Unopera amara, persino crudele, che non tace
nulla delle brutture della società. «Voglio aprire squarci
sul mondo», dice la scrittrice, «turbare le coscienze,
perché possano migliorare il loro rapporto con lesistenza».
E con Dio, al quale Susanna si è riavvicinata: «Sono
tornata alla fede che avevo da bambina. E per scrivere, cioè
per comunicare con gli altri, sono diventata una specie di monaca
di clausura».
È serena e appagata Susanna Tamaro. Il suo
nuovo libro Rispondimi, pubblicato da Rizzoli, le ha ridato quella
serenità che le incomprensioni e le polemiche sorte attorno
al precedente Anima Mundi le avevano tolto. Il successo strepitoso
di Va dove ti porta il cuore ne ha fatto la scrittrice italiana
più letta e più amata. Un «caso letterario»
che ha turbato le acque stagnanti della nostra narrativa e colto tutti
di sorpresa. A cominciare dalla stessa autrice, che lo aveva scritto
«come un romanzo di passaggio», per concedersi «un
momento di pausa e di distensione narrativa».
Ma la celebrità ha le sue spine, può
anche diventare un calvario. Me lo conferma Susanna nel piccolo soggiorno
di montagna foderato di legno e di libri, dove ha scritto alcuni dei
suoi racconti, mentre fuori nevica e nel cielo lame di luce cercano
di rompere la cappa plumbea delle nubi. Me ne parla con quella pace
del cuore che rende più trasparenti i suoi occhi chiari e le
accende un sorriso che trasmette subito calore e amicizia: «Dopo
Anima Mundi ero entrata in una grande crisi. Soffrivo molto per le
aggressioni verbali e le maldicenze di cui ero stata oggetto. Mi sentivo
come uninvalida, ero convinta che non sarei riuscita più
a scrivere. Sapevo che cosa volevo, ma non trovavo la voce letteraria
per esprimermi. Per due anni ho vagato nel limbo. Poi dimprovviso,
lestate scorsa, tutto si è chiarito. Il libro in poche
settimane è fluito come una sorgente, con un flusso ininterrotto.
Avevo ritrovato la voce giusta».
Il «piccolo miracolo», come Susanna lo
definisce, è avvenuto nel casale, alle porte di Orvieto, che
aveva acquistato per poche lire prima di diventare famosa e che ha
trasformato in una fattoria dove, fra gli ulivi, vivono cani, gatti,
capre, galline, cavalli, e dove accoglie gli amici che vengono a condividere
il silenzio di una terra che trasuda spiritualità e dolcezza.
Lì ha trovato quella quiete che tanto cercava e che un giorno
aveva incontrato nel kibbutz di un piccolo paese della Galilea, raggiunto
per trascorrere un periodo di solitudine che, «a contatto diretto
con i luoghi del cristianesimo e le proprie radici ebraiche, laiutò
a rifondare le basi della vita, a rinascere».
Non è stata facile la vita di Susanna Tamaro.
La separazione dei genitori poco dopo la nascita, difficoltà
personali e familiari, momenti bui che lavvolgevano come un
sudario. Per fortuna cera quella splendida nonna che ha ispirato
Va dove ti porta il cuore, e che ha lasciato nella bimba segni
profondi: «Era un personaggio straordinario, di quelli che illuminano
le famiglie e le generazioni. Aveva sposato un uomo del quale era
innamorata, però non avevano molto da dirsi. Lui era un ciociaro,
veniva da Subiaco, era rimasto un pastore, un contadino, senza voli
culturali. Lei era una donna molto inquieta, spiritualmente complessa:
si è convertita alla pratica religiosa a metà della
sua esistenza, a cinquantanni, e da allora in poi ha avuto unintensa
vita spirituale. Tutto questo mi ha molto influenzata: da bambina
andavo a Messa con lei. Era lunica persona religiosa, credente
e praticante della famiglia».
Sono stati questi percorsi esistenziali dolorosi che
hanno maturato nella giovane ragazza di Trieste, andata a vivere sola
a Roma, quella esigenza etica che sarebbe diventata la base di tutta
la sua ricerca narrativa e che le fa vivere la scrittura come una
chiamata monacale: «Uno scrittore ha oggi una grandissima responsabilità,
più che in altri tempi. La pagina scritta è lultimo
angolino in cui una persona si ritrova in silenzio a confrontarsi
con sé stessa. Per me, scrivere è comunicare, mettersi
in contatto con il lettore nella sua intimità. Ma tutto questo
richiede uno sforzo di concentrazione che consuma, esige il silenzio
attorno a te e in te. Quando ho scelto di dedicarmi alla scrittura,
ho capito che avrei dovuto rinunciare a molte cose, anche ad avere
una famiglia, dei figli. Sono diventata una specie di monaca di clausura
che per creare i suoi personaggi deve fare una vita appartata, lunghe
passeggiate solitarie, molta meditazione. Deve chiudersi al mondo
esteriore per poter vivere con più pienezza e profondità
quello interiore. I narratori dellOttocento vivevano così,
mi sento di appartenere a quellepoca».
Raccontare per trasmettere un progetto di vita, per
aiutare a riflettere, perché le persone si confrontino con
domande che spesso hanno paura di farsi. Scrivere storie che fermentino
nellanima e permettano di vedere la realtà che ci circonda
con occhi veri, di andare al di là delle apparenze per incontrare
significati e valori essenziali. Praticare la semplicità come
virtù evangelica e categoria intellettuale. Essere fedeli a
quel rigore stilistico e a quelladesione alla parola che diventa
verbo incarnato nella vita quotidiana. Senza lasciarsi distrarre dalle
sirene delle mode letterarie e della mondanità. È la
poetica di Susanna Tamaro che le ha conquistato milioni di lettori
e lettere che le giungono da tutto il pianeta e da ogni ambiente,
compresi quelli religiosi, dove anche suore, claustrali, preti, cercano
un dialogo con lei; e dove, con il cardinale Carlo Maria Martini,
di recente, ha tenuto una lezione sul tempo per la Cattedra dei non
credenti.
Anche questultima opera («I miei romanzi
sono uno la prosecuzione dellaltro, sono come incastrati, luno
completa laltro») è stata guidata da questi passi:
«Volevo scrivere un libro che dimostrasse come anche nelle situazioni
più buie può arrivare la luce, come ci sia sempre la
possibilità di una salvezza che viene dallalto».
E così, Rispondimi è un unico dramma
in tre atti e tre storie. Un libro per tanti versi terribile e crudele,
a tratti ironico («Mi piace molto lironia, mi serve per
prendere moralmente le distanze dalla materia aspra che tratto»),
ma anche un cammino verso il riscatto e la speranza. Lo apre una frase
del Vangelo di Giovanni (15,9), «Rimanete nel mio amore»,
che ne diventa il filo dArianna che riesce a condurre fuori
dal labirinto abitato dai «mostri» della società
consumistica, dalle violenze sui bambini, dalle ipocrisie di chi vende
lanima per denaro, dal vuoto di una società in cui le
persone non vivono più ma, incalzate da frustrazioni, nevrosi,
ossessioni, tradimenti, si trasformano, come ne La metamorfosi, di
Kafka in scarafaggi ripugnanti. «Potrà sembrare un libro
spietato, ma non ho fatto che guardarmi attorno e raccontare le crudeltà
di cui ogni giorno siamo spettatori: purtroppo la realtà supera
di molto la fantasia».
Un libro di domande. «Ci guida Qualcuno o siamo
soli?». «Rispondimi», chiede Rosa, la giovane protagonista
del primo racconto che dà il titolo allopera, al vecchio
cane che assiste alla sua disperazione di bambina e poi di adolescente,
tallonata dalla sofferenza, dalla grettezza degli adulti, dalla insensibilità
di un mondo che ha tradito linfanzia. Orfana di una prostituta,
la sola ad averle dato amore, non ha fatto che porsi delle domande:
sullamore, sulla vita e sulla morte, sul bene e sul male, sulla
solitudine delluomo, sulla libertà e sul destino umano,
su Gesù. Ma nessuno ha saputo o voluto darle delle risposte.
Le uniche che ha ricevuto sono state la sopraffazione e lo stupro.
Sussurra con dolore Susanna: «Loffesa
che ogni giorno e nei modi più subdoli facciamo ai bambini
mi strazia. Abbiamo sottratto loro tutto, linnocenza, la poesia,
lo stupore, salvo poi innondarli di benessere e doni inutili. È
uno scandalo terribile la distruzione programmatica che facciamo delle
loro anime, che abbiamo privato di ogni sorgente di bene e di vera
gioia. Ma nessuno lo dice e si continua in un genocidio spirituale
e generazionale». Lei lo dice. A costo di essere provocatoria.
Di passare attraverso la crudeltà dei nostri tempi per dare
voce a chi non ce lha, per fare esplodere gli orrori quotidiani
ai quali abbiamo fatto labitudine.
Linferno non esiste è il titolo del secondo
capitolo della trilogia, storia di una coppia di oggi dove il marito,
che crede soltanto nella scienza moderna e concepisce il matrimonio
come un contratto che gli dà ogni potere sulla moglie, diventa
un aguzzino, una sorta di divinità distruttrice, lemblema
del male che non si ferma dinanzi a nulla. Dice la Tamaro: «Un
noto teologo ha detto che linferno non esiste. Non laccetto,
non vorrei proprio, nellal di là, trovarmi accanto a
Stalin o a Hitler. Sarebbe più giusto dire che si è
trasferito sulla Terra. Come scrive la protagonista del mio secondo
racconto, trascinata dal marito in un abisso di odio, "linferno
è attualmente vuoto perché tutti i diavoli, di ogni
gerarchia, ormai scorrazzano sulla Terra". Proprio guardando
questinferno che cè attorno a noi ho capito che
senza lamore per Cristo la vita diventa una bolgia infernale.
Un tempo cerano più semplicità e genuinità,
oggi, complice la televisione, abbiamo deturpato il volto dellindividuo
e delle cose. Stiamo violando luniverso, vogliamo modificare
il Dna. Questo significa alterare il pensiero di Dio, minare la creazione
nelle sue fondamenta. Gli interventi sulle piante e sugli animali
sono una progettazione diabolica della distruzione della vita, che
si riversa su tutti perché tutte le creature fanno parte di
un unico progetto. Cè una follia totale che sta sommergendo
il nostro pianeta. Luomo crede di poter superare ogni limite,
decidendo, con leutanasia, anche lora della morte, un
passaggio che appartiene al mistero e che non possiamo scavalcare».
Già, la morte. Una realtà che oggi cerchiamo
di cancellare e che invece nei libri della Tamaro è centrale.
Fa parte integrante della vita, è accompagnata dal sapore e
dagli odori, dai colori legati agli affetti più cari, dai rumori
di quel vento che conforta lanima e viene da misteriose dimensioni.
Dice ancora Susanna: «Sento i miei morti vicini,
mia nonna, mio padre che sono felice di avere seppellito in un piccolo
cimitero di campagna, dove vado ogni settimana a trovarlo. Non saprei
spiegare questa sensazione quasi fisica della loro presenza, suggellata
nel mistero della morte, ma la percepisco in ogni momento. Non accettare
la morte è una delle cause del nostro dissesto».
Una morte illuminata dalla speranza nella Risurrezione,
dallincontro con un Gesù che non è unidea
astratta, un rito, ma il Salvatore, linizio e la fine di tutto.
Con un Dio, luogo da cui veniamo e dove un giorno ci riuniremo, «misericordia
amorosa che ci guida nel cammino», come scrive alla mamma il
giovane Michele, linnocente vittima sacrificale dellInferno
non esiste, ucciso dal padre.
Non ha timore la laica Tamaro di invocarlo ad alta
voce, questo Gesù, e dinvitare ad abbandonarci nelle
sue braccia come neonati, di spogliarci dei nostri orgogli e pregiudizi,
per lasciarci avvolgere dalla sua Luce.
Negli ultimi anni, la vita interiore della scrittrice
si è arricchita, «sia per un processo naturale legato
alletà, sia nellincontro con personaggi che con
la loro grandiosità spirituale mi hanno dimostrato quanto la
fede autentica permetta di vivere nella libertà e nel coraggio.
Come il peccato sia soprattutto una sottrazione alla nostra ricchezza
umana, un impoverimento. Da piccola avevo una grandissima fede, ero
una bambina mistica. Poi sono sopraggiunti tanti problemi e mi sono
allontanata dalla pratica cristiana, anche se sono rimasta credente.
Dopo un momento di dolore e di sofferenza, sono ritornata a quella
mia fede infantile che era rimasta lì, come addormentata e
mi aspettava. Mi sono anche riavvicinata alla Chiesa. Ma proprio perché
me ne sento parte, faccio spesso fatica ad accettarne certe zone oscure
che come sempre si manifestano».
In questa luce della fede, anche il dolore assume
una connotazione rivoluzionaria; diventa, dice Susanna: «Un
dono, perché ci permette di maturare nel profondo della nostra
vita. Bisogna accoglierlo, però, questo dolore, farlo germinare.
Se lo rifiutiamo diventiamo un muro contro un muro. La sofferenza
ci vuole sempre dire qualcosa di nuovo, di molto importante per crescere».
Tutti e tre i racconti di Rispondimi sono attraversati
dal dolore. Nellultima vicenda, Il bosco in fiamme, la sofferenza
della natura si mescola con quella delle persone.
La morte di Anna, che il marito uccide perché
ossessionato dai fantasmi della gelosia e da quella confusione mentale
che corrode le menti di chi non sa interrogare lEterno, si consuma
insieme a quella del bosco, colpito da un misterioso male che nessuno
riesce a guarire.
Ma anche in questa storia dominata dallinvidia, dallipocrisia,
dalla ottusità e dalle tante maledizioni dei nostri tempi,
si risale dalle tenebre verso la luce dirompente delle Beatitudini.
Accorata, dice Susanna: «Riscopriremo il senso
della vita, chi siamo e dove andiamo, soltanto se sapremo di nuovo
guardare con occhi di bimbi. Se sapremo stupirci per la bellezza e
la gioia del creato e sentirci parte del popolo delle Beatitudini
evangeliche, accogliendo in noi la forza del perdono e della riconciliazione,
facendo scelte coraggiose e controcorrente, accettando la fatica del
sacrificio. Quando vado nelle città e cammino fra la gente,
guardo gli occhi delle persone che incontro e vi leggo uno straniamento,
una follia che mi fa stare fisicamente male. Vorrei con questo mio
libro aprire delle finestre, dare la possibilità di riflettere
sulla vita e sulla morte, sulle responsabilità che dobbiamo
assumerci. Spero di turbare le coscienze, perché possano migliorare
il loro rapporto con lesistenza».
E per andare al di là anche della parola scritta,
per arrivare a fatti concreti, lautrice di Rispondimi ha deciso
di destinare il denaro dei diritti dautore di questo suo ultimo
libro a una Fondazione Tamaro, che aiuterà, con progetti educativi,
bambini con handicap, madri in difficoltà, e offrirà
assistenza a persone fragili.
È un progetto di vita in sintonia con quellimpegno
narrativo che Susanna Tamaro sta vivendo sempre più intensamente
come una vocazione e che i lettori di Famiglia Cristiana hanno imparato
ad amare nelle lettere pubblicate per un anno nella rubrica dal titolo
"Cara Mathilda". Si era creato allora un legame privilegiato
fra la scrittrice e il pubblico del nostro settimanale che, quando
si è interrotto, ha lasciato molti rimpianti. Ma adesso Susanna
Tamaro ha promesso: ritornerà a scrivere su Famiglia Cristiana
per riprendere il dialogo che aveva avviato, conquistando tanti cuori,
destando emozioni, affetti, ricordi, riflessioni. Aiutando tante persone.
Mariapia Bonanate