Il successo editoriale che ha in Italia
il manga (parola composta da man: disegno e ga: svago secondo le
lettere dell’alfabeto cinese utilizzate) ha fatto in modo che gran
parte delle giovani generazioni siano venute a conoscenza del mito
vampirico proprio in seguito alle rielaborazioni operate dagli
scrittori e disegnatori giapponesi che, in parte, si sono appropriati
delle conoscenze folcloriche occidentali, ma vi hanno aggiunto e
diligentemente miscelato anche le loro tradizioni.
Negli ultimi anni il Manga in
Italia ha avuto una diffusione a dir poco sbalorditiva; esordito sotto
forma di pubblicazioni specialistiche destinate a pochi lettori
appassionati, adesso è pubblicato da numerose case editrici e vanta
un ampio consenso da parte di un pubblico eterogeneo. Il merito è da
attribuire alla casa editrice Granata Press di Bologna (oramai
scomparsa) e ai redattori delle Fanzine “Zero” e “Mangazine”,
che hanno avuto un ruolo pionieristico nell’avanscoperta italiana
delle produzioni giapponesi; sfidando le immancabili polemiche di
genitori e insegnanti riguardanti una probabile colonizzazione
culturale nipponica nell’immaginario dei giovani.
Un altro aspetto da tenere in considerazione è che in Italia, al
contrario di quanto accade in Giappone, si è arrivati al Manga dopo
le serie di cartoni animati trasmessi alla televisione, di conseguenza
i primi manga giunti nelle case dei giovani Italiani sono stati
appunto Lamù, Ken Il guerriero e Devil-man, anche se possiamo
includere anche le storie di Heidi, Candy Candy e Lady Oscar che,
sebbene raccolte in giornaletti tutti italiani destinati ai bambini,
si avvalevano di materiale originale giapponese.
Insieme all’aumento delle testate fumettistiche si è espanso anche
il mercato delle videocassette delle serie animate (anime) alcune
nuove per l’Italia, altre con episodi che le reti televisive non
trasmettono più da anni arricchiti di alcune puntate inedite,
alimentando conseguentemente la portata del fenomeno e favorendo la
nascita di negozi specializzati.
La cultura Giapponese è fondamentalmente una cultura dell’immagine
(testimoniata anche dal fatto che la loro scrittura è costituita da
ideogrammi), nei fumetti giapponesi troviamo intere pagine dove è
proprio l’immagine a raccontare le vicende a volte accompagnata da
suoni onomatopeici che, con maggiore o minore discrezione, risaltano
dallo sfondo; il lettore si trova così ad appropriarsi
dell’immagine stessa potenziando le sue capacità d’astrazione,
inoltre l’essenzialità dei tratti somatici dei personaggi consente
una grande versatilità di espressioni a seconda delle circostanze.
I manga
attualmente in commercio sono veramente numerosi e diversissimi per
quanto concerne la storia che narrano, in Giappone vengono stampati
fumetti per ogni fascia di pubblico: esistono manga per bambini, manga
per adolescenti maschi (Shonen) e per adolescenti femmine (shojo) e,
infine, manga per giovani uomini e per adulti; ognuno di questi
generi, poi, si compone di ulteriori sottogeneri.
L’immaginario
collettivo giapponese abbonda di figure mitologiche mostruose, alcune
provenienti dai culti Scintoista e Buddista, altre provenienti dalle
leggende autoctone e cinesi.In questo bestiario possiamo annoverare i
demoni volpe, i demoni tasso, i demoni-cane (inugami) che Rumiko
Takanashi (soprannominata la principessa del manga) ha esumato e
proposto nella serie Inuyasha, che sta tuttora godendo di un buon
successo televisivo ed editoriale; ma non mancano i Vampiri (kyuketsuki)
che, oltre ad essere i protagonisti di molte pellicole del cinema
locale, entrano anche nell’ambito fumettistico.
CHI SCHERZA COI VAMPIRI…
Osamu Tezuka, considerato il
Dio dei manga, si cimentò per primo coi vampiri facendo combattere il
suo Astroboy (un robot con le sembianze di un bambino) con un vampiro nel
1966. Un altro vampiro di Tezuka è nientemeno che il conte Dracula,
abilmente rivisitato in chiave umoristica. Il principe delle Tenebre,
che lui chiama Don Dracula è illustrato avvalendosi dei canoni
cinematografici: in semplici tratti caricaturali riunisce tutti gli
stereotipi occidentali dell’aristocratico allampanato, munito di
robusti canini e col naso aquilino.
Questo vampiro, però, è sfortunato: immancabilmente le sue vittime
non gli consentono di nutrirsi, vuoi per un’alitosi dalle origini
inequivocabili o perché recano ninnoli cruciformi; come se non
bastasse, sua figlia Ciocola ne combina di tutti i colori; insomma
l’unica cosa che va a suo beneficio è l’inettitudine
dell’antagonista Van Helsing.
Un altro disegnatore che
ridicolizza Dracula è Fujio Fujiko, il “papà” di “Carletto il
principe dei mostri” approdato in Italia come cartone animato nei
primi anni ottanta. Nella serie il figlio del re dei mostri arriva
sulla terra in compagnia dei tre esemplari più rappresentativi della
teratologia: il mostro di Frankenstein, l’uomo lupo e, ovviamente,
il Conte Dracula. Carletto fa amicizia con un bambino fifone dallo
svenimento facile di nome Hiroshi e insieme risolvono i problemi degli
abitanti Mostrilandia che capitano sulla terra, (mostri della laguna
che non sanno nuotare, piante carnivore dal cuore tenero ecc…). Il
Dracula di Fujiko conserva le caratteristiche classiche del nobile con
atteggiamenti snob e un look impeccabile anche se, sebbene sia munito
di zanne, non beve sangue ma succo di pomodoro. I personaggi, anche in
questa serie, sono caratterizzati con tratti molto essenziali e
talvolta grotteschi, i caratteristici “occhioni”, che sono il
tratto distintivo delle produzioni fumettistiche nipponiche, compaiono
solo in momenti di “tensione emotiva” sempre rispettando il
carattere comico della serie, quindi con un effetto di paradossalità.
Anche la serie di cartoni animati “Ransie la strega” si è fatta
zimbello del vampiro che, in questo caso è un padre di famiglia che
dal mondo della magia si trasferisce in Giappone, la moglie è un lupo
mannaro e la figlia (Ransie) è un ibrido tra i due. I problemi
iniziano quando la ragazza entra in età puberale e si risvegliano in
lei i lati mostruosi, le vicende sono quelle quotidiane di qualsiasi
sua coetanea, però Ransie deve inserirsi in un paese straniero e fare
il pssibile per evitare di farsi scoprire mentre si trasforma. In
questa serie seppur posto con toni umoristici e talvolta faceti, il
mostruoso assume un valore pedagogico importante volto
all’accettazione dei lati oscuri della propria personalità, il
signor Lupescu (il Vampiro) deve più volte trovare il modo di
consolare la figlia e, contemporaneamente, è frustrato dal fatto che
non può fare nulla per cambiare le condizioni.
Ben più recente e sempre sullo stesso tono è Cowa di Akira Toriyama,
pubblicato in Italia come fumetto in volume unico dalla Star Comics
nell’aprile 2000. Il protagonista è un bambino di nome Paifu che
vive in un paese che si chiama Capo Pipistrello, è un posto abitato
solo da mostri e i contatti con il mondo degli umani sono occasionali
ed evitati accuratamente. Paifu è un vampiro che tutte le sere si
alza dalla sua bara per andare a scuola, il suo migliore amico è un
fantasma e giocando sperimentano la paura come tutti i bambini
normali, solo che nel paese dei mostri a spaventare sono gli angeli
amorevoli e i baci. Le avventure di Paifu hanno inizio quando a Capo
Pipistrello si verifica un’epidemia di “raffreddore da mostro”,
una malattia letale e la sola medicina che può portare a guarigione
la produce una vecchia strega che vive sola su una collina oltre il
villaggio degli uomini. Il giovane vampiro, il suo amico fantasma e un
altro mostriciattolo sbruffone decidono di partire e recuperare
l’antidoto attraversando le pericolose terre degli uomini.
All’inizio del viaggio incontreranno un esemplare della razza umana
con un caratteraccio che, associato ad un aspetto inquietante, risulta
più vicino ai mostri che ai suoi simili. Il viaggio non sarà certo
facile a causa della cattiveria degli uomini, e il piccolo Paifu avrà
anche modo di recuperare l’identità di Koala Mannaro del suo
defunto padre. La vicenda avrà un comico lieto fine (scopriranno che
potevano ordinare la medicina per posta o via internet…) e l’uomo
che ha aiutato i ragazzi sarà ricompensato. Sono disegni che non si
allontanano dallo stile che contraddistingue l’artista, lo stesso
che abbiamo conosciuto in Dragon Ball e Arale (le serie con le quali
è diventato famoso): tratti tondeggianti e morbidi, paesaggi
fantastici ecc… l’unico personaggio coi muscoli da
culturista è il custode della strega e non li userà nemmeno. In
questo breve volumetto sono ben riassunte le caratteristiche del
viaggio iniziatico, la necessità di perdersi per poi ritrovarsi, col
classico topos del bosco, e l’umorismo è quasi paragonabile a
quello che aleggia all’interno della nota Famiglia Addams.
Anche la serie animata master Mosquiton di Masaharu Takayama, Satoru
Akahory e Hiroshi Negishi prende bonariamente in giro il vampiro.
Negli anni venti la quindicenne Inaho, discendente da una famiglia di
streghe, scopre e risveglia dalla tomba il vampiro Alucard Von Mosquiton e i suoi due servitori (che hanno l’aspetto di due bambini
ma in realtà sono i padroni del fuoco e del ghiaccio). Mosquiton,
(che la ragazza chiama amichevolmente Monchan) è docile e
servizievole, diventa capace di atti di crudeltà solo dopo aver
bevuto sangue umano col classico morso sul collo, Inaho gli chiederà
di aiutarla a trovare un amuleto capace di donare l’eterna
giovinezza a chi lo possiede. Intanto il conte Saint Germani e
Rasputin vogliono distruggere l’umanità per nutrirsi dell’energia
vitale. Farà la sua comparsa anche Camille, la sposa di Mosquiton di
300 anni prima, anch’essa vampira e rivale di Inaho. Dopo una serie
di avventure - alcune si svolgeranno addirittura sulla luna - ,
troveranno l’amuleto il quale sprigionerà un tremendo potere
distruttivo che sarà placato solo dal sacrificio di Mosquiton e dei
suoi servitori.
CHI, INVECE, NO!
Con
i mostri e con i vampiri non scherza affatto Saburo Sakai l’ideatore
della serie BEM, anche qui il protagonista è un bambino che, insieme
ad uomo corpulento e una donna pallida con le labbra sanguigne,
incontra mostri d’ogni specie dai quali deve salvarsi e salvare la
gente.
Questa cupa famigliola ha avuto origine in laboratorio a causa di
un’eccessiva riproduzione di alcune cellule di un brodo primordiale.
Nonostante il loro aspetto mostruoso (quando si presentano in forma
“umana” hanno solo tre dita e un colorito “verdognolo” ma,
quando rivelano la loro vera natura, sono ben peggiori), hanno un
profondo senso di giustizia che li spinge a combattere i mostri veri
– che molte volte si nascondono proprio fra gli umani – con la
speranza di diventare uomini e condurre una vita che non preveda la
necessità di nascondersi. Questa serie, trasmessa nelle
televisioni italiane nei primi anni 80, è stata proposta recentemente
in videocassetta con limitazione alla visone ai 14 anni, l’umorismo
è completamente messo al bando (le battute di spirito che raramente
compaiono hanno un retrogusto amaro e commuovente), le scene sono
degne dei migliori film horror e così le musiche di sottofondo. Anche
se non sono vampiri, la protagonista femminile ne conserva appieno le
caratteristiche: pallore sepolcrale e una fisicità che invita alla
lussuria, invece l’uomo ha l’aspetto del dandy una bocca piena di
zanne, ma il tratto vampirico più evidente è la malinconia e la
profonda solitudine di questi “mostri buoni” che vivono una vita
che non è vita della quale prenderanno coscienza in un triste
epilogo.
Sempre degli anni ottanta è la serie a fumetti JOJO, di Hiroiko Araki.
Il primo
numero si apre col sacrificio di una giovane fanciulla in un tempio
precolombiano, il sacerdote indossa una maschera di pietra che a
contatto col sangue si anima di vita propria. In
seguito l’ambientazione diventa la Londra degli ultimi anni del
diciannovesimo secolo e comincia la narrazione delle vicende di Dio
Brando che, rimasto orfano va a vivere presso la famiglia Joestar la
quale, ignara dell’intento del ragazzo d’impadronirsi
esclusivamente del patrimonio, lo accoglie come un figlio. Lord
Joestar vive in una sontuosa villa col figlio Jonathan (JoJo) che ha
la stessa età di Dio, appesa ad un muro c’è la misteriosa maschera
che compare nelle prime pagine. Fra i due fratellastri sorgerà una
rivalità insanabile. Presto Dio constaterà la potenza che si nasconde in JoJo, e
sarà costretto a simulare amicizia per sette anni. Nella Londra di
Jack lo Squartatore, i ragazzi sono ormai grandi ed hanno intrapreso
carriere diverse, JoJo studia architettura e dedica molto tempo a
cercare di scoprire i segreti della maschera, Dio, invece studia legge
e contemporaneamente avvelena il patrigno con uno sconosciuto
preparato cinese. Curiosando nella camera del fratellastro Dio
rinviene gli appunti di JoJo sulla maschera e decide di provarla
cercando una cavia nella popolazione dei sobborghi di Londra. La maschera, se adeguatamente nutrita di
sangue, conferisce a chi la indossa poteri eccezionali fra cui la
giovinezza e un’immensa forza fisica, decide di sfruttare questo
potere per raggiungere i suoi obiettivi; tenendo presente che
l’unico limite della maschera è la luce del sole che indebolisce
chi la indossa.
Ci sarà uno scontro tra i fratelli che non sarà risolutivo e le
avventure di queste prima serie continueranno per sette numeri quando
il protagonista diventerà Joseph Joestar, nipote di Jonathan. La
struttura della narrazione per molti versi è simile ai romanzi
d’appendice: compaiono frequentemente nuovi personaggi, agnizioni e
ricordi del passato; ma insieme
a queste caratteristiche, tipiche della narrativa di fine ottocento,
vi sono tecniche di combattimento e scontri tipici dei fumetti di
fantascienza nipponici.
I
disegni non sono avari di dettagli e le scenografie riproducono
minuziosamente gli aspetti della realtà, a cominciare dalla ricchezza
degli arredi di Villa Joestar fino allo squallore dei sobborghi della
Londra Vittoriana. I personaggi sono esaltati nella loro fisicità
fino all’eccesso, la muscolatura non è solo imponente, rasenta la
deformità facendo contrasto alla bellezza dei volti. Le scene di
combattimento sono ben condite con gli spruzzi di sangue necessari
senza cadere nello splatter più volgare ma mantenendo un dignitoso
tono horror.
Spesso i manga horror si contaminano con altri fenomeni narrativi, in
particolare il Fantasy, un genere molto in voga in questi ultimi anni,
spesso accade che con i mostri e i diavoli facciano la loro comparsa
altre creature originatesi dal folclore celtico e mediterraneo, è il
caso di Bastrad! Di Kazushi Hagiwara. Dove il protagonista,
l’arcimago Dark Shneider deve combattere contro l’armata delle
tenebre che minaccia il suo regno, in alcuni episodi vediamo anche
demoni che si nutrono di sangue.
Uno splendido lavoro Fantasy/Horror è Warlands di Pat Lee e Adrian
Tsang, pubblicato dalla Panini dal luglio 2000 all’all’agosto
2001. L’origine del fumetto è americana ma gli artisti hanno
illustrato la storia avvalendosi delle tecniche degli anime
giapponesi. Malagen, il re dei vampiri di Datara scatena una guerra
contro i pacifici abitanti di Warlands per il possesso di una magica
armatura. A combattere i vampiri saranno un guerriero, un soldato, un
giovane mago con il suo mentore e un’elfa, ma altre creature magiche
compariranno nel corso delle avventure. L’esito sarà infausto per i
vampiri a causa del tradimento del loro principe. Le scenografie sono
disegnate in maniera veramente pregevole, in particolare i boschi e
gli scenari naturali che, attraverso un buon dosaggio dei colori e dei
giochi di luci ed ombre trasportano il lettore in un mondo davvero
magico.
Recentemente
conclusasi la serie Vampire Princess Miyu di Toshiro Hirano e Narumi
Kakinouchi. Vediamo un vampiro che perde completamente le
caratteristiche che la tradizione europea, il romanzo gotico e il
cinema gli hanno conferito; attenendoci ai canoni occidentali,
probabilmente, non abbiamo nemmeno a che fare con i vampiri, infatti,
è la tradizione scintoista a far da padrone. La
protagonista, innanzitutto, non è mai morta, è una ragazzina normale
alle prese con le quotidiane faccende adolescenziali, quando non
indossa il tradizionale Kimono usa la divisa scolastica; non teme
aglio, croci ecc. e beve sangue solo per difesa o se le viene offerto.
E’ la custode della porta del Makai (una sorta di regno delle ombre)
dove dimorano gli Shinma, il suo compito è cercare queste entità
dotate di poteri soprannaturali, che si sono allontanate, e farle
tornare indietro. Accanto a lei c’è Larva (i traduttori italiani
non lo hanno appositamente ribattezzato perché la nostra tradizione
annovera entità “quasi vampiriche” con lo stesso nome),
anch’egli uno shinma che ha il compito di proteggerla; i due sono
uniti da un legame molto profondo consistente principalmente nel
sangue che Miyu ha bevuto dalle vene dell’amico ma che, col tempo,
sarà nutrito anche da sentimenti d’amore reciproci. Le avventure di
Miyu iniziano quando gli Shinma occidentali sbarcano nel Makai
giapponese con lo scopo di impadronirsene, e attaccano subito la
principessa Vampira, costringendola ad uno stato di morte apparente
dal quale si risveglierà solo negli ultimi numeri (i combattimenti
saranno intercalati da frammenti di ricordi della protagonista che
fanno chiarezza sul rapporto che ha con Larva e, dal numero 4, farà
la sua apparizione Yui, una parente di Myiu che l’aiuterà a
risvegliarsi e avrà un ruolo determinante nella sconfitta di alcuni
nemici). Per tutto il corso della serie si respira un’atmosfera
onirica e impalpabile a causa dei disegni della Kakinouci dal tratto
molto delicato. La sessualità degli shinma è ambigua, a
soggetti dall’aspetto femminile ci si rivolgerà al maschile e
viceversa, creando una certa confusione.
Approdato in Italia da circa un anno il bellissimo Rebirth del
coreano Kang Woo Lee. Il protagonista è un vampiro di nome Deshwitat
che, risorto da un sonno secolare, cerca di impadronirsi del potere
della luce per avere ragione di un antico nemico, uno stregone di nome
Kalutika, che lo sconfisse nel
1641; nel corso di quella battaglia perse anche la donna amata.
Deshwitat è un vampiro senza scrupoli, le sue motivazioni
provengono esclusivamente dal desiderio che ha di vendicarsi, quando
avrà raggiunto il suo scopo potrà finalmente morire. Anche coloro
che lo accompagnano nel lungo viaggio alla ricerca di Kalutika non lo
fanno certo per affetto nei confronti del vampiro, in particolare la
giovane Remi che ha visto morire il padre per mano di Deshwitat che
prima lo ha vampirizzato e poi lo ha ridotto ad un mucchietto di
ceneri che torneranno ad essere carne vivente solo quando l'artefice
del delitto sarà morto. L'artista presta molta attenzione agli
scenari dove si muovono i protagonisti; la ricchezza dei dettagli
architettonici e paesaggistici, nonché i particolari degli abiti
rendono il fumetto godibile non solo dal punto di vista orrorifico.
Sempre dalla Corea arriva Model, di Lee So-Young, un fumetto
prettamente gotico, che risente dell'influenza delle Cronache dei
Vampiri di Anne Rice.
La protagonista è una pittrice che, per aver salva la vita, deve fare
un ritratto ad un affascinante vampiro biondo di nome Muriel. Si
trasferirà nella villa dove il vampiro vive con la sua governante, la
curiosità della fanciulla la porterà ad esplorare l'immensa
abitazione, ad incontrare gli inquietanti ospiti di Muriel e a
scoprire i segreti del passato del suo modello; purtroppo il lavoro
sul quadro subirà dei forti ritardi... I personaggi sono illustrati
con tratti molto allungati e, i soggetti maschili presentano caratteri
effemminati. Anche in Model vediamo una cura quasi maniacale dei
particolari di abiti e scenografie con l'effetto di conferire anche
alla storia un retrogusto artificioso.
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