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Venti giorni prima il sottocapo “erreti” l’aveva
lasciata al posto d’ormeggio nr. 14 della Banchina Torpediniere di
Pola. Essa era ancora in armamento e alzava ancora jack e bandiera di
guerra. I suoi tubi di lancio erano carichi di siluri ben lubrificati; i
suoi pezzi da 76 erano sempre
lucidi , per le innumerevoli “manutenzioni” quotidiane e tutto a
bordo era efficiente seppure vetusto. La sua “gente” era “gente
dritta” cosi’ come si conviene agli equipaggi delle siluranti leggere.
Gente sbulinata ed insofferente ma sempre pronta all’occorrenza a
scattare ogni volta che un problema serio si presentava dinanzi ad essa.
Venti giorni
prima
il
sottocapo era partito per la sua lontana
licenza albanese ed ora, di ritorno, in quella notte di gennaio del
‘32 la’ sulla banchina, stava battendo i denti- perdiana! – alle
raffiche della bora sotto l'ottimistico riparo della "cappotta di
panno".
Batteva i denti, aguzzava la vista e sacramentava pesantemente
perche’ erano le due di notte, era stanco morto e non riusciva a trovare
la sua nave. "Le avranno cambiato ormeggio"penso’ e decise di proseguire
sulla banchina. Oltrepasso’ cosi’ il posto 15, poi il 16 e via via
finche' giunse al limite della banchina dove masse informi formavano una
giungla di
ombre nere e confuse. Ad un tratto un lontano balenio nel
cielo istriano
rischiaro’ le cifre d’ottone al giardinetto di dritta della
sagoma galleggiante presso cui egli si era fermato e non ebbe piu’
dubbi. La massa indistinta e disalberata era proprio“lei”: la Regia
Torpediniera “65 PN”!!
Ristette un po’ scrutando nel buio in cerca di un segno
di vita e si convinse sempre piu’ che il relitto era la' in
completo abbandono.
Ricomincio’ a sacramentare, stavolta contro la Regia Marina, com'e’
buona regola
fare ogni volta che ti capita una cosa che non va nel suo verso. Ma,
si disse, ogni nave ha un lato sottovento e, male che vada trovero’
un riparo contro questa dannata bora . Meglio che restare impalato
sulla banchina ad aspettare il giorno. Decise allora di imboccare il
barcarizzo e stava procedendo sulla coperta di poppa quando,
inaspettatamente, un
boccaporto del quadrato Ufficiali si apri’ dal basso con uno
schianto
mentre una voce urlava il “chi va la’?”
Gli si mozzo’ il fiato ma si riprese subito perche' aveva
riconosciuto la voce del Capo Silurista e gli parve, allora, di
uscire da un incubo. Corse allora verso il Sottufficiale quasi
abbracciandolo, il posto per dormire giganteggiava ormai dinanzi a
lui!!
Scambiatisi i convenevoli d’uso, scesero in quadrato ed il
Sottufficiale, indicandogli la cabina del Direttore di Macchina gli
disse:”E’ tutta tua.” “Tutta mia un tubo, Capo. Qua si muore
dal fetore!!! Dovette constatare il sottocapo. Mentre il suo ospite
gli racconto’ in breve, le vicende che avevano condotto il Ministero
alla decisione di demolire la torpediniera, egli si era accasciato
sulla cuccetta e di colpo si addormento’. Il mattino, complice il
lezzo insopportabile del locale, si mise in piedi di buonora e benche’ preda di un logico pessimismo, decise di fare una
ricognizione sotto-castello alla ricerca del suo corredo. Messo
piede in coperta si trovo’ immerso nella deprimente atmosfera che
alita normalmente sulle cose morte e la torpediniera, gia' morta,
ora mostrava i segni dell’oltraggiosa demolizione
Dette appena uno sguardo rapido al boccaporto del castello e lo
scempio degli stipi fracassati, i brandelli degli indumenti, le
lamiere contorte ed i resti degli oggetti che erano
appartenuti agli uomini della nave viva, gli parvero come un
volto famigliare e caro, dilaniato da una morte violenta.
Ritorno’ allora a poppa e salutato il Capo Silurista (1),
valigia alla mano, si avvio’ verso il barcarizzo, mentre il
suo capo istintivamente si voltava verso il punto in cui, tante e
tante volte, aveva incontrato la Bandiera per il saluto e si accorse
allora che l’asta era stata divelta..
Discese sulla banchina e qui giunto, percorse una trentina di
metri perche’ voleva ancora vedere la “sua” nave in tutta la
sua estensione, proiettando su quella massa deforme il ricordo che
di lei conservava. Ne rivide la sagoma affilata, bassa sul mare,
la coperta del castello degradante verso l’estrema prora; la plancia
quasi a fil di coperta; i due corti fumaioli elegantemente
inclinati; i lanciasiluri sulle murate, i pezzi da 76, l’esile e
proporzionata alberatura; la coperta d’acciaio lucente e quasi
accucciata alla base del fumaiolo di poppavia la “sua” piccola
stazione R.T. dalla quale egli, con disinvolta cadenza,
lanciava nei cieli adriatici la “musica” del “mezzo kilowatt a
scintilla” e mentalmente si ripeteva IDELTABETAKAPPA –
IDELTABETAKAPPA, il nominativo che il sottocapo “erretti”
sapeva ritmare come le note di una inconfondibile ed
indimenticabile canzone. Si senti’ pervaso da una dolce e profonda
malinconia.
Volse allora le spalle al mare con uno scatto quasi stizzoso e si
incammino’ per il suo nuovo destino. Addio, si diceva, addio vecchia
Signora che cavalcavi le onde dell’adriatico con la tua gagliarda
Bandiera di Combattimento a “riva” scoppiettante ai tesi venti delle
eroiche stagioni. Tu che andavi all’offesa come sposa all’altare, tu
che guizzavi rapida a forzare il Canale di Fasana nel cuore
della potenza navale degli Asburgo con Ildebrando Goiran, il
comandante dalla benda nera sull’orbita vuota.Tu che ancora con lui
scortasti quei M.A.S. che da Te mossero sfrecciando in Buccari a
consumare L’INOSABILE BEFFA, con L’ORBO VEGGENTE, il poeta del
NOTTURNO, dell’ALCIONE e delle GESTA D’OLTREMARE. Addio!!
Addio nobile dama che assecondasti la puntigliosa frenesia di NICOLA
MASTURZO (2) il giorno di quel Luglio del ’31 quando egli per
farti rendere gli onori gli prese l’estro “irriverente” di menare
scompiglio su due navi da battaglia di S.M. Britannica e Tu,
improvvisa e fulminea accostasti per rotta di controbordo,
temerariamente ravvicinata ai colossi, quasi a sfiorarli e defilasti
assurdamente sbandata ed immersa sino ai trincarini, mentre sulla
“QUEEN ELISABETH” e sulla “RAMILLIES” le trombe dei Royal Marines
battevano concitate il segnale e gli equipaggi, colti di sorpresa,
correvano lesti a schierarsi in parata per Te. Addio!!
Addio, pronuba Signora, che nei giorni dorati mi portavi per rive
ridenti ed isole verdi e con Te , addio Parenzo e Dignano. Addio con
Te, Zara e Fiume, Brioni e Rovigno, Abbazia e Lussino. Addio amici
porti dell’Istria e del Carnaro dove io, sottocapo, ho lasciato con
i tocchi del mio cuore, le mie rose ed i nastri del mio berretto.
Addio! |
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