L'alpinismo extraeuropeo è l'ultima in ordine di tempo tra le attività seguite della nostra sezione; dopo anni di iniziative individuali, con la spedizione del 93 in Karakorum, inizia il nostro appoggio diretto, culminato con la spedizione del 97 al ChoOyu, cui "la rivista del ClubAlpino Italiano" ha dedicato la copertina del numero del maggio/giugno 98.
Artefice della maggior parte di queste imprese Giacomo Scaccabarozzi, purtroppo prematuramente scomparso a causa di un incidente con il parapendio sul Grignone, appena di ritorno da un'altra spedizione al Mc Kinley in Alaska.
In questa pagina riportiamo delle considerazioni su questa attività e i link alle pagine con la cronaca delle nostre spedizioni.
Riportiamo anche il link all'articolo che Giacomo Scaccabarozzi ha pubblicato sulla rivista del CAI con i consigli per chi vuole organizzare o partecipare a una spedizione.

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Alpinismo extraeuropeo

Di Giacomo Scaccabarozzi

L'alpinismo extraeuropeo è una delle ultime iniziative arrivate nella sede di via Terraggio Pace. Anche se risale infatti solo al 1993, non per questo è da considerare come la cenerentola del nostro gruppo. Anzi, credo che in breve tempo, bruciando le tappe, si sia messo al passo, recuperando le posizioni che, secondo me, dovrebbero competergli in un gruppo delle nostre dimensioni, e magari andando anche più in là. A dimostrazione di questo ci sono le cinque spedizioni extraeuropee organizzate in soli tre anni da soci del CAI di Vimercate, alcune delle quali direttamente sotto il suo patrocinio.

Questo lo dobbiamo soprattutto all'opera appassionata e all'entusiasmo del nostro presidente, Luigi Verderio, da sempre sensibile a questo argomento, ma che, solo dopo la spedizione boliviana che organizzai nel 1991 sotto il patrocinio del GSA (Gruppo Sportivo Alpini) di Missaglia, trovò lo spunto decisivo e gli argomenti convincenti per stimolare la nostra Sezione a dedicare una parte di risorse per questa attività.

bolivia

Vennero così le spedizioni del 1993 in Karakorum e quella in terra cinese del 1995, alle quali, per onore di cronaca, si devono aggiungere quella in Perù, nel 1994, e le spedizioni di Dionigi Franco in Kirghistan, nel 1993, e di Giulio Mantegazza in Bolivia, nel 1994. Una serie notevole di realizzazioni culminate con la salita di cime più o meno prestigiose come il Pik Lenin (m 7156), il Condoriri (m 5656), il Pequeno Alpamayo (m 5403), l'Illimani (m 6450), il Potosí (m 6089), il Sajama (m 6520), il Cerro Caral (m 5020), il Chikkorin Sar (m 6205), il Dut Sar (m 6850), il Chopicalqui (m 6343), il Pisco (m 5752), l'Huascaran (m 6768) e il Muztagh Ata (m 7546). Un elenco che sarebbe sterile se non si considerassero le grosse esperienze di vita e umane che hanno contrassegnato chi vi ha partecipato. Solo grazie a queste potremmo pensare di dare lustro con esso al nostro CAI. È vero, forse è più facile pensare che le spedizioni servono solo a chi vi partecipa. Credo invece di avere ricavato da esse le soddisfazioni maggiori nel mettere a disposizione degli altri, dei compagni meno esperti, capacità ed esperienze personali, nel saper muoversi in modo corretto in ambienti e realtà che hanno conosciuto sfruttamento e miseria, nello scoprire che le nostre Alpi, quota e affollamento a parte, non hanno nulla da invidiare alle montagne più celebri. Dico questo non solo a consolazione di coloro che si devono accontentare di compiere certi viaggi solo attraverso le immagini che portiamo a casa.

Solo in quest'ottica posso affermare di avere maturato con l'alpinismo extraeuropeo esperienze esaltanti, alle quali avrei voluto arrivare molto prima, e non tanto per una questione di moda. Però mi sarebbero servite basi che l'ambiente in cui sono cresciuto non ha potuto darmi. Ricordo di avere visto i primi sci nel 1972, a Silandro, dove mi trovavo per il servizio militare. Fu quello il mio unico corso frequentato, e non solo di sci; un grosso sbaglio. Dovranno infatti passare almeno 10 anni prima di lasciare le piste battute per le pelli di foca, 15 anni prima di scendere la mia prima parete nord con gli sci, 19 per organizzare la mia prima spedizione extraeuropea e 23 prima di riuscire a salire il mio primo "7000".

Cho Oyu

Ora vi chiederete cosa c'entri tutto questo col CAI di Vimercate. Poco, o forse tutto. Come molti giovani, oltre a tante belle cose, sognavo arrampicate, scialpinismo e montagne esotiche, ma solo oggi mi rendo conto che l'essere stato, per forza o per scelta, autodidatta mi ha fatto perdere molto tempo, oltre che correre rischi inutili; su questo non ho ormai più alcun dubbio. Pur iscrivendomi regolarmente da anni al sodalizio oggi cinquantennale (che impressione mi fa questo termine), ho sempre frequentato la montagna da "solitario", rinunciando, forse per presunzione o ignoranza, ma più probabilmente per impossibilità, a qualsiasi tipo di scuola e alla ricerca di potenziali compagni d'avventura. Solo frequentando, pur se di rado, la bella sede della nostra Sezione, mi sono reso conto delle numerose attività organizzate e delle possibilità di incontro. Se avessi aperto gli occhi prima avrei potuto togliermi ben altre soddisfazioni. Al ritorno dalla mia prima esperienza extraeuropea compiuta in Bolivia nel 1991, mi chiedevo quanto tempo avrei dovuto aspettare prima di vivere un'altra avventura tanto intensa.

È stato proprio grazie al CAI di Vimercate se, già due anni dopo, riuscivo a partire per un altro luogo sconosciuto dove poter maturare una nuova, grande esperienza, rendendo così meno lunga quell'attesa. Ora, grazie ancora al nostro CAI, chi vorrà percorrere questa strada, pur dovendo sopportare comunque notevoli sacrifici economici, incontrerà sicuramente minori difficoltà e, in via Terraggio Pace, potrà contare su un ambiente sensibile e competente anche in questa materia.

Ed è proprio con la speranza che possa servire di sprono ai giovani che ritorno con la memoria ad alcune di queste mie avventure; e lo faccio con gioia, sicuro di rendere partecipi anche coloro che le hanno sostenute ma alle quali non hanno potuto partecipare.

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