A
ricordo del centenario 1905-2005 Il catastrofico
terremoto dell'8 settembre 1905 Pagine di storia a cura
di Alberto Anelli
Il
1 dicembre del 1907 vennero consegnate 17 nuove case
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CASTROLIBERO ALL'INIZIO DEL
SECOLO XX: Nel
Comune di Castrolibero, all'inizio del XX secolo, vivevano all'incirca 1400 persone,
di cui solo 300 risiedevano sulla collina, altre 1100 erano disseminate nelle
campagne sottostanti, nelle variopinte case coloniche dette "turre",
poste nelle vallate delimitate dai fiumi Surdo e Campagnano. Il centro del paese,
per gran parte rivolto verso Marano, era costituito da un insieme di case che
si succedevano le une alle altre, per un fronte lungo trecento metri e largo,
in media, settanta. L'ingresso del paese, dal quale si snodava l'unica strada
rotabile per Cerisano-Cosenza e nel quale era situata la chiesa parrocchiale SS.
Salvatore, aveva un aspetto squallido e decisamente poco accogliente: un insieme
di case dirute e disabitate adibite a fienile, un lezzo terribile proveniente
dalle fosse di letame disseminate nel paese, che a tratti si confondeva con i
terribili miasmi del cimitero ubicato ad Ovest della chiesa di piazza Pandosia
(allora detta via Amorella). Il tutto era aggravato dall'utilizzo della zona vicina
al cimitero per soddisfare i bisogni corporali della comunità. Erano elementi,
questi, che rendevano difficile ed igienicamente precaria la vita sulla collina.
Chi abitava nel "vallo" non stava meglio, erano infatti ben conosciute
le conseguenze delle "sorgenti malariche" che imperversavano in quei
luoghi. In quegli anni le problematiche della comunità di Castrolibero
si coagulavano intorno alla forte emigrazione che faceva "
una terribile
guerra alla proprietà (terriera)", e alle iniziative del Sindaco Achille
Parise che voleva a tutti i costi dotare il comune di un Orologio da Torre da
inserire nell'altissimo campanile, allora esistente a ridosso della chiesa di
piazza Pandosia. La parte politica avversa (di matrice cattolica), capeggiata
da Pietro De Luca sosteneva invece che altri erano i reali bisogni della comunità,
quali un adeguato cimitero, una "levatrice" patentata, strade, acqua
e, soprattutto, un ponte sul fiume Campagnano. Tutto era pronto per l'acquisto
dell'Orologio, quando sopraggiunse il catastrofico terremoto dell' 8 settembre
1905 che, con i lutti e le devastazioni che lo caratterizzarono, fece momentaneamente
accantonare quel progetto.
IL
TERREMOTO DELL' 8 SETTEMBRE 1905 Accadde di venerdì. Erano le ore
2,40 dell'8 settembre 1905. La gente a quell'ora dormiva e fu sorpresa nel sonno
più profondo. Era il terremoto che distruggeva gran parte di Castrolibero.
Nel paese, uno dei più colpiti della Calabria, ebbero fortunatamente a
lamentarsi solo 7 vittime e 10 feriti gravi. I danni maggiori si registrarono
nella parte superiore dell'abitato, quello esposto a Sud-Ovest, verso Marano.
Su 82 case interessate dal sisma ben 34 erano, infatti, ubicate nell'area dei
rioni Santa Maria e San Giovanni. (Nel rione Chiesa Vecchia otto, nel quartiere
Lamia dieci e nove nella Salita Giardini). In quei momenti tremendi erano
crollati 23 fabbricati (di cui 7 nel rione Santa Maria, 5 nei pressi della piazza
Chiesa Vecchia, 2 nel rione Lamia, 2 nella Salita Giardini, 2 nel rione San Giovanni,
1 in via Amorella (zona chiesa SS. Salvatore), 1 in via Mondizzaro e 3 in altri
posti) mentre 59 fabbricati erano stati danneggiati seriamente. All'indomani
della catastrofe presentavano profonde lesioni la scuola e il municipio, mentre
la chiesa parrocchiale (di piazza Pandosia) e la chiesa di Santa Maria, che minacciavano
di crollare da un momento all'altro, dovettero essere chiuse alle funzioni religiose.
L'abitato assunse un aspetto triste e desolato. Tutte le abitazioni erano state
abbandonate e la gente bivaccava nei campi, sotto tende improvvisate con lenzuola
e rami d'albero. La maggior parte della popolazione si era rifugiata nel luogo
detto "barraccheddre" (piccole baracche) in zona "orticelle",
praticamente sotto il "Truglio" in via Roma. Il luogo aveva quel nome
a causa di molte casette di legno a due piani che allora vi erano state costruite
per ospitare nel piano basso il bestiame. I soccorsi furono pressoché
inesistenti: le prime vettovaglie giunsero a Castrolibero solo il 24 settembre
insieme ad un sacco di pasta inviato dal Comitato Napoletano. Il 14 settembre
Sua Maestà Vittorio Emanuele III si recò a visitare le zone più
colpite della Calabria. Alle 10.35 di quel giorno, a bordo di una scoppiettante
automobile, fece il suo ingresso a Marano Marchesato, con l'intento di proseguire
successivamente per Marano Principato e Castrolibero. Il rapido volgere della
sera, purtroppo, non permise al Sovrano di seguire quell'itinerario. A Castrolibero
quello stesso giorno si recò in sua vece l'allora Ministro dei Lavori Pubblici
Ferraris che, secondo le cronache dell'epoca, "
restò inorridito,
esterrefatto, dinnanzi a si immane rovina". A Napoli, nei giorni successivi
al terremoto, si costituì un Comitato per portare aiuto e solidarietà
alle popolazioni Calabre investite dalla catastrofe. Solo successivamente tale
aiuto si concentrò su Castrolibero, Torzano (ora Borgo Partenope), Castiglione
Marittimo (fraz. di Falerna) e sul restauro della chiesa di Marano Marchesato. I
MESI SUCCESSIVI Nei giorni e nei mesi successivi al catastrofico terremoto,
si procedette ai lavori di sgombero e di ricostruzione delle case. Tali attività
iniziate, nel marzo 1906 con pompieri ed operai, durarono circa 20 mesi. In
ossequio al progetto prescelto dal Comitato Napoletano si volle essenzialmente
ricostruire il numero delle case danneggiate e crollate, - le prime con dell'ottima
muratura e con rafforzamenti in ferro, e le seconde adottando il tipo di casa
"baraccato", la cui ossatura in legno a gabbia indeformabile, poggiante
su di una platea di muratura, costituiva all'epoca un presidio validissimo contro
il ripetersi di perturbamenti sismici. I danni riportati dai caseggiati furono
gravissimi, rottami di travi e massi di pietra ovunque, e le difficoltà
che il Comitato dovette attraversare nell'esecuzione dei lavori di riattamento
furono varie e di grande importanza, e potettero risolversi grazie alla tenacia
dei preposti ai lavori, nonché all'interessamento del duca Spiriti di rione
Fontanesi, che intervenne non poche volte ad evitare ostacoli non lievi. Ai
lavori fu preposta una Commissione composta dai Signori Falvella, Masdea e Laliccia,
componenti del Comitato Napoletano, ed i lavori stessi vennero eseguiti in economia,
con acquisti diretti di materiali da parte del Comitato.
LA DIFFICILE CONVIVENZA DI CASTROLIBERO CON I TERREMOTI Si legge a
proposito del terremoto dell' 8 settembre 1905 nelle pagine di un vecchio libro:
"Castrolibero sorge sopra un cocuzzolo sul versante orientale della Catena
Costiera, fra il Torrente Lavaturo, affluente del Surdo, e il Torrente Campagnano,
che si scaricano nel Crati. La sua altitudine è di m. 576 s.l.m; riposa
su sabbie gialle del pliocene superiore, che poggiano sopra argille azzurre del
pliocene medio.(Castrolibero
un tempo era sommerso dal mare). Rispetto alle condizioni sismologiche
questo paese trovasi compreso nella grande zona di instabilità sismica
del vallo Cosentino, ma meno esposto di Piane Crati alle commozioni irraggianti
dell'epicentro del 1870. Infatti in tale anno subì solo lievissimi danni.
Nel complesso e micidiale terremoto del 1638 (n.d.r. ore 22,00 sabato delle Palme
del 27 marzo 1638) trovasi fuori dall'area di massima devastazione: ciò
malgrado fu quasi del tutto disfatto, avendo avuto 161 case cadute e 53 morti
(in quell'occasione crollò anche la "chiesa vecchia"). Nel
1854 (n.d.r. ore 0.45 del 13 febbraio 1854) è compreso nella zona mesosismica;
ebbe molti edifici distrutti ed altri gravemente lesionati; due chiese quasi diroccate
(S. Maria e S. Giovanni) e la Parrocchiale (SS. Salvatore) non poco danneggiata.
Però non si ebbero a deplorare vittime, ma solo moltissimi feriti (In realtà
nei giorni successivi si contarono 2 morti). In Castrolibero - il cui agglomerato
risulta, secondo l'ultimo censimento (dell'epoca), abitato da 468 persone - vennero
distrutte dal terremoto del 1905 n. 23 case; le altre 49, oltre il Municipio,
la Scuola e la Chiesa madre, ebbero bisogno per essere rese abitabili, di parziali
ricostruzioni, di restauri non indifferenti e rinforzi numerosi; infine in 7 edifici
fu necessaria la demolizione del piano superiore. Le vittime furono fortunatamente
poche: morti 7 e 4 feriti. Il Comitato Napoletano, oltre al riattamento del vecchio
abitato si assunse la costruzione di 18 case (n.d.r. in realtà ne vennero
costruite 17) in sostituzione di quelle distrutte o non riparabili. Non potendosi
spostare l'abitato, anche perché la percentuale degli edifici abbattuti
era modesta, il nuovo quartiere ebbe sua sede in una zona prossima al vecchio
paese e precisamente nella parte più elevata (zona chiesa vecchia), con
ottima esposizione, occupando sia l'area di risulta delle vecchie case demolite,
sia nuovi terreni espropriati dall'Amministrazione comunale."
Citiamo
solo di sfuggita gli altri terremoti che interessarono Castrolibero ma non causarono
vittime: - 28 marzo 1783 ore 01.30: ben 19 famiglie senzatetto; due chiese
gravemente lesionate (SS. Salvatore e S. Maria della Stella) - 12 ottobre
1835 ore 00.00: crollo di un masso con le reliquie di un antico tempio pagano
in località Castelvenere. - Notte tra il 20 e il 21 febbraio1980: nessuna
vittima, ma grande paura e molte case lesionate. Vennero assegnati un certo numero
di prefabbricati
ai senzatetto.
LE NUOVE CASE "ANTISISMICHE" COSTRUITE DOPO IL TERREMOTO DEL 1905
Le casette furono in gran parte costruite intorno ad una piazzetta (che venne
in un primo momento battezzata piazza Napoli e successivamente piazza Francesco
Pescatore) e distavano l'una dall'altra per tutti i quattro lati per larghezze
di strade di metri 3,4 e 5. Non fu possibile fornirle di piccolo orto per deficienza
di aree disponibili. La superficie totale occupata raggiunse mq 2600 circa.
Il tipo di casa adottato fu ideato e studiato dall'ing. Silvestro Dragotti, ufficiale
nel Corpo dei civici Pompieri di Napoli: consiste in un edificio "baraccato"
composto di due locali terreni fra loro comunicanti e provvisti di uscite separate.
Ogni casetta è costituita con platea generale in muratura, sulla quale
poggia l'ossatura in legno, la quale a sua volta resta annegata sulla massa muraria.
Quest'ultima ha uno spessore di cm. 50. E' coperta da tetto di tegole tipo marsiglia,
e si compone a pianterreno di due ambienti e un sottotetto praticabile capace
di contenere le provviste di una famiglia. Di questo tipo di case "antisismiche"
ne furono costruite 17 a Castrolibero (10 a Torzano). La gran massa di lavoro
sviluppatosi nel restauro delle case del vecchio abitato permise di far perdere
ogni traccia dei danni prodotti dal terremoto. L'ossatura in legno di castagno
delle nuove case, a grossa squadratura, formava un unico insieme, i cui pezzi
erano collegati con incastri e staffe di ferro. Tutte le ossature e gli infissi
vennero costruiti a Napoli, in apposita officina elettrica, con la mano d'opera
dei pompieri. In tal modo si ottenne, col trasporto ferroviario gratuito concesso
dal Governo, una notevole economia di spesa. Dopo l'inizio dei lavori a Castrolibero,
sotto la direzione dell'ing. Eduardo Lecaldano, l'amministrazione comunale provvide
all' esproprio dei suoli necessari per costruire i rioni delle nuove case. Si
ottenne di conseguenza il risanamento dell'antico abitato, in quanto con i suoli
delle case demolite fu possibile allargare le strade e formare nuove piazzette.
LE
MISURE E IL COSTO DELLE NUOVE CASE Ogni casetta, esteriormente delle dimensioni
di m. 9,50 per 5,50. ed alta in colmo m. 6,50 e m. 5,00 sui lati, si componeva
di due locali terreni delle dimensioni di m. 5,55 per 4,50 e di m 2,55 per 4,50,
per una superficie netta di mq 24,97 e mq 11,47. Le due stanze erano fra di loro
intercomunicanti mediante una porticina di m. 1.00 di larghezza. Ognuno dei due
locali aveva una propria porta di uscita di m.1,30 x 2,50 con infissi di castagno
e riceveva luce da una finestra di m. 1,10 x 2,00, munita di infissi dello stesso
legno con sportelli di abete. Il costo di ogni casetta si può calcolare
approsimativamente in L. 4.500 dell'epoca. L'INAUGURAZIONE
DELLE CASETTE "ANTISISMICHE" Il benemerito Comitato costituitosi
a Napoli, nel settembre 1905, con sincero e spontaneo movimento di fraterna filantropia,
all'annunzio del disastro che si era abbattuto sulla nostra regione, procedette
- domenica 1° dicembre 1907 - alla consegna delle case a Castrolibero e alla
borgata di Cosenza detta Torzano (ora Borgo Partenope). La bella festa, sia nell'uno
che nell'altro villaggio, riuscì davvero solenne e indimenticabile sia
per la grande partecipazione di autorità e cittadini giunti anche da Cosenza
e dai paesi vicini, sia per il sentimento di calda gratitudine e di commozione
che vibrava negli animi di tutti. IL
LUNGO VIAGGIO DEL SINDACO DI NAPOLI FERDINANDO DEL CARRETTO I Rappresentanti
del Comitato Napoletano partirono in treno da Napoli alle 15.25 del 30 novembre
1907. Giunsero a Cosenza alle 4.25 del mattino successivo. Facevano parte
della rappresentanza del Comitato Napoletano il Marchese Ferdinando del Carretto,
Sindaco di Napoli - il conte Giuseppe Falvella, - il Cav. Vittorio Pivetta, Vice
Presidente dell'Associazione dei Commercianti di Napoli, - il senatore Barone
Francesco Compagna, - l'ing. Silvestro Dragotti, - il Barone Lorenzo Zampaglione,
- il Comm. Arturo Masdea, Vice Presidente dell'Istituto Nautico napoletano, -
l'avv. Vittorio Alfredo Russo, - il cav. Gessari Alberto, segretario generale
del Comitato, - ed il Cav. Enrico Bianco, segretario particolare del Sindaco del
Carretto. IL
RICEVIMENTO A COSENZA Il Consiglio provinciale di Cosenza e la Giunta
comunale avevano stabilito di ricevere con sincera deferenza gli illustri ospiti
che venivano a raccogliere il premio morale della loro opera meritoria e filantropica.
Alle otto di mattina del 1° dicembre 1907, ad invito del comm. Mele vi fu
un ricevimento nella Sala del Consiglio Provinciale, ove - oltre ai signori del
Comitato - erano invitati tutti i Consiglieri e Deputati Provinciali presenti
in Cosenza e parecchie Autorità cittadine fra cui il Prefetto comm. Nievo
ed il prof. Nicola Misasi, che poi pronunciò un discorso di grande oratoria
in Castrolibero . Agli intervenuti furono serviti in modo generoso: cioccolata,
caffè, latte, liquori e paste. Gli onori di casa vennero fatti dal comm.
Mele e dall'egregio cav. uff. Pellegrini, segretario Generale della Provincia.
ARRIVO A CASTROLIBERO
PER L'INAUGURAZIONE DELLE CASE Verso le nove, nelle numerosissime carrozze
- quasi cinquanta - schierate nella piazza della Prefettura di Cosenza, presero
posto i Componenti il Comitato e gli invitati per avviarsi a Castrolibero.
Dopo un viaggio un po' lungo e un po' lento, a causa del gran numero di carrozze
che si snodavano a distanza ravvicinata le une dalle altre, sotto un tiepido sole
quasi primaverile che regalava un aspetto sorridente alla campagna ancora bella
nella sua ultima agonia autunnale, alle 11 il corteo arrivò a Castrolibero.
Si percorse l'unica strada carrabile allora esistente che collegava Cosenza a
Santa Lucia e Castrolibero. All'epoca esistevano, inoltre, solo due mulattiere:
via Porticelle a Sud-Est che collegava Castrolibero a Cosenza e via San Francesco
(poi via Roma) che collegava la Lamia all'omonima chiesa di San Francesco della
famiglia Parise e da lì, attraverso la "Silica" e la "Croce
di Barbaro" alle campagne a Nord del paese. L'ACCOGLIENZA
A CASTROLIBERO Il villaggio - situato in posizione incantevole - "dal
quale si domina con lo sguardo un orizzonte infinitamente pittoresco e meravigliosamente
sconfinato" - era tutto parato a festa per la lieta circostanza: dappertutto
bandiere, festoni, drappi. La banda di Rende, diretta dal distinto maestro Guerresi,
all'arrivo dell'interminabile corteo, intonò la marcia reale. A gruppi
le contadine, nei loro vivi abiti festivi, ed i paesani, guardavano con occhi
quasi increduli e meravigliati tutta quella moltitudine di persone che aveva invaso
il paese. A ricevere il Comitato, le Autorità e tutti gli invitati
c'erano il Commissario Prefettizio rag. Maradei, l'Assessore De Bartolo e il medico
Aiello. Dopo i saluti e le presentazioni, tutti si sparsero a visitare le
numerose case fatte costruire dal Comitato Napoletano, e "tutti dovettero
ammirare l'esattezza, la precisione e il metodo rispondente alle regole d'igiene
con cui vennero costruite." (n.d.r. E' curioso notare che i bagni non erano
previsti in quelle costruzioni). LE
AUTORITA' INTERVENUTE ALLA MANIFESTAZIONE Oltre i componenti del Comitato
Napoletano e i rappresentanti della stampa erano presenti: il Prefetto comm. Nievo,
il comm. Mele, Presidente del Consiglio Provinciale, il Maggiore dei Carabinieri,
l'Intendente di finanze ff. cav. Corigliano, l'Arcivescovo mons. Sorgente, il
Direttore del Banco di Napoli, il Presidente della scuola Agraria barone Cosentini,
l'on. Nicola Spada, il Direttore d'Archivio sig. Antonio Greco, il presidente
della R. Scuola Industriale Dott. Cosco, il Sindaco di Marano , sig. Carlo Zupi
col Segretario comunale, sig. Aquino, Nicola Misasi, Il Presidente del Consiglio
Notarile cav. Gullo, la Giunta comunale di Cosenza al completo e molti Deputati
e Consiglieri Provinciali. Dopo la benedizione delle nuove casette, fatta
dal Mons. Sorgente, coadiuvato dai canonici Dattilo e Foglia e dal Segretario
particolare Rev Pizzuti, invitati ed Autorità si recarono in piazza per
sentire i discorsi che dalla loggia del Municipio stavano per essere pronunciati.
I DISCORSI
"
..Rendete
grazie a Napoli in nome di Pandosia
." Il
primo a parlare fu l'Arcivescovo mons. Sorgente Il primo a parlare fu S.E.
Monsignor Sorgente che con parola energica e piena di spirito giovanile - inneggiò
alla bella festa della carità, invitando tutti a rivolgere il pensiero
in alto a Dio che è il principio e l'origine d'ogni vero bene e d'ogni
salute. Al Comitato Napoletano e a Napoli, dove così vivo è il sentimento
di filantropia, espresse in nome di tutti la riconoscenza più viva ed imperitura.
Le parole del vecchio e buon Pastore furono coronate da reverenti ovazioni. L'intervento
del Ragionier Maradei - Commissario Prefettizio di Castrolibero Prese poi
la parola il Rag. Maradei - Commissario Prefettizio - per porgere il saluto al
Comitato Napoletano e a tutti gli intervenuti. Annunciò che la Rappresentanza
Comunale di Castrolibero, aveva dato incarico al prof. Nicola Misasi di esprimere
in modo degno la sua riconoscenza e il suo saluto ai membri del Comitato. L'intervento
del Sindaco di Napoli Parlò quindi il Sindaco di Napoli Marchese del
Carretto, accolto dall'unanime grido di :"Viva Napoli". Con parola
adorna e con sentimento elevatissimo il Sindaco accennò alla sventura che
aveva colpito la nostra regione e al senso unanime di compianto che la notizia
di essa aveva destato nel mondo civile. "Al grido di dolore della Calabria
non poteva rimanere indifferente Napoli - disse l'egregio oratore - che da tanti
vincoli di affetto e da tante affinità era legata a queste regioni".
E con sintesi vibrante di sincera commozione parlò dell'opera del Comitato
ispirata solo dal sentimento di affetto e di fratellanza. Unanimi applausi
accolsero le parole del Sindaco Ferdinando Del Carretto al termine del suo intervento. Il
discorso del prof. Nicola Misasi per conto dei cittadini di Castrolibero:
Prese infine la parola il prof. Nicola Misasi che pronunziò il seguente
discorso, dando prova di grande capacità oratoria: "Il Municipio
di Castrolibero, non prima di ier sera affidò a me il nobile incarico di
render grazie al Comitato napoletano dell'opera insigne da esso compiuta, e compiuta
non in nome della carità onde altri largirono il loro soccorso, ma di quel
sentimento di comunanza nella gioia e nei dolori, nella gloria e nella sventura
che tenne unite queste province, delle quali Napoli era non solo la bellezza,
ma il cuore, ma l'intelletto, ma l'arte, ma la scienza: in nome di quel sentimento
che ci accomunò per più di dieci secoli, mentre altrove le città
di una stessa regione si combattevano con ferocia disumana, l'odio inestinguibile
rendeva sordi i cuori alla pietà, le signorie infierivano sui cittadini
fatti schiavi, il feudalesimo schiacciava la libertà comunale: di quel
sentimento di fraterno amore che univa a Napoli le Puglie e le Calabrie, gli Abruzzi
e la Basilicata, gemme di uno stesso monile intorno alla più fulgida gemma
che avesse creato la mente di Dio; astri minori intorno a quel sole che per dieci
secoli rifulse come il più fecondo di pensiero, di luce, di arte, di scienza,
di civiltà, il sole di Napoli. E questi buoni paesani han creduto nella
loro ingenua modestia che avendo io una tal nomea di mediocre dicitore e avendo
tutto il qualsiasi ingegno mio consacrato alla difesa di questa mia terra sapessi
dire meglio di essi quanto di riconoscenza sia nei loro cuori. Essi innanzi alla
magnifica opra compiuta silenziosamente da ingegneri napoletani con l'obolo della
napoletana fratellanza; innanzi alle loro case risorte dalle rovine più
belle, più ampie, più sicure si intesero sgomenti non reputando
bastevole ad esprimere il sentimento lor la parola che dai loro cuori sarebbe
sgorgata in questo giorno solenne. Esse che di un tratto in una terribile notte
avevan visto sprofondare la terra e rovinar le case fra rombi tremendi come se
un demone vi ruggisse dentro, or che una mano fraterna ha riparato all'opera devastatrice
della natura, sentendo impari la parola al sentimento di gratitudine per quei
generosi che a loro ridettero la poesia del focolare domestico, vollero quella
di un uomo che avesse una tal quale dimestichezza coi fiori della retorica, come
se le mille voci di un popolo tutto anche se espresse soltanto dagli occhi gonfi
di lacrime riconoscenti, non fossero assai più eloquenti delle frasi arabescate
di un mediocre scrittore. O signori, a voi qui venuti per suggellar dopo due anni
nei quali senza ostentar l'opera vostra, senza altezzosamente rinfacciarla lavoraste
al suo intento; a voi qui venuti affrontando un ben disagioso viaggio, assai più
accetta sarebbe stata la parola di questa gente, ancora non così raffinata
da saper mentire affetti e sentimenti che serba ancora dei nostri padri le fiere
virtù e delle nostre tradizioni la fiera poesia! Vedete quelle valli, vedete
quei monti che a voi sembrano ancora, quanto sono, incolti e selvaggi: in essi
vibra potente l'anima di un popolo purtroppo ignaro di ogni raffinatezza, purtroppo
privo degli agi più comuni, purtroppo condannato all'oblio ed allo isolamento.
Per una tale gente, ahimè! la gran Patria italiana non ha fatto nulla
ancora, eppure anche essa diede il suo generoso sangue per vederla libera ed unita,
anch'essa diede un'eroica strofa al poema dell'Italia risorta. No, cortesi, no,
o generosi, non credete a chi testè ha gittato il vituperio su tale gente,
a chi ferocemente e subdolamente è andato spigolando come il cenciaiuolo
fra le immondizie per riempir di lordura la sua gerla e quindi rovesciarla sul
nostro capo. Perché quegli immondezzai non han detto che se i cento eran
cattivi i centomila hanno ancora nel cuore certe virtù da gran tempo tramontate
altrove? Perché non han detto che a questa gente l'Italia non ha dato nulla
ancora: che mentre altrove si prodigavano ferrovie e canali, bonifiche e rimboschimenti,
a noi si prodigavano unicamente tasse e balzelli? Essi, quegli immondezzai, han
colto andando attorno per la nostra terra fiori del male che crescono vigorosi
ovunque, e perché non han detto che il seme di tali putridi fiori fu la
incuria in cui ci lasciarono, fu la iniquità che a danno nostro si commise?
Ah, signori, se l'erba parassitaria ingombra il campo e soffoca le messi
è colpa del cattivo, pigro e svogliato agricoltore; se i vermi pullulano
e bacano i frutti è colpa del vignaiolo che non seppe e non volle distruggerli;
se gli alberi di un pometo crescono tisici e sbilenchi è colpa di chi non
seppe infondere in essi la linfa della vita. E non si sposi al danno la beffa
col dire che bisognerebbe far da noi. Atroce ironia, vigliacco sarcasmo quello
di chi dice allo zoppo: cammina, o di chi birbescamente consiglia all'evirato
di prender moglie! Signor Sindaco di Napoli , signori del Comitato Napoletano,
signor Senatore Compagna che qui ed altrove rappresentate la magnifica tradizione
della signorilità calabrese, se qualcosa questo popolo di Castrolibero
che da 47 anni (n.d.r. dal tempo dell'Unità d'Italia) aspetta come aspettano
tutti in Calabria, qualcosa ha avuta, da voi l'ha avuta, in voi ha visto ed ha
inteso lo spirito dei nuovi tempi, per voi, o rappresentanti del gran popolo di
Napoli, ha provato la gioia per quanto nuova - altrettanto ineffabile - di sentirsi
affratellato con gli altri popoli. Voi gli avete ridato le case ma gli avete dato
qualcosa di più alto e di più nobile, il senso e la coscienza della
italianità. Napoli sospiro dei nostri padri, aspirazione perenne dei
nostri cuori, Napoli, nostro orgoglio, sogno di tutti gli spiriti, Napoli poesia
della nostra giovinezza, ricordo rutilante di luce della nostra vecchiaia, Napoli
pur nei suoi dolori, pur nella sua amarezza non ha dimenticato coloro di cui fu
regina. La conclusione di grande effetto oratorio del prof. Nicola Misasi
"Dite a Napoli, sig. Sindaco, dite a Napoli, signori del Comitato che la
voce della riconoscenza e del saluto non è quella di un umile e oscuro
villaggio, ma è quella di una città illustre che Pandosia un tempo
fu detta. Qui si coniarono monete qui un Foro, qui un Senato, qui una doppia cinta
di mura che rendeva la città formidabile ai nemici, qui quando altrove
vi era ancor barbarie rifulgeva il sole della civiltà, della scienza e
dell'arte. Rendete grazie a Napoli in nome di Pandosia; e dite all'antica, nobile
metropoli di queste contrade che i nostri cuori battono col suo, che com' è
sempre la più bella, noi la vogliamo ridivenuta grande e prospera: che
come essa aspetta noi aspettiamo, perché è proprio dei forti l'aspettare
e il vincere."
IL SORTEGGIO DELLE CASE Dopo i discorsi furono serviti paste, liquori,
e "geli" in gran quantità. Successivamente, tra le famiglie povere
di Castrolibero, si procette al sorteggio delle nuove diciassette casette costruite
dal Comitato Napoletano.
NAPOLI PICCOLA "Napoli Piccola" doveva essere la nuova denominazione
di Castrolibero dopo il terremoto. L'idea fu lanciata da qualcuno a seguito dell'intervento
del Comitato Napoletano nell'opera di ricostruzione delle case. Ma evidentemente
non se ne fece nulla. I Castroliberesi dedicarono alla città partenopea
il nome del nuovo rione, (rione Napoli), e una piazza (piazza Napoli) , successivamente
divenuta piazza Francesco Pescatore. L'altro paese ricostruito dal Comitato Napoletano
(Torzano) cambiò invece denominazione e assunse il nome di "Borgo
Partenope". In cima al corso creato dalle nuove casette di Castrolibero venne
finalmente costruita - tra il 1908 e il 1912 - la torre dell'Orologio attraverso
una pubblica sottoscrizione che interessò anche gli emigrati delle lontane
Americhe.
IL
CENTENARIO 1905-2005 - IL SACRO E IL PROFANO Oggi delle 17 casette del
Comitato Napoletano se ne riescono ad individuare solo 13. Le altre 4 magari vivono
sotto il manto di diverse ristrutturazioni, ampliamenti, accorpamenti che, nel
corso del secolo appena trascorso, si sono verificati senza lasciare tracce evidenti
o memoria nella gente. Ogni anno, dal 1906, nel Centro Storico di Castrolibero,
nella notte tra il 7 e l'8 settembre, alle ore 2,40 in punto, rimbombano fragorosi
gli spari (i micidiali "colpi scuri") e la banda musicale, raffazzonata
alla meglio in improbabili divise sgualcite, gira per le strette stradine del
paese, svegliando tutti gli abitanti con il "solito", inconfondibile
brano musicale. Nella serata un pupazzo in cartapesta (il Mastru-Rafele),
terrore ed incubo dei bambini, ha già effettuato funambolici balli con
le "canneddre" accese, caricando e rincorrendo la gente nelle strette
viuzze che si snodano nel Centro Storico. Di solito tutto il paese è lì
presente, grandi e piccini, a celebrare il ricordo di quella terribile notte,
incantati dalla magia di un momento di vera ed autentica comunione dell'anima.
In quelle ore la gente, in un clima veramente festoso, segue la banda musicale
che accompagna il "Mastru-Rafele" al suo tragico ed ineluttabile destino,
che lo vedrà soccombere al fuoco purificatore per esorcizzare l'atavica
paura del sisma.. Il giorno dopo, in genere sul tardo pomeriggio, una gran
folla, fatta di gente anziana, soprattutto di donne, porta in processione per
il paese la statua di Santa Maria della Stella, la miracolosa madonna del terremoto
dell'8 settembre. LE
FOTO DEL TERREMOTO CASTROLIBERO
- IL CENTENARIO DEL TERREMOTO 1905-2005
ALCUNE BIOGRAFIE DEGLI OSPITI ILLUSTRI DEL 1907 (Tratte dalla stampa
dell'epoca)
MARCHESE
FERDINANDO DEL CARRETTO - Sindaco di Napoli "E' ingegnere emerito
del genio navale, ma pare che abbia da più anni abbandonato il naviglio
dello stato per il timone della amministrazione del Comune di Napoli, ai cui destini
veglia da nocchiero espertissimo. S'iniziò tardi nella vita pubblica ,
ma la tormentosa via del noviziato gli è ignota. Dopo l'inchiesta Saredo,
a l'alba del nuovo sole fugante le cricche affaristiche, nell'assillo di Napoli
buona laboriosa per la sua rigenerazione morale, fu portato con votazione plebiscitaria
in Consiglio, Sindaco Luigi Miraglia. E fu tutto qui il suo inizio alla vita pubblica,
perché subito dopo fece il gran salto come dal vertice di una cupola e
si trovò in prima fila. Infatti, morto il Miraglia, gli fu imposto, per
consenso unanime del Consiglio e della cittadinanza, di raccogliere la successione,
e non tradì la fiducia e l'attesa, perché, dotato di tenacia insuperabile
e di cultura vastissima, portò il suo contributo tecnico in tutte le questioni
industriali, e rese in attuazione la legge per Napoli. Dissensi di partito indi
lo consigliarono a dimettersi, ma a lui che sostò nel suo cammino radioso,
dopo una parentesi di R. Commissario, Napoli riconoscente ha riconfermato il mandato
a Capo del'attuale amministrazione". SILVESTRO
DRAGOTTI - Ingegnere progettista e Ufficiale nel Corpo dei Pompieri. "E'
parimenti ingegnere, ed è ufficiale nel corpo dei pompieri; benché
giovanissimo ha nel suo attivo una reputazione professionale soda autentica. Fa
la scorta sapiente del Comitato, e venne qui subito dopo la catastrofe in Calabria
per avvisare i mezzi di ausilio a vantaggio dei colpiti dal terremoto. E redasse
un progetto di lavori, che, approvato dal Consiglio tecnico municipale, fu il
tipo che oggi si è estrinsecato nelle nuove costruzioni. Laborioso, energico,
ha dato tutta l'opera sua, senza vanesie, nel compiacimento interiore di un'opera
pia e buona." VITTORIO
ALFREDO RUSSO - Avvocato e Consigliere comunale di Napoli." "Ha
l'aspetto monacale: monacale è il suo saluto, monacale il suo sorriso,
monacale l'andatura, monacale il gesto. Tutto è del monaco in Alfredo Vittorio
Russo, poiché tutto in lui - saluto, sorriso, andatura, gesto - è
improntato alla più schietta serenità. Ma il monaco quando siede
al banco del difensore, o quando scatta dal suo banco di Consigliere del Comune,
si trasfigura: e appare uomo di lotta, audace, spregiudicato, pronto all'assalto
e all'attacco. Avvocato e amministratore, Alfredo Vittorio Russo compie con zelo
assiduo e con dirittura d'intenti il suo ministerio." EDUARDO
LECOLDANO - Ingegnere, direttore dei lavori in Castrolibero. "Ha
sembianze d'asceta e barba biondo rossastra da Nazareno; - corpo esilino senza
l'oppressione della materia vile ed inerte, tutta la sua vita è nella cerebralità,
la quale conscia di sé, sdegna ogni apparato e sussiego esteriore. E' stato
quale ingegnere il direttore dei lavori in Castrolibero, preposto dal Comitato
Napoletano, che lo predilige. E' amicissimo dell'ing. Dragotti che lo ricambia
di affetto sincero, forse perché insieme hanno collaborato, con mansioni
diverse e con risultato eccellente all'opera filantropica."
Castrolibero a ricordo
del centenaio del terremoto: 8 settembre 1905 - 8 settembre 2005 BIBLIOGRAFIA:
A.ANELLI- A.SAVAGLIO: Storia di Castrolibero e Marano - Fasano Editore - Cosenza
1989 M. BARATTA: Le nuove costruzioni in Calabria dopo il disastroso terremoto
dell'8-9-1905 GIORNALE" Cronaca di Calabria" - Cosenza 4 dicembre
1907 num.103 GIORNALE "Cronaca dei dibattimenti" - Cosenza 1-12-1907
num. 14
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