RELIGIOSITA E POESIA

di LUCIANO PADOVESE

del Centro Iniziative Culturali Pordenone

Crediamo che tutta la ricerca pittorica di Antonio Boatto possa venire letta secondo la categoria della "religiosità". Percorrendo, infatti, le varie tappe della sua presenza artistica, ormai lunga, non è difficile documentare questa interpretazione. L'opera di Boatto ci pare una somma di variazioni sul tema dell'uomo, sempre inteso come mistero da contemplare e da valutare; come creatura da compiangere, ma soprattutto da amare. La persona umana, nei quadri del pittore veneto, è una realtà che supera se stessa, la propria forma, la propria concreta carnalità e fattualità, per un richiamo a risonanze interiori. Quelle, per intenderci, che gli addetti al lavori, a qualsiasi religione appartengano, di qualsiasi teologia siano cultori, sono soliti descrivere come un aggancio interiore a significati trascendenti. Dove, ovviamente, il termine "trascendenti" deve essere capito in senso abbastanza largo. Se. peraltro, analizziamo gli ultimi anni di pittura di Boatto, e ci soffermiamo anche solo sul quadri di soggetto "laico", ci troviamo di fronte a veri e propri paesaggi dell'anima, sia che si tratti di una figura femminile, sia di un albero o dell-'íncurvarsi di un orizzonte. Una sorta di metafisica essenzialità pare di cogliere là dove una precísa configurazione di forme, rilevata da una pittura scandita su gamme insolite di rosa e violacel e bianchi per effetti di magica trasparenza, sembra a prima vista insistere sul richiamo del fascino lirico, se non erotico, della femminilità. Una atmosfera di più suggestivi significati sembra di dover sperimentare, anche ben oltre l'incanto estatico, talora, in certi più riusciti paesaggi dell'ultimo Boatto. Quasi richiami ad altre latitudini che ancora una volta evocano inequivocabilmente la sfera del religioso. E anzi vorremmo ulteriormente precisare questo contenuto di religiosità di Boatto, chiaramente definendolo "cristiano". Per il richiamo a quella valorizzazione dell'uomo che Cristo ha operato innestando il suo germe di grandezza in ogni creatura. Se, quindi, tutta la pittura di Boatto, anche quella dei nudi femminili e quella dei paesaggi apparentemente "laici", può essere letta in chiave religiosa, che dire della pittura si soggetto esplicitamente religioso dell'artista? Q-Ili, a nostro avviso, avviene un processo che, oltre a interessare il cultore d'arte, può coinvolgere anche il teologo. Stando, infatti, alla produzione di soggetto religioso del Boatto, soprattutto l'ultima, e non quella direttamente destinata al luoghi di culto, si deve dire che essa evidenzia una sorta di dissacrazione o demitizzazione che, lungi dal risultare blasfema, può recuperare il senso più puro della autentica religiosità. Nel Cristi di Boatto, per esempio, sparisce ogni residuo di incrostazione devozionale e viene recuperato un profondo senso di mistero. Alle immagini religiose, che devoti e non devoti sono soliti vedere in determinata ottica sempre uguale, viene tolto ogni contorno di eccessiva definitezza, convenzionale e tradizionale, per recuperare il genuino valore di un impatto senza mediazioni. In tal senso Boatto è dissacrante. Supera, cioè, il "sacrum", il "sancito", il "predefinito", lo "stabilito" una volta per tutte, P"intoccabile" per convenzione più o meno motivata. Dissacra perchè abbia più spazio il "mistero": cioè P" indefinibile ", cioè l'"indicibile", cioè il vero oggetto-soggetto di fede, cioè l'autentico "religlioso". In tal modo, viene fuori, almeno nel migliori quadri di Boatto, il Cristo più religioso, che è quello biblico. Il Cristo che è garanzia di vittoria proprio perchè ha conosciuto l'ignominia della croce, lo sgozzamento quasi di agnello macellato. Il Cristo di Boatto, non è il prodotto definitivo, confezionato da alcuni per gli altri, buono per una sorta di " sacro commercio". E, semmai, una realtà con cui imbattersi, uno scoglio su cui dar di capo, una pietra angolare di cui ci si deve accorgere e con cui si deve assolutamente fare i conti. E un Cristo crocifisso nel senso vero della parola. Che se non fosse crocifisso davvero, e solo per gioco, neanche vera sarebbe stata la resurrezione e quindi vana la nostra fede. Si tratta del recupero pittorico di un concetto teologico che oggi anche in certi ambienti di pensiero, tra i più sensibili, si sta ripescando. La verità evangelica per cui la speranza nasce proprio dal fatto che Gesù Cristo morto è il seme piantato sotto terra. Il seme che, marcendo, fa il miracolo della vita nuova. Chiude la vecchia situazione del ciclo finito per la novità di una stagione che ricomincia in cieli e terre nuove. Il "cupio dissolvi", il "voglio morire", in tal modo, non è la conclusione della disperazione, bensì la proclamazione di una sicurezza di risultato e di vittoria. E qui si gioca, esistenzialmente come anche concettualmente, la sostanza stessa della fede la quale è "salto nel buio", da una realtà conosciuta, ma tremenda, a una non conosciuta ma bellissima, certa. Un salto che equivale alla fatica degli apostoli nel momento della morte di Gesù, quando calarono le tenebre sulla terra. Potremmo dire, in sostanza, che Boatto riconduce in pittura i profondi contenuti di un Pascal come di un più recente Bonoeffer. Tutta la teologia del Crocifisso. E analoga lettura ci sembra giustificata anche per gli altri soggetti religiosi: la Pietà, San Francesco, le figure di frati. Dolorose, ma tuttavia sempre piene di una vita che si intravvede oltre i segni della sofferenza e della morte. Ma forse che tale "teologia" pittorica non si riscontra anche nelle donne, nel nudi di Boatto? Cioè nel soggetti "Ialci", secondo noi da leggere sempre in senso religioso? Cioè come realtà scavata. Queste siloettes che sembrano incavi da sondare. Rotondità metafisiche, quasi nidi nascosti in cui c'entra l'inizio di vita. Come piante viventi raccolte in se stesse, dolorosamente, a protezione di segreti da leggere nella sostanza di un tronco, ben più che nella descrittività di occhi e bocche e capelli, mai definiti nè di linea nè di colore. Così i nudi del Cristo Crocifisso: essi stessi dei "tabernacoli" in cui si nasconde speranza garantita proprio dalla distruzione di ciò che è caduco. Ci sembra significativo in tal senso anche la grande ceramica che domina dall'alto dell'abside della chiesa di Domanins. in provincia di Pordenone. Q-In si deve aprire, anche per meglio sottolineare l'interpretazione contenutistica, il discorso formale della pittura, soprattutto soggetto religíoso, di Boatto. Usa l'acrilico e la tempera, trattati con resine per dare consistenza e trasparenza. Una materia che esprime in dimensione "formale" quella complessità che poi si traduce nella sostanza "contenutistica". Il comporsi dei rosa e violetti dalla mistura dei rossi e bleu e i bianchi, con barlumi di giallo. I passaggi di un processo formale che segnano altrettanti 19 passaggi di una vita interiore di poeta dall'arla disarmata, ma con dentro il nodo di problemi irrisolti. Forse affrontati, con sensibilità ansiosa, nel difficile salto della fede. Il tranlsito dal visibile all'invisibile; dal dolore alla speranza; dal poco distinto, all'indistinto: tutto questo per l'effetto di una pittura che, partendo dal figurativo, ha vasti spazi di astratto, come di "non detto". E contiene una intensa notazione di movimento, quasi a testimonianza di un incessante lavorìo interiore, che è di quanti non hanno la sicurezza superba del tutto posseduto, del tutto sicuro, del tutto arrivato. Nella vita, come in pittura. Nella fede, come nella rincorsa di questi fantasmi poetici, fissati nelle dolorose e gioiose tele di Boatto. Con una emersione di sintesi che potremmo ben definire, almeno nei quadri migliori, una specie di approfondimento metafisico con il fraseggio coloristico della lirica. Quasi a dire che la migliore riflessione tra gli uomini è quella dei poeti. Che la più gioiosa delle sofferenze, è quella degli artisti. Che la strada più valida da seguire è quella della consapevolezza che canta, della presa di coscienza che sogna. Sarà esagerato, allora, dire, che specialmente l'ultima pittura a soggetto religioso di Boatto è una specie di preghiera a colori? Una preghiera del corpo che ha fatto soffrire e che attende liberazione. La preghiera di chi si abbandona al futuro. La preghiera di chi, magari, non sa di preciso cosa lo attende, ma sa che qualcuno di sicuro gli ha segnato la strada della migliore ricomposizione. In tal senso, una preghiera forte: questo corpo che mi ha fatto soffrire. deve morire. Ma preghiera dolce insieme: quasi evidente nel senso di abbandono di certi volti di Cristo e di frati e di Francesco. dinamico proiettile slanciato verso Dio. Una preghiera che cogliamo in termini più sentiti e culturalmente più contemporanei negli ultimi quadri maggiormente che non in altre composizioni religiose, di periodi precedenti. Ci riferiamo alle grandi composizioni (per esempio dell'ospedale di Motta, della parrocchiale di Rauscedo e del Santuario di Aviano) che testimoniano la gran mole di lavoro, e lavoro impegnativo, portato a termine dal pittore. Quadri alcuni dei quali rivelano, pur nella loro maggiore compiutezza formale e più custodita obbedienza tradizionale, la presenza delle componenti contenutistiche appena sopra analizzate negli ultimi quadri. Il senso della morte, del dolore, come germe di speranza. In tal modo, forse, più vibrante il bacio di Giuda che non altri temi trattati. E tra le grandi composizioni e i quadri ultimi, l'intermezzo della Via Crucis di Biverone, di notevole forza grafica, già premonitrice dell'impatto tra figurativo e astratto, tra il detto e il non detto che anzi meglio si direbbe "alluso". Oppure "simboleggiato". Perchè, a differenza delle opere di prima e di dopo, ci sembra notevole la componente . bolistica nella Via Crucis. Pur nel vigorosi richiami realistici (di una spoliazione che meglio si direbbe spellazione; di un sacerdote che giudica e meglio si direbbe colpisce; di una colonna che è una specie di incombente strumento di sopraffazione per la povera carne di Cristo; e così via); pur in questi richiami di realismo talora fortissimo, la finezza anche coloristicamente resa di un passaggio continuamente sfiorato, talora liricamente sintetizzato, tra fine e inizio, tra vita e morte, tra disfatta e speranza. ~ chiaro che, opere destinate alla fruizione di culto pubblico devono obbedire a canoni di maggiore gradevolezza e più didascalica accettabilità. Alla luce, tuttavia, delle ultime opere di soggetto religioso, il complesso dell'opera pittorica di Boatto acquista una più vivace dinamica e una più illuminante chiave di interpretazione, nel senso della profondità. Può, forse, crearsi qualche problema per chi si dovesse accostare con eccessiva premura e poca disponibilità. Chi si fermasse davanti agli ultimi quadri di Boatto premunito di troppa assuefazione al tradizionale oleografico e poco disposto al messaggio biblico del "Servo di jahve". L'opera di Boatto, allora, potrà anche essere provocazione. Ma utile a un richiamo profondamente umano oltre che fortemente estetico. Stimolante, pure, alla comprensione di una fede vera; più aderente al messaggio biblico, più mistica e quindi più autentica. Quella che crede nella morte vera di Gesù Cristo, perchè solo così può aderire alla sua resurrezione vera.

A perenne memoria del Giubileo 2000
 
Il paese apre le porte a Cristo