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1931 - FIGURA
DI UN RT |
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Sottocapo
RT,
unico
operatore,
sono sulla coperta della Regia Torpediniera
65 PN,quasi
rottame galleggiante della prima guerra mondiale.Ho chiuso la serratura della mia stazione radio
per il turno franco del“due e due”. Ho cioe’ chiuso uno
scatolone
d'acciaio
che, accostato al fumaiolo di poppavia,
reca una targhetta di ottone sulla porticina
d'ingresso: "stazione RT". Lo scatolone
e' il
classico
esempio
che uno scrittore “per bene” userebbe per rappresentare la simbiosi Uomo-Macchina:
la’ dentro infatti e senza retorica alcuna, l'uomo, cioe’
l'operatore RT, forma un tutt'uno con la materia-apparati;
quasi
attorcigliato in positure
impossibili, le gambe contorte a guisadi arti da primate allo scopo di
trovare
una sorta di sistemazione sui poli dello
spinterometro rotante, il busto
acrobaticamente contorto, il capo sfiorante le prese volanti della gabbia
d’aereo, enorme ed incombente ma soprattutto severa castigatrice che, ad
ogni mossa inconsulta o mal calcolata, elargisce sul
cranio dell’erretti una pirotecnica razione di scariche ad alto
potenziale! |
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Oh provvido principio dello“Skin Effect” che tu
misero allievo al Varignano non riuscivi a capire che accidenti
significasse e che ora, invece qua’ nello scatolone-stazione, si
estrinseca in una convincente dimostrazione in corpore vili! A ben
ripensarci ora, retrospettivamente, la “cosa”
non era che una sintesi
un po'
avveniristica
ma
abbastanza
scellerata
della
cassa
magica
di Houdini, esasperata dalla presenza di applicazioni
elettro-esecutorie, con un sadico rincaro di gas
ozono a forte
concentrazione, frutto
questo, dello spinterometro. A parte pero’ questi particolari, allora
del tutto irrilevanti, avevo pian piano riversato sulla mia stazione
quel morboso effetto che talvolta certi bambini
riservano ai loro giocattoli
piu’
insignificanti:
misteri della psiche! |
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Ma quella scatola di legno pregiato e
massiccio mi piaceva assai: dal suo piano superiore spuntavano due,
dico due, valvole“termoioniche” mentre sul pannello frontale facevano colpo due potenziometri a taccheche
con puntualita’ giornaliera io portavo a risplendere a forza dimanteca e graffi alle dita. Altri comandi si univano in
un insieme che conferiva un'aria tremendamente seria a quello che in
sostanza era soltanto un misero ricevitore a reazione. Tuttavia a
quei potenziometri e quei comandi, sapientemente manovrati, ti
permettevano di trarre fuori i segnali di servizio ma soprattutto ti
consentivano, tra un“controllo” di IDO (ROMARADIO) e qualche
intercettazione di traffico commerciale, di “sgaiattolare” di
frequenza e captare le stazioni dell’ EIAR: Quasi sento ancora nelle
orecchie i motivi in voga a quell’epoca, le struggenti note di “Sweet
mistery of the life” dal film Trafalgar e La Violetera dalle Luci
della Citta’. |
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Ma il mio cuore andava allo spinterometro, congegno
che, quando entrava in opera, conferiva all’ambiente l' aspetto del
laboratorio di qualche doctor Mabuse. Ah, le belle fiammate
azzurrine dirompenti in miriadi di scintilloni e la dolce insuperata
ed insuperabile melodia
che scaturiva nella cuffia di chi ascoltava! E allora tu, la dentro
ti veniva di sentirti importante (e to eri ) avvolto in quel
turbine di fuochi, novello semidio nella fucina d' Efesto!
E
poi, quello spinterometro, a furia
di tentativi era stato quasi riplasmato a
costituire uno strumento asservito alla sensibilitita’ artistica
che
s’impossessava
di ogni operatore in vena di apparire un
anziano. Come
per ogni“erretti” di rispetto il marchio di invidiabilita’
consisteva nell’iniziare a pestare il tasto quando il convertitore
rotante aveva appena iniziato le sue rotazioni in maniera che la tua
emissione andava ad alzarsi di tono e potenza in uno stupendo crescendo
che, a chi ti ascoltava, sembrava una voce che si levava dagli inferi'. |
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Ma c’era anche il resto e cioe’ la fine del contatto che,
in un certo senso, era la bravata in senso inverso, solo che i
tempi di esecuzione si addensavano in veloci attimi e dovevi stare
con la sinistra pronta a staccare l’interruttore di linea nel
momento in cui ti accingevi a dare il VA, di guisa che quel tuo fine
contatto si irradiasse nell’etere in un “diminuendo” che pareva
l’ultimo affievolentesi anelito di un morituro! Questo era il non
plus ultra, il colpo di cesello, la rispettabile firma di un “anziano”, l’orpello dal quale non potevi esimerti pena il dispregio
dei colleghi che ti avessero intercettato. |
“Tu sei un apatico” oppure “un insensibile” era la taccia che ti
accompagnava se ti limitavi a trasmettere sia pure a perfetta regola
d’arte ma senza le bravate iniale e finale. |
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di Nicola Mastroviti - IT9XNM |
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ex Capo RT della Regia
Marina Italiana |
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