da una realtà
crudele, persecutoria (quella dell’America cattiva) per entrare nell’America
buona, che però è il regno della finzione, quello della sala cinematografia (The
majestic, appunto). Sembra che il regista voglia dirci: poiché la realtà
è così crudele, l’individuo ha bisogno della finzione e questa finzione è
il cinema, il luogo dell’immaginario, della consolazione, della ricompensa.
Non è nuovo questo tema. In Italia abbiamo avuto Nuovo cinema Paradiso di
Tornatore, Splendor di Scola.
Quindi, se stilisticamente il film è, da un lato, una commedia e dall’altro
si presenta come una celebrazione
del gusto del cinema (The majestic è il nome di una sala
cinematografia), un omaggio al vecchio
cinema americano, quello de La regina d’Africa per intenderci, che
racconta fiabe belle e consolatorie. Non per niente, ad avvalorare questa
sfaccettatura il film, il regista riempie The majestic di citazioni
cinematografiche.
Il film, stupendo sul piano delle immagini, molto accurato nella
ricostruzione del passato, è un po’ squilibrato, debole sul piano narrativo e
sul piano dei dialoghi, un po’ convenzionali, un po’ retorici, che sono lo
specchio di quell’america campagnola, la cui innocenza è autentica, ma anche
goffa.