Questa pagina può utilizzare cookie. Se vuoi saperne di piu' clicca qui. Continuando la navigazione sul sito acconsenti all'uso di eventuali cookie.
Recensioni dei miei viaggi più avventurosi col piccolo scooter "Liberty"
A freddo, posso dire di essere stato un po’ incosciente, però mi sono anche entusiasmato. L’attrezzatura ha tenuto bene, a parte le scarpe che erano inadatte e i guanti che si sono inzuppati anche dentro (sono guanti da neve). Se ricapitasse lo rifarei? probabilmente sì. Per fortuna ieri le forze della natura benevolmente mi hanno graziato. torna all'ALBUM delle FOTO
I laghi del Turano e del Salto: Km 265. Giugno. Avrei voluto mettere la sveglia alle 5:30 ma era un orario terribile. Ho scelto le 5:45, perché sembrava più tardi... Partire presto significa uscire da Roma senza traffico, guadagnare tanto tempo e risparmiare benzina perché non ci si ferma mai. Lasciata la metropoli alle spalle inizia la salita verso i monti Sabatini. Per inesperienza, ho sottovalutato il clima collinare. Col crescere dell'altitudine sento un freddo sempre più intenso fino a che diventa fastidioso. Più volte penserò di tornare indietro perché ho i brividi. E' incredibile la differenza di temperatura rispetto a Roma. Nonostante indossi un giubbetto estivo e i jeans stretti, l'aria si infila come lame di coltelli dentro il collo, dietro le reni e su per i polpacci. Prima di partire avevo analizzato il meteo dimenticando di considerare il vento, che durante la notte era girato a tramontana. Il Terminillo non molto distante fa sentire la sua presenza. Ad un certo punto mi fermo per indossare tutto ciò che ho nel bauletto: la giacca e i pantaloni parapioggia in gomma sfoderata. Purtroppo se l'abbigliamento non è quello giusto, hai voglia a metter su roba... Per tenere calde le reni mi stringo il marsupio esternamente intorno alla vita e riparto. Il cielo di un azzurro fantastico mi dà la forza di continuare. Sotto il casco con la visiera chiusa e un po' appannata, ho la punta del naso fredda. Per fortuna verso le 8:00 il sole inizia a scaldare un pochino. Peccato però che la maggior parte della strada da fare sia in ombra. Le indicazioni per il Lago del Salto sono molto scarse ma riesco a non perdermi. Mi secca fermarmi per guardare la cartina e proseguo a occhio. La provinciale si snoda per decine di km in un susseguirsi di curve, finché improvvisamente, come un miraggio, mi trovo davanti la Diga del Salto. La percorro per poi fermarmici al centro con le spalle al sole. Sono solo, in piedi sulla sommità della diga e mi gusto il verde smeraldo dell'acqua increspata che lambisce la struttura di cemento. Per riprendere un po' di calore sono bastati pochi minuti di sole... la voglia di rimontare in sella è troppa! Decido di fare il giro del lago in senso antiorario per il lato che sulla cartina sembra presentare la strada meno facile. Il percorso si snoda lungo una comunale non ben tenuta, ma molto suggestiva perché una caratteristica di questo lago è quella di avere numerosi fiordi e sopra ognuna di queste lingue d'acqua che si insinuano tra le montagne, passa un ponte dal quale ci si gusta il panorama. Le magnifiche vedute che si aprono valgono tutto il freddo che ho patito. Curva dopo curva, percorro l'intero perimetro del lago attraversando soltanto un paese che si chiama Fiumata, dove c'e' l'unico distributore di carburante della zona. La strada è molto impegnativa a causa della notevole quantità di brecciolino e ogni volta che prendo un po' di velocità sento scivolare leggermente le ruote, il che mi spinge ad una andatura moderata e accorta. Lungo la strada si incontra un cartello che dice: "strada soggetta ad improvvise variazioni climatiche". Be, speriamo che per oggi basti! Lungo la strada che gira intorno al lago non incontrerò quasi nessuno. Per un orso solitario come me è il massimo. Il silenzio è rotto solo dal borbottare sommesso del mio motore. Di tanto in tanto le ruote emettono un suono simile ad uno schioppettio. E' il rumore prodotto dagli pneumatici quando passano sopra le schegge spigolose di pietrisco cadute dai versanti rocciosi della montagna che, pizzicate, vengono sparate via lateralmente. Spero di non forare, ma non ci voglio pensare. Mi fermerò spesso per ammirare questo curioso lago che sembra finlandese. In un punto a strapiombo sull'acqua mi fermerò 10 minuti per riposare i muscoli del collo e fare una piccola colazione. Per il viaggio di ritorno punterò direttamente verso il lago del Turano passando tra le montagne. Pur essendo molto vicini, questi due laghi sono molto diversi. Percorrerò quasi tutta la lunghezza del Turano fino a quando si trasforma nel fiume omonimo che lo crea per effetto di uno sbarramento. Il paesaggio ora è meno selvaggio ma non per questo meno bello. Per raggiungere la Salaria mi inerpicherò sulla montagna che sovrasta il lago passando per il valico di "Muro Pizzo". Il suo nome lascia intendere la pendenza della strada. Il resto del viaggio verso Roma sarà disturbato da un caldo africano. In totale sei ore di guida per almeno 265 km di cui 80 di montagna. Come sempre, stanco ma appagato e pronto per ripartire... Dimenticavo: percorrenza media 34 Km/l torna all'ALBUM delle FOTO
Al Circeo percorrendo la via Pontina: Km 215. Aprile. Dopo mesi di freddo e pioggia, finalmente arriva la giornata ideale per inaugurare la stagione delle gite. Il termometro segna 8° per cui indosso la giacca tecnica imbottita e i sopra pantaloni perché voglio viaggiare in pieno comfort senza fastidiosi spifferi alle reni. L'attrezzatura è limitata ad una cartina, una merendina e la fotocamera. Ho in mente di raggiungere il Parco Nazionale del Circeo e laghi vicini. Circa 220 Km che tenterò di fare con un unico pieno. La strada da percorrere è la tristemente famosa Pontina. La imbocco alle 8:15 col sole ancora basso e dritto negli occhi. Il traffico è sostenuto, viaggio a 100 km/h in corsia normale schiacciato tra gli autotreni. Quello che mi segue mi sta così incollato che nello specchietto retrovisore vedo solo la scritta "VOLVO". Sicuramente lo fa apposta. In corsia di sorpasso i furgoni volano a 130 km/h inseguiti da automobilisti che lampeggiano smaniosamente. Nelle discese, nonostante vada quasi al massimo, vengo superato da giganteschi TIR dei quali vedo scorrere le enormi ruote a mezzo metro dalle mie spalle. Sembra che non finiscano mai! Effettivamente ci vuole del fegato per fare questa strada con uno scooter come il piccolo Liberty. Anche se sto con i miei pensieri, il continuo risucchio d'aria prodotto dagli articolati che mi superano mi tiene ben sveglio. Il fondo stradale è penoso, l'asfalto è solcato da crepe larghe un dito e costellato di improvvisi avvallamenti. Un brivido me lo fanno provare i camionisti che, pur andando forte, zigzagano improvvisamente per evitare le buche più profonde mentre i rimorchi ondeggiano vistosamente. Non credo che gli autisti si pongano il problema che un motociclista possa essere al loro fianco. Il rumore emesso dalle ruote degli autotreni è assordante e copre quello del motore dello scooter. In un discesone in curva mi supera pure una betoniera, voglio sperare scarica... io rallento per paura che mi si rovesci addosso. Lungo tutta la Pontina incontrerò solo un motociclista col quale scambierò due parole al semaforo della Plasmon. Alle 9:45 prima sosta al lago di Caprolace. Spento il motore sono finalmente immerso nel silenzio. Il panorama è molto bello. Ne approfitto per fotografare alcuni trampolieri dai colori vivaci. Mi accorgo di avere le spalle e il collo indolenziti, forse per la tensione. Proseguo verso il mare e costeggerò per una quindicina di km fino a fermarmi alle pendici del monte Circeo. Avrei voluto farne il periplo ma la strada è bloccata da divieti di circolazione. Una sosta al sole è molto gradita. Il mare calmo e azzurro è uno spettacolo. C'è solo qualche appassionato di kyte ma il vento è poco. Dopo aver lottato qualche minuto col cavalletto che si era insabbiato, riparto invertendo la marcia e dirigo verso il lago dei Monaci. Ho intenzione di costeggiare più a lungo, ma dopo 20 km la strada è nuovamente sbarrata all'altezza del lago di Fogliano per una frana. Prima di iniziare il viaggio di ritorno, parcheggerò lo scooter in una piazzola e scenderò tra le dune per godermi il sole e il sommesso gorgoglio della risacca. Non c'è nessuno, la spiaggia è deserta: ci sono solo le orme dei gabbiani. Proprio come piace me. La Pontina in direzione Roma è meno trafficata ma sempre molto impegnativa perché ora le velocità degli altri sono più alte. Arrivero' a casa dopo aver percorso 219 km, con la spia della riserva accesa da un pezzo. La media finale, nonostante circa 100 km fatti tra i 95 e i 105, sarà di 31km/l. torna all'ALBUM delle FOTO
Gita
al lago di Bolsena:
Km 280. Novembre. Alle 7:30 ero già in garage: una controllatina all'olio che
ormai
da 3.000 km non accenna a scendere di livello e via: destinazione Lago di
Bolsena. Il display di una banca segna 8°. Stessa temperatura leggerò
sul pannello di una farmacia incontrata 29 km dopo, ancora dentro Roma. Da
casa la giornata sembrava eccellente ma appena alle porte di Roma mi
infilero' in un muro di nebbia. Nebbia diversa da quella di Milano,
costituita da goccioline grosse che bagnano il parabrezza facendolo
sembrare come tirato fuori da un frigorifero. Siccome il percorso presenta
continue variazioni altimetriche, entrerò e uscirò dalla nebbia diverse
volte, come un subacqueo che sale in superficie per respirare... Il traffico
non è elevato ma la cosa fastidiosa è che molti automobilisti lasciano accesi
i due retronebbia e così non si capisce mai quando frenano. Vedere
cartelli con la scritta "Siena" mi fa una strana sensazione: debbo essermi
allontanato più del solito! Tra i centri incontrati lungo il percorso,
l'unico degno di nota è Montefiascone. Spegnerò il motore alle 10.30 in
una spiaggetta di Bolsena e mi gusterò il silenzio e la pace che emana il lago. Il panorama
comunque non è molto dissimile dagli altri laghi vulcanici. Mezzo lago è
invisibile perché nascosto dalla foschia per cui non c'è neanche il gusto di fare
foto. Sosto il tempo di sgranchirmi le gambe, di fare colazione, benzina e
poi riparto per Roma. Voglio essere a casa per l'ora di
pranzo. Mi concedo solo una brevissima sosta a Monterosi per vedere l'omonimo lago che è poco
più di una pozza rotonda. Quando la Cassia diventa superstrada spingo al
massimo e in un tratto in discesa il Liberty toccherà il suo record
di velocità: 122 km/h. Ci arriverà quasi di
sua iniziativa col gas neanche tutto aperto. Appena me ne accorgo, apro
tutto ma non cambia nulla. Credo di essere arrivato proprio al massimo
;-). Alle 12.30 sarò sotto casa dopo aver percorso 265 km
neanche
troppo stanco. Ah, dimenticavo. Anche
stavolta l'imprevisto era in agguato... A ritorno, lungo la Cassia, mentre
sto "tirando", sento un solletichino insistente sul mento. A causa del
sottocasco e dei guanti non ho sensibilità però premendo leggermente la
goletta vedo salire sul mio zigomo sinistro un grosso insetto marrone.
Terrore! Non è entrato dalla visiera, ma dal bavero
del giaccone infilandosi sotto il collare del casco. Il tempo mi si dilata
mentre penso cosa posso fare. Con la coda dell'occhio vedo l'insetto
camminare tra l'imbottitura del casco e la mia pelle. Anche se la strada è
stretta e vanno tutti forte decido di fermarmi. Sono già preparato a ricevere
una dolorosa puntura. Non so ancora cosa fare di preciso. Per evitare di
essere travolto accosto il più possibile
al muro che in quel tratto delimita la carreggiata priva di corsia di emergenza. Lo spostamento d'aria prodotto dai camion che mi
sfrecciano a pochi centimetri mi sbilancia. Apro completamente la visiera e attraverso
il retrovisore cerco di vedere dove sia finito l'insetto.
Sembra scomparso, sarà l'impressione ma mi prude tutto il viso. Decido
di ripartire senza togliermi il casco e non lo togliero' fino a
casa. Durante il resto del viaggio mi sembrerà di sentirmi camminare pure sulle
gambe... Quando mi toglierò il casco in garage sarà una
liberazione. Dell'insetto nessuna traccia, deve essere volato via non appena
è venuta meno la pressione dell'aria nel momento in cui mi sono fermato con
la visiera aperta.
In definitiva
è stata una mattinata intensa! torna all'ALBUM delle FOTO
Giro
del Terminillo m 1901:
Km 260. Ottobre.
Il sole era quello ideale per la conquista del
Terminillo. Un'occhiata ai siti meteo conferma che le previsioni sono le
migliori. Perciò indosso frettolosamente la giacca tecnica con le protezioni
e, siccome sul Terminillo si registrano 3°, indosso
guanti invernali e soprapantaloni. Alle 9 mi metto in viaggio da
Roma. Giunto a Rieti, vista la bella giornata, decido di arrivare sul
Terminillo salendo dalla parte di Leonessa per cui svolto in direzione di
Antrodoco e riprendo la SS4 via Salaria passando per le Gole del Velino.
Tiro verso nord fino al comune di Posta. Lì, dopo aver dissetato il Liberty
con 8 euro di benzina, dirigo verso Leonessa. Dal paese di Posta fino alla
vetta del Terminillo, incontrerò solo due auto: i carabinieri della stazione
di
Leonessa e la guardia forestale. La strada che da Leonessa sale al
Terminillo ha il fondo in condizioni precarie e siccome salgo col sole negli
occhi, è difficile scorgere le buche attraverso il parabrezza che, strada
facendo, è diventato un cimitero di insetti. La strada si snoda per chilometri
in un
toboga di curve tornanti e ancora curve. Ad un certo punto della salita mi
fermo per fare una foto e parcheggio al lato della carregiata. L'imprevisto è
in agguato: il cavalletto lentamente sprofonda nella ghiaia umida e il
Liberty si adagia su un fianco. Riesco a rimetterlo in piedi ma non ho la forza di
ritirarlo giù dal cavalletto che nel frattempo si è piantato come un aratro. In
quel tratto la
strada è in forte pendenza e le mie scarpe scivolano sulle foglie bagnate. Inutile
aspettare che passi qualcuno. Mentre sento un gran caldo, cerco di riordinare un attimo le idee.
Per venir fuori da questa scomoda situazione decido di
ruotare lo scooter su se stesso di 90° tirandolo verso di me e facendogli fare perno sul piede laterale del cavalletto
affondato. Per fortuna la manovra riesce e finalmente sono di nuovo in sella. Se
prima sentivo un po' di freddo adesso mi slaccio il giaccone. Mentre
procedo in direzione della vetta penserò più volte al fatto che un guasto o
una foratura potrebbero essere un problema perché non c'è anima viva
in giro. La temperatura è rigida ma il sole rende tutto più facile. Il fondo
è cosparso di foglie e di ricci degli ippocastani che spero non riservino brutti scherzi
alle gomme. Finalmente raggiungo il valico. I panorami che si aprono
sono appaganti. Sosto giusto il tempo per qualche foto e per due
chiacchiere con un ciclista che era arrivato fin lassù con le sue gambe, poi giu' in
discesa a tutta birra. La strada che scende verso Rieti è in
ottime condizioni e molto larga. Raggiungerò la Salaria e quindi
Roma. Spegnerò il motore alle 13:50 dopo aver guidato
ininterrottamente per quasi cinque ore e circa 250 km.
torna all'ALBUM delle FOTO
Monte Guadagnolo m
1218,
Rocca di cave, Capranica Prenestina, Castel S. Pietro:
Km 150. Novembre. Roma si sveglia sotto un bel cielo
azzurro spazzata da una fresca tramontana. La visibilità è ottima. Con
mia moglie decidiamo di scalare i Monti Prenestini, la cui vetta piu’ alta è il monte
Guadagnolo, dove si trova anche il comune piu’ alto del Lazio. Avviamo lo scooter non prima delle 10 per avere arrivare
in quota durante le ore piu’calde.
L’uscita dalla citta’ è come al
solito una sofferenza per il grande traffico di camion presenti sulla via
Casilina. Parecchi chilometri fuori Roma stiamo ancora superando colonne di mezzi. Raggiunta l’autosole all’altezza
della bretella di S. Cesareo, finalmente si riesce a tenere un’andatura piu’
riposante e soprattutto non più contromano. Imboccata la via Prenestina
proseguiamo per Cave, dove facciamo una breve sosta per rabboccare il serbatoio e
non avere in seguito il pensiero del rifornimento. Da Cave prendiamo una stradina che
presenta delle rampe molto simili allo Stelvio (vedi foto) bellissima e
con panorami mozzafiato. La strada è deserta ed è una
fortuna perché non essendo abituato al peso del passeggero, ho qualche problema
di equilibrio nell’impostare gli strettissimi tornanti a
destra in salita, il primo tornante finisco contromano... Imparerò presto
che
prima di entrare nei tornanti a destra, bisogna allargare molto, altrimenti si
ha la sensazione di cadere all’interno. A volte la curva è così stretta che
sembra di salire una scala a chiocciola! Giunti a Rocca di Cave 933m,
sostiamo per riposarci e riscaldarci un po’. L’unica cosa che rompe il silenzio è
lo scricchiolio metallico del motore che si raffredda. Il Liberty si è arrampicato senza
alcuna esitazione nonostante i due passeggeri, la forte salita e l’andatura
molto bassa. La dolcezza della frizione e la ripresa del motore hanno reso le
cose piu’ facili. Una passeggiata per le ripide
stradine del paese riattiva la circolazione delle nostre
gambe.
Lasciata la Rocca dirigiamo verso
Capranica Prenestina, simpatico paesino in cima a un cucuzzolo. Da lì puntiamo
verso la cima del monte Guadagnolo. La strada questa volta è meno erta, in
ottime condizioni e con alterni saliscendi. Man mano che si sale, la
tramontana comincia a farsi sentire. Anche se siamo soltanto a 1200m è come se
fossimo a 2000 perché nessuna montagna circostante è piu’ alta di noi e i venti
spazzano con tutta la loro energia. In inverno questo posto è soggetto a
bufere frequenti e improvvise. Arrivati in cima sembra di essere in
elicottero. Guardando verso ponente, all’orizzonte si vede una fascia argentea:
è il mare di Civitavecchia, visibile soltanto in una giornata tersa come
quella di oggi.
Dal paese di Guadagnolo la strada discende
per qualche chilometro e termina all’eremo della Mentorella, dove ci sono un santuario e una grotta nella
quale San
Benedetto visse per due anni. Visto il freddo che fa a novembre, questo santo
doveva avere un fisico bestiale... Durante tutto il viaggio non abbiamo
incontrato nessuno e il santuario è apparentemente deserto. Il posto è denso di
significati anche per un ateo incallito come me. Sostiamo lì per riposarci, scaldarci
e per mangiare qualcosa e apprezziamo molto la presenza di bagni pubblici
puliti e attrezzati. Peccato non poter rigraziare nessuno per questo piacevole
raro servizio. Verso le 13:30 decidiamo di
ritornare ripercorrendo la strada che ci riporta a Capranica
Prenestina. Lì facciamo una deviazione puntando verso Castel S. Pietro, altro
paese arroccato su un cucuzzolo. Dalla sua terrazza panoramica si vedono in
lontananza la
zona sud di Roma e la cinta dei monti a ferro di cavallo che la proteggono dai
venti rendendo il clima idoneo per il Papa. Altra piccola sosta e poi via
verso casa.
Bilancio della gita: quasi cinque
ore di guida e circa 160 km, metà dei quali in montagna. Per avendo viaggiato
a pieno carico, il Liberty sembra aver
consumato poco ma va tenuto conto che io non l’ho mai forzato. La nostre schiene
sono un po’ provate perché viaggiando in due non si può cambiare facilmente
posizione ma ne è valsa la pena. torna all'ALBUM delle FOTO
Roma: ore 6:00 del 27 gennaio 2005. Guardando fuori della finestra sembrava tutto normale, niente di strano a parte il cielo nuvoloso e la temperatura intorno ai 2°. Avvio il Liberty e parto in direzione della Cecchignola. Sulla via Appia Pignatelli, fuori del centro abitato, illuminati dal faro, inizio a vedere fiocchi di neve. Sembra che volino in orizzontale per poi scomparire appena usciti dal cono di luce del mio faro. In alcuni tratti accendo l'abbagliante per esaltare il riflesso della neve che sembrava corrermi incontro. Ho l'impressione di essere in una di quelle palline di vetro con l'acqua dentro che se la agiti si scatena la nevicata... Mi rendo conto che gli amici del nord o delle zone montane sorrideranno di fronte a queste parole però la neve a Roma è un avvenimento molto raro. Per un presentimento, stamattina avevo preso la macchina fotografica per cui mi fermo in uno slargo per riprendere lo scooter sulla neve ancora immacolata.
Motoparty del 1° maggio
Maggio. Sveglia alle 7.30,
destinazione il comune di Montebuono (RI) dove ci sarà il concentramento dei
mezzi.
Alle 9.00 sono in viaggio.
Passato il
casello di Roma Nord, tiratona a 120 fino al casello successivo, quello di
uscita. Che bello poter viaggiare col gas spalancato fregandomene degli
autovelox... Prima di lasciare l'autostrada faccio il pieno, quindi
mi aspettano una mezzoretta di curve per arrivare a Montebuono.
Alle
10:15, dopo un viaggio di 80km, sono a destinazione. Il piazzale è già
affollato di moto di tutti i tipi. Già questo è uno spettacolo. Con lo
scooter ci sono solo io. Alle 11:20 l'altoparlante invita i partecipanti a
concentrarsi nella piazza del paese da dove partirà il giro. L'aria è
impregnata di gas di scarico (per me si tratta di profumo).
Il giro è lungo
70 km e si snoderà per un anello molto panoramico con curve, tornanti, salite
e discese del 10% fino a ritornare al punto di partenza. Notevole il fatto che
abbiano chiuso le strade al traffico durante il nostro transito. Il giro è partito ad una andatura
moderata ma con lo scorrere dei km la velocità è cresciuta sempre più. Be
dopo tutto si trattava di un raduno di moto non di scooter. In un curvone in discesa, per stare dietro
ai motociclisti, mentre ero in piega, ho sentito una sonora grattata
metallica! guidavo così di istinto che non mi sono reso conto di aver piegato tanto.
L'ultima parte del
percorso è stata una specie di Camel
Trophy, io guardavo negli specchi e facevo passare i più veloci che
nel frattempo mi insegnavano le traiettorie. Una scuola preziosa.
In
definitiva una bella avventura per fortuna non rovinata da un cielo a tratti
minaccioso. Il suono prodotto dagli scarichi
delle moto è stata una vera musica. Honda e Harley erano agli estremi opposti
per decibel. Ciao e alla
prossima avventura.
La piazza di Montebuono inizia ad animarsi verso le 10 del mattino.
Mi iscrivo e ricevo in omaggio una maglietta nera col logo del
motoraduno. Il panorama è eterogeneo, c'è chi arriva in sella
ad una guzzi d'epoca e chi ad una fiammante R1, chi in sella ad un Tmax
con gli scarichi Arrow e chi in sella ad un Liberty (io)... Alle 11 il centro
del paese è invaso da mezzi a due ruote, ma non è finita, si aggiunge pure un
gruppo di quad (già infangati).
L'altoparlante annuncia che la partenza è
fissata per le 11:30 ma slitterà di alcuni minuti perché a quell'ora c'è
ancora gente che si sta iscrivendo. Per fortuna un bel sole fuga i timori di
una manifestazione bagnata. Alle 11:40 l'altoparlante ancora non chiama, e
molti centauri mettono in moto e cominciano a dare imperiosi colpi di gas.
Sembra di stare ai box di un motodromo. Col passare dei minuti, il gruppo inizia a mettersi in moto e in breve, il corso del paese è
occupato da circa 300 motociclisti. Per fortuna ci si
mette in marcia perché dopo pochi minuti sotto il sole, le temperature
salgono e non solo quelle dei motori. Si parte alla volta di Tarano. Il
serpentone di moto si snoda agile. Come l'anno scorso, le strade sono chiuse
al traffico. La sosta intermedia avviene a
Montopoli in un grande piazzale. Un gazebo ristora i motociclisti con bevande
e salatini.
Si riparte verso 13, la seconda parte del giro che coincide col
ritorno, avviene a velocità elevata. Saranno i morsi della fame, sarà che
le strade sono chiuse al traffico, sarà la voglia di spalancare, saranno
tutte queste cose insieme, il ritmo del giro sale e io, per
stare nel gruppo mi ritrovo col gas che è finito. Sono arrivato a Montebuono
quasi per
ultimo. Lungo il percorso ho potuto apprezzare le performance velocistiche
di un vecchio Morini Corsarino. In definitiva una bella esperienza
e il piacere di aver visto tanti mezzi di tutti i generi e parlato con
diversi motociclisti con i quali instaurare un discorso è questione di
un'occhiata.
"Cappuccino
minitreffen" gentilmente offerto da Paddock®:
presenti
gli amici di ihms: Zac, Numero6, Paddock®, Acar, Blubrando-Andrea e Bidddo
(°J°).
cliccare sulle foto per vederle più grandi
La partenza da Roma del
Vendemmia Treffen 2006
(io sono solo in veste di fotografo per
la partenza :-)
c'erano:
The Pool+zav, MarcoX9+zav, Monty+zav, Robie06+zav e Guinnes+zav...