Dalla
quarta di copertina
Da dove sto chiamando è l'autoantologia
in cui Raymond Carver, poco prima di morire nel 1988, raccolse i suoi
trentasette racconti migliori. Questo libro presenta, finalmente in
una nuova traduzione, molti classici carveriani, come Cattedrale,
Vitamine, Di cosa parliamo quando parliamo d'amore; e alcuni racconti
che vengono proposti nella versione originale, reintegrando i brani
eliminati dagli editor.
I racconti di Carver possono essere annoverati tra i capolavori della
letteratura americana,
Dopo la lettura dei racconti di Carver la prima cosa
su cui tutti ci siamo trovati in accordo era il suo spiccato minimalismo:
Carver riesce spesso a gelare delle situazioni infinitesimali cariche
di emozioni. Non descrive altro che vite domestiche, le stesse raccontate
in modo superbo da Altman in "America Oggi" film il cui
copione è manifestamente ispirato alle opere dello scrittore.
In ogni racconto inoltre tutto è come paralizzato. Pur non
succendendo quasi niente è inquietante, l'impressione più
sentita era quella di essere quasi finiti in un incubo. Lo stile è
asciutto, molto pragmatico, tipicamente americano (soggetto, predicato,
complemento, punto)
Carver descrive quel che succede ma non ne da una descrizione dinamica,
ma a fotogrammi
tipo un corso di fotografia. Carver inoltre non
ama soffermarsi sull'interiorità dei personaggi: in questo
modo il risultato è soprattutto uno schizzo, ed è molto
interpretabile. La dimostrazione di tutto questo è l'assenza
di verbi di pensiero: in questo modo non ci sono motivazioni, né
desideri espliciti e quel che accade accade e basta. Carver insomma
ci "dice quel che succede, non il perché"
In questo modo è facile creare una forte empatia tra il libro
e il lettore e i sentimenti dei personaggi sono gli stessi che prova
il lettore.
Si potrebbe anche dire che è una scelta comoda quella di non
dare spiegazioni, una scelta semplic ma ci siamo anche detti che il
discorso potrebbe essere ribaltato: forse descrivere e raccontare
in questo modo è più difficile, non sono molti infatti
gli scrittori capaci di descrivere una situazione e un personaggio
solo attraverso i gesti.
Di questo libro abbiamo soffermato la nostra attenzione
su due racconti interessanti, a loro modo inquietanti: diamo qui di
seguito alcuni spunti per una riflessione allargata, che possa far
partecipi anche coloro che non hanno letto il libro assieme a noi.
Lettura di "Vicini"
Cosa hai provato?
La casa degli Stone mi pare rappresenti tutto quello che avrebbe potuto
essere nella loro vita e non è stato: provare gli abiti è
un modo di cambiare pelle
Entrare in un'altra intimità
Ma solo in modo individuale, molto solitaria: non c'è complicità
In effetti non sono una coppia né in casa loro né nella
casa dei vicini
Trovare la porta chiusa fa paura
infatti si stringono come se
ci fosse vento..forse perchè devono imparare a guardarsi e
a conoscersi come coppia
E' un po' morboso
nella casa vanno da soli, fanno cose trasgressive,
si masturbano: cercano forse di dare un po' di vita alla loro vita
di coppia: in realtà ognuno lo fa per conto suo. Quando poi
cercano di svecchiarla insieme (la loro sessualità) trovano
la porta chiusa
E' un fallimento. Non ci si puo' liberare dei
problemi in questo modo, entrando nei panni degli altri.
In realtà parla anche un po' di tradimento
ognuno cerca
da solo qualcos'altro, nella casa dei vicini.
Lettura di "Grasso"
Molto strano
sembra leggero, molto ironico, divertente.
E' come spezzato in 2 parti: nella prima racconta dell'incontro col
ciccione, nella seconda il racconto prosegue anche senza il grassone
che se ne è andato, e continua raccontando di lei a casa.
Il ciccione parla sempre col noi: qualcuno pensa sia con qualcun altro,
qualcuno sia una specie di plurale maiestatis.
Seguendo dei paletti nel racconto (la figura del ciccione, che la
colpisce molto, il noi, il suo non aver voglia di fare l'amore, l'arriverà
presto dell'ultima pagina
.) abbiamo pensato che la protagonista
voglia solo dirci che è incinta: che anche in lei c'è
qualcun altro.
Da questo racconto allora possiamo ricavare una specie di poetica
che Carver usa spesso: racconta una storia anche semplice, con dovizia
di particolari magari inutili, ma il racconto alla fine è una
metafora, un pretesto per dire qualcos'altro: e questo "qualcos'altro"
il lettore lo prova attraverso gli avvenimenti che si susseguono.
E' un dire e un negare che fa sì che le cose importanti non
si notino: ma a una lettura attenta ci sono! Scrive in modo realistico,
ma del realismo allora gli interessa fino ad un certo punto.
Si potrebbe dire che anche Carver scrive per un'elite di sensibilità:
il vero racconto è ciò che prova il lettore.