Leone Gaier (*1930)

 

Chitarrista
Leone Gaier - 2001

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leone Gaier - 1961

Una passione da Leone!

Intervista di Giulio Chiandetti a Leone Gaier, chitarrista e insegnante di chitarra goriziano, allievo di Bruno Tonazzi.


Gorizia, 10 agosto 2001, abitazione di Leone Gaier.

Giulio Chiandetti - Maestro, grazie per aver accettato l'invito a parlare del nostro comune Maestro, Bruno Tonazzi. Io ho iniziato con te a studiare la chitarra e ho chiaro il ricordo di quanto entusiasmo trasmettevi all'allievo perché ricercasse timbriche diverse, i colori come li chiamavi tu, di ogni nuovo brano studiato. Tu sei anche pittore, ciò deriva un po' dalla tua parallela esperienza nel campo delle arti figurative o anche dalla tua formazione musicale?

Leone Gaier - Penso che la ricerca sia un dono di natura, siamo tutti artisti, soltanto che qualcuno ricerca e scopre più di altri perché ha un animo più sensibile; questo accade sia nella pittura come nella musica e anche  nello studio della chitarra, con i suoi infiniti colori, che devi saper cercare e trovare!

Mi ricordo quando Tonazzi veniva a trovarmi, prendeva la mia chitarra e suonava qualcosa; scoprivo nuovi orizzonti, nuovi perché lui ricavava questi coloriti. Lo strumento era lo stesso, ma io non ero capace… Allora insegnavo anche ai miei allievi a scoprire l'uso del vibrato, l'uso diversificato della mano destra, la sua posizione più o meno distante dal ponticello e la sua angolazione. In pittura, come nella musica, i colori sono sempre quelli, però  accostare sapientemente  il giallo al verde, creare nuove sfumature, questo fa l'artista per rendere interessante un quadro.

Tu hai insegnato all'Istituto di Musica di Gorizia dal 1976 al 1988. Quando ti sei avvicinato alla chitarra e come?

Avevo sempre la passione per la chitarra: un giorno ricevetti in dono un mandolino da un prigioniero tedesco della 2^ guerra mondiale e così imparai dapprima a suonare il mandolino. Quando avevo 15 anni, in due comperammo una chitarra "Carmelo Catania", in società; il mio amico si stancò presto e mi regalò la sua parte, così la chitarra rimase a me. Da piccolo avevo anche un amico di famiglia che aveva studiato la chitarra classica sul Carulli, ancora con l'impostazione ottocentesca, il mignolo appoggiato alla cassa armonica e utilizzando il pollice sinistro per tastare i bassi. Lo sentivo spesso suonare, si chiamava Silvio Alonzi, abitava in borgo castello.

Come hai conosciuto Tonazzi?

Studiavo da solo, avevo letto il Carulli però con l'impostazione vecchia, qui a Gorizia non si trovava nemmeno musica stampata. Veniva ordinata in Germania, era difficile da trovare nel 1947. Arrivava con il sovrapprezzo, perché proveniente dall'estero. Dovevo decidermi a trovare un maestro. Andai in un negozio di musica a Trieste e chiesi l'indirizzo di un insegnante di chitarra. Mi diedero due nominativi; uno per la musica leggera e quello di Bruno Tonazzi per la classica. A me piaceva la chitarra classica. Andai a casa di Tonazzi e rimanemmo d'accordo per delle lezioni.

Mi recai a Trieste con la mia chitarra che era sotto il limite del mediocre e lui per prima cosa disse "butta via questo ferro!". Studiai due anni con lui prima privatamente, la tariffa era di 2.000 lire per me che venivo da Gorizia (ma la lezione si prolungava sempre oltre l'ora), poi all'Università popolare di Trieste. Mi trattava come un componente della famiglia, ricordo anche che un giorno Nereo, il figlio di Tonazzi, armato di una chitarra di dimensioni ridotte eseguì in casa l'Andante dal Concerto in Re di Vivaldi con Bruno Tonazzi che l'accompagnava ad un'altra chitarra. Poi Nereo si dedicò allo studio del violino.

Ho qui il programma del saggio all'Università popolare nel 1959.

Sì, mi pare che suonai Aria e Danza di Caroso. Andavo una volta la settimana a Trieste e ci vollero due anni per togliere i difetti che avevo raccolto in precedenza. Ero mal impostato, la mano saltellava, ma quando studiavo, mi mettevo vicino al tavolo (non avevo il leggio), aprivo un cassetto per non far muovere troppo la mano destra. Mi ricordo che arrivavo alle lezioni presso l'Università popolare, dopo il tragitto in treno, alle 8.30 di sera; ero l'ultimo allievo. Tonazzi chiamava a raccolta gli allievi presenti e diceva "Guardate come si tiene la chitarra!" Facevo da modello agli altri allievi! Era per me una grande soddisfazione. Tornavo a casa con l'ultimo treno della notte e una volta, nonostante il passaggio di un amico in Lambretta, persi anche quello e dovetti aspettare l'alba in stazione. Era la vigilia di un saggio.

In seguito continuai ad andare a lezione a Trieste, quando ne avevo bisogno. Qui a Gorizia ero soltanto io a dedicarmi alla chitarra classica. Decisi un giorno di suonare all'Istituto di Musica, il direttore allora era Rodolfo Lipizer. Mi presentai a lui come un allievo di Tonazzi, dicendo che desideravo esibirmi in pubblico. Mi rispose subito che l'Istituto di Musica era una scuola importante. Risposi che ero venuto apposta lì, altrimenti sarei andato in osteria. Gentilmente mi ascoltò; con lui c'erano diversi insegnanti nella sala dei concerti dell'Istituto. Suonai quello che avevo preparato e poi tutto ciò che mi veniva in mente. Rimasero entusiasti, non avevano mai sentito suonare la chitarra così. Potei quindi esibirmi davanti al pubblico, che rimase piacevolmente sorpreso di scoprire la chitarra classica e con tanta emozione da parte mia.

Dell'insegnamento di Tonazzi, che cosa ricordi in particolare?

Si lavorava principalmente sui brani. In ogni brano studiato con lui si andava in profondità, agli allievi chiedeva di suonare forte ma insegnava a controllarsi e a non spendere tutte le energie suonando in pubblico, a sapersi amministrare insomma (conoscendo anche bene quanto poteva dare il proprio strumento). Diceva che era bene tenersi qualche spicciolo in tasca e  non spendere mai tutto. Era abbastanza alla mano con tutti tranne con chi gli dava contro. Quando lo chiamavano "professore", si schermiva e sorrideva, aveva tra l'altro il diploma magistrale. Aveva comunque pazienza e simpatia per me e per la mia grande passione per la chitarra.

Passione che hai trasmesso ai tuoi allievi. Personalmente ho vivo il ricordo dell'entusiasmo che mi infondevi e della carica positiva che c'era in me al termine delle lezioni. Per un ragazzino che inizia a studiare è importantissimo tutto questo.

Sì, sono contento, ancora oggi incontro i miei ex-allievi, che anche se non hanno intrapreso una carriera musicale, si fermano a salutarmi con la loro famiglia.

Hai ascoltato qualche volta in concerto Bruno Tonazzi?

A Trieste e qui a Gorizia al Circolo della Stampa. In quest'ultima occasione ricordo che mi fermai con gli altri allievi di Tonazzi al rinfresco a cui era presente anche Bombi, un noto pianista jazz di Gorizia. Tonazzi si unì a Bombi in un'improvvisazione jazz al pianoforte e alla chitarra. Accompagnai poi Tonazzi a casa di alcuni conoscenti, i Mischou, a vedere delle opere d'arte, collezioni di monete e francobolli e a ripulire il frigorifero per fare le ore piccole più comodamente.

Ricordo poi un episodio curioso che illustra la personalità di Tonazzi e il rispetto che aveva per il testo musicale. Dovevo suonare in castello a Gorizia il Concerto in Re di Vivaldi che fu poi registrato dalla Rai di Trieste. Il direttore, durante le prove, bloccò l'esecuzione e mi chiese di aggiungere alcune note alla mia parte. Acconsentii mio malgrado facendogli però osservare che non c'erano nell'originale. Lo riferii a Tonazzi che mi disse: "Parlo io con il Direttore". Alla prova successiva chiesi al direttore come dovevo eseguire la parte e lui mi rispose "Com'è scritta". Durante l'Adagio, con i violini in punta d'arco, mi pareva d'essere in Paradiso…

Come erano le esecuzioni di Tonazzi?

Suonava a memoria e non portava con sé nemmeno la musica, tanto era sicuro. Faceva vibrare intensamente lo strumento, suonava forte. Anche quando in seguito, veniva a trovarmi a Gorizia e ci alternavamo sullo stesso strumento, la sua cavata era potente e spesso mi diceva "Bravo! …ma suoni piano". C'era poi in lui molta professionalità e anche "mestiere" nell'affrontare in pubblico i passi più difficili. Negli ultimi tempi però si vedeva che l'attività di ricerca musicologica lo impegnava maggiormente. So che ha tenuto molti concerti in Germania, dov'era molto stimato, aveva anche una grande amicizia per Sigfried Beherend. A casa del maestro c'erano molte locandine dei concerti fatti in quella nazione.

E di Segovia, che cosa diceva?

Quando tornò dall'Accademia Chigiana non parlò bene di Segovia. Diceva che si presentava in ritardo alle lezioni oppure che se ne andava via prima e che non era tutto vero ciò che si sentiva nelle incisioni discografiche.

Sai su quale chitarra suonava Tonazzi?

Una Carmelo Catania. Ti racconto come l'ebbe. Tonazzi era andato a fare un concerto a Catania e là, dopo il concerto conobbe il liutaio Carmelo Catania. Questi lo portò in visita alla sua fabbrica di chitarre di cui era orgoglioso (era fiero tra l'altro di avere il fornello elettrico per scaldare la colla utile ad unire le diverse parti dello strumento). Le fasce, il fondo, il manico venivano infatti lavorati presso varie famiglie e poi assemblati in "fabbrica". Carmelo Catania chiese a Tonazzi se voleva provare una chitarra di sua fabbricazione. "Speditemela" fu la sua risposta.

Dopo una quindicina di giorni arrivò a Trieste una chitarra "Carmelo Catania". Tonazzi la provò, annotò tutti i pregi e i difetti e la rispedì a Catania. Dopo un po' di tempo il liutaio gli inviò un altro strumento. Anche di questo Tonazzi non rimase del tutto convinto, dopo averlo provato lo rispedì infatti in Sicilia. Passati alcuni mesi a Trieste giunse un'altra chitarra con un messaggio in cui il liutaio chiedeva a Tonazzi di provarla e di tenerla comunque quale suo dono personale. Tonazzi possedeva anche una chitarra spagnola, ma ai concerti si presentava con la Carmelo Catania.

(Leggi la precisazione del sig. Giovanni Catania, figlio del liutaio Carmelo Catania - n.d.r.)

Delle visite di Tonazzi a Gorizia, a casa tua, che cosa mi puoi raccontare?

Tonazzi amava molto Gorizia  e quando veniva a trovarmi ovviamente parlavamo di musica e soprattutto di chitarra, ma non disdegnavamo un bicchierino di grappa, che a Tonazzi piaceva particolarmente. Lo aiutai nelle ricerche su Giacomo Gorzanis e su un chitarrista goriziano dell'Ottocento. Gli preparavo le fotocopie, lo precedevo, su suo incarico, negli archivi pubblici. Andammo anche insieme dal Conte Guglielmo Coronini, grande studioso di storia locale, il quale, ricordo ancora oggi, prendendo un libro in cui erano annotati tutti i suoi antenati, a memoria aprì la pagina esatta alla voce del conte di Gorizia mecenate di Giacomo Gorzanis. Devo dire che gli articoli di Tonazzi erano proprio ben scritti, raccontati, si leggevano volentieri.

Nei tuoi dipinti hai rappresentato più volte la chitarra o suonatori di questo strumento. Hai trasposto nella pittura questa tua grande passione per la musica.

Come nella musica si rincorrono i ritmi, così anche nella pittura c'è la prospettiva di linee, i colori, le sfumature, l'armonia insomma. Terminato un quadro, è l'armonia dei vari componenti tecnici che domina. La musica aiuta a capire meglio la pittura com'è altrettanto vero il contrario.

Grazie, Maestro.

Grazie a te.

 

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