Circolo Culturale Albatross: Nazim Hikmet
Poesie

Prima che bruci Parigi
Parigi, 1958

Finchè ancora tempo,mio amore
e prima che bruci Parigi
finchè ancora tempo, mio amore
finchè il mio cuore è sul suo ramo
vorrei una notte di maggio
una di queste notti
sul lungosenna Voltaire
baciarti sulla bocca
e andando poi a Notre-Dame
contempleremmo il suo rosone
e a un tratto serrandoti a me
di gioia paura stupore
piangeresti silenziosamente
e le stelle piangerebbero
mischiate alla pioggia fine.

Finchè ancora tempo, mio amore
e prima che bruci Parigi
finchè ancora tempo, mio amore
finchè il mio cuore è sul suo ramo
in questa notte di maggio sul lungosenna
sotto i salici, mia rosa, con te
sotto i salici piangenti molli di pioggia
ti direi due parole le più ripetute a Parigi
le più ripetute, le più sincere
scoppierei di felicità
fischietterei una canzone
e crederemmo negli uomini.

In alto, le case di pietra
senza incavi nè gobbe
appiccicate
coi loro muri al chiar di luna
e le loro finestre diritte che dormono in piedi
e sulla riva di fronte il Louvre
illuminato dai proiettori
illuminato da noi due
il nostro splendido palazzo
di cristallo.

Finchè ancora tempo, mio amore
e prima che bruci Parigi
finchè ancora tempo, mio amore
finchè il mio cuore è sul suo ramo
in questa notte di maggio, lungo la Senna, nei depositi
ci siederemmo sui barili rossi
di fronte al fiume scuro nella notte
per salutare la chiatta dalla cabina gialla che passa
- verso il Belgio o verso l'Olanda? -
davanti alla cabina una donna
con un grembiule bianco
sorride dolcemente.

Finchè ancora tempo, mio amore
e prima che bruci Parigi
finchè ancora tempo, mio amore.

Roma, 1960

Quante donne belle ci sono al mondo
quante belle ragazze
s'affacciano sulle terrazze della città

contemplale vecchio
contemplale e mentre da un canto i tuoi versi
si fanno più tersi e lucenti
dall'altro
devi contrattare cercando di tirarla in lungo
con la morte che ti sta accanto.

Berlino, 1961

Ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
è la mia nostalgia
cresciuta sul ramo inaccessibile
è la mia sete
tirata su dal pozzo dei miei sogni
è il disegno
tracciato su un raggio di sole

ciò che ho scritto di noi è tutta verità
è la tua grazia
cesta colma di frutti rovesciata sull'erba
è la tua assenza
quando divento l'ultima luce all'ultimo angolo della via
è la mia gelosia
quando corro di notte fra i treni con gli occhi bendati
è la mia felicità
fiume soleggiato che irrompe sulle dighe

ciò che ho scritto di noi è tutta una bugia
ciò che ho scritto di noi è tutta verità.

Mosca, 1962

Ti sei stancata di portare il mio peso
ti sei stancata delle mie mani
dei miei occhi della mia ombra

le mie parole erano incendi
le mie parole eran pozzi profondi

verrà un giorno un giorno improvvisamente
sentirai dentro di te
le orme dei miei passi
che si allontanano

e quel peso sarà il più grave.

Mosca, 1962

Sotto la pioggia camminava la primavera
con i suoi piedi esili e lunghi sull'asfalto di Mosca
chiusa tra gli pneumatici i motori le stoffe le pelli
il mio cardiogramma era pessimo quel giorno
quel che si attende verrà in un'ora inattesa
verrà tutto da solo
senza condurre con sè
coloro che già partirono
suonavano il primo concerto di Ciajkowskj sotto la pioggia
salirai le scale senza di me
un garofano sta all'ultimo piano della casa al balcone
sotto la pioggia camminava la primavera
con i suoi piedi esili e lunghi sull'asfalto di Mosca
ti sei seduta di fronte a me non mi vedi
sorridi a una tristezza che fuma lontano
la primavera ti porta via da me ti conduce altrove
e un giorno non tornerai più ti perderai nella pioggia.

A Omar Kayam

"Riempi il tuo cranio di vino prima che si riempia di terra", disse Kayam.
L'uomo dalle scarpe rotte passando davanti al giardino di rose disse: "in questo mondo che offre più grano che stelle ho fame tu parli di vino e i miei soldi non bastano a comprare il pane."

*

"La vita fugge, godi l'istante prima del sonno senza sogni
è l'alba, ragazzo, versa il vino nella coppa di cristallo."
Il ragazzo si svegliò nella sua stanza gelata senza tendine
era la sirena della fabbrica implacabile per il ritardo.

Alla vita
1948


La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell'al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che asettant'anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola.

Notturno in tram a Berlino Berlino
Ottobre 1961

La vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia tutti
e quattro camminiamo fianco a fianco senza parlarci

ciascuno cammina solo ma siamo l'uno a fianco dell'altro

che cosa non avremmo dato gli uni e gli altri per non sentire
il rumore dei passi gli uni degli altri

dentro di noi abbiamo pietà imprechiamo gli uni contro
gli altri ma ci amiamo perchè non crediamo gli uni negli altri

che cosa non avremmo dato per arrivare a un incrocio e infilare presto
quattro strade diverse ma non so se uno di noi morisse se quelli che restano sarebbero contenti

la vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia tutti e
quattro camminiamo fianco a fianco

la notte prendiamo il tram i tram che non sappiamo dove vadano

la notte i tram puliti larghi a tre vagoni ci portano in
qualche luogo con stridori sferragliamenti

a un tratto si levano davanti a noi dei muri bruciati e sotto
il riverbero dei lampioni marciano diritti e testardi verso di noi

delle finestre appaiono davanti a noi e vengono in folla verso
di noi schiaciandosi l'una con l'altra

finestre che non hanno nè vetri nè infissi che non sono finestre
delle stanze degli uomini ma finestre del vuoto

passiamo davanti alle porte senza battenti le porte che aprono su nulla

sui marciapiedi degli uomini con tre punti sopra il bracciale aspettano il tram

sono appoggiati sui loro bastoni dalle punte di gomma

non so se tutti i muti sono anche dei sordi ma certo la maggior parte dei ciechi sono dei ciechi con gli occhi aperti e le luci dei tram cadono nei loro occhi aperti ma loro non si rendono conto che la luce cade nei loro occhi

vecchie bigliettaie stanche fanno salire i ciechi sui tram

donne che mi avete guidato teneramente tenendomi per mano

a quasi tutte voi non ho dato che qualche poesia e forse un po' di tristezza

sono grato a voi tutte

traversiamo le tenebre degli spiazzi vuoti dove crescono i ciuffi d'erbacce

i tram traversano le piazze i cui palazzi barocchi sono distrutti

e le pietre bruciate spezzate si somigliano talmente che la testa
ci gira e giriamo in tondo

questa città è tutta bucata perchè ha mandato i suoi soldati a distruggere altre città

ho visto città rase al suolo avevano mandato i loro soldati a distruggere altre città e i soldati delle altre città le avevano rase al suolo

ho visto città che preparavano i loro soldati per mandarli
a distruggere altre città ed essere distrutte esse stesse

dei violinisti salgono in tram con le scatole dei violini sotto
il braccio e i loro lunghi capelli tristi non riescono a
nascondere la loro calvizie

questo agosto è forse l'ultimo agosto del mondo ha chiesto uno dei violinisti alla bigliettaia in una lingua che non conosco
sulle piattaforme dei tram ci sono dei giovani in collera

credo ch'essi stessi non sappiano perchè e contro chi sono in collera

che ora sarà adesso all'Avana amore mio sarà notte o giorno

le ragazze scendono dai tram

le loro gambe sono abbastanza ben fatte

senza fare un gesto seduto dove sono le seguo e sotto il ponte
di pietra sento vicinissimo al mio viso il calore delle loro bocche e volto la testa a una giovane donna che mi tocca la spalla senza ch'io sappia dov'è

i suoi capelli son paglia d'oro le sue ciglia azzurre

il suo collo bianco è lungo e rotondo

alle fermate vecchie donne terribili con cappelli di
paglia nera traversano le rotaie tenendosi per mano

l'uomo seduto alla mia destra s'è inabissato dentro se stesso
s'è perduto dentro se stesso

è così lo so è così che la vecchiaia comincia

tuttavia non è in mio potere non cadere nelle onde tristi

così comincia la vecchiaia

l'uomo seduto alla mia destra è caduto ancora nelle onde tristi

alla porta del deposito siamo scesi dall'ultimo tram

rientriamo a piedi

tutti e quattro

la vecchiaia la solitudine e io e poi una malinconia

quando arriviamo all'albergo il sole comincia a spuntare

nella nostra stanza apriamo la radio

parla dei vascelli cosmici.


Il mio funerale

Il mio funerale partirà dal nostro cortile?
Come mi farete scendere giù dal terzo piano?
La bara nell'ascensore non c'entra
e la scala è tanto stretta.

Il cortile sarà, forse, pieno di sole, di piccioni
forse nevicherà, i bambini giocheranno strillando
forse sull'asfalto bagnato cadrà la pioggia
e al solito ci saranno i bidoni per l'immondezza.

Se mi tiran su nel furgone col viso scoperto, come usa qui,
forse mi cadrà in fronte qualcosa di un piccione, porta fortuna,
che ci sia o no la fanfara, i bambini accorreranno
i bambini sono sempre curiosi dei morti.

La finestra della nostra cucina mi seguirà con lo sguardo
il nostro balcone mi accompagnerà col bucato steso.
Sono stato felice in questo cortile, pienamente felice.
Vicini miei del cortile, vi auguro lunga vita, a tutti.

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Un commento all'opera di HIKMET

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