Cronistoria - Palazzo Maggi

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NOTIZIE STORICHE

Affreschi

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Tarquinio e Lucrezia: scena raffigurata al centro della facciata principale.

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Asinus Aureus e Sileno: che potrebbero avere dei riferimenti con il fregio decorato in una sala al primo piano.

Lucrezia - Sesto Tarquinio il Superbo, durante l’assedio alla città di Ardea, invitò a cena suo fratello ed il nobile Collatino. Durante il convivio, il discorso cadde sulla bellezza e sulla virtù delle loro mogli. Ciascuno levò al cielo la propria e Collatino propose di sorprendere le rispettive consorti. Il consiglio piacque e mossero, prima, alla volta di Roma, dove le mogli dei due Tarquinii stavano a mensa, dandosi al buon tempo, poi a Collazia dove trovarono, invece, Lucrezia circondata dalle sue ancelle, intenta a filare lana. Tutti concordarono che la più bella e la più virtuosa era proprio Lucrezia. Sesto, preso d’amore per Lucrezia, si portò di nascosto a Collazia, dove Lucrezia ignara della sua passione, lo invitò a cena e le preparò la camera per dormire. Quando tutti furono immersi nel sonno, Sesto entrò nella camera di Lucrezia, col ferro sguainato, la minacciò di morte se avesse gridato e le manifestò la sua ardente passione. Non riuscendo a sedurla, ne con le profusioni amorose, ne con la forza, la minacciò di uccidere lei ed uno schiavo, presso il suo letto, e propagandare, quindi, la notizia di averli sorpresi in adulterio. A questa minaccia Lucrezia cedette. Successivamente, presa da sconforto confessò tutto al padre e allo sposo, che giurarono di vendicarla. Ottenuto questo estrasse un pugnale e si uccise.

Asinus Aureus - Lucio Apuleio, filosofo platonico, che visse nel II secolo, parafrasò la trasformazione, fatta da Luciano Samosatense, dell'Asino o Lucio di Lucio di Patra, in undici libri, e, con aggiunta di cose sue, venuto da Atene a Roma, diede alla luce il suo Asinus Aureus, detto altrimenti la Metamorfosi. Quest’opera è una continua satira contro le assurdità della magia, i delitti dei sacerdoti, gli intrighi amorosi dei dissoluti e le perpetue violenze dei ladri e dei masnadieri. Coloro, che poi si perdettero nella ricerca della pietra filosofale, pretendevano di trovare, nell’Asinus Aureus un autorità per la loro scienza fantastica. Nel 1476, questo fu stampato dal Poggio e quindi tradotto in francese, spagnolo e italiano.

Sileno - Padre nutritivo di Bacco, era Re dell’isola di Nisa, in Libia, secondo Diodoro, per Pindaro, invece, dell’isola di Male, dove ebbe in sposa Najade. Gli si attribuisce, come padre, o Mercurio o Pane. Bacco, dicono, imparò da lui tutte le scienze e volle che Sileno l’accompagnasse, quando andò in Oriente, per farne la conquista. La leggenda di Sileno è ricca in avvenimenti. Non solo viene mostrato al corte di Bacco, ma di più guida le ninfe, le muse ed una moltitudine di genii con la coda di scimmia, i quali come lui si chiamarono Sileni, prima di ricevere il nome di Satiri. Si aggiunge che, quando tornò dalle Indie, si fermò in Arcadia, dove comandò su molti giovani pastori e pastorelle. Nella Gigantomachia, si vede l'asino di Sileno determinare, con rauchi e fragorosi suoni, la fuga dei nemici degli Dei. I Greci danno a Sileno o l’aspetto e le forme bizzarre, con la smaliziata vivacità della scimmia, o la fisionomia di un vecchio ubriaco, caratterizzata da una taglia raccorciata, un naso rubicondo ed un grosso ventre. Sovente confuso con gli Dei Capri, ha la fronte armata da due corna e, di rado, l’asino, sua cavalcatura preferita, non drizza, presso di lui, le sue lunghe orecchie villose.

Cronistoria del monumento

A Nogara, centro della Bassa Veronese ancora il 26 agosto 906, “super ripaum fluvii qui Tartarum dicitur”, viene da Berengario I autorizzata l’apertura di un mercato e la costruzione di un castello “Castrum et infra ipsum castrum negotia exercere et mercatum edificare” ed ancora nel 916 al diacono Audiberto “Castrum edificare permisimus cum bertiscis, merulorum propugnaculis atque fossatis” nel 936 “in circuitu ipsum castrum muras cum petras et casas facere debeamus….; in circuitu ipsum castrum fossatoras et celatas ad defensionem ipsius castri facere”, opere che dovevano ospitare circa 70 nuclei familiari e di cui conosciamo anche la superficie occupata nel 1010 “de are castro capella est per mensura iusta tabulas duecenti” circa 5500 mq. il nucleo fortificato di Nogara che era sorto, nei pressi di un ponte sul Tione, connesso dal vicus veronensis ai traffici sulla direttrice Verona Ostiglia e quindi con il Po, doveva anche difendere gli insediamenti di Due Roveri e di Tellidano ben presto però assorbiti. Nel 1210 infatti in un diploma di Ottone IV si dice “curtem que dicebatur Duas Robores, que nunc dicitur Nogara”. Il castello ricostruito nel 1243 veniva distrutto dieci anni più tardi dal conte di Sanbonifacio, nel maggio del 1404 Guglielmo della Scala con i Carraresi lo conquistarono scacciandovi il presidio Visconteo, mentre nel 1509 Spagnoli e Borgognoni in ritirata lo rendevano inutilizzabile definitivamente. Ma mentre il castello era destinato a scomparire senza lasciare traccia, il mercato avrebbe invece condizionato permanentemente l’impianto planimetrico fusiforme dell’abitato storico.
Impianto che frenato ad ovest dal fiume sarà determinato a nord proprio dalle Ville Marogna e Maggi. Quest’ultime infatti assumono il significato di veri e propri elementi matriciali della riorganizzazione veneziana dei fondi agricoli nel territorio. Valore polare anche nei confronti dell’abitato, che manterranno fino a quando i tracciati ferroviari e la rettifica della strada per Ostiglia non sconvolgeranno la tradizionale linea di espansione, contribuendo ad accelerare quello sviluppo a macchia d’olio che caratterizza l’odierno abitato di Nogara. Per quanto ci interessa però dobbiamo riprendere dal 1517 dopo la conclusione della guerra dei collegati della lega di Cambrai per incontrare, promossi dalla Dominante i citati insediamenti attorno cui avrebbero ruotato prima lo sviluppo produttivo ed alla fine anche quello urbanistico del centro urbano.
L’erezione del complesso della corte Maggi, come quella della vicina corte Marogna, appartiene pertanto a pieno titolo a quella fase di riordino civile, volta a privilegiare, con i fasti della borghesia mercantile veneziana, ancora dalla prima metà del ‘500, anche la produttività agricola.
Di palazzo Maggi, meno noto di Villa Marogna (legata al più tardo ciclo manieristico dei Sanmicheli), oggi non conosciamo la data esatta, (comunque collocabile entro la prima metà del 1500) né i responsabili della costruzione e ipotizziamo le caratteristiche originarie dell’impianto (eseguito sicuramente in due tempi diversi), mentre la tradizione attribuisce alla scuola del Brusasorci gli affreschi esterni, anche perché gli archivi pubblici e privati, pur ancora in parte da indagare, non sembrano riservare grandi sorprese. La famiglia Maggi (o Magi), di origine Bresciana e strettamente legata alla Serenissima (Serafino morirà prigioniero a Costantinopoli a seguito della caduta di Famagusta in Cipro nel 1571) è nota per il suo censo e la sua cospicua proprietà, tanto che in Nogara sulle aree di pertinenza della corte si è costruita l’espansione urbana dell’abitato tra gli anni ’30 e ’50 del secolo scorso. Sul retro infatti ed anche lateralmente, nel sito ove ora si è costruita la chiesa parrocchiale, esistevano: il brolo, i frutteti, gli orti, i prati e soltanto dopo la costruzione delle linee ferroviarie Bologna-Brennero e Mantova-Padova la villa e la corte venivano disgiunte dalle pertinenze e dai possessi agricoli.
Palazzo Maggi comunque dall’analisi stratigrafica, correlata a quella dei dissesti oltre che a quella tipologica, risulta costruito in due diversi momenti pur vicini tra loro nel tempo.
Il primo corpo di fabbrica risulta su ciascuno dei suoi due piani, secondo il tradizionale schema (quattro/cinquecentesco) della casa dominicale veneta, costituito da un salone centrale passante con scala laterale e quattro vani esterni. A questo entro la fine del cinquecento, come testimoniano le decorazioni, rimaneggiando un precedente edificio minore, si aggiunge un secondo corpo, organizzato attorno ad un portico con soprastante loggia, che collega tre vani ed una scala laterale, addossata però al precedente in modo da costituire un unico volume parallelepipedo.
Il complesso con il raddoppio quasi speculare dell’impianto di base e lo sfondato centrale, ma eccentrico, del portico e della loggia, diventa così un esempio del tutto autonomo del tipo di villa veneta rinascimentale.
Col tempo il complesso con parte della proprietà agricola è passato nelle mani della famiglia Pellegrini ed infine in quelle municipali.
Demoliti gli annessi agricoli in epoca fascista, il monumento è oggi pressoché isolato al centro dell’abitato di Nogara.
Della corte originaria conserva però ancora l’impianto nei bassi edifici, totalmente rifatti e nella cappella che, persiste alle loro spalle.
Residenza dei dipendenti comunali fino al 1926, palazzo Maggi veniva trasformato nella locale sede di rappresentanza del Partito Fascista fino al 1943, riutilizzato successivamente a tale data quale scuola di avviamento professionale, e più tardi per gli ambulatori ed i servizi comunali, nel 1984 vi erano ancora collocati gli archivi.
Il restauro del palazzo sarà lungo e laborioso, terminando verso la fine del 1996.
Il 25 aprile 1997 con l’inaugurazione della nuova Biblioteca Civica intitolata a “Elisa Masini”, palazzo Maggi diverrà un punto di riferimento culturale per i Nogaresi e i Comuni limitrofi tra i più importanti della Provincia.

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