NAZIN HIKMET
Vorrei partire da queste poche parole, scritte da Hikmet
nel 1961 a Joyce Lussu, sua traduttrice italiana (ottima traduttrice
direi)
"Cara Joyce,
mi domandi perché scrivo delle poesie?
Sarebbe più giusto porre la domanda in un altro modo. Perché
e come ho cominciato a scrivere delle poesie. Cerco di ricordare. Avevo
tredici anni. Abitavamo a Istambul. Mio nonno era poeta, ma ancora oggi
non capisco le sue poesie."
Come e perché
è forse questo principio di un lungo
cammino l'unica cosa che uno scrittore puo' cercare di spiegare: perché
col tempo l'arte diviene il modo più naturale di comunicare,
per permettere all'altro di entrare in comunione con il sé.
Non ci sono spiegazione plausibili per cercare di dire cosa cambi tra
poesia e musica, cosa voglia dire dipingere un quadro: l'anima emerge
poco a poco seguendo dolcemente l'inclinazione che le è propria.
Tant'è che persino nella piena maturità Nazin non riesce
a spiegare perché scriva poesie se non partendo dalla prima volta,
e passando dai ricordi giungerà a dire che ora non può
più farne a meno: la poesia diviene in lui parte del suo modo
di essere al mondo, di viverlo, di conoscerlo.
Riprendendo in mano la lettera a Joyce Lussu leggiamo che Hikmet inizia
a scrivere sotto l'influsso del nonno e della madre che "era
innamorata di Baudelaire e Lamartine": sicuramente un influsso
importante, che renderà conto sia dell'estrema dolcezza orientale
che della rudezza occidentale nel comporre il verso.
Ma la primitiva scelta (ma c'è mai stata in realtà una
scelta?) si trasforma ben presto nel modo quasi obbligato di esprimersi:
"Poi mi sono innamorato di varie ragazze e ho scritto per loro
dei versi; poi le questioni che riguardano la coscienza, l'onore, l'eternità,
mi hanno interessato e ho scritto di queste cose."
E allora, com'è la poesia di Hikmet? Direi che è un colloquio
coll'uomo, una partecipazione di tutto ciò che succede al mondo
e a tutto ciò che succede: una partecipazione "di stomaco",
un legame emozionale profondo, lontano da un certo passato lirismo erotico.
L'amore è inteso come l'insieme di tutto ciò che muove
il sentimento, anche come battaglia, come sofferenza.
Sono tra gli uomini amo gli uomini
amo l'azione
amo il pensiero
amo la mia lotta
sei un essere umano nella mia lotta
ti amo.
L'amore non è solo amore per la donna, ma per le idee, per la
libertà (ed Hikmet è stato rinchiuso per 12 anni in carcere
a causa della sua opposizione al regime) per l'onore e l'eternità.
"A diciotto anni passai in Anatolia, scoprii il mio popolo e
le sue lotte. Lottava con i suoi cavalli magri, con le sue armi preistoriche,
in mezzo alla fame e alle sue cimici, contro l'esercito greco [
]
ebbi paura, lo odiai, lo amai, lo adorai, compresi che bisognava scrivere
tutto ciò in un altro modo.
Ma non ne fui capace. Per trovare il modo giusto era necessario, a quanto
pare, che passassi nell'Unione Sovietica.
Era la fine del 1921. Fui mille volte più stupito, e sentii un'amore
e una disperazione cento volte più forti, perché avevo
scoperto, in quel 1921-1922, una carestia cento volte più terribile,
e delle cimici cento volte più feroci, e una lotta contro tutto
un mondo cento volte più potente, e una immensa speranza,un'immensa
gioia di vivere, di creare.
E cominciai a scrivere in un altro modo.
E da allora non posso non scrivere delle poesie."
Amore insomma come sinonimo di vita. Tanto che leggendo l'autobiografia
Hikmet stesso si muove nella sua esistenza attraverso date e avvenimenti,
rievocandoli con piacere e orgoglio, ricordandoli con fierezza. Io c'ero
sembra volerci dire
e noi con lui, trasportati dall'incomprensibile
magia delle sue parole.
Gianni Migliarese