Correva il 1978: le calcolatrici tascabili (o "regoli
calcolatori elettronici") erano già una realtà, anche se
facevano le quattro operazioni e costavano uno sproposito:
poi c'erano quelle più specialistiche (scientifiche,
finanziarie) che costavano cinque spropositi. Anche io avevo
la calcolatrice: una Texas Instruments TI-1270
dal pannellino arancione e dal display a LED che, appunto,
faceva le quattro operazioni: un regalo di Natale di due
anni prima ottenuto vincendo le ritrosie dei genitori
secondo i quali avrei disimparato a fare "i conti a mente".
Ma
qualcosa di nuovo si avvicinava all'orizzonte: al terzo anno
di ITIS un lungimirante professore di Elettrotecnica decise
di sua iniziativa di intercalare alle lezioni di teoria dei
circuiti qualche nozione di una nuova (per noi) disciplina:
l'informatica. Anche i calcolatori programmabili esistevano
da un pezzo, da almeno 25 anni, ma nessuno si sarebbe
aspettato che esistessero calcolatori abbastanza piccoli da
stare su un tavolo... oggi invece è strano vedere un tavolo
senza un computer sopra... |
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Fu
come assistere ad uno spettacolo di prestidigitazione, in
cui il mago tirava fuori qualcosa dal cilindro, e questo
qualcosa non era il solito coniglio bianco (...).
In
un'aula sotterranea era custodito un vanto della tecnologia
italiana degli anni '60: un "calcolatore"
Olivetti Programma 101: perchè "calcolatore"
tra virgolette? beh, ci trovammo di fronte ad un "coso" con
una tastiera poco più che numerica, con i simboli delle
operazioni e qualche strano altro simbolo, tra cui l'A
Rombo... ebbene, quella macchina era in grado di
imparare una sequenza di operazioni e di ripeterle
all'infinito, nonchè di memorizzarle su una scheda
magnetica... era un calcolatore programmabile! |
Sorpresa maggiore quando, da un armadio del preside, saltò
fuori quella che per alcuni anni fu uno dei due riferimenti
per il calcolo tascabile: una calcolatrice programmabile
Texas Instruments TI-59 (l'altro riferimento,
seppur superiore, era la Hewlett Packard HP-41). Questa era
una calcolatrice tascabile dalla fittissima tastiera, con
100 posizioni di memoria dati, 960 posizioni di memoria di
programma, un lettore di schedina magnetica, un connettore
per inserimento di chip pre-programmati con routines
standard in diversi campi dell'ingegneria e della finanza, e
collegabile una stampante termica. Il linguaggio di
programmazione, una sorta di Assembler decimale algebrico,
permetteva di scrivere vero ed abbastanza complesso
software, dotato com'era di istruzioni di selezione, di
cicli, di salti condizionati ed incondizionati. |
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La
TI-59 aveva due sorelle minori: la TI-58C, esteriormente
uguale, ma con 480 passi di programma anzichè 960, e non
dotata di lettore di schede magnetiche, carenza a cui
sopperiva con la memoria non volatile, e la TI-57,
la piccolina: 8 locazioni di memoria dati e 50 "compatte" di
programma, compatte perchè, rispetto alle 58 e 59, la 57
memorizzava su un'unica "linea di programma" un'operazione
sulla memoria dati e l'indirizzo della locazione su cui
operare: statisticamente i 50 passi della 57 corrispondevano
a 75 delle 58 e 59. E la acquistai, nel 1980. Quanta fatica
per far stare in quegli striminziti 50 passi algoritmi anche
non banali (radici di equazioni, operazioni su numeri
complessi...) e quante soddisfazioni, a patto di dover
ri-digitare tutto il programma ad ogni accensione della
macchina. Ce l'ho ancora, la TI-57, anche se dovrei
riprendere in mano il manuale per poterla programmare di
nuovo.
A
scuola c'era un'altra macchina, da tavolo, dall'aspetto
molto professionale e moderno, in realtà la mamma delle
varie TI-5x : la Texas Instruments SR-60A:
stesso metodo di programmazione, memoria di gran lunga
superiore, velocità di gran lunga inferiore, stampante e
lettore di schede integrati. Vantava il display alfanumerico
con la possibilità di visualizzare messaggi, e la tastiera
alfanumerica, seppur ben diversa dalla QWERTY. |
L'SR-60A era nulla al
confronto con la nostra prima palestra di BASIC... Si chiamava
Olivetti P6040 : la seconda serie avrebbe avuto la
tastiera QWERTY, il nostro ne aveva il lato sinistro alfabetico, con
in seconda funzione i verbi di un BASIC residente su ROM e ridotto
all'osso, ed il destro numerico, quasi indistinguibile da quello di
una addizionatrice Logos; stampante integrata, display
alfanumerico, lettore di minifloppy da 2" e ben 4KB di memoria. Ho
purtroppo perso il quaderno dove conservavo, oltre che gli appunti
di elettrotecnica, tutti i listati dei programmi che ho scritto...
Correva il 1978, dicevo prima... la fine del 1978, l'inizio del
1979: masticavo un po' di BASIC, ero in grado di scrivere semplici
algoritmi, e mi incuriosii sugli sviluppi dell'informatica
personale: ai tempi iniziavano ad uscire le prime, pionieristiche
riviste di informatica individuale, in cui metà delle pagine era
dedicata ai programmi scritti dai lettori per le calcolatici
programmabili e per... i "personal computer".
Commodore PET,
Radio Shacks TRS-80,
Apple II: una tastiera, un monitor e poco più...
architetture costruite intorno ai microprocessori
Zilog Z-80
o
MOS
6502, affiancati a sistemi di sviluppo che
montavano l'Intel 8008 e programmabili attraverso
tastierini esadecimali... oggi preistoria, ieri il futuro prossimo
venturo...
Vidi funzionare uno dei primi
Commodore PET giunti in
Italia in un negozio di piazza Piola, in un tranquillo sabato
pomeriggio di giugno: era la prima versione, con la tastiera
"giocattolo" ed il registratore a cassette come memoria di massa. Il
tecnico presente fu ben disposto a riempire ore vuote con un giovane
studente curioso, ed io rimasi ingenuamente stupito nel veder girare
"Eliza", in fondo un banale analizzatore sintattico che
rispondeva a tono simulando, anzi sbeffeggiando, un certo tipo di
psicanalista, ma che sembrava un software intelligente.
La scuola dove studiavo non acquistò un PET, ma si orientò sullo
Sharp MZ-80K, o meglio, Mazinga, come lo
chiamavamo noi: una tastiera un po' più decente, sempre il
registratore a cassette e... 16KB di RAM, uniti ad un BASIC più
completo di quello dell'Olivetti. Da quel periodo in poi ci fu
l'escalation, alla quale assistevo sia sulle riviste, sia visitando
lo SMAU (che non era affollato come oggi): Commodore
VIC-20,
C-64,
C-128, e poi Sinclair
ZX80, ZX81,
il mai compreso
QL
e l'incredibile
Spectrum... da una parte macchine
destinate al mercato amatoriale (anche se l'Home Computer che
alcuni pronosticavano era ben lontano da giungere: i computer o
andavano programmati, o occorreva caricare spartani applicativi di
scarsa utilità), dall'altra macchine professionali (come l'Olivetti
P6060) che, al confronto dei PC attuali, erano poco
più che registratori di cassa, ed in quegli anni mi feci, appunto,
le ossa sul BASIC del P6040 e dello MZ80-K.
Interludio universitario... nel 1983 frequentavo il corso di
Programmazione dei calcolatori elettronici al Politecnico di
Milano: quattro mesi di Pascal (il miglior linguaggio per
imparare a programmare, uno dei peggiori per programmare veramente: a
momenti occorreva dichiarare quanti punti e virgola venivano scritti
nel codice), poi due mesi di Fortran, a cui (tentare di)
applicare le regole della programmazione strutturata... per il
resto, nozioni sulla struttura dei calcolatori e sull'Assembler: in
fondo era un corso per non-elettronici e non-informatici. Nel corso
era prevista molta pratica ma... i videoterminali grafici Tektronix,
collegati ad un Digital PDP-11 erano riservati ai
tesisti... mentre noi pivelli del secondo anno, cosa avevamo? Delle
bellissime
perforatrici di schede IBM (nel 1983!!! E
bisognava fare quasi a botte per accaparrarsene una libera e con la
tastiera completa), site in un angusto locale pomposamente definito
"centro di calcolo", in cui troneggiavano fronte a fronte un
lettore di schede ed una stampante veloce UNIVAC,
asservite da un videoterminale come console e collegate via linea
dedicata al centro di calcolo vero e proprio, al CILEA
(Consorzio Interuniversitario Lombardo per l'Elaborazione
Automatica). Da quanto ci era dato sapere, dall'altra parte c'era un
mainframe UNIVAC 1100/80, dalle caratteristiche
sconosciute, che girava sotto il sistema operativo EXEC-8...
dopo aver passato ore a perforare schede (ed a gettarne un terzo
sbagliando tasto proprio dopo la settantesima colonna) sulle
perforatrici, si dava in pasto al lettore di schede il run-stream...
e si attendeva pazientemente l'uscita del tabulato dalla stampante:
tempo variabile da pochi minuti a due ore, a seconda del carico di
lavoro dell'unità centrale... che tempi, gente!!!
L'anno dopo... 1984: Orwell ha sbagliato: così
titolavano le pubblicità Olivetti per il lancio dell'M20...
era, o meglio, sarebbe stata un'ottima macchina (un docente
che conobbi qualche anno dopo ne aveva uno, bellissimo:
voleva venderlo ma, onestamente, affermava che si trattava
di una sòla) ma la più grande casa mondiale del
mercato dell'hardware aveva annunciato la prossima uscita
del personal computer per antonomasia, e così i potenziali
acquirenti dell'M20 preferirono attendere quello che sarebbe
diventato lo standard de facto, l'IBM,
appunto,
Personal Computer... e da lì si sviluppò in
maniera abnorme l'accoppiata Microsoft-Intel, anche se un
tal giovane Bill Gates si dice pontificasse che "640KB
saranno sufficienti per tutti..." (l'attribuzione è dubbia,
ma potenzialmente veritiera...)
Sempre all'università mi cimentai anche in rudimenti di
computer graphic finalizzati a visualizzare su un
terminale grafico di non ricordo che marca (ma un
ricercatore diceva, ridendo "non si può acquistare un
terminale grafico per 7000$ e pretendere che funzioni bene")
delle superficie che avrebbero dovuto rappresentare le
catastrofi a piega: erano gli anni in cui si supponeva
che la teoria descrittiva del francese Renè Thom avrebbe
potuto essere applicata ad ogni campo della conoscenza
umana. L'algoritmo era scritto in FORTRAN, e richiamava
delle routines grafiche di libreria che avrebbero dovuto
preoccuparsi di visualizzare in maniera adeguata la
superficie, o a reticolo o topograficamente o in altri
modi... ma tutto ciò che appariva sul monitor sembrava un
maglioncino di lana grezza... l'elaboratore era un
Digital VAX 11-780 |
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Torniamo ai personal
computer: nel 1987 iniziò il mio cammino nel mondo MS/DOS-Intel, ed
iniziò proprio con un PC, o meglio, con un PPC di prima serie. No,
non un PowerPC (non ho mai avuto una mela, mio malgrado, e
non conosco il mondo Mac), bensì un IBM
Portable Personal Computer: questi era un PC IBM
inserito in una valigetta grande come una Samsonite, e pesante come
una Samsonite piena di piombo, con le seguenti caratteristiche:
microprocessore Intel 8088 con clock a 4,77 MHz, 256 KB di RAM, due
floppy disc drives da 5"1/4, 360 KB, scheda CGA e monitor integrato
da 7", fosfori ambra. Non fu invero il primo PC che utilizzai, ma fu
quello che più subì la mia "sindrome di Frankenstein": lo dotai di
una scheda dual CGA+parallela, di una doppia seriale veloce (di
quelle con le UART 16550), addirittura del co-processore matematico
8087 e di 640 KB di RAM complessiva... non riuscii ad installare una
scheda di memoria estesa trovata su una bancarella (a quei tempi
c'erano la memoria convenzionale, quella alta, quella espansa,
quella estesa...) perchè non reperii mai le RAM richieste, e neanche
un processore su scheda piggy-back clockato a 8 MHz previsto per
l'Olivetti M21, ma solo per problemi di ingombro meccanico... la
ciliegina sulla torta fu l'hard disc da 20 MB... e cosa ci facevo
con una tale macchina, battezzata Frankie? Leggerete nella
sezione telematica...
Nel mondo del lavoro, poi, ho visto non "di tutto di più", ma
quasi... dall'IBM PC 8088 usato come terminale di un IBM S/34
(quest'ultimo un mini grosso come due lavatrici affiancate, e con lo
stesso rumore di centrifuga quando lo si accendeva e si premeva il
pulsante del caricamento del S.O. sul pannello comandi) fino
all'intera genealogia delle macchine IBM-compatibili: IBM
PS/2
mod.60 (80286/12 MHz), IBM PS/2 mod.55 (80386sx/16 MHz), Olivetti
M380-XP5 (80386dx/20 MHz), Olivetti M4-454 (80486dx2/50 MHz),
Digital Celebris GL5100 (Pentium/100 MHz), Acer Altos (Pentium/166
MHz) tanto per citare quelli che ho usato, i primi dotati di
interfaccia Coax3270 per il collegamento al CED aziendale via
concentratore, gli altri con schede di rete Ethernet di varie
famiglie, ma ormai si parla di attualità... accenno comunque al
fatto che ho resistito all'inefficiente Windows fino al 1995, ed ho
ceduto solo per le potenzialità di rete di Win 3.11 for Workgroup
prima, e di Win 9x dopo.
A casa, Frankie è stato sostituito alla fine del 1997 da
Ruhra Pentium: un assemblato basato su un Pentium/166 MHz, con
64 MB di RAM, hard disc da 1,3 GB, CD-ROM 8x, scheda video Matrox
Mistique da 4 MB con acceleratrice Diamond da 8 MB, DAT SCSI da 4 GB
esterno e modem 28800 bps. Ruhra Pentium è
sopravvissuto ben sino al 2007 ed ha avuto l'onore di connettersi a
Internet via ADSL... ora al suo posto c'è un bell'Olidata, ma non è
più archeologia
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