La Contrada detta "Grappello o Rapello"

opo aver dato uno sguardo alle costruzioni più interessanti del vecchio centro del paese, vogliamo che il nostro curioso lettore s’inoltri ad osservare la toponomastica del cosiddetto Grappello o meglio Rapello, ove sussistono casette medievali abitate da famiglie molto legate alla storia dei tempi trascorsi.

L’ubicazione di questo agglomeramento di case ferrigne, si sviluppano fra tre grandi arterie che, dalla piazza di Santo Stefano (ora Garibaldi) discendono e s’inoltrano sboccando: una al Rio, la seconda e la terza alla piazzetta detta "La Croce", e cioè sulla via della Rifolta (ora Roma).

Lungo la Via Rapello troviamo le antichissime chiese di San Pietro e di Sant’Anatolia; e finisce ad un ponticello eretto nel 786, per accedere alle vigne che confinano con Valmontone.

Nel 1784 fu riparato il muraglione nei pressi di Sant’Anatolia, perché rimasto senza parapetto, vi cadde una donna col proprio bambino in braccio.

Nel 1785 fu affidato incarico ad un certo Bielli Benedetto perché riattasse le strade interne del paese a spese delle Comunità passanti; e perciò il Bielli, per ordine del Tribunale e con l’approvazione di Sua Santità, ottenne un premio di scudi 20.

Sulla Via Concordia ci colpisce una finestra quadrifora di pietra serena, ben conservata, richiamandoci alle costruzioni quattrocentesche. Sulla via dell’Indipendenza, al civico n° 17, sull’arco del portale, vi è una piccola lastra di marmo con la scritta: SS. Sacramento; ciò vuol affermare che una volta, questa casa era posseduta dall’omonima Confraternita, e qui debba essere stata la prima abitazione delle tre Maestre Pie Filippini. Sulla porta, al n° 14, vi è un’altra iscrizione da decifrarsi. In Via Scaloni Bielli, trovasi un fabbricato omonimo, il cui ingresso portante il n° 23, sormontato da uno stemma scolpito sul sasso coi simboli di un piccolo festone in alto, in basso tre sbarre perpendicolari e al fianco una specie di gamba; forse una volta proprietari gli eredi Zoppetti, poi passata ai signori Bielli dell’antica famiglia di Cave.

Sotto il Governo Pontificio questo palazzo fu adibito a sede municipale; esso fabbricato è composto di due piani con quattro finestre per ogni piano. Il suo ingresso si mantiene in ottime condizioni, di buona fattura quattrocentesca.

In via dell’Indipendenza vi sono pure costruzioni di valore storico del 1300 / 1400.

Sul fronte di una casa, con ingresso a tutto sesto, al n° 9, spicca un grande stemma a stucco i cui simboli ci dimostrano appartenere al feudo Colonna. Sulla stessa via, sopra un’inferriata a piano terra, trovasi un architrave di marmo, posto lì a rimedio per riparare il muro cadente, portante una scritta indecifrabile, la quale credesi essere di molta importanza storica.

In via della Concordia n° 12, sull’architrave, come in tante altre case di questa contrada, osserviamo scolpito su sasso la sigla ITHS che afferma essere detti fabbricati di Corporazioni religiose.

Uscendo dalla Via Concordia troviamo alla nostra sinistra la casa quattrocentesca, in parte crollata, una volta di proprietà Lucarelli ove dimorò Pietro Trapassi di Ventura, ancora fanciullo.

Nel 1868, sotto il Priorato di Luca Ziluca, nonno del Tenente di Cavalleria Luca Ziluca, caduto eroicamente in terra d’Africa, fu allargato la via della Rifolta (ora Roma) per dare comodità al passaggio dei veicoli, demolendo parte di case che, dall’Arco, giungevano di fronte al presente Lavatoio. Questa strada, in assenza del Priore, fermatosi in Roma vario tempo, fu battezzata in omaggio al capo del paese, col nome di "Borgo Luca Ziluca". Questi ritornato a Cave volle cambiarla col "Borgo dell’Arco". Dopo riunita Roma all’Italia, si volle imporre il nome di Via Roma.

Lo stesso Priore Ziluca volle anche andare incontro ai desideri della popolazione, costruendo ivi, l’ampio lavatoio ricoperto da elegante tettoia sostenuto da colonnine di ghisa.