Commento all'articolo
“La via dei simboli” di Antonino Saggio
>>> http://architettura.supereva.com/coffeebreak/20001215/index.htm <<<
“…la volontà di una città di rappresentarsi in quanto collettività…a noi non interessano i monumenti…”
Credo sia davvero questo “il punto di passaggio” il pensiero venuto fuori dal Deutsche Werkbund e l'esigenza alla quale l'architettura deve rispondere nei confronti della società della collettività e del progresso tecnologico.
E' giusto che non si tratti più di una architettura del monumento ma che tenga ben presente le esigenze di chi vive la città, che comunichi un messaggio attraverso i “simboli” che l'architettura ha sempre saputo comunicare, con la giusta attenzione alla fruibilità e l'uso dei suoi prodotti con l'obbiettivo di programmare uno sviluppo urbano coerente per non arrivare come è successo spesso alla creazione di quartieri dormitorio che nulla anno da offrire a chi ne fruisce.
Dopo l'avanguardia, che aveva abbandonato i linguaggi noti, l'architettura si misura con i nuovi sviluppi della cultura e l'accelerazione alimentata dalla ricerca scientifica e dalle nuove forme di comunicazione si confronta ora con le questioni sociali e si ridefinisce il significato di spazio urbano.
L'insegnamento dei maestri dell'architettura moderna come Walter Gropius, sempre attento alle relazioni tra arte e tecnica, tra artista e questioni sociali, e tanti altri oggi aprono la strada alla “ via dei simboli ” e credo che oggi con una società orientata verso “una logica di massimizzazione oggettiva, ed uno sforzo di elementarizzazione ” ( A.Saggio, Corso di Progettazione Architettonica Assistita A.A.2005, lezione 21/03/05 ) sia giusto attraverso dei simboli cercare una comunicazione/architettura più arguta che sia di stimolo per la collettività.
Enrico Di Blasio