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Posta nelle vicinanze della
coda dell'Orsa Maggiore, questa costellazione è legata alla figura di un
pastore che prende il nome di Boote, che deriva probabilmente dalla parola
greca "boutes" che significa "bovaro", ma anche
"bifolco". Alcuni ritengono che tale nome significhi "colui
che spinge avanti il bue", dato che il Grande Carro dell'Orsa
Maggiore sembra essere trainato da buoi. Per i Greci questa costellazione
si chiamava anche "Arctophylax", cioè "sorvegliante
dell'orso, riferito ovviamente all'Orsa Maggiore. Arato lo rappresenta
come un uomo che fa girare l'orsa intorno al polo. Successivamente gli
astronomi considerarono di appartenenza del pastore i vicini Cani da
Caccia.
La sua stella più brillante, nonché la quarta stella più brillante di
tutta la volta celeste, è Arturo, dalla parola greca "arktouros"
che significa "guardia dell'Orso".
Secondo Eratostene il pastore sarebbe Arcas, figlio di Zeus e Callisto,
figlia di Licaone, Re di Arcadia. Quest'ultimo un giorno avendo Zeus in
persona a pranzo volle accertarsi della sua vera identità: quindi fece a
pezzi Arcas (o lo fecero i loro figli) e mischiò le sue carni con quelle
della grigliata mista per vedere se suo padre ne avesse riconosciuta la
provenienza. Zeus si accorse subito della nefandezza e uccise folgorati
tutti i figli di Licaone che venne poi trasformato in lupo. Con cura il
sommo dio raccolse i pezzi, ricompose il suo figliolo e lo affidò alla
Pleiade Maia affinché lo crescesse. Intanto la madre Callisto venne
trasformata in Orsa, forse da Zeus per farla sfuggire alle ire della
moglie Era o forse proprio da quest'ultima per vendetta, o forse ancora da
Artemide. Arcas divenne adulto e durante una battuta di caccia incontrò
la madre sotto forma di orsa: quest'ultima per manifestargli la sua gioia
nel rivederlo emise un verso poco confortante, tant'è che l'ignaro figlio
cominciò ad inseguirla per ucciderla. Callisto fuggì e si rifugiò nel
tempio di Zeus il cui accesso era proibito ai profanatori, pena la loro
morte. Per evitarle tale punizione Zeus mise in cielo lei e suo figlio,
che, venuto a conoscenza della vera identità dell'animale, divenne suo
custode.
Secondo Igino la costellazione rappresenterebbe Icaro: non si tratta di
colui che con le ali di cera cadde avvicinandosi troppo al sole, bensì di
colui al quale il dio Dioniso insegnò a coltivare la vite e a fare il
vino. Un giorno Icaro offrì del vino nuovo a dei pastori, ma essi si
sentirono male e, pensando si trattasse di un suo tentativo di
avvelenamento, lo uccisero. Il cane di Icaro apprese il mesto evento e lo
fece intendere anche alla figlia Erigone che per la disperazione s'impiccò
all'albero dove giaceva il cadavere del padre. Anche il cane poi morì di
dolore per aver perso entrambi i padroni. Zeus commosso mise in cielo la
figura di Icaro (rappresentato dal Boote), di sua figlia (rappresentata
dalla Vergine) e del cane (rappresentato dal Cane Maggiore o Minore, a
seconda delle interpretazioni).
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