RITORNO ALLA VITA

La "liberazione" di Orte avvenne nove giorni dopo la liberazione di Roma, il 13 giugno 1944. "Liberata" fu naturalmente anche la borgata, che quel giorno non poté festeggiare il Patrono. Ma la data sembrò di buon auspicio. Alla messa che Padre Geremia celebrò, il sorriso della speranza era tornato sui volti provati dei pochi sopravvissuti che vi assistettero: alla vita riacquistata e riconquistata.

Anche se a rilento, a poco a poco lo Scalo tornava a una parvenza di normalità. Dapprima furono riparate le case lesionate, poi presero a risorgere quelle ridotte in frantumi. Le macerie scomparivano, la ferrovia tornò a funzionare con il ponte di ferro che di nuovo valicava il fiume, i danni non gravissimi subiti dalla chiesa furono riparati, nuove vetrate istoriate ricomparvero alle pareti e furono ripresi i lavori per il completamento del campanile. (Le campane squillarono per la prima volta la notte di Natale del 1953).

Ora, ogni anno concluso era un passo in avanti verso la completa normalità. Il caseggiato della stazione risorse del tutto nuovo, ampio, spazioso, moderno. E con criteri sempre più moderni venivano in genere ricostruite le case.

Se gli Anni '50 continuarono a essere di povertà e sacrifici, il "boom" economico era comunque alle porte e presto avrebbe riempito le case di sognati elettrodomestici, tra cui il più ambito di tutti: il televisore.

Tutto era così a buon mercato che chi aveva posseduto una piccola casa ora la ricostruiva più ampia, confortevole e di bell'aspetto.

Ma con questo Orte Scalo cambiava volto. La lunga strada, un tempo del tutto sgombra, si riempì di traffico e di macchine sempre più grandi, le donne dovettero rinunciare al loro "salotto all'aperto" e i ragazzi spostare altrove i loro giochi.

Con le case si moltiplicarono le strade, i negozi, i luoghi di ritrovo. E nacque a nord una nuova chiesa, voluta anche questa da Padre Geremia e dedicata alla Madonna della Sanità.

Ma la popolazione accresciutasi a dismisura diventava sempre più anonima. E chi adesso tornava allo Scalo dopo lunga assenza, a stento riusciva a trovare qualche traccia del passato: sembrava scomparso con le macerie.

La morte di Padre Geremia creò un vuoto incolmabile. Era il simbolo di Orte Scalo, soprattutto della piccola borgata di prima della guerra, ricordata con nostalgia, amata e "sofferta". Gli è stata dedicata una piccola piazza, ma chi lo ha conosciuto lo ricorderà nella "sua" chiesa, finché vivrà. Nascondeva un grande cuore dietro un'apparenza brusca. Privo di ogni retorica religiosa, il suo apostolato era stato soprattutto "azione" sorretta sempre da un incrollabile fede.