llorquando nel 1904, presi parte al noto Concorso bandito dall’Editore Sonzogno E. di Milano, per un Libretto d’Opera da musicare, ebbi occasione di fare studi sui terremoti avvenuti in oriente, perché l’ambiente in cui doveva svolgersi l’azione del dramma, era appunto la Persia dei Re, durante l’anno 500 di Cristo, ove i movimenti tellurici si susseguirono con inusitata frequenza.
L’osservatorio di meteorologia del Collegio Romano, presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele in Roma, in quel tempo in cui preparavo il Libretto dell’Opera che finiva appunto con un terremoto, mi diede notizie che solo dal X secolo in poi erano registrati tutti i movimenti tellurici della terra. Però, leggendo la Bibbia del Padre D. Agostino Calmet, la Storia Universale del Conte di Sègur, la stessa degli Imperatori Romani di Lebeau e Grevier, non che la Storia del Basso Impero di Lebeau ed Ameilhon, ho potuto sapere le epoche e i luoghi in cui erano avvenute queste calamità, anche prima dell’anno 500 di Cristo.
Noi non dobbiamo evadere dal nostro campo: dobbiamo parlare di vari cataclismi che colpirono le nostre terre, e singolarmente Cave che ne subì tanti, senza mai recar danni considerevoli alle abitazioni, alle chiese, alle persone.
Un curioso indizio precursore del sopraggiungere di questo fenomeno sismico si è più volte riscontrato nella viva inquietudine in preda alla quale si trovano molti animali, specialmente domestici. È certo che quasi tutti i terremoti sono sempre accompagnati ad anche susseguiti da rumori sotterranei, ora somiglianti a tuoni od a colpi di cannone ora al rimbombo di un carro pesante che scorra sopra un suolo cavo a volta: e, ciò che è veramente strano, tale suono si ode più a certe distanze che nel luogo colpito dal terremoto. Il cielo anche dà qualche sintomo per l’immensa emanazione di gas sprigionanti dai crateri di vulcani.
Il terremoto di Lisbona del 1755 si sentì in quasi tutta l’Europa, nell’Africa, nelle Indie Occidentali e quindi, senza dubbi deve essere stato inteso anche a Cave. Lisbona in quell’anno ebbe a soffrire anche il maremoto, come lo soffrì il Messico nel 1780, durante il quale un’enorme massa d’acqua fu spinta sulla costa della Giamaica e inondò la città di Savana, spegnendone tutti gli abitanti e distruggendo tutti i fabbricati.
Da quando fin qui brevemente si espose, chiaro risulta, come ogni parte della superficie terrestre sia suscettibile di queste sinistre oscillazioni.
Da esperienze ripetute sui frequenti terremoti per tutta l’Europa, si è potuto riscontrare che le oscillazioni della terra sono sempre accompagnate da convulsioni e risveglio d’attività nei vulcani.
Con riferimento ai movimenti tellurici che hanno subito la terra di Cave e dintorni, ci limiteremo ad un breve e succinto cenno storico / statistico per rendere gli studiosi in materia ed anche a titolo di curiosità.
Avendo ancora la guerra contro i Cartaginesi, nel 548, accadde in terra di Campagna, specialmente in Velletri, un disastroso terremoto che si ripercosse su Cave e dintorni con meno entità; ma fu così tremendo che ne restò commossa la cittadinanza veliterna e territorio, perché si aprirono profonde voragini restando ingoiate piante ed alberi.
Nel 552 Velletri soffrì un altro terremoto così funesto che in un punto del territorio si aprì la terra per lo spazio di tre iugeri con grande e profonda caverna, che misurata portò 86.400 piede quadrato, perciò spaventevole fu anche per Cave che ne soffrì moralmente e materialmente. E noi, che scriviamo queste terrificanti notizie, abbiamo la certezza che in tempi ancor più lontani ed incerti, il territorio di Cave, ebbe molto a soffrire per lo sprofondamento del fianco che guarda mezzogiorno del monte Cervo (monte di Rocca di Cave), ove ora è istallato il Tiro a Segno: lo studioso può facilmente osservare quell’insenatura regolare e simmetrica che fa congetturare ivi esservi stato un vulcano il cui cratere sia si sprofondato.
Il Moroni ci narra che nel 608, Pontefice S. Deodato I, era in Roma un contagio di lebbra, mentre in più parti d’Italia, nonché a Roma e dintorni, si ripeterono scosse di terremoto, senza mai causare danni alle abitazioni, né vittime in Cave.
Nel 1216 altro terremoto desolò l’Italia e il Monastero di San Benedetto in Subiaco, rovinò tutto. Data la vicinanza al territorio prenestino, Cave sofferse poco.
Nel 1228, morto Giovanni VI, gli successe al governo di Santa Scolastica in Subiaco, Lando, nel pontificato di Gregorio IX, il quale atterrito dalle spaventevoli scosse di terra che afflissero tutta l’Italia, non meno che l’infuriare di desolante peste, facendo strage ovunque, specialmente in Roma e nelle vicine province di Campania, pensò d’implorare da Dio la cessazione di tali flagelli, recandosi a quel santuario ove passò il luglio e l’agosto nell’esercizio d’assidua orazione e penitenza severa. Non vi è dubbio che anche Cave deve avere sofferto buona parte di tanto flagello.
Anche nel 1443 Cave ebbe a soffrire nuovi cataclismi e le abitazioni molto pericolanti furono demolite. Si narra come quell’anno nel Pontificato d’Eugenio IV, giorno di San Giovanni Battista, avvenne un’eclissi totale di sole che spaventarono le popolazioni, poiché susseguirono scosse telluriche e pestilenza così grave, che lasciarono insepolti in Roma i morti, particolarmente i poveri per le pubbliche strade. Mossi di ciò a compassione molti fiorentini, si unirono in Campagna, e invocando la protezione di San Giovanni Battista loro patrono, caritatevolmente seppellirono tutti i cadaveri che trovarono abbandonatati; la onde Campagna prese il titolo della Pietà dei Fiorentini; ed assunse sacchi neri che poi cambiò in turchini.
Durante il Pontificato d’Innocenzo XII, e in altre parole tra il 1690 e il 1700, altri terremoti ed epidemie flagellarono Roma e dintorni e quindi anche Cave ne risentì i tristi effetti.
Nel 1703 vi fu altra inondazione ed altri terremoti spaventevoli. Tra i paesi più danneggiati furono Velletri e Montelanico nella Campagna. Al 4 gennaio rovinò e desolò Norcia, al 2 febbraio Aquila e l’intera provincia ripercotendosi anche in Cave con reiterate scosse che durarono una settimana. Spaventati ed atterriti gli abitanti di Cave, memori del solenne voto fatto dal Consiglio del Popolo il 31 marzo 1658 per l’edificazione del tempio dedicato alla Beata Vergine del Campo, il 4 marzo 1703, tornarono nuovamente a stabilire quanta ancora non si era fatto, il cui lavoro fu compiuto entro tre anni colle oblazioni di popolo e di autorità.
Nel 1782, al 12 aprile, tutta la regione delle Romane fu colpita da questo flagello così grave che la popolazione sofferse anche la fame. In ogni regione d’Italia furono raccolti aiuti e sovvenzioni e Cave contribuì con scudi 128,28, come risulta da una ricevuta nell’archivio comunale.
Giovanni Battista Botta, lo storico del terremoto famoso delle Calabrie, narra che una sera del 4 febbraio 1783 il sole tramontò nel cielo senza nubi, ed ingenuamente esclama: Gli Oppidani dovevano a questo segno prevedere il terribile avvenimento! Quasi tanto non bastasse, il mattino seguente levassi pallido e torbido il sole; e dopo che fosche nubi, le quali ingombravano l’aria, si furono di legnate mercé il vento impetuoso, si notò una calma strana, opprimente nell’aria, la calma ingannatrice nella quale le forze devastatrici della natura si raccolgono nei loro feroci preparativi. I volatili, i quadrupedi domestici agitati da ignota commozione non sapevano né dove andare, né dove restare. Quando ecco levarsi impetuoso un furioso vento; un fremito scuote la terra percossa da un sordo rumore; la terra trema. Un istante ancora, e Oppido non è più.
Sembra, come scrive Filippo Eredia, che in occasione del terremoto del 1783, si sia prodotto un esteso sprofondamento, nel mare delle rocce costiere di Scilla, e siano scomparse le grandiose caverne che prima esistevano in tale località al livello del mare.
Queste caverne, durante il tempo burrascoso, erano riempite a metà d’acqua e il relativo moto generava dei cupi rumori, che assieme all’infuriarsi del vento, vennero delle leggende assimilate ai latrati dei cani.
Se fosse possibile avere notizie dello stato quotidiano di tutta la superficie terrestre, saremo presto convinti che essa è continuamente agitata da scosse in qualcuno dei suoi punti. Quindi passiamo ad accennare, dopo circa diciassette anni, le calamità che più da vicino colpirono il nostro territorio.
Al 29 dicembre 1800 la terra di Campagna fu veemente scossa che la città di Velletri, poco mancò di restare fra le rovine sepolte; i Veliterni, come abbiamo detto, n’avevano provato un’altra simile, e, in quel giorno ci fu fabbrica che restasse lesionata, perciò rinnovatesi altre tre scosse, i cittadini fuggirono nella campagna. Questo flagello non terminò che ai cinque di dicembre del susseguente anno 1801, nel quale si sentirono altre sedici scosse. Nella notte del 3 dicembre avvenne in aria una tempesta così spaventosa, che incusse non minor timore e pericolo del terremoto.
Mentre Cave era ancora sotto l’incubo di quanto era successo a Velletri quattro anni innanzi, dovette sentirne un altro nel 1806 che poco mancò la città di Velletri fosse eguagliata al suolo; i cittadini sepolti fra le macerie, per il terribile terremoto, uno degli spaventosi per la durata di 28 secondi. Caddero alcune fabbriche, fra le quali le chiese degli Angeli, e di Santa Maria in Via Lata dei basiliani; le abitazioni sconquassate di mano in mano rovinando, fu d’uopo demolirle e rifabbricarle, e nella maggior parte si doverono restaurare.
Restati i cittadini salvi, tranne dei feriti, per aver invocato il soccorso della Madonna delle Grazie, a questo resero solenni ringraziamenti; con voto perpetuo di festeggiare l’anniversario del singolare prodigio e di osservare il digiuno nel 1° sabato di maggio, vigilia di sua festa, ed inoltre fu dichiarata Protettrice della Città, e collocata memoria marmorea nella cattedrale.
Osservando la vecchia Contrada Rappello di Cave, ci da la visione disastrosa di quel terremoto: case di rupe, lese, pericolanti e abbandonate, compresa la Torre del Castello Colonnese, ora ridotto a pochi ruderi. Questa popolazione non ebbe morti, né feriti ed invocò la madonna del Campo sempre loro Protettrice. Anche nel 1815 altro disastroso terremoto desolò la Basilicata, il Volturne e le adiacenze.
Nel 1830, durante il Pontificato di Gregorio XVI, si ebbe in Roma alluvioni, pestilenza del Colera e terremoti e a tutti questi flagelli accorse con amore di padre. Ancora nel 1835 altro terremoto scosse la Caloria Citeriore, e danneggiò gravemente Cosenza e alcuni villaggi, distruggendo Castiglione e Rovello con la morte di 150 persone. Il re Ferdinando emanò in proposito varie disposizioni benefiche.
Nel 1844, nei mesi di giugno e luglio le contrade prenestine furono afflitte da frequentissime scosse; e la vicina Palestrina fu danneggiata in alcuni edifici. Datti i sensibili danni causati a questa città, poteva rimanere illesa Cave? Difatti i fabbricati del Rappello già troppo antichi e pericolanti, ne risentirono danno ancora e qualcuno crollò ed altri furono atterrati.
Nell’Abruzzo aquilano, nel 1904, in febbraio ebbe molto a soffrire dal terremoto. Questo cagionò la rovina di Magliano uno dei paesi più deliziosi e ameni della Marsica, che nella stagione estiva attirava una numerosa colonia di villeggiatura. Molte case crollarono, altre si dovettero subito puntellare e la popolazione fu costretta a fuggire e accamparsi all’aperto e soffrire la miseria. Lo stesso terremoto danneggiò gravemente anche il villaggio di Rosciolo, che sorge poco lontano da Magliano, su un contrafforte del monte Velino. Anche gli abitanti di Rosciolo dovettero ricoverarsi sotto le tende.
Magliano e Rosciolo diventarono un cumulo di macerie. Lievi si ripercossero a Cave le oscillazioni, ove gli abitanti, al sommo devoto, invocarono la loro Protettrice Madonna del Campo.
Nello stesso anno 1904, verso le ore 22,30 del mese. Il cielo verso sud si ricoprì di un colore rosso sinistro, velando le stelle come abbiamo già detto in principio di questo capitolo. Questo terremoto, prevenuto in quell’ora da chi scrive questa storia, si avverò verso le ore 4 del mattino, causando una vera ecatombe nelle Calabrie e nella città di Messina.
Difatti studiando dettagliatamente i sintomi che possono precedere un movimento tellurico, ebbi occasione di constatare un caso.
Erano le ore 22,30 come ho detto, quando mia moglie ed io eravamo a passeggio lungo il viale ei Platani o via della Cona, ci si presenta allo sguardo il cielo meridiano di un colore rosso, cosa insolita, poiché in un’ora così tarda, non poteva essere d’un bagliore così sinistro. Dissi a mia moglie: Questo è la conseguenza dei gas che qualche vulcano emette, e potrebbe dar luogo a terremoto.
La mattina seguente i giornali riportavano a lettere cubitali, l’immane disastro tellurico avvenuto nelle Calabrie e in Messina, appena sei ore dopo il mio pronostico.
Uno dei più recenti e una gravità somma è stato altro terremoto della Marsica che colpì gli Abruzzi, la Campania e il Lazio, avvenuto verso le ore 7 del 13 gennaio 1915. In quella tragica ora, Avezzano fu letteralmente spianata al suolo; così altri paesi limitrofi ebbero a soffrire danni gravissimi.
In Cave cadde qualche comignolo di camino, si ebbero numerose lesioni ai fabbricati e alla chiesa di San Carlo, al Chiostro i cui pilastri furono puntellati, per evitare lo sprofondamento dei locali sovrastanti adibiti ad uffici comunali e ad aule scolastiche.
Furono applicate numerose chiavarde o catene di ferro per evitare le demolizioni. La popolazione allarmata, si precipitò nelle campagne, tanto più che per oltre una settimana, la terra sussultò continuamente con minore intensità.
Grave fu il disagio per tutti quei giorni; si soffrì anche il freddo crudo della stagione.
Il narratore che scrive questi sinistri tellurici provò non poco dolore per la perdita di parenti ed amici che contava in Avezzano.