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Molti di noi hanno origini contadine. Se i vostri antenati, magari addirittura
i vostri nonni, erano contadini dell'Appennino, allora dovete guardare a
quest'albero con profonda gratitudine, perchè in un certo senso è a lui che
dovete la vostra esistenza. Per secoli, per generazioni di agricoltori di
montagna, il castagno ha rappresentato la vita. Il cibo, prima di tutto, sotto
forma di quei frutti duri, così tenacemente protetti dagli ispidi ricci, le cui
spine minute e penetranti abbiamo tutti sperimentato. Frutti che diventano
farina, cioè pane. E poi legno, rustico ma insostituibile per la costruzione
delle case di attrezzi e utensili, e legna per scaldare l'inverno.
Il castagneto è un bosco fitto e generoso. Nel ricco sottobosco, ove macerano
le larghe foglie morte, la terra è fertile e grassa; vi crescono fiori
meravigliosi e vari generi di ottimi funghi commestibili, fra cui il principe
dei funghi, il porcino (
boletus edulis
). Anche la fioritura del castagno è imponente; il suo fiore è un rametto
giallo, un gattice non certo adatto alla bottega di un fioraio. Graditissimo
alle api, che producono l'aromatico miele di castagno, il miele meno dolce, ma
il mio preferito. Fra maggio e giugno quel fiore copre il castagneto in un
manto dorato, che forse vuole rammentarci ancora una volta, se ce ne fosse
bisogno, che il castagno vale tanto oro quanto pesa.
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