Qui verranno pubblicate le storie per intero dopo che sono uscite in Racconti. Le storie saranno ordinate dalla più nuova (in alto) alla più vecchia (in basso).

 

 

MondoGlitter.it

di Eleonora

 

Era il 1940, l'India era ancora sotto il dominio inglese e solo gli indiani più ricchi potevano permettersi di mandare i figli a scuola. La famiglia di Asha non era tra queste, anzi era molto povera e abitava nella periferia più squallida della città.

Asha era una bambina indiana, con la pelle di color caramello, gli occhi neri e vivaci; minuta e magra, aveva i capelli scuri come la notte lasciati sempre sciolti, lunghi fino alla vita. Ma, come ogni altro bambino povero, il suo sogno era di imparare a leggere e a scrivere le mille storie che aveva vissuto.

Un bel giorno Asha tornò a casa: «Mamma, oh mamma, ce l'ho fatta!» urlò alla madre.

«Cos'è successo, tesoro?» chiese Lema alla figlia.

«Ho trovato lavoro al "Calcutta College"!»

«Ma è fantastico!»

«Potrò dormire là! Avrò un vero tetto! Ma ti prometto che non mi dimenticherò di te, di Rahib e degli altri».

Per gli undicenni come Asha era normale lavorare, anzi erano felici di poter dare il loro contributo. La ragazza prese una sacca e ci mise dentro l'altro suo vestito e il libro del suo defunto papà, sperando di poter imparare a leggerlo al "Calcutta College".
 

Ma dall'altra parte della città, qualcuno non era così felice.

«Oh, papà, non voglio, non voglio tornarci! Voglio venire a viaggiare con te!» esclamò Bridget, nella sua villetta in collina.

«Ma Bee, sai che devi tornare dalle suore del college, è per la tua istruzione!» rispose il padre. Ma Bee non voleva sentir ragioni. Aveva pensato che andare ad abitare sulla collina di Calcutta non l'avrebbe fatta andare a scuola. Quante fantasie! Anche a Calcutta c'era una scuola, e una scuola privata, per giunta.

A volte l'aspetto non rispecchia il carattere, come nel caso di Bridget. Lei era una ragazza benestante, beneducata, capelli biondi coi boccoli, occhi azzurri e aspetto da bambolina: quindi il suo sogno di diventare archeologa ed esploratrice era pressoché impossibile.

 

Asha camminò verso il grande ingresso del college, e bussò al portone di legno d'acero. Le aprì una suora alta e spigolosa.

«Buongiorno cara, ti avviso che non siamo un orfanotrofio per bimbi soli e abbandonati» esclamò seccata la suora.

«N-no signora, l-lo so. S-sono la nuova cameriera» balbettò Asha.

«Oh, questo cambia tutto. Vieni, abbiamo molto da fare».

La suora accompagnò Asha dentro il portone del "Calcutta College" e la fece lavare da capo a piedi, poi la vestì con un abito di cotone nero e un grembiule. Asha si profuse in mille ringraziamenti, ma la suora la zittì con un: «Silenzio! Ogni giorno tu dovrai pulire il secondo piano, quello delle classi e l'ingresso. Se hai bisogno rivolgiti agli altri domestici, rivolgiti a noi suore chiamandoci "madre" o "suor", e alle allieve con "signorina" o "miss". Dai a tutti del lei e non parlare mai se non sei interpellata. Io sono suor Vincenza. Hai capito tutto?».

«Sì, madre, ho capito».

Asha salì fino al secondo piano, dove le diedero i suoi "attrezzi da lavoro". Era felice delle sue nuove opportunità.

 

Quando Bridget varcò la soglia della sua camera al college, c'era Layla ad accoglierla, sua amica nonché sua compagna di stanza. «Ciao Bee! Come va? Oh, non sai quanto mi sei mancata! Com'era l'Inghilterra?». Ma Bridget non aveva voglia di rispondere. Prese i quaderni e si diresse verso l'aula di storia, una delle sue materie preferite, insieme all'inglese. L'aula di suor Maria Antonietta era una delle più belle, perchè le finestre davano sul parco del college. La lezione volò come al solito, e quando uscì dall'aula Bridget vide qualcosa che attirò la sua attenzione: una domestica indiana che la guardava con aria un po'  invidiosa. "Come si fa ad essere invidiosi di chi va a scuola?" pensò Bee, e fu urtata da quella stessa cameriera un attimo dopo, spinta da Layla che usciva dalla classe. «Oh, mi dispiace, non volevo!» tentò di giustificarsi Asha. «Ma stai tranquilla, non è successo nulla!» rispose Bee. non era per niente stravolta da quello scontro. Forse avrebbe dovuto esserlo? Le sue "amiche" disprezzavano i domestici e gli indiani, ma lei no. Anzi, quella ragazza l'affascinava.

 

Asha lavorava duramente tutti i giorni, e se passava accano a un'aula dove c'era lezione (soprattutto di inglese) cercava di ascoltare, sperando di poter imparare qualcosa. Quando un giorno le fu chiesto di andare a pulire l'ufficio di suor Maria Antonietta, Asha rimase stupita dalla quantità di libri presenti in quella stanza. Ne prese uno e cominciò a sfogliarlo. Com'erano belle quelle figure, chissà quante cose le avrebbe potuto raccontare quel libro, ma lei non poteva capirlo; non poteva capire quella parole, quelle frasi, quelle storie.

«Se ti piace te lo regalo». Suor Maria Antonietta era entrata nella stanza. Asha sussultò e fece quasi cadere il libro. «Io non... non so leggere» rispose, triste e vergogonosa.

«Lo so, e credo che tu stia ad ascoltare le mie lezioni proprio per questo, vero?» chiese, pacata, la suora. Asha no rispose, ma abbassò la testa.

«Tu sei Asha, giusto?» riprese la suora, e la ragazza annuì.

Rimasero in silenzio per un po'. Gli occhi profondi e saggi della suora la scrutavano curiosi.

«Asha, ascoltami, se mi dai un po' di tempo magari riesco a convincere la superiora a farti frequentare i corsi...» cominciò la suora. Asha alzò il viso raggiante.

«...ma nel frattempo vorrei che qualcuno ti insegnasse a scrivere, a leggere e un po' di matematica. Non voglio che tu inizi i corsi senza un minimo di preparazione, sei d'accordo?» concluse la suora. Asha si mise a piangere dalla gioia.

 

Bridget stava sistemando i suoi quaderni, quando bussarono alla porta della stanza. Andò ad aprire e rimase un po' sorpresa quando vide suor Maria Antonietta insieme alla cameriera indiana che l'aveva urtata quella mattina, sulla soglia della stanza. «Posso esservi utile, madre?» chiese Bridget educatamente.

«Signorina Hagger, volevo chiederle un favore: può insegnare a questa ragazza a scrivere, leggere e un po' di calcoli?» chiese la suora. Bridget rimase un po' a pensarci: cosa avrebbero detto le sue compagne? Non che le importasse, ma non voleva rimanere senza amiche e diventare un'esclusa. Probabilmente la suora aveva capito che era dubbiosa e aggiunse: «Tranquilla, le insegnerai su nella torretta, un ora al pomeriggio e due alla sera. Dalle 20.30, dopo cena, alle 22.30, prima di andare a dormire. Avrai la scusa di fare ripetizioni con me. Sei d'accordo?». Bridget annuì pensierosa.

«Benissimo, potete cominciare già da stasera». E la suora se ne andò, seguita da Asha.

 

Quella sera Bridget si diresse decisa verso la torre con un quaderno, il libro di inglese e quello di matematica, la penna d'oca e il calamaio. Quando aprì la porta la ragazza era già lì, seduta su uno sgabello rotto, lasciando quello intatto alla sua nuova maestra.

«Ehm... buonasera... io... io sono Asha»

Bridget la guardò in volto e capì che quello sarebbe stato l'inizio di una lunga amicizia, ma capì anche che Asha non sapeva come comportarsi.

«Ciao Asha, io sono Bridget, ma dato che spero diventeremo amiche puoi chiamarmi Bee».

Asha abbozzò un sorriso... ma poi torno subito a guardarsi le scarpe.

«Ascolta, non importa se tu ti senti diversa da me o dalle altre ragazze, se il tuo sogno è quello di imparare, io ti aiuterò. Diventeremo amiche di certo. E ricordati che non voglio essere trattata come una principessa, perciò rilassati e prendi questo quaderno.»

Asha obbedì, ma con Bridget scoprì di essere a proprio agio, e ben presto iniziarono a chiacchierare tranquillamente.

Dopo due settimane, Asha sapeva già leggere e scrivere correttamente in inglese, ed era al passo con il programma di matematica.

«Bee, ascolta...» chiese una sera Asha. «non è che potrei provare a leggere una delle storie del libro di mio padre?». Bridget non si stupì poi tanto: l'amica aveva sempre voluto leggerne una di persona.

«Ma certo! Aspetta... leggi questa: "Il fiore di smeraldo". Sembra bella»

Asha cominciò a leggere e la fantasia di Bridget si mise al lavoro per ricostruire i luoghi e le storie, come ogni volta che la ragazza indiana leggeva, con la sua voce dolce e melodiosa. La storia parlava di una bellissima principessa indiana che possedeva un fiore stupendo, con i petali di smeraldo. Quando il principe Mòghul le chiese di sposarlo, lei gli disse che avrebbe sposato l'uomo che le avesse portato un fiore più incantevole del suo. Il principe le portò molti fiori bellissimi: d'oro, d'argento, di cristallo, ma nessuno piacque alla principessa più del suo. Un giorno arrivò uno straniero che le portò una rosa, una semplicissima rosa, ma con un profumo così intenso che la principessa decise che era quello il fiore più bello e sposò lo straniero.

Finita la storia le ragazze decisero di nominarla la fiaba più bella di tutte, e la rilessero altre quattro volte per essere sicure di sognarla quella notte.

 

Era un giorno uggioso, con il cielo plumbeo, quando suor Maria Antonietta (soprannominata "la madre buona" dalle due ragazze) accompagnò Asha nell'ufficio della superiora. Appena la "madre buona" aprì la porta, Asha vide l'anziana suora dietro la scrivania. Era alta e paffutella, con una faccia simpatica, gli occhi dolci e profondi. Poi, seduti sulle sedie vicino al tavolo, c'erano sua madre e suo fratello Rahib. Quale gioia per Asha poterli rivedere e abbracciare! Ma nel guardare la madre in volto, si accorse che aveva un'aria molto stanca e affaticata, quasi malata, anche se era raggiante. Ma non ebbe il tempo di fare domande che le superiora annunciò il motivo di quella convocazione.

«Asha, siediti e ascolta. Tua madre, tuo fratello ed io abbiamo deciso che se lavorerai tutti i giorni dalle 16.00 all'ora di cena, sabato e domenica compresi, potrai frequentare i corsi del "Calcutta College"»

Asha non riuscì a crederci subito, e se lo dovette far rispiegare dal fratello e dalla madre prima di realizzare di essere entrata a far parte del "mondo della sapienza".

 

Bridget pensava al pomeriggio che avrebbe passato nella torretta con Asha, quando bussarono alla porta dell'aula di suor Vincenza, interrompendo i calcoli alla lavagna e i sogni di Bridget.

Sulla soglia c'era Asha, nella divisa delle alunne del college, accompagnata dalla superiora, da una signora dall'aria debole e malaticcia e, di fianco ad Asha, un ragazzo alto e quasi identico a lei, ma con i lineamenti più occidentali. E nel vederlo a Bridget venne una fitta vicino al cuore, o forse proprio lì. Poi la porta si richiuse e Asha venne a sedersi nel banco vicino al suo, luminosa, da subito attenta alla lezione e ai calcoli sulla lavagna nera.

 

<Come ci sei riuscita?> chiese stupita Bridget all'amica, finite le lezioni.

<Non lo so... la "madre buona" mi ha portato dalla superiora, e la superiora mi ha annunciato che...> e fece una piroetta.

<E' grandioso! Ehm... Asha... chi è il ragazzo che ti ha accompagnata in classe?> chiese timidamente Bee.

<Oh! E' Rahib, mio fratello> rispose Asha, con noncuranza.

<Non... non è che puoi presentarmelo?>. Nel porre all'amica questa domanda sentì le guance diventarle bollenti.

Asha, sentita la richiesta, si bloccò e si fece scura in volto. <Bee, non puoi! Non puoi innamorarti di mio fratello! E' un indiano ed è... è povero!> gridò Asha. <Ne andresti di mezzo tu! Tuo padre si infurierebbe!> continuò la ragazza.

<Non mi importa! Posso fare quello che voglio! E poi tu sei come lui e sei mia amica lo stesso!> le rispose Bridget, furiosa.

<Ma Bee! Non capisci? Non può permettersi di pensare a te! Deve fare il capofamiglia!> urlò Asha.

<Oh Asha! Ma non puoi...?> rispose tristemente Bridget.

Asha rimase un po' in silenzio, poi disse: <Ok Bee, te lo farò conoscere, tanto non mi costa nulla> e fece spallucce.

<Asha! Sei fantastica!> e l'abbracciò.

<Bee, sai com'era il mio papà?>

Bridget non glielo aveva mai chiesto perchè ad Asha piaceva solo inventare storie che parlavano di suo padre. Ma ora, di punto in bianco, l'amica aveva deciso di dirle la verità.

<Beh, lui era... non era veramente indiano, la nonna era inglese e il nonno indiano, così aveva dei tratti molto occidentali, come Rahib. Era molto simpatico e divertente, non severo e burbero come altri papà. Lui mi raccontava molte storie, tutte sulle sue avventure, e voleva molto bene alla mamma. Ma quando è morto, e non so come, noi siamo dovuti andare a vivere insieme agli altri "intoccabili", perchè era solo con il suo lavoro che ce la cavavamo. Adesso è Rahib il capofamiglia, ed è per questo che non volevo che tu lo conoscessi, non può innamorarsi di un'inglese, ci andresti di mezzo tu e la mia famiglia. Ma poi ho capito che se il tuo sogno era solo quello di conoscerlo dovevo aiutarti a realizzarlo>. Asha sorrise e se ne andò.

 

 

 

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