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Nato a Salerno nel 1909, da una famiglia di
piccoli armatori e marinai calabresi, e morto per un incidente stradale
presso Orbetello nel 1976 Alfonso Gatto appartiene a quel gruppo di poeti
meridionali che tra le due guerre lasciarono il proprio paese e corsero
per varie città dell'Italia centrale e settentrionale conservando
nel cuore la nostalgia del Sud.
Dopo un'infanzia burrascosa, Gatto lasciò Salerno e si iscrisse
all'Università di Napoli nel 1926, senza portare a termine gli
studi.
Ebbe vita burrascosa come ebbe modo di dire: fu commesso di libreria,
istitutore di collegio, correttore di bozze, giornalista, insegnante.
Dopo aver pubblicato il suo primo libro di versi (Isola, 1932), nel 1933
si trasferì a Milano. Qui frequentò ambienti artistici e
si avviò alla carriera di critico d'arte; trascorse anche alcuni
mesi in carcere per il suo antifascismo. Nel 1936 sì trasferì
a Firenze, dove entrò a contatto con il gruppo degli ermetici e
dove nel 1938 fondò con Vasco Pratolini la rivista"Campo di
Marte" che diventò voce dell'ermetismo: la rivista si proponeva
inoltre di definire i mezzi per attuare una concreta educazione del pubblico
verso le opere di poesia e pittura, di narrativa e di scultura, di musica
e di architettura contemporanee: un programma dunque pratico, sociale.
A partire dal 1943 fece parte della Resistenza e aderì al PCI.
Collaborò a molte riviste d'avanguardia: a "l'Italia letteraria",
a "Circoli", a "Letteratura", a "Primato",
a "La ruota", a "L'incontro", e, dopo la guerra, ai
quotidiani "L'Unità" e "Milano-sera".
Nel 1951 lasciò clamorosamente e polemicamente il partito. Vinse
vari concorsi letterari: "Savini" (1939), "St. Vincent"
(1950), "Marzotto" (1954), "Bagutta" (1955)
Oltre che poeta fu anche scrittore e, in particolare, scrisse testi per
l'infanzia. Negli ultimi anni della vita si dedico' alla critica dell'arte
e della pittura, svelando l'altra sua faccia, quella di pittore. "Vengo
da una famiglia di scultori", racconta, ricostruendo un'ambizione
a dipingere che, dice, lo ha accompagnato "da sempre". Il ricordo
va all'inizio del 1942, in un "agitato e pittoresco" albergo
in via Durini a Milano, dove alloggiava anche De Pisis. Qui Gatto disegnava
su un tavolino trasportato accanto al lavabo, visto che usava gli acquerelli.
E faceva le sue "parole dipinte": "cieli, barche, frutta,
fiori, la festa degli occhi
"
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