CONSIDERAZIONI GENERALI SULLE SOSPENSIONI
INTRODUZIONE
Come sono affascinati quelle vitine colorate poste sulla sommità della forcella. E non parliamo di quella sul serbatoio del mono. E perché…le ghiere per la regolazione del precarico?? Eccezionali! Chi di noi non si è fatto sopraffare dalla tentazione ed ha cominciato ad avvitarle o a svitarle alla ricerca di un assetto più consono al personale tipo di guida ? E i risultati? Il più delle volte pessimi o se si otteneva un miglioramento nel misto stretto, nei curvoni veloci si ballava il twist e viceversa.
Con questo articolo intendo spiegare, nel modo più semplice possibile, il funzionamento delle sospensioni e quindi come agire sulle singole regolazioni per ottenere ciò che si desidera. Cominciamo.
CONCETTI GENERALI
Il compito di una sospensione è quello di filtrare le asperità del fondo stradale e di mantenere il più possibile costante l’assetto del mezzo, cioè di mantenere costanti le misure di interasse, avancorsa, posizione del baricentro.
Una moderna sospensione è costituita da una molla che collega la ruota al telaio e da un elemento smorzante, detto ammortizzatore, il cui compito è quello di controllare la velocità con cui la molla ritorna alla posizione iniziale. Iniziamo dal primo elemento cioè dalla molla.
LA MOLLA
Analizziamo il sistema in figura.
Figura 1 Sistema massa+molla libero di muoversi sul piano x-z.
Supponiamo che tra il corpo di massa m e il piano di appoggio non ci sia attrito. Pensiamo di muovere il corpo in oggetto in modo tale da comprimere (o da estendere) la molla. La forza necessaria per fare ciò è data dalla seguente legge:
dove k è la costante di rigidità della molla e x è la misura dello spostamento dalla posizione di riposo. Tale legge ha un andamento lineare come rappresentato nel seguente grafico.
Figura 2 Variazione della forza in funzione della posizione della massa
Posizionando la massa in una posizione diversa da quella di equilibrio si carica la molla di Energia Potenziale. L’Energia Potenziale è data dalla seguente equazione:
Se lasciamo il sistema libero, non sarà in equilibrio pertanto tenderà a tornare nella posizione iniziale, cioè nella posizione che aveva prima che si spostasse la massa. Durante il ritorno nella posizione di equilibrio l’Energia Potenziale si trasforma in Energia Cinetica la cui espressione è la seguente:
dove v è la velocità del corpo. Una volta tornati nella posizione di origine, quindi, tutta l’Energia Potenziale si è trasformata in Energia Cinetica e quindi il sistema non è ancora in equilibrio. Questo è il motivo per cui la molla, se era stata compressa, comincia ad estendersi perdendo Energia Cinetica e riacquistando Energia Potenziale. Questo processo, in condizioni ideali, andrebbe avanti all’infinito seguendo la seguente legge:
Il fenomeno fisico spiegato finora prende il nome di Moto armonico semplice la cui legge è la seguente:
dove x0 è l’ampiezza di oscillazione e w è la pulsazione propria del sistema. Ricordo che la pulsazione propria del sistema è legata alla costante elastica della molla e alla massa dalla seguente equazione:
L’andamento in funzione del tempo di tale moto è il seguente:
Figura 3 Moto armonico semplice
Queste poche considerazioni fanno già capire come una sospensione dotata solo di molla renderebbe impossibile la guida della motocicletta. Ma c’è da fare ancora un’altra considerazione. Supponiamo di sollecitare il sistema con una forza F ripetuta nel tempo con una pulsazione W cioè con la seguente legge:
Una situazione del genere si ha quando si va in moto sul pavè cittadino o su una strada dotata di dossi posti ad uguale distanza fra di loro. Se tale forza ha lo stesso verso dell’accelerazione del moto armonico, si avrà un aumento dell’ampiezza di oscillazione (fig.4-a) altrimenti, se la forza ha segno opposto a quello dell’accelerazione del moto armonico, si avrà una diminuzione dell’ampiezza di oscillazione (fig.4-b).
Figura 4 Moto armonico amplificato e smorzato
Quando la pulsazione W coincide con la pulsazione propria del sistema w, si raggiungono le condizioni critiche; quindi si ha un aumento dell’ampiezza che tende all’infinito e il sistema inevitabilmente va in crisi rompendosi.
Quanto detto fin ora si può riassumere nei seguenti punti:
1. Una massa collegata ad una molla che non si trova nella posizione di riposo si muove, se lasciata libera, di moto armonico semplice indefinitamente nel tempo.
2. Se applichiamo una forza pulsante al sistema massa-molla si può avere una aumento o una diminuzione dell’ampiezza di oscillazione.
Il problema può essere risolto ricorrendo a qualche accorgimento che faccia tornare il sistema nella posizione di partenza con il minor numero di oscillazioni. Tale accorgimento è proprio l’ammortizzatore che svolge la funzione di smorzatore delle oscillazioni; nel prossimo paragrafo verrà analizzato attentamente il principio su cui si basa il suo funzionamento.
L’AMMORTIZZATORE
L’ammortizzatore serve a dissipare l’energia trasmessa dal fondo stradale alla molla della sospensione impedendo, quindi, all’elemento elastico di oscillare all’infinito o di entrare in risonanza e quindi di rompersi.
Lo schema di un sistema costituito da un corpo di massa m, da una molla e da un ammortizzatore è il seguente:
Figura 5 Sistema massa+molla+smorzatore libero di muoversi nel piano x-z
L’azione smorzante dell’ammortizzatore è proporzionale alla velocità di spostamento del corpo di massa m secondo la legge:
R è la forza
di smorzamento,
Figura 6 Moto armonico smorzato in condizione di smorzamento critico
Questa è la condizione da raggiungere quando si interviene sul setup della motocicletta.
Queste poche considerazioni sono necessarie e devono essere ben chiare prima di intervenire sui vari registri per la regolazione delle sospensioni.
In un successivo articolo verranno spiegate nei dettagli le procedure da adottare per una corretta taratura delle sospensioni e quindi per migliorare il comportamento della moto sia dal punto di vista delle sospensioni che della sicurezza.
TARATURA DELLE SOSPENSIONI
1. Le regolazioni possibili
La sospensione di una motocicletta può essere divisa in due parti: una elastica costituita dalla molla; l’altra smorzante costituita dall’ammortizzatore.
La parte elastica si può regolare agendo su appositi registri a vite in continuo o a scatto in modo tale da aumentare o diminuire la compressione statica.
La parte smorzante, cioè l’ammortizzatore, può essere regolato sia nella velocità di compressione che in quella di estensione con registri a vite o a pomello che comandano degli aghi che servono a parzializzare i fori attraverso i quali fluisce l’olio idraulico responsabile dell’effetto smorzante.
Agendo sui registri sopra menzionati si modifica il funzionamento delle sospensioni e quindi il comportamento della motocicletta durante l’utilizzo.
Vediamo nel dettaglio le tre regolazioni possibili.
2. IL PRECARICO DELLA MOLLA
E’ importante precisare che la sospensione non viene mai sollecitata a trazione. Infatti le molle vengono montate in modo tale da essere sempre un po’ compresse. Questa compressione iniziale viene chiamata precarico.
E’ altrettanto importante sottolineare che aumentando o diminuendo il precarico non si varia la costante di rigidità della molla; infatti la rigidità, k, dipende esclusivamente dallo spessore del filo che la costituisce nonché dal diametro delle spire e dal materiale impiegato. Intervenendo sul precarico, quindi, si aumenta o si diminuisce la forza minima necessaria per far reagire la molla o, più semplicemente, si varia la soglia superata la quale la sospensione comincia a comprimersi. Questo spiega perché aumentando il precarico si ha la sensazione di avere sospensioni più rigide: in realtà si rendono solo meno sensibili alle piccole sollecitazioni conferendo ad esse un funzionamento più secco.
Per capire ancora meglio che cosa comporta la variazione del precarico è opportuno analizzare il grafico di seguito riportato:
Figura 7
Si supponga che la motocicletta stia percorrendo un tratto di strada piana e rettilinea. Si assimili la motocicletta, per semplicità, ad un corpo dotato di una sola sospensione. La forza peso delle masse sospese, pari a FS, comprime la molla della sospensione fino al valore di xS. Se ad un certo punto la moto incontra un ostacolo, la sospensione viene compressa fino al punto xost. poiché l’ostacolo sollecita la moto con una forza pari a Fost.. A questo punto la molla tende a riportarsi nella posizione di equilibrio oscillando intorno alla posizione xS ma sino al valore x1 o x2 a seconda che la molla sia stata precaricata con una forza F1 o F2; questo perché, come è già stato detto, la molla della sospensione non può lavorare a trazione. Da queste considerazioni di intuisce facilmente che con la molla maggiormente precaricata (F2) si raggiunge la condizione iniziale in un tempo minore dando la sensazione, però, di una sospensione dal funzionamento più secco e rigido.
Per semplicità si è supposta la rigidezza k costante ottenendo una relazione tra carico e spostamento lineare come evidenziato dal grafico di figura 1. Nella realtà le molle per le sospensioni delle motociclette vengono costruite in modo tale da avere la k che aumenta all’aumentare del carico in modo tale da rendere le molle sempre più rigide man mano che vengono compresse. Questo è ottenuto utilizzando molle a passo variabile per la forcella e interponendo tra monoammortizzatore e forcellone dei leveraggi che facendo variare l’interasse dell’ammortizzatore durante il funzionamento conferiscono una certa progressione alla molla. Un andamento dell’affondamento di una sospensione in funzione del carico in presenza del k variabile è rappresentato nella seguente figura.
Figura 8
E’ importante notare che il precarico non deve essere mai superiore al peso statico delle masse sospese (moto+pilota-ruote-parte delle sospensione direttamente collegate alle ruote) perché se così fosse le sospensioni funzionerebbero solo per sollecitazioni verticali superiori al valore del precarico, comportandosi invece come corpi rigidi per sollecitazioni inferiori. In queste condizioni l’energia trasmessa dal fondo stradale verrebbe assorbita quasi interamente dal pneumatico che così rischierebbe di andare in crisi e non funzionare nel modo corretto perché si troverebbe a fare un lavoro aggiuntivo (quello delle sospensioni) per il quale non è stato espressamente progettato.
Il precarico è anche importante per impostare l’altezza statica della motocicletta. Infatti aumentando il precarico si aumenta l’altezza da terra del mezzo. Il perché è spiegato qui di seguito.
Poiché il precarico è sempre inferiore al peso statico della motocicletta si ha una compressione delle sospensioni e quindi un abbassamento del mezzo in condizioni statiche. Per comprendere meglio questo concetto è necessario riferirsi alla seguente equazione che lega la forza peso della moto alla compressione delle molle delle sospensioni:
[1] |
Dove:
FS |
Peso statico della moto che può essere calcolato anche con pilota e carburante |
K |
Rigidezza della molla |
X |
Accorciamento della molla a partire dalla posizione assunta come zero che nel caso in esame è la posizione in cui si trova la molla quando la ruota è sollevata da terra |
Precarico |
Accorciamento iniziale che si impartisce alla molla |
Poiché FS è costante, deve essere costante anche il prodotto presente al secondo membro della [1]. Questo vuol dire che, a parità di rigidezza, aumentando il precarico si riduce l’accorciamento della molla dovuto al peso della moto e quindi si riduce l’abbassamento del mezzo, cioè si solleva la motocicletta.
Il precarico va regolato in funzione del peso del pilota e dell’eventuale passeggero e bagagli ricordandosi che se non si vuole alterare l’assetto della moto si devono necessariamente accordare i precarichi della forcella e del mono posteriore. Se invece si vuole modificare l’assetto e quindi il comportamento del mezzo bisogna tenere conto che un anteriore più precaricato e/o un posteriore meno precaricato determinano un aumento dell’avancorsa e quindi la moto risulta più stabile in rettilineo ma più lenta a scendere in piega, meno reattiva ai comandi del pilota ma meno nervosa. Viceversa un posteriore più precaricato e/o un anteriore meno precaricato determinano una riduzione dell’avancorsa che si traduce in un comportamento più agile e quindi la moto risponde più rapidamente ai comandi del pilota ma diventa necessariamente meno stabile alle alte velocità.
3. FRENO IN COMPRESSIONE E IN ESTENSIONE
Regolando il freno in compressione e in estensione si varia la velocità con cui la sospensione ritorna alla posizione di equilibrio. Tale velocità viene modificata grazie alla presenza di fori calibrati all’interno della cartuccia dell’ammortizzatore attraverso i quali passa una minore o maggiore quantità di olio. Per capire come la variazione della sezione dei fori attraverso cui fluisce l’olio dell’ammortizzatore influisce sulla velocità relativa tra stelo e fodero è necessario considerare la seguente equazione tra l’altro già vista nell’articolo“Le sospensioni” presente in questo sito:
[2] |
dove:
R |
Forza di smorzamento che si oppone alla forza proveniente dal fondo stradale che tende a comprimere la molla |
c |
Costante di smorzamento |
v |
Velocità di scorrimento dello stelo nel fodero |
Come si può vedere dalla [2] esiste un legame tra la costante di smorzamento e la velocità con cui affonda o si estende la sospensione. La seguente spiegazione teorica più rigorosa servirà a comprendere maggiormente come è regolato questo legame.
Il moto relativo tra fodero e stelo della sospensione di una motocicletta può essere approssimato, come è già stato detto in precedenza, ad un moto armonico smorzato in cui l’equilibrio delle forze in gioco è dato dalla seguente equazione:
[3] |
dove:
m |
masse non sospese |
|
accelerazione delle masse non sospese |
|
velocità con cui l’ammortizzatore si comprime o si estende |
(le restanti variabili sono già state definite in precedenza).
la [3] è una equazione differenziale del secondo ordine la cui soluzione, quando la forza frenante è piccola rispetto alla forza elastica è la seguente:
[4] |
dove A e d sono delle costanti legate alle condizioni iniziali e w, pulsazione delle oscillazioni, è data dalla seguente equazione:
[5] |
Dalle [4] e [5] si nota che aumentando c cioè il freno in compressione o estensione, l’ampiezza di oscillazione diminuisce più rapidamente così come la pulsazione w che determina un aumento del periodo di oscillazione e una diminuzione della frequenza.
Derivando rispetto al tempo la [4] si ottiene la legge con cui varia la velocità con cui scorre lo stelo nel fodero:
[6] |
A parità di condizioni, aumentando c e quindi il freno idraulico si ha una riduzione della velocità confermando quanto detto all’inizio del paragrafo. La [6], tra le altre cose, dice come varia la velocità relativa tra stelo e fodero in funzione della costante di smorzamento.
A questo punto resta da capire come a livello pratico agendo sui registi si va a variare la velocità.
La costante di smorzamento dell’ammortizzatore, a parità di viscosità dell’olio idraulico e della velocità del fluido, dipende dal diametro di mandata dei fori attraverso cui fluisce l’olio durante il funzionamento dell’ammortizzatore. In particolare quando la sospensione viene sollecitata da un’asperità stradale, da una frenata o da un’accelerazione, si ha un moto relativo tra stelo e fodero che imprime una velocità v all’olio che viene forzato attraverso appositi fori calibrati delle cartucce della sospensione. I registri del freno in estensione e compressione agiscono sugli spilli conici che parzializzano i suddetti fori. Riducendo la sezione di passaggio si genera, in prossimità dello spillo, una trasformazione del moto dell’olio da laminare a turbolento. Nel moto turbolento i vettori velocità del fluido non sono più orientati tutti nella stessa direzione ma assumono un andamento casuale che provoca numerosissimi urti molecolari responsabili dell’attrito viscoso, dell’aumento di temperatura del fluido e quindi della riduzione della velocità del fluido e di conseguenza della velocità con cui lo stelo si muove all’interno del fodero. E’ ovvio che riducendo ulteriormente la sezione del foro calibrato si aumenta la vorticosità del moto quindi si riduce la velocità con cui la sospensione si comprime o si estende.
4. LA REGOLAZIONE DELLE SOSPENSIONI
Prima di procedere alla regolazione delle sospensioni è fondamentale tener conto dell’importanza di accordare il funzionamento tra la sospensione anteriore e quella posteriore per limitare al massimo gli scompensi che le asperità del fondo stradale portano all’equilibrio della motocicletta. Se non si tiene conto di quanto detto si può incorrere in reazioni anomale della moto in presenza di sollecitazioni esterne con conseguente pericolo di perdita di controllo del mezzo. Oltre ad accordare la sospensione anteriore con quella posteriore è importante accordare l’ammortizzatore con la relativa molla evitando, ad esempio, di precaricare troppo poco la molla e invece frenare troppo l’idraulica ottenendo una sospensione che affonda eccessivamente per ogni piccola asperità e poi fatica a ristendersi.
Altro parametro di fondamentale importanza è la pressione dei pneumatici che deve essere quella prescritta dalla casa. Regolare le sospensioni con una pressione delle gomme errata è totalmente inutile.
La regolazione delle sospensioni si può suddividere in due fasi distinte e separate. La prima è una regolazione statica in cui si regola l’assetto della moto, cioè l’altezza dell’avantreno e del retrotreno in condizioni di marcia; la seconda è una regolazione dinamica dove si interviene sui registri per migliorare il comportamento della motocicletta per esempio durante la percorrenza di una curva o in frenata.
4.1. LA REGOLAZIONE STATICA
La regolazione statica serve principalmente a regolare l’altezza della moto in condizioni statiche importante per avere il giusto assetto in condizioni di marcia in rettilineo e una buona base di partenza sulla quale intervenire per migliorare il comportamento della moto in condizioni dinamiche.
Per una corretta regolazione è consigliabile seguire la seguente procedura:
· Regolazione del precarico
· Regolazione dell’idraulica
1. Per regolare l’idraulica della forcella, tirare la leva del freno anteriore.
2. Comprimere ed estendere la forcella ripetutamente caricandola dal manubrio.
3. Lasciare estendere la forcella togliendo il carico ma tenendo sempre la leva del freno tirata. La forcella deve estendersi completamente e successivamente deve comprimersi leggermente. Se invece la forcella non affonda dopo l’estensione allora il freno in compressione è eccessivo. Se invece la forcella oscilla per qualche istante allora è troppo poco frenata in estensione.
4. Per regolare il freno in estensione del monoammortizzatore è necessario comprimerlo bruscamente e lasciarlo estendere. L’estensione completa deve avvenire in 1-1,5 sec.
5. Regolare il freno in compressione secondo quanto indicato nel libretto di uso e manutenzione.
Terminate queste operazioni è necessario controllare il bilanciamento generale del mezzo tirando il freno anteriore e comprimendo le sospensioni agendo per esempio con il piede su un pedalino. In queste condizioni la moto non deve beccheggiare. Se affonda più l’anteriore allora vuol dire che il freno in compressione della forcella è insufficiente o le molle sono poco precaricate e viceversa. Stesso discorso se ritorna più velocemente l’anteriore: il freno in estensione è scarso e viceversa.
4.2. LA REGOLAZIONE DINAMICA
La regolazione dinamica è molto più complessa di quella statica perché in questa fase subentra anche lo stile di guida e le impressioni del pilota e quindi le disquisizioni puramente scientifiche e teoriche devono cedere in parte il posto alle sensazioni che il pilota avverte alla guida della motocicletta. E’ importante effettuare una regolazione per volta procedendo per piccoli passi in modo tale da sapere sempre in che direzione si sta andando. In base a questo consiglio, quindi, è sempre opportuno provare un registro per volta girandolo di uno o al massimo due scatti per ogni tentativo.
Per rendere più facilmente utilizzabile il presente lavoro si riportano di seguito varie situazioni che possono verificarsi quando le sospensioni non sono regolate nel migliore dei modi. Sarà facile individuare la situazione che più si avvicina al comportamento della propria motocicletta e seguire, quindi, le relative indicazioni.
1. La moto è rigida in rettilineo e tende a saltellare sulle asperità. Il precarico e il freno in compressione sono troppo elevati.
2. Le ruote non copiano le asperità. Il precarico delle molle è troppo elevato.
3. La moto tende ad ondeggiare nei curvoni veloci. E’ necessario aumentare sia il precarico che il freno in compressione.
4. In frenata la moto si scompone abbassandosi eccessivamente davanti e sbandando con la ruota posteriore. Le molle della forcella sono poco precaricate e il freno in compressione è insufficiente.
5. L’avantreno è imprevedibile e insicuro al centro curva. La frenatura in estensione è eccessiva o insufficiente. Il freno in compressione è eccessivo.
6. La moto tende ad allargare la traiettoria. Il precarico delle molle della forcella è eccessivo oppure il precarico della molla del mono è insufficiente così come potrebbe essere eccessivo il freno in estensione del monoammortizzatore.
7. La moto tende a chiudere la traiettoria ed il pneumatico posteriore tende a derapare. Il retrotreno è troppo precaricato o c’è un eccessivo freno in compressione dell’ammortizzatore. La forcella è poco precaricata.
Riassumendo per una buona regolazione dinamica bisogna tenere conto che:
1. Il precarico serve a regolare l’altezza della moto oltre a conferire un funzionamento più o meno secco delle sospensioni sulle asperità. Pertanto agendo su questo parametro si modifica il comportamento della moto in curva che può passare da sotto a sovrasterzante a seconda che si aumenta il precarico della forcella o del monoammortizzatore.
2. I freni in compressione e in estensione servono a regolare la velocità con cui le sospensioni si comprimono o si estendono.
3. La regolazione delle sospensioni è sempre un compromesso tra le diverse situazioni che si possono incontrare durante la guida. Infatti una taratura ottimale per la frenata non lo sarà per una guida su un tratto di strada sconnessa così come un set up per percorsi tortuosi sarà deleterio per quelli veloci. Almeno nel caso in cui si usa la moto su strada e non in pista la verità è nel giusto mezzo.