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                            Recensioni dei miei viaggi più avventurosi col piccolo scooter "Liberty"


Contro la furia degli elementi.  Febbraio.  Avendo la passione per il meteo, ho sempre invidiato quegli americani che con l’auto inseguono i tornadi. Ieri ho avuto l’opportunità di provare anche io cosa si prova nel trovarcisi in mezzo, e avendolo fatto con uno scooter vi assicuro che le sensazioni sono molto forti!
Erano le 16 e guardando verso il mare il cielo era quasi nero. Si sentiva qualche tuono in lontananza, ma nulla lasciava presagire cosa sarebbe successo di lì a poco. Col pc mi collego al radar meteo di Monte Midia. L’immagine che mostra mi lascia perplesso. Di fronte alle coste laziali si sta materializzando un temporale di proporzioni inusuali. Sono indeciso se uscire dall'ufficio, stimo il suo arrivo sopra di me in circa 20 minuti, per cui decido di partire, forse riesco viaggiargli davanti e ho il tempo per godermelo dal vivo.
Alle 16:10 sono in sella allo scooter. Mentre esco dal parcheggio ancora non piove, ma si ode un tuono continuo e il cielo è pieno di lampi. Solo ora mi rendo conto che il temporale viaggia molto piu’ veloce del previsto. Tempo cinque minuti e si scatena l’inferno. Improvvisamente inizia a scrosciare, il vento è fortissimo e purtroppo spazza trasversalmente.
E’ buio totale, il mio faro sembra spento. Le raffiche di vento mi fanno oscillare pericolosamente e ho paura di cadere ma soprattutto di essere travolto da chi mi segue che non vedrà nulla come me.  Percorro la strada che mi porta verso la via Ardeatina a 20 km/h mentre mi cade addosso di tutto, rami, pigne. La strada è completamente allagata. Per fortuna vanno tutti piano. Nel giro di pochi minuti sono accecato dall’acqua che ha riempito di gocce i due lati della visiera e dei miei occhiali. Vorrei fermarmi, ma non so dove perché sotto gli alberi è pericoloso e non ci sono piazzole.
Raggiungo l’Ardeatina. Da lontano vedo il semaforo verde e nonostante l’acqua che arriva da sopra e da sotto, accelero forte per prenderlo.
Continuo a viaggiare mentre il cielo è una tempesta di tuoni e fulmini. Le macchine vanno pianissimo perché la strada oltre ad essere coperta di rami, ogni tanto costringe ad una gimcana a senso unico alternato per aggirare un tronco caduto di traverso che per fortuna lascia un varco. Cerco di adeguare l’andatura in modo di non dover mettere i piedi a terra perché la strada è un torrente impetuoso. Se mettessi giu’ i piedi, l’acqua mi porterebbe via i mocassini e rimarrei in calzini!
La scena è apocalittica. Sotto le mie ruote sento passare di tutto.  La gomma anteriore scarta continuamente a destra e a sinistra, non ho idea di dove stia mettendo le ruote.  La visibilità è praticamente zero,  l’unica cosa che vedo sono le lucine di posizione della macchina che mi precede, in mezzo alle quali suppongo ci sia la strada. Per fortuna riesco a non fermarmi.
Arrivo sull’Appia Pignatelli e ora debbo stare attento alle macchine che vengono nell’altro senso e che alzano ondate d’acqua che mi arrivano direttamente in faccia poichè ho la visiera alzata per cercare di vedere qualcosa. All’altezza della fonte Egeria, la strada è una laguna.  Le macchine hanno l’acqua che lambisce la carrozzeria.  Pur andando pianissimo, la mia ruota anteriore apre due ventagli d’acqua. Pittoresco, penso. Mi rendo però conto che le prese d’aria che ho sopra la pedana mi soffiano acqua dentro le scarpe… Non faccio in tempo a pensare “speriamo che non mi si spenga il motore” che vedo la spia dell’olio accendersi e sento il motore starnutire. Se si ferma resto qui.  Lo scooter sussulta e rallenta bruscamente in una nuvola di vapore, ma per fortuna altrettanto prontamente si riavvia e riesco a superare la laguna. E’ un miracolo… Solo ora mi accorgo che i guanti sono diventati pesantissimi perché completamente intrisi d’acqua, se non sto attento mi si sfilano dalle mani con il solo loro peso. L’Appia è un cimitero di rami e non si procede perché diverse macchine ferme ostacolano il traffico.

A freddo, posso dire di essere stato un po’ incosciente, però mi sono anche entusiasmato. L’attrezzatura ha tenuto bene, a parte le scarpe che erano inadatte e i guanti che si sono inzuppati anche dentro (sono guanti da neve). Se ricapitasse lo rifarei?   probabilmente sì. Per fortuna ieri le forze della natura benevolmente mi hanno graziato.  torna all'ALBUM delle FOTO


Avventura notturna, destinazione il Borgo di Fianello nel cuore della Sabina.  Luglio.   Roma è calda pure di sera, ma il percorso che ho in mente è lungo e si snoda verso le colline. Decido di partire con un giubbotto primaverile che terrò inizialmente sbottonato soffrendo un po' il caldo e nel bauletto metto i soprapantaloni leggeri antipioggia da usare se sentirò fresco.  In testa, l'integrale invernale che mi da più sicurezza.
Alle 22,30 premo il pulsante di avviamento e dopo tre secondi lo scooter borbotta sonnacchioso: non si aspettava una chiamata a quest'ora...
Il traffico in uscita dalla citta’ non è eccessivo ma il caldo dà noia  e i semafori fanno sudare anche di notte.  Imbocco la tangenziale dove quelli che vanno piano fanno i 90.  Mi adeguo per non essere continuamente superato e punto verso la Salaria della quale percorrerò il tratto che mi porterà all'innesto con l'Autosole. Dalla rampa che mi fa accedere in autosole inizia il buio completo.  E' una sensazione strana viaggiare su una strada a tre corsie senza l'illuminazione pubblica.  I SUV mi superano affiancandomi nel buio, e io mi sento molto piccolo. Per fortuna il faro del Liberty è potente e l'anabbagliante illumina un buon tratto di asfalto compreso il ciglio della strada, il cui scorrere mi fa compagnia. Impossibile però capire quale mezzo abbia alle spalle perché si vedono solo fari.
Se lungo la statale ero abbastanza rilassato, in autostrada la musica cambia.  Ora debbo confrontarmi coi numerosi bisonti da 44 tonnellate che,  salita o discesa,  viaggiano fissi a 100 km/h. Inizialmente penso di superarli viaggiando nella corsia centrale, ma le turbolenze che provocano sono forti  e quando sono al loro fianco  ho la sensazione di essere invisibile.  Inoltre nella corsia centrale  viaggiano velocissimi i pullman granturismo stranamente numerosi anche la notte. Per lo spostamento d'aria che provocano  mi sembrano più pericolosi dei TIR. Decido quindi di mettermi tra due autotreni e di viaggiare con loro a 100 fissi, che col buio sembra pure tanto. Lo scooter ondeggia nella scia di vento che si chiude davanti a me.  Con l’intento di cercare una zona meno turbolenta  mi porto a ridosso del "gigante" che mi precede, ma non c'è niente da fare, il mio mezzo oscilla sempre.  Allora decido di stare in mezzo, visto che il TIR che mi segue è magnanimo e non si avvicina troppo.  Di notte, il traffico è costituito quasi esclusivamente da mezzi pesanti e da "missili" che sfrecciano in corsia di sorpasso ben oltre i 140 alla faccia del Tutor...  Mentre macino chilometri, penso alla mia lucina posteriore di posizione e spero che il suo filamento non mi tradisca.  Mi rendo conto solo ora che se qualche lampadina dovesse fulminarsi  non ne ho di ricambio, ma non voglio pensarci.  Percorro l'autostrada scrutando con attenzione la zona illuminata dal faro e canticchio per smorzare la tensione ma non basta, mi accorgo che le mie mani serrano le manopole.  Del mio scooter l'unica cosa che vedo nel buio  è il cruscotto illuminato.
Il casello di Ponzano Romano arriva quasi inaspettato.  Dopo aver infilato la carta di credito nel verso giusto, finalmente la sbarra si alza.  Ora mi aspetta il tratto di montagna dove incontrero' segnali che indicano pendenze del 10%.  Una breve sosta alla luce dei lampioni del casello è necessaria per infilare i soprapantaloni perchè la temperatura ora è collinare e nell'ultimo tratto di autostrada ho sentito freddo alle gambe.  Il buio è totale  ma ora posso accendere l'abbagliante  la cui lama luminosa  illumina in profondità, rendendo tutto piu’ distinto e rassicurante. Adesso viaggio rilassato e mi gusto i profumi che riserva la campagna di notte: un piacevolissimo odore di erba umida, di caminetti accesi e di... salsicce alla brace!  Durante questa parte del viaggio, non incontrerò quasi nessuno fino alla meta.  La strada presenta più di un tornante in ripida pendenza  che affronto ad una andatura sicuramente più moderata di quanto avrei fatto di giorno perchè di notte è come se i riferimenti fossero diversi.  Davanti a me centinaia di insettini e farfalline illuminati dall'abbagliante, brillano e sembrano corrermi incontro per poi svanire nel nulla appena dietro il faro.  Uno spettacolo che in auto non si nota perchè i fari sono lontani.  Questa sarà la parte più suggestiva del viaggio.  Il paese di Tarano con le sue casine arroccate, le lucine fioche e i muri di pietra appena illuminati sembra un presepio.  Poco prima della meta, attraverso Montebuono, famoso per un motoraduno che vi si tiene tutti gli anni il 1° maggio.
Prima di arrivare a Fianello, un ultima imprevista sorpresa. Sul ciglio della strada vedo una cosa che inizialmente mi sembra un sacchetto dell'immondizia, ma quando gli sono a ridosso inizia a muoversi ondeggiando i sui poderosi aculei: si tratta di un grosso istrice. Bellissimo, ma io sono quasi spaventato e forse lo è anche lui...  Alle 24 sono a destinazione. Spento il motore, sono in compagnia dei grilli nel buio totale, e posso gustarmi lo spettacolo del cielo nerissimo. Accarezzo la sella del mio Liberty e andiamo a dormire.
Ma che ne sanno di queste cose quelli che girano in auto in città.    
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Campo Imperatore: Km 380. Settembre. Erano mesi che mi ronzava per la testa l'idea di scalare il Gran Sasso con lo scooter. Ho scalato tutte le vette più alte del Lazio ed ora restava lui, il Corno Grande. Prima di partire mi assale una specie di angoscia legata ad una serie di incognite rappresentate dalla distanza,  dalla fatica da sostenere e dalle condizioni meteo, che sul Gran Sasso che cambiano repentinamente rappresentando l'insidia maggiore nel caso di una scalata in solitaria.  Ma ormai ho deciso.
Parto con molta calma verso le 9.  Viaggio ad andatura turistica. Decido di fare la via Tiburtina fino all'ingresso di Carsoli per poi prendere l'autostrada fino ad Assergi scavalcando L'Aquila.  Superati i 500m l'aria fresca collinare comincia a farsi sentire.  Verso Carsoli inizio a cercare i cartelli dell'autostrada ma sbaglierò direzione arrivando ad un simpatico paese che si chiama Colli di Montebove, abbarbicato in cima ad una collina.  Una piacevole divagazione di 19 Km su una bella strada di montagna. Torno indietro e finalmente trovo il bivio che non avevo visto.  Prima di accedere in autostrada, indosso i sopra pantaloni per proteggermi dal freddo.  Sarà una scelta saggia perchè sotto le gallerie dell'A24 farà quasi freddo.  E' la prima volta che entro in un'autostrada a pagamento con lo scooter. Prendere il cartellino al casello è emozionante: me lo infilo nella tasca e dopo 20 metri mi fermo per controllare che sia ben inserito in fondo...   Nonostante la salita lo scooter morde l'asfalto a 100 km/h e raggiungo presto i camion. Non è il caso di star loro dietro per la polvere e il fumo che lasciano, quindi decido di accelerare per superarli uno alla volta.  Mi accorgo però che,  senza rendermene conto,  ho già quasi aperto tutto il gas e mi resta solo mezzo centimetro di manopola...  Aspetto che la salita si faccia meno ripida e mi avventuro nei sorpassi che, essendo alquanto lunghi, mi costringono ad uscire quando dietro non arriva proprio nessuno.  Le gallerie sono una piacevole scoperta.  Al loro interno, nonostante il buio, si viaggia bene e senza turbolenze.  All'aperto invece devo tenere ben saldo il manubrio perché avverto le ventate e lo spostamento d'aria dei mezzi che mi superano.  Comunque sia,  dai 110 in su,  lo scooter è affetto da un continuo leggero ondeggiare, amplificato probabilmente dal bauletto carico. Molti di voi avranno notato che all'interno delle gallerie più lunghe ci sono dei ventoloni per il ricambio dell'aria. Ebbene fanno un rumore che viaggiando in auto non si nota, mentre in scooter  sembra che ti voli sopra la testa un aereo ad elica. Più di una volta ho guardato dietro convinto di avere una Harley alle spalle.  L'uscita della galleria più lunga  coincide con il valico dell'appennino a quota 1100m.  Ora si scende verso L'Aquila e il traffico è più sostenuto. Un cretino con una vecchia Alfa 33 mi sorpassa troppo da vicino. Vorrei fargli un gestaccio ma non è il caso di lasciare il manubrio. Nonostante la discesa, lo scooter non fa più di 115 a causa del vento controario.  Sosto all'ultima stazione di servizio prima di Assergi dove faccio il pieno (7 euro) e mi sgranchisco un po' le mani.  Una volta coi piedi per terra  ho come l'impressione che mi ronzino le gambe.  Sarà la tensione, l'autostrada è veramente impegnativa con uno scooter così piccolo.  Riparto e dopo altri 16 Km esco ad Assergi.  Alla vista del casello, mi rilasso e per alcune decine di metri lascio completamente il manubrio per sfilarmi i guanti. Il Liberty continua la sua traiettoria stabile come una moto.  Pago 4,6 euro (tariffa auto vergogna!) ed esco passando davanti ad una pattuglia della Polizia che mi guarda incuriosita.   Finalmente sono di nuovo sulla strada normale.  Da Assergi inizia il tratto di montagna.  Dalla partenza ho percorso 140 km.  Il Corno Grande si staglia dinanzi a me maestoso e degno di rispetto.  In breve raggiungo Fonte Cerreto, ultimo paese prima della scalata di 30 Km lungo i quali non si incontra neanche una casa.  Breve sosta per guardare la cartina e via verso il traguardo.  La strada per Campo Imperatore ha il fondo in ottime condizioni ed è abbastanza larga.  L'ambiente che mi circonda è di una bellezza emozionante.  I miei sensi sono al massimo: gli occhi scrutano l'asfalto alla ricerca di insidie che possono celarsi semplicemente dietro una buca, ma nello stesso tempo mi gusto il paesaggio. Lo spettacolo della natura non mi annoia mai. Il cielo, le nuvole, le vallate, le montagne imponenti davanti a me, tutto e' sempre diverso man mano che salgo. I profumi dell'erba si avvicendano senza soluzione di continuità.  Quando inizia il tratto impegnativo le mie mani divengono un pezzo unico con le manopole, i miei piedi leggono l'asfalto attraverso la pedana e il mio fondo schiena è pronto a cogliere ogni variazione di equilibrio. Le curve si susseguono una dietro l'altra. Mi sembra di volare radente l'asfalto. Questo è il mio modo di godere la vita intensamente, ogni attimo va apprezzato perchè come lo vivi è già passato.  Mi fermerò spesso per ammirare i panorami, alcuni a strapiombo su ampie vallate che ricordano film western.  Verso mezzogiorno arrivo sul piazzale di Campo Imperatore.  Una foto sotto al cartello che segna 2100 m. è di rigore.  L'aria è cristallina.  Salgo ancora e parcheggio vicino l'Osservatorio Astronomico.  Ora posso spegnere  lo scooter e godermi il sole.  Nonostante la presenza di foschia, si vedono schiere di montagne lontane allineate come le quinte di un teatro.  Chiamo mia moglie per metterla tranquilla (si fa per dire) e mi concedo una passeggiata di una mezzoretta per cancellare la stanchezza.  Una breve visita al giardino botanico che sta ai piedi dell'osservatorio e una leggera colazione azzerano la tensione.  Ma è già ora di ripartire.  Metto in moto ed inizio la discesa per godermi lo spettacolo dall'angolazione opposta.  Ad un certo punto mi raggiunge un motociclista.  Il duello è inevitabile e inizio a tirare.  Lui ha una grossa BMW, io sono avvantaggiato nelle curve per le dimensioni  ridotte del mio scooter ma lui in accelerazione è più veloce e si avvicina. Piego sempre di più per seminarlo finche' in un tornante sento una sonora grattata metallica: ho toccato col cavalletto.  Questo rumore mi fa rinsavire e lascio passare il motociclista che mi saluta e se ne va.  Durante la discesa, ad un certo punto si alza il vento. Bene dico fra me, mancavi solo tu.  Il vento soffia piccole ma decise raffiche che mi fanno ondeggiare. Rallento l'andatura per non correre rischi inutili. Abbasso leggermente la visiera senza chiuderla.  Le ginestre abbarbicate sui costoni rocciosi danzano al ritmo delle ventate e guardando la vallata in prospettiva, si intuisce la forma del vento come una mano che accarezza la campagna.  La strada di ritorno è la fotocopia dell'andata.  Roma mi sembra lontanissima  ma cerco di mantenere una andatura il più possibile costante e regolare.  Durante il viaggio cercherò posizioni diverse sulla sella per riposare a tratti le braccia, la schiena, i polsi e il sedere, costretti da ore nella stessa posizione. Alle porte di Roma inizio a sognare di essere sdraiato sul mio divano... ma il traffico intenso mi fa sospirare il momento in cui spegnerò il motore. Da Tivoli a Roma patisco un caldo da sud-est asiatico. Alle 16.30 sono sotto casa. Il Liberty è stato impeccabile, nessun problema di altitudine ne' di surriscaldamento nonostante 150 km di  autostrada percorsi sempre al massimo. Ce l'ho fatta,  ho guidato per oltre sette ore.  Sono un po' stanco ma sono felice e questo basta. Voglio tornare lassù quando c'è ancora un po' di neve,  perchè deve essere bellissimo.  
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Il Monte Argentario: Km 360. Luglio. Era un pezzo che avevo in mente di raggiungere il promontorio dell'Argentario, una meta ambiziosa vista la distanza, ma sulla carta la strada sembrava facile e poco impegnativa. Avevo fatto in precedenza una gita a Civitavecchia che in pratica sta a metà strada e avevo notato che non mi ero stancato molto, quindi ce la potevo fare.  Un mercoledì è la giornata ideale, il cielo è azzurro e senza una nuvola. Alle 7 fa già un bel caldo. Nell'euforia di partire velocemente, dimentico di prendere i guanti. Alle 7:30 sono già sull'Aurelia lanciato verso nord. Il traffico dalla mia parte è scarso e posso tenere un'andatura regolare, riposante ma sostenuta. Il tratto di andata mi sembra parecchio lungo ma sento di non aver problemi alla schiena.  Intorno alle 10 raggiungo Orbetello percorrendo quella suggestiva strada lambita dal mare sia a destra che a sinistra.  Lì mi fermerò per riposare un po' le mani, fare rifornimento e gustare un buon cornetto caldo in un bar.  A Porto S. Stefano, essendo alta stagione, incontro un bel po' di traffico. La cosa mi spinge a prendere una stradina che sale sul monte Argentario dove finalmente si respira aria pulita e si aprono scorci panoramici mozzafiato sul mare. Mi fermerò alcuni minuti a guardare quante sfumature di azzurro ci sono tra cielo e mare gustandomi finalmente il silenzio. Sono pienalmente soddisfatto. Ce l'ho fatta!  Ho macinato 180 km senza fatica. Ora mi aspetta il (lungo) viaggio di ritorno.  Per tornare percorrerò l'altro dei tre tomboli di sabbia che uniscono il promontorio alla terra ferma. L'Aurelia sarà impegnativa soltanto per il grande caldo.  Viaggerò in maniche di camicia sperando che nessun calabrone faccia brutti scherzi. A questo proposito, siccome sono senza guanti, di tanto in tanto qualche grosso insetto mi colpisce le mani e la cosa curiosa, non è tanto l'urto, quanto la sensazione di "bagnato" perche' il poveretto si è sfracellato sulle mie nocche...  A Santa Marinella noto un ristorante che espone questo cartello: "Spaghetti Italia Germania 2-0". Chissà come saranno stati.  Verso mezzogiorno, dentro al casco integrale comincia a fare piuttosto caldo. Durante le soste, sento il calore del motore attraverso i pantaloni. Arriverò a Roma verso l'una e mezza dopo aver guidato per oltre sei ore e percorso quasi ininterrottamente circa 360 km. Stanco ma felice.  Il Liberty, spremuto al massimo per centinaia di chilometri in un clima torrido, si è comportato in maniera esemplare. torna all'ALBUM delle FOTO

I laghi del Turano e del Salto: Km 265.  Giugno. Avrei voluto mettere la sveglia alle 5:30  ma era un orario terribile.  Ho scelto le 5:45,  perché sembrava più tardi...  Partire presto significa uscire da Roma senza traffico, guadagnare  tanto tempo e risparmiare benzina perché non ci si ferma mai. Lasciata la metropoli alle spalle inizia la salita verso i monti Sabatini. Per inesperienza, ho sottovalutato il clima collinare. Col crescere dell'altitudine sento un freddo sempre più intenso fino a che diventa fastidioso. Più volte penserò di tornare indietro perché ho i brividi. E' incredibile la differenza di temperatura rispetto a Roma. Nonostante indossi un giubbetto estivo e i jeans stretti, l'aria si infila come lame di coltelli dentro il collo, dietro le reni e su per i polpacci. Prima di partire avevo analizzato il meteo dimenticando di considerare il vento, che durante la notte era girato a tramontana. Il Terminillo non molto distante fa sentire la sua presenza.  Ad un certo punto mi fermo per indossare tutto ciò che ho nel bauletto: la giacca e i pantaloni parapioggia in gomma sfoderata.   Purtroppo se l'abbigliamento non è quello giusto, hai voglia a metter su roba... Per tenere calde le reni mi stringo il marsupio esternamente intorno alla vita e riparto.   Il cielo di un azzurro fantastico mi dà la forza di continuare.  Sotto il casco con la visiera chiusa e un po' appannata, ho la punta del naso fredda.  Per fortuna verso le 8:00 il sole inizia a scaldare un pochino. Peccato però che la maggior parte della strada da fare sia in ombra.  Le indicazioni per il Lago del Salto sono molto scarse ma riesco a non perdermi. Mi secca fermarmi per guardare la cartina e proseguo a occhio. La provinciale si snoda per decine di km in un susseguirsi di curve, finché improvvisamente, come un miraggio, mi trovo davanti la Diga del Salto.  La percorro per poi fermarmici al centro con le spalle al sole. Sono solo, in piedi sulla sommità della diga e mi gusto il verde smeraldo dell'acqua increspata che lambisce la struttura di cemento. Per riprendere un po' di calore sono bastati pochi minuti di sole... la voglia di rimontare in sella è troppa! Decido di fare il giro del lago in senso antiorario per il lato che sulla cartina sembra presentare la strada meno facile. Il percorso si snoda lungo una comunale non ben tenuta, ma molto suggestiva perché una caratteristica di questo lago è quella di avere numerosi fiordi e sopra ognuna di queste lingue d'acqua che si insinuano tra le montagne, passa un ponte dal quale ci si gusta il panorama. Le magnifiche vedute che si aprono valgono tutto il freddo che ho patito. Curva dopo curva, percorro l'intero perimetro del lago attraversando soltanto un paese che si chiama Fiumata, dove c'e' l'unico distributore di carburante della zona.  La strada è molto impegnativa a causa della notevole quantità di brecciolino e ogni volta che prendo un po' di velocità  sento scivolare leggermente le ruote, il che mi spinge ad una andatura moderata e accorta. Lungo la strada si incontra un cartello che dice: "strada soggetta ad improvvise variazioni climatiche". Be, speriamo che per oggi basti!   Lungo la strada che gira intorno al lago non incontrerò quasi nessuno. Per un orso solitario come me è il massimo. Il silenzio è rotto solo dal borbottare sommesso del mio motore. Di tanto in tanto le ruote emettono un suono simile ad uno schioppettio. E' il rumore prodotto dagli pneumatici quando passano sopra le schegge spigolose di pietrisco cadute dai versanti rocciosi della montagna che, pizzicate, vengono sparate via lateralmente. Spero di non forare, ma non ci voglio pensare. Mi fermerò spesso per ammirare questo curioso lago che sembra finlandese. In un punto a strapiombo sull'acqua mi fermerò 10 minuti per riposare i muscoli del collo e fare una piccola colazione. Per il viaggio di ritorno punterò direttamente verso il lago del Turano passando tra le montagne. Pur essendo molto vicini, questi due laghi sono molto diversi. Percorrerò quasi tutta la lunghezza del Turano fino a quando si trasforma nel fiume omonimo che lo crea per effetto di uno sbarramento. Il paesaggio ora è meno selvaggio ma non per questo meno bello. Per raggiungere la Salaria mi inerpicherò sulla montagna che sovrasta il lago passando per il valico di "Muro Pizzo". Il suo nome lascia intendere la pendenza della strada.  Il resto del viaggio verso Roma sarà disturbato da un caldo africano. In totale sei ore di guida per almeno 265 km di cui 80 di montagna. Come sempre, stanco ma appagato e pronto per ripartire... Dimenticavo: percorrenza media 34 Km/l         torna all'ALBUM delle FOTO      


Al Circeo percorrendo la via Pontina: Km 215. Aprile. Dopo mesi di freddo e pioggia, finalmente arriva la giornata ideale per inaugurare la stagione delle gite. Il termometro segna 8° per cui indosso la giacca tecnica imbottita e i sopra pantaloni perché voglio viaggiare in pieno comfort senza fastidiosi spifferi alle reni. L'attrezzatura è limitata ad una cartina, una merendina e la fotocamera.  Ho in mente di raggiungere il Parco Nazionale del Circeo e laghi vicini. Circa 220 Km che tenterò di fare con un unico pieno.  La strada da percorrere è la tristemente famosa Pontina.  La imbocco alle 8:15 col sole ancora basso e dritto negli occhi.  Il traffico è sostenuto, viaggio a 100 km/h in corsia normale schiacciato tra gli autotreni.  Quello che mi segue mi sta così incollato che nello specchietto retrovisore vedo solo la scritta "VOLVO".  Sicuramente lo fa apposta.  In corsia di sorpasso i furgoni volano a 130 km/h inseguiti da automobilisti che lampeggiano smaniosamente.  Nelle discese, nonostante vada quasi al massimo, vengo superato da giganteschi TIR dei quali vedo scorrere le enormi ruote a mezzo metro dalle mie spalle.  Sembra che non finiscano mai!  Effettivamente ci vuole del fegato per fare questa strada con uno scooter come il piccolo Liberty.  Anche se sto con i miei pensieri, il continuo risucchio d'aria prodotto dagli articolati che mi superano mi tiene ben sveglio.  Il fondo stradale è penoso, l'asfalto è solcato da crepe larghe un dito e costellato di improvvisi avvallamenti. Un brivido me lo fanno provare i camionisti che, pur andando forte, zigzagano improvvisamente per evitare le buche più profonde mentre i rimorchi ondeggiano vistosamente. Non credo che gli autisti si pongano il problema che un motociclista possa essere al loro fianco. Il rumore emesso dalle ruote degli autotreni è assordante e copre quello del motore dello scooter.  In un discesone in curva mi supera pure una betoniera, voglio sperare scarica... io rallento per paura che mi si rovesci addosso.  Lungo tutta la Pontina incontrerò solo un motociclista col quale scambierò due parole al semaforo della Plasmon.  Alle 9:45 prima sosta al lago di Caprolace.  Spento il motore sono finalmente immerso nel silenzio. Il panorama è molto bello. Ne approfitto per fotografare alcuni trampolieri dai colori vivaci.  Mi accorgo di avere le spalle e il collo indolenziti, forse per la tensione.  Proseguo verso il mare e costeggerò per una quindicina di km fino a fermarmi alle pendici del monte Circeo.  Avrei voluto farne il periplo ma la strada è bloccata da divieti di circolazione.  Una sosta al sole è molto gradita.  Il mare calmo e azzurro è uno spettacolo. C'è solo qualche appassionato di kyte ma il vento è poco. Dopo aver lottato qualche minuto col cavalletto che si era insabbiato, riparto invertendo la marcia e dirigo verso il lago dei Monaci.  Ho intenzione di costeggiare più a lungo, ma dopo 20 km la strada è nuovamente sbarrata all'altezza del lago di Fogliano per una frana.  Prima di iniziare il viaggio di ritorno, parcheggerò lo scooter in una piazzola e scenderò tra le dune per godermi il sole e il sommesso gorgoglio della risacca.  Non c'è nessuno, la spiaggia è deserta: ci sono solo le orme dei gabbiani. Proprio come piace me.  La Pontina in direzione Roma è meno trafficata ma sempre molto impegnativa perché ora le velocità degli altri sono più alte.  Arrivero' a casa dopo aver percorso 219 km, con la spia della riserva accesa da un pezzo.  La media finale, nonostante circa 100 km fatti tra i 95 e i 105, sarà di 31km/l. torna all'ALBUM delle FOTO


Gita al lago di Bolsena: Km 280. Novembre.  Alle 7:30 ero già in garage: una controllatina all'olio che ormai da 3.000 km non accenna a scendere di livello e via: destinazione Lago di Bolsena.  Il display di una banca segna 8°.  Stessa temperatura  leggerò sul pannello di una farmacia incontrata 29 km dopo, ancora dentro Roma.  Da casa la giornata sembrava eccellente ma appena alle porte di Roma mi  infilero' in un muro di nebbia.  Nebbia diversa da quella di Milano, costituita da goccioline grosse che bagnano il parabrezza facendolo sembrare come tirato fuori da un frigorifero.  Siccome il percorso presenta continue variazioni altimetriche, entrerò e uscirò dalla nebbia diverse volte, come un subacqueo che sale in superficie per respirare...  Il traffico non è elevato ma la cosa fastidiosa è che molti automobilisti lasciano accesi i due retronebbia e così non si capisce mai quando frenano.  Vedere cartelli con la scritta "Siena" mi fa una strana sensazione: debbo essermi allontanato più del solito!  Tra i centri incontrati lungo il percorso, l'unico degno di nota è Montefiascone.  Spegnerò il motore alle 10.30 in una spiaggetta di Bolsena e mi gusterò il silenzio e la pace che emana il lago. Il panorama comunque non è molto dissimile dagli altri laghi vulcanici. Mezzo lago è invisibile perché nascosto dalla foschia per cui non c'è neanche il gusto di fare foto.  Sosto il tempo di sgranchirmi le gambe, di  fare colazione, benzina e poi riparto per Roma. Voglio essere a casa per l'ora di pranzo.  Mi concedo solo una brevissima sosta a Monterosi per vedere l'omonimo lago che è poco più di una pozza rotonda.  Quando la Cassia diventa superstrada  spingo al massimo e in un tratto in discesa il Liberty toccherà il suo record di velocità: 122 km/h.  Ci arriverà quasi di sua iniziativa col gas neanche tutto aperto.  Appena me ne accorgo, apro tutto ma non cambia nulla. Credo di essere arrivato proprio al massimo ;-).   Alle 12.30  sarò sotto casa dopo aver percorso 265 km neanche troppo stanco.  Ah, dimenticavo. Anche stavolta l'imprevisto era in agguato... A ritorno, lungo la Cassia, mentre sto "tirando", sento un solletichino insistente sul mento.  A causa del sottocasco e dei guanti non ho sensibilità però premendo leggermente la goletta vedo salire sul mio zigomo sinistro un grosso insetto marrone.  Terrore!   Non è entrato dalla visiera, ma dal bavero del giaccone infilandosi sotto il collare del casco.  Il tempo mi si dilata mentre penso cosa posso fare.  Con la coda dell'occhio vedo l'insetto camminare tra l'imbottitura del casco e la mia pelle.  Anche se la strada è stretta e vanno tutti forte decido di fermarmi.  Sono già preparato a ricevere una dolorosa puntura.  Non so ancora cosa fare di preciso. Per evitare di essere travolto accosto il più possibile al muro che in quel tratto delimita la carreggiata priva di corsia di emergenza.  Lo spostamento d'aria prodotto dai camion che mi sfrecciano a pochi centimetri mi sbilancia. Apro completamente la visiera e attraverso il retrovisore cerco di vedere dove sia finito l'insetto.  Sembra scomparso,  sarà l'impressione ma mi prude tutto il viso.  Decido di ripartire senza togliermi il casco e non lo togliero' fino a casa.  Durante il resto del viaggio mi sembrerà di sentirmi camminare pure sulle gambe... Quando mi toglierò il casco in garage sarà una liberazione.  Dell'insetto nessuna traccia, deve essere volato via non appena è venuta meno la pressione dell'aria nel momento in cui mi sono fermato con la visiera aperta.
In definitiva è stata una mattinata intensa!
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Giro del Terminillo m 1901: Km 260. Ottobre. Il sole era quello ideale per la conquista del Terminillo. Un'occhiata ai siti meteo conferma che le previsioni sono le migliori. Perciò indosso frettolosamente la giacca tecnica con le protezioni e, siccome sul Terminillo si registrano 3°, indosso guanti invernali e soprapantaloni. Alle 9 mi metto in viaggio da Roma.  Giunto a Rieti, vista la bella giornata, decido di arrivare sul Terminillo salendo dalla parte di Leonessa per cui svolto in direzione di Antrodoco e riprendo la SS4 via Salaria passando per le Gole del Velino.  Tiro verso nord fino al comune di Posta.  Lì, dopo aver dissetato il Liberty con 8 euro di benzina, dirigo verso Leonessa.  Dal paese di Posta fino alla vetta del Terminillo, incontrerò solo due auto: i carabinieri della stazione di Leonessa e la guardia forestale.  La strada che da Leonessa sale al Terminillo ha il fondo in condizioni precarie e siccome salgo col sole negli occhi, è difficile scorgere le buche attraverso il parabrezza che, strada facendo, è diventato un cimitero di insetti. La strada si snoda per chilometri in un toboga di curve tornanti e ancora curve.  Ad un certo punto della salita mi fermo per fare una foto e parcheggio al lato della carregiata.  L'imprevisto è in agguato: il cavalletto lentamente sprofonda nella ghiaia umida e il Liberty si adagia su un fianco. Riesco a rimetterlo in piedi ma non ho la forza di ritirarlo giù dal cavalletto che nel frattempo si è piantato come un aratro. In quel tratto la strada è in forte pendenza e le mie scarpe scivolano sulle foglie bagnate.  Inutile aspettare che passi qualcuno.  Mentre sento un gran caldo, cerco di riordinare un attimo le idee. Per venir fuori da questa scomoda situazione decido di  ruotare lo scooter su se stesso di 90° tirandolo verso di me e facendogli fare perno sul piede laterale del cavalletto affondato. Per fortuna la manovra riesce e finalmente sono di nuovo in sella.  Se prima sentivo un po' di freddo adesso mi slaccio il giaccone. Mentre procedo in direzione della vetta penserò più volte al fatto che un guasto o una foratura potrebbero essere un problema perché non c'è anima viva in giro. La temperatura è rigida ma il sole rende tutto più facile. Il fondo è cosparso di foglie e di ricci degli ippocastani che spero non riservino brutti scherzi alle gomme.  Finalmente raggiungo il valico.  I panorami che si aprono sono appaganti.  Sosto giusto il tempo per qualche foto e per due chiacchiere con un ciclista che era arrivato fin lassù con le sue gambe,  poi giu' in discesa a tutta birra. La strada che scende verso Rieti è in ottime condizioni e molto larga. Raggiungerò la Salaria e quindi Roma.  Spegnerò il motore alle 13:50 dopo aver guidato ininterrottamente per quasi cinque ore e circa 250 km.
 
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Monte Guadagnolo m 1218, Rocca di cave, Capranica Prenestina, Castel S. Pietro: Km 150. Novembre. Roma si sveglia sotto un bel cielo azzurro spazzata da una fresca tramontana. La visibilità è ottima. Con mia moglie decidiamo di scalare i Monti Prenestini, la cui vetta piu’ alta è il monte Guadagnolo, dove si trova anche il comune piu’ alto del Lazio. Avviamo lo scooter non prima delle 10 per avere arrivare in quota durante le ore piu’calde.
L’uscita dalla citta’ è come al solito una sofferenza per il grande traffico di camion presenti sulla via Casilina. Parecchi chilometri fuori Roma stiamo ancora superando colonne di mezzi. Raggiunta l’autosole all’altezza della bretella di S. Cesareo, finalmente si riesce a tenere un’andatura piu’ riposante e soprattutto non più contromano.  Imboccata la via Prenestina proseguiamo per Cave, dove facciamo una breve sosta per rabboccare il serbatoio e non avere in seguito il pensiero del rifornimento.  Da Cave prendiamo una stradina che presenta delle rampe molto simili allo Stelvio (vedi foto) bellissima e con panorami mozzafiato. La strada è deserta ed è una fortuna perché non essendo abituato al peso del passeggero, ho qualche problema di equilibrio nell’impostare gli strettissimi tornanti a destra in salita, il primo tornante finisco contromano...  Imparerò presto che prima di entrare nei tornanti a destra, bisogna allargare molto, altrimenti si ha la sensazione di cadere all’interno.  A volte la curva è così stretta che sembra di salire una scala a chiocciola! Giunti a Rocca di Cave 933m, sostiamo per riposarci e riscaldarci un po’. L’unica cosa che rompe il silenzio è lo scricchiolio metallico del motore che si raffredda. Il Liberty si è arrampicato senza alcuna esitazione nonostante i due passeggeri, la forte salita e l’andatura molto bassa. La dolcezza della frizione e la ripresa del motore hanno reso le cose piu’ facili. Una passeggiata per le ripide stradine del paese riattiva la circolazione delle nostre gambe.
Lasciata la Rocca dirigiamo verso Capranica Prenestina, simpatico paesino in cima a un cucuzzolo. Da lì puntiamo verso la cima del monte Guadagnolo. La strada questa volta è meno erta, in ottime condizioni e con alterni saliscendi.  Man mano che si sale, la tramontana comincia a farsi sentire.  Anche se siamo soltanto a 1200m è come se fossimo a 2000 perché nessuna montagna circostante è piu’ alta di noi e i venti spazzano con tutta la loro energia. In inverno questo posto è soggetto a bufere frequenti e improvvise. Arrivati in cima sembra di essere in elicottero.  Guardando verso ponente, all’orizzonte si vede una fascia argentea: è il mare di Civitavecchia, visibile soltanto in una giornata tersa come quella di oggi.
Dal paese di Guadagnolo la strada discende per qualche chilometro e termina all’eremo della Mentorella, dove ci sono un santuario e una grotta nella quale San Benedetto visse per due anni. Visto il freddo che fa a novembre, questo santo doveva avere un fisico bestiale... Durante tutto il viaggio non abbiamo incontrato nessuno e il santuario è apparentemente deserto.  Il posto è denso di significati anche per un ateo incallito come me.  Sostiamo lì per riposarci, scaldarci e per mangiare qualcosa e apprezziamo molto la presenza di bagni pubblici puliti e attrezzati. Peccato non poter rigraziare nessuno per questo piacevole raro servizio. Verso le 13:30 decidiamo di ritornare ripercorrendo la strada che ci riporta a Capranica Prenestina.  Lì facciamo una deviazione puntando verso Castel S. Pietro, altro paese arroccato su un cucuzzolo.  Dalla sua  terrazza panoramica si vedono in lontananza la zona sud di Roma e la cinta dei monti a ferro di cavallo che la proteggono dai venti rendendo il clima idoneo per il Papa.  Altra piccola sosta e poi via verso casa.
Bilancio della gita: quasi cinque ore di guida e circa 160 km, metà dei quali in montagna. Per avendo viaggiato a pieno carico, il Liberty sembra aver consumato poco ma va tenuto conto che io non l’ho mai forzato. La nostre schiene sono un po’ provate perché viaggiando in due non si può cambiare facilmente posizione ma ne è valsa la pena.  
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Battesimo bianco

Roma: ore 6:00 del 27 gennaio 2005. Guardando fuori della finestra sembrava tutto normale, niente di strano a parte il cielo nuvoloso e la temperatura intorno ai 2°.  Avvio il Liberty e parto in direzione della Cecchignola.  Sulla via Appia Pignatelli, fuori del centro abitato, illuminati dal faro, inizio a vedere fiocchi di neve. Sembra che volino in orizzontale per poi scomparire appena usciti dal cono di luce del mio faro.  In alcuni tratti accendo l'abbagliante per esaltare il riflesso della neve che sembrava corrermi incontro. Ho l'impressione di essere in una di quelle palline di vetro con l'acqua dentro che se la agiti si scatena la nevicata...  Mi rendo conto che gli amici del nord o delle zone montane sorrideranno di fronte a queste parole però la neve a Roma è un avvenimento molto raro.  Per un presentimento, stamattina avevo preso la macchina fotografica per cui mi fermo in uno slargo per riprendere lo scooter sulla neve ancora immacolata.

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Motoparty del 1° maggio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggio. Sveglia alle 7.30, destinazione il comune di Montebuono (RI) dove ci sarà il concentramento dei mezzi.
Alle 9.00 sono in viaggio. Passato il casello di Roma Nord, tiratona a 120 fino al casello successivo, quello di uscita. Che bello poter viaggiare col gas spalancato fregandomene degli autovelox... Prima di lasciare l'autostrada faccio il pieno, quindi mi aspettano una mezzoretta di curve per arrivare a Montebuono.
Alle 10:15, dopo un viaggio di 80km, sono a destinazione. Il piazzale è già affollato di moto di tutti i tipi. Già questo è uno spettacolo. Con lo scooter ci sono solo io. Alle 11:20 l'altoparlante invita i partecipanti a concentrarsi nella piazza del paese da dove partirà il giro. L'aria è impregnata di gas di scarico (per me si tratta di profumo).
Il giro è lungo 70 km e si snoderà per un anello molto panoramico con curve, tornanti, salite e discese del 10%  fino a ritornare al punto di partenza. Notevole il fatto che abbiano chiuso le strade al traffico durante il nostro transito. Il giro è partito ad una andatura moderata ma con lo scorrere dei km la velocità è cresciuta sempre più. Be dopo tutto si trattava di un raduno di moto non di scooter. In un curvone in discesa, per stare dietro ai motociclisti, mentre ero in piega, ho sentito una sonora grattata metallica! guidavo così di istinto che non mi sono reso conto di aver piegato tanto.
L'ultima parte del percorso è stata una specie di Camel Trophy, io guardavo negli specchi e facevo passare i più veloci che nel frattempo mi insegnavano le traiettorie. Una scuola preziosa.
In definitiva una bella avventura per fortuna non rovinata da un cielo a tratti minaccioso. Il suono prodotto dagli scarichi delle moto è stata una vera musica. Honda e Harley erano agli estremi opposti per decibel. Ciao e alla prossima avventura.

  La piazza di Montebuono inizia ad animarsi verso le 10 del mattino. Mi iscrivo e ricevo in omaggio una maglietta nera col logo del motoraduno. Il panorama è eterogeneo, c'è chi arriva in sella ad una guzzi d'epoca e chi ad una fiammante R1, chi in sella ad un Tmax con gli scarichi Arrow e chi in sella ad un Liberty (io)... Alle 11 il centro del paese è invaso da mezzi a due ruote, ma non è finita, si aggiunge pure un gruppo di quad (già infangati).
L'altoparlante annuncia che la partenza è fissata per le 11:30 ma slitterà di alcuni minuti perché a quell'ora c'è ancora gente che si sta iscrivendo. Per fortuna un bel sole fuga i timori di una manifestazione bagnata. Alle 11:40 l'altoparlante ancora non chiama, e molti centauri mettono in moto e cominciano a dare imperiosi colpi di gas. Sembra di stare ai box di un motodromo. Col passare dei minuti, il gruppo inizia a mettersi in moto e in breve, il corso del paese è occupato da circa 300 motociclisti. Per fortuna ci si mette in marcia perché dopo pochi minuti sotto il sole, le temperature salgono e non solo quelle dei motori. Si parte alla volta di Tarano.  Il serpentone di moto si snoda agile. Come l'anno scorso, le strade sono chiuse al traffico. La sosta intermedia avviene a Montopoli in un grande piazzale. Un gazebo ristora i motociclisti con bevande e salatini.
Si riparte verso 13, la seconda parte del giro che coincide col ritorno, avviene a velocità elevata. Saranno i morsi della fame, sarà che le strade sono chiuse al traffico, sarà la voglia di spalancare, saranno tutte queste cose insieme, il ritmo del giro sale e io, per stare nel gruppo mi ritrovo col gas che è finito. Sono arrivato a Montebuono quasi per ultimo.  Lungo il percorso ho potuto apprezzare le performance velocistiche di un vecchio Morini Corsarino. In definitiva una bella esperienza e il piacere di aver visto tanti mezzi di tutti i generi e parlato con diversi motociclisti con i quali instaurare un discorso è questione di un'occhiata.



                            "Cappuccino minitreffen" gentilmente offerto da Paddock®:
                
presenti gli amici di ihms: Zac, Numero6, Paddock®, Acar, Blubrando-Andrea e Bidddo (°J°).

                                                                                  cliccare sulle foto per vederle più grandi
   

La partenza da Roma del Vendemmia Treffen 2006 (io sono solo in veste di fotografo per la partenza :-)
c'erano: The Pool+zav, MarcoX9+zav, Monty+zav, Robie06+zav e Guinnes+zav...

 

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