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LEGGI & NORME

 

MARTEDÌ 14 FEBBRAIO 2006 316ª Seduta della

COMMISSIONE DI INDAGINE IGIENE E SANITA'    (12ª) 

  di Globulorosso

 

NUOVO DOCUMENTO CONCLUSIVO PROPOSTO DAL RELATORE PER L'INDAGINE CONOSCITIVA SULLO STATO DELL'ASSISTENZA PSICHIATRICA IN ITALIA E SULL'ATTUAZIONE DEI PROGETTI OBIETTIVO PER LA TUTELA DELLA SALUTE MENTALE E APPROVATO DALLA COMMISSIONE (Doc. XVII, n. 30)

 

A distanza di trent’anni dall’entrata in vigore della legge 13 maggio 1978, n. 180, "Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori", la Commissione igiene e sanità del Senato, accogliendo le sollecitazioni provenienti dalle società scientifiche, dal mondo dell’associazionismo e dalle famiglie di malati psichiatrici, ha deciso di svolgere un’indagine conoscitiva sull’attuazione di tale legge, al fine di fotografare la situazione esistente, individuarne le criticità ed eventualmente proporre opportune modifiche.

 

1. Il lavoro svolto dalla Commissione

 

L’indagine conoscitiva, deliberata all’unanimità dalla 12a  Commissione nella seduta n. 300 del 22 novembre 2005 ed autorizzata dal Presidente del Senato in data 28 novembre 2005, ha portato allo svolgimento di audizioni di istituzioni centrali e regionali, associazioni, società scientifiche ed esperti della materia. In particolare, sono state svolte, nell’ordine, le seguenti audizioni: Marco MARCHETTI, professore di psicopatologia forense dell'Università Tor Vergata di Roma, in rappresentanza della Società Italiana di Criminologia; Eugenio AGUGLIA, presidente della Società Italiana di Psichiatria (SIP); Antonio PICANO, psichiatra presso l'Ambulatorio per la depressione dell'Ospedale San Camillo di Roma, in rappresentanza dell’Associazione Italiana Psichiatri e Psicologi Cattolici (AIPPC); Stefano RAMBELLI, psicologo, presidente della Cooperativa Sadurano Salus di Castrocaro Terme; Gisella TRINCAS, presidente dell’Unione Nazionale delle Associazioni per la Salute Mentale (UNASAM); Maria Luisa ZARDINI, presidente dell’Associazione per la Riforma dell’Assistenza Psichiatrica (ARAP); Luigi DE MARCHI, membro del Comitato scientifico dell’ARAP; Francesco STORACE Ministro della salute; Sebastiano ARDITA, direttore generale della Direzione generale dei detenuti e del trattamento, del Dipartimento Amministrazione penitenziaria del Ministero della giustizia; Anna Rosa ANDRETTA, presidente dell’Associazione per la Difesa degli Ammalati Psichici Gravi (DIAPSIGRA); Paolo CANEVELLI, Magistrato del Tribunale di sorveglianza di Roma; Luana GRILLI, vicepresidente della Cooperativa  Sociale il Mandorlo di Cesena; Cosimo LO PRESTI, presidente della Federazione Italiana Salute Mentale (FISAM); Laura BUSSETTO, membro dell’Associazione per la Difesa degli Ammalati Psichici (DIAPSI-Piemonte); Augusto PILATO, segretario nazionale della FISAM; Liliana LORETTU, professoressa presso l’Università di Sassari, presidente della Società Italiana Psichiatria Forense; Vanni PECCHIOLI, psicologo, membro del comitato direttivo di Psichiatria Democratica

La Commissione si è inoltre avvalsa della documentazione sull’attuazione della normativa in materia di salute mentale inviata dalle Regioni.

A causa della limitatezza del tempo a disposizione e dell’imminente scadenza della legislatura, non sono stati svolti sopralluoghi.

 

 

2. La complessità del problema

 

La definizione di salute mentale è ancora lontana dall’essere universalmente condivisa; ciononostante, non si può negare che la logica basagliana – per cui la malattia mentale rappresenta una condizione sociale da accettare e non una vera e propria patologia da curare – si è rivelata intrinsecamente incompleta ed è stata parzialmente superata.

La consapevolezza diffusa che il disagio mentale rappresenta una vera e propria malattia – pur nella perdurante incertezza circa la molteplicità delle cause di natura biologica, ereditaria, sociale, familiare e a volte anche iatrogena che ne determinano la comparsa – testimonia che le attuali carenze del sistema di salute mentale derivano non da resistenze ideologiche, ma da problemi strutturali, funzionali, finanziari, organizzativi ed informativi.

Prima di analizzare le carenze "di sistema" che ancora oggi caratterizzano la salute mentale, è opportuno soffermarsi ad esaminare la reale entità del fenomeno in esame, per comprenderne la diffusione sul territorio e le possibili dinamiche di sviluppo.

I dati statistici testimoniano infatti che i disturbi mentali, seppure diversi per qualità e durata, riguardano un adulto ogni cinque, coinvolgendo circa 450 milioni di persone a livello mondiale, 93 milioni in Europa e 2.200.000 persone in Italia. Circa il 50 per cento di tali disturbi si presenta in condizioni di comorbilità e l’esito della patologia è spesso nefasto, dal momento che il numero dei suicidi è di circa 873 mila persone all’anno. Per gran parte di queste persone, un trattamento tempestivo eviterebbe il pericolo di aggravamento, di cronicizzazione o di suicidio.

A fronte della rilevante diffusione della patologia, i servizi disponibili sul territorio nazionale sono, nel complesso inadeguati a fornire una risposta alla domanda di assistenza proveniente dai cittadini: si stima, infatti, che i servizi psichiatrici trattino solo il 10 per cento delle persone che in un anno presentano disturbi psichiatrici in parte per carenze strutturali, in parte per il timore di molti a dichiarare la propria malattia ed essere vittime dello stigma che colpisce, nella nostra società, chi ha problemi di salute mentale. 

Tale situazione sembra peraltro destinata a peggiorare, dal momento che numerosi aspetti epidemiologici contemporanei (quali l’aumento della popolazione anziana, l’incremento dell’immigrazione ed il conseguente aumento delle condizioni di disagio legate a sacche di povertà e disuguaglianza nell’accesso alle cure, la diffusione delle condizioni di stress legate ai frenetici ritmi di vita e di lavoro, il maggiore disagio urbano, i crescenti problemi dell’adolescenza e della gioventù) possono contribuire a favorire un ulteriore incremento dei disturbi mentali a partire dall’immediato futuro.

Tale quadro sociale ed epidemiologico trova esplicita conferma nel Libro Verde Migliorare la salute mentale della popolazione. Verso una strategia sulla salute mentale per l’Unione europea –COM(2005) 484 definitivo -, approvato dalla Commissione europea il 14 ottobre 2005, che evidenzia come la patologia mentale comporti un disagio personale ad alta ripercussione, che tende ad incidere sul sistema familiare, sulla condizione lavorativa, sulla situazione economica, fiscale, giudiziaria e penale del malato.

Proprio la richiamata peculiare complessità della malattia mentale rende improrogabili interventi sanitari e sociali armonici e coerenti.

 

3. Il quadro normativo ed organizzativo attuale

 

Nel tentativo di fornire una risposta ad alcune delle esigenze diffuse dei malati di mente e delle loro famiglie, la legge n. 180 del 1978, successivamente integrata dalla legge istitutiva del SSN, legge 23 dicembre 1978, n. 833, perseguiva tre obiettivi fondamentali: tutelare i diritti del paziente; favorirne il recupero sociale e promuovere un modello assistenziale allargato sul territorio, fondato sull’interazione interdisciplinare di più figure ed interventi professionali.

Tali obiettivi sono rimasti sostanzialmente inattuati negli anni successivi alla riforma, a causa della debole azione di indirizzo e delle criticità riscontrate soprattutto nel settore dell’organizzazione dei servizi.

A dispetto di tali problematicità diffuse, solo negli anni Novanta - con l’elaborazione dei due progetti-obiettivo per la "Tutela della salute mentale" rispettivamente del 1994 e del 1998 – sono state assunte concrete iniziative per l’integrazione di una legge che continuava a presentare persistenti lacune attuative.

Alla luce di tali interventi, l’assetto organizzativo attuale risulta incentrato sui 211 Dipartimenti di salute mentale, istituiti in ciascuna azienda sanitaria locale e dotati di vari servizi (a diversa intensità e tipologia di assistenza), tra i quali, in particolare, i centri di salute mentale, i servizi psichiatrici di diagnosi e cura, i day hospital, le cliniche psichiatriche universitarie e le case di cura private. Nel complesso, i posti letto disponibili sono 9.289, ai quali si devono aggiungere i 612 centri diurni e i 17.101 posti letto delle 1.552 strutture residenziali presenti sul territorio.

Le prestazioni erogate sono, sia di tipo ospedaliero che di tipo ambulatoriale; in particolare, si stima che circa 34000 sono i ricoveri ospedalieri annuali, mentre circa 48 mila sono i ricoveri nelle strutture residenziali e semiresidenziali pubbliche e private. Un letto ogni 10000 abitanti presso gli ospedali generali, anche nelle rare regioni dove è raggiunto, è insufficiente. Bisognerebbe indicare almeno 1,5 pl per 10000 abitanti 

Ad integrazione ed interpretazione di tali dati statistici, è opportuno precisare che l’attuazione della legge n. 180 e dei progetti-obiettivo del 1994 e del 1998 è stata assolutamente disomogenea a livello interregionale, non solo perché la legge n. 180 ha avuto diverse intensità e velocità di applicazione nelle varie aree regionali, ma soprattutto perché alcune regioni hanno privilegiato la psichiatria ospedaliera, mentre in altre il fulcro delle attività è stato costituito dai dipartimenti di salute mentale.

Rispetto a tale assetto normativo ed organizzativo, un radicale cambiamento, almeno sotto il profilo del riparto delle competenze, è stato introdotto nel settore in esame con la riforma del Titolo V della Costituzione, che ha di fatto determinato il trasferimento in capo alle Regioni della gestione dell’assistenza per la salute mentale, da esercitarsi nel rispetto delle competenze statali di indirizzo e controllo. Nel prossimo futuro, saranno quindi le Regioni le principali protagoniste del nuovo percorso di riorganizzazione del sistema di assistenza psichiatrica che si renderà necessario al fine di adeguare l’offerta di prestazioni alla variegata domanda proveniente dagli utenti.

 

4. Gli elementi di criticità del sistema assistenziale ed i possibili interventi correttivi

 

Alla luce dei dati e dei rilievi emersi dalle audizioni svolte e dalla documentazione analizzata, è possibile identificare come segue le principali criticità del sistema di assistenza psichiatrica e gli eventuali interventi correttivi ad esso relativi.

In primo luogo, l’attuale sistema di assistenza psichiatrica italiana sembra presentare numerose lacune e carenze: intorno al 90 per cento delle risorse disponibili è infatti assorbito da circa 40 mila pazienti gravi, che presentano costi assistenziali molto elevati, fino a soglie di 80 mila euro all’anno; tale dato testimonia che, finora, la psichiatria italiana si è concentrata prevalentemente sul malato grave, lasciando scoperte aree di grande importanza, come l’ansia o la depressione, che devono essere adeguatamente curate, per prevenire l’insorgenza di patologie più gravi, contribuendo così al miglioramento del livello di salute complessivo della popolazione. Particolare attenzione andrebbe inoltre riservata, perché sempre più frequente, alla depressione post-partum, troppo spesso sottovalutata e ai disturbi dell'alimentazione (anoressia e bulimia) che registrano un continuo aumento soprattutto negli adolescenti. 

Nel prossimo futuro, sarà conseguentemente necessario elaborare nuovi percorsi assistenziali, sia per la cura dei disagi mentali meno gravi (che, a differenza di quanto sostenuto da alcune parti, non devono essere delegati alla medicina di base), che per la prevenzione delle cronicità spesso associate alle patologie in esame. Nello specifico, si rende opportuno promuovere la diagnosi precoce delle patologie, l’adozione di interventi tempestivi ai primi segnali di sofferenza, l’implementazione di misure atte a migliorare la conoscibilità e l’accessibilità dei servizi, la diffusione di campagne di sensibilizzazione ed informazione al problema e il potenziamento delle attività di intervento psichiatrico, in primo luogo diagnostico, in età infantile e sugli adolescenti. Se si considera che circa un milione di pazienti non vengono trattati per la depressione per mancanza di diagnosi, pare chiaro che anche l’ospedale generale deve diventare luogo strategico per intervenire su questo tipo di pazienti e deve essere dotato delle professionalità adatte a diagnosticare queste patologie, spesso assolutamente misconosciute presso i reparti di Pronto soccorso.

Una seconda area di criticità è quella legata al carattere tendenzialmente episodico e discontinuo di programmi e trattamenti, che riescono a coprire solo una frazione della domanda dei pazienti; l’impossibilità di garantire un’assistenza sanitaria specifica nel medio-lungo periodo evidenzia infatti la condizione di sostanziale abbandono in cui ancora oggi sono lasciati tali pazienti, con tutti i problemi di gestione quotidiana che risultano così riversati sulle famiglie, gravate da enormi difficoltà e responsabilità.

Per ovviare a tale situazione, è necessario intensificare e diversificare la rete assistenziale sia a livello ospedaliero, sia, soprattutto, a livello territoriale, al fine di offrire alle famiglie un reale supporto infermieristico, psichiatrico, sociale ed eventualmente anche economico (ad esempio favorendo l’accesso di questi pazienti alle pensioni di reversibilità).

In particolare, si dovrebbe diversificare l’offerta su vari livelli assistenziali a progressiva intensità di cura, al fine di fornire risposte differenziate a seconda della tipologia e del grado di patologia del paziente, quali: l’erogazione di servizi di assistenza psichiatrica domiciliare prolungata nel medio-lungo periodo per i malati che possono essere curati in famiglia, l’attivazione estesa di strutture residenziali protette di medie dimensioni per la lungo-degenza dei malati cronici e l’introduzione di strutture di alta specializzazione deputate al trattamento e alla cura psichiatrica dei malati non ancora cronicizzati. Tali strutture di alta specializzazione dovrebbero essere focalizzate su specifiche problematiche di pertinenza psichiatrica, come ad esempio quelle concernenti la vittimologia. Inoltre, dovrebbe essere potenziata l’offerta di servizi e di strumenti di supporto a livello territoriale, tra cui l’istituzione di centri di ascolto nei dipartimenti di salute mentale, la creazione di una rete di assistenza domiciliare ad hoc in sinergia con il privato sociale e la medicina di famiglia, la realizzazione di centri crisi e centri diurni, nonché la partecipazione in un nucleo di valutazione del dipartimento di salute mentale di rappresentanti di associazioni di familiari. 

Per l’implementazione di tutti questi interventi, sarà importante monitorare le iniziative deliberate dalle aziende sanitarie locali per il reinvestimento in obiettivi di salute mentale delle risorse ricavate dalla dismissione degli ospedali psichiatrici.

Un terzo ambito di criticità è quello legato all’assenza di protocolli unitari per l’attuazione del Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), che conseguentemente rappresenta un vero e proprio momento di rischio, sia per il paziente (nel caso del mancato o ritardato ricovero ovvero, all’inverso, dell’abuso nel ricorso al ricovero) che per i professionisti del settore (data la possibilità di incorrere nella colpa professionale per abbandono di persona incapace ovvero, all’opposto, per sequestro di persona). La revisione della normativa sul TSO e anche sull’Accertamento Sanitario Obbligatorio (ASO) - procedura nella quale si riscontrano problemi analoghi a quelli del TSO - deve consentire ai professionisti la possibilità di effettuare nei confronti dei pazienti non collaborativi i dovuti accertamenti e trattamenti non solo nella fase acuta, ma per tutto il tempo necessario alla cura; è inoltre opportuno un sostanziale snellimento delle procedure.

Ovviamente, il problema dei TSO e degli ASO è legato a doppio filo al tema del diritto di autodeterminazione del malato nel settore dell’assistenza psichiatrica. In tale ambito, ferma restando l’esigenza di garantire, per quanto possibile, il diritto alla libera scelta delle cure del malato psichiatrico, si ritiene necessario evidenziare il problema della scarsa percezione del disturbo psichiatrico (il 10 per cento dei malati non sa infatti di soffrire di una patologia mentale) e quindi segnalare l’opportunità di introdurre adeguati meccanismi, anche obbligatori, di responsabilizzazione dei malati alla cura.

Connesso al problema dei TSO è anche il tema della contenzione, fisica e farmacologica, modalità attraverso la quale, in particolari situazioni, viene attuato un trattamento psichiatrico; trattandosi di una modalità di trattamento ormai in disuso, ma estremamente complessa e con rilevanti ripercussioni sul sistema di relazioni medico-paziente-familiari, è necessario promuovere anche nel settore in esame la predisposizione di protocolli unitari e specifici, che ne regolamentino l’uso e portino alla creazione del "registro epidemiologico della contenzione".

Altrettanto urgente è, infine, l’introduzione di disposizioni comuni sul trattamento delle urgenze, tematica questa che, data la complessità dell’argomento, necessita della definizione di linee guida comuni al fine di orientare i medici sulle modalità e sul luogo del trattamento.  

Quarta area di criticità è quella legata alla chiusura degli Ospedali Psichiatrici (OP) che, pur rappresentando una grande conquista della legge n. 180, non ha contribuito a risolvere del tutto i problemi assistenziali di fondo che avevano ispirato la riforma: parte dei pazienti dimessi dagli OP sono stati, infatti, accolti in comunità protette, che a  volte rischiano di diventare  dei "mini manicomi", in cui si sono ripetuti i tradizionali schemi custodialistici e di etichettamento. Alcuni di tali pazienti, ormai anziani e non più bisognosi di specifica assistenza psichiatrica, potrebbero trovare adeguata sistemazione nelle Residenze Sanitarie Assistite (RSA), che sono da potenziare e che dovrebbero contemplare delle percentuali di accoglienza dedicate agli ex malati mentali, consentendo così di liberare posti nelle comunità protette a favore dei pazienti giovani che ancora oggi trovano una grande difficoltà logistica all’inserimento. In tutte le strutture residenziali o semiresidenziali, spesso gestite dai privati accreditati, deve comunque essere realizzata un’attenta valutazione della qualità dei servizi, al fine di evitare che tali strutture si trasformino in semplici "parcheggi", privi di interventi assistenziali o riabilitativi mirati.

Un quinto livello di criticità si manifesta a livello della medicina psichiatrica penitenziaria, settore questo assolutamente trascurato dalla legge n. 180. In particolare, si pone il problema della gestione della popolazione dei pazienti psichiatrici residenti negli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG), per i quali è iniziato da alcuni anni un processo di progressiva dimissione: è evidente, infatti, che né una dimissione "forzata", né il mancato invio in OPG risolvono il problema di fondo del trattamento di pazienti autori di reati (e spesso di reati violenti), che non sono sovrapponibili, per problematiche e percorso terapeutico, alla restante popolazione dei pazienti psichiatrici. L’impreparazione dei dipartimenti di salute mentale a gestire tali pazienti e l’impossibilità di gestire contestualmente le due tipologie di malati nelle comunità protette rende conseguentemente auspicabile un percorso di riflessione sulle riforme da attuare, al fine di garantire a tali pazienti – anche attraverso l’attivazione di convenzioni con i servizi di psichiatria territoriale opportunamente riorganizzati - trattamenti mirati e affidati a personale specializzato.

Una sesta area di criticità riguarda la carenza di percorsi formativi specifici per gli operatori in ambito psichiatrico: scarseggiano, infatti, i percorsi formativi e di aggiornamento finalizzati a garantire un’adeguata e continuativa formazione specialistica al personale addetto al trattamento di queste patologie. Conseguentemente, va garantita una maggiore integrazione della Salute Mentale nella didattica dell’assistenza sanitaria (inclusi i corsi ECM) e nelle strutture e va altresì prevista una riforma degli studi universitari, da anni inadeguati alle esigenze di sviluppo del settore. In ambito medico, ad esempio, il venir meno della specializzazione in criminologia e le problematiche operative che caratterizzano la specializzazione in psicopatologia forense (per la quale il Ministero della salute non ha indetto specifiche borse di studio) sono una testimonianza evidente delle difficoltà organizzative-formative che ostacolano la specializzazione nel settore. Le cliniche universitarie di Psichiatria dovrebbero essere direttamente coinvolte nel SSN, ad esempio assumendo la responsabilità di almeno un modulo assistenziale, poiché non sarebbe possibile provvedere alla formazione del personale de SSN con insegnamento e tirocinio adeguati se carenti di diretta competenza.

Infine, non si possono sottovalutare anche le criticità legate alla scarsità di percorsi mirati di inserimento/reinserimento sociale e lavorativo dei pazienti affetti da disturbi mentali. Se si considera, infatti, che il lavoro costituisce un valore fondamentale per la riabilitazione e l’inserimento sociale, si comprende l’importanza dell’introduzione di sistemi di lavoro protetti ed adeguatamente retribuiti per i malati psichici con prospettive d’inserimento graduale nel mondo del lavoro; altrettanto importante è la promozione di specifici momenti di formazione professionale, anche sul campo, da alternare ai momenti di lavoro vero e proprio. 

 

4. Conclusioni

 

Una vera riforma dell’assistenza psichiatrica deve essere mossa dall’esigenza di superare l’accezione di "psichiatria" per arrivare ad una nuova nozione di "salute mentale", connotata sia in termini di prevenzione e diagnosi precoce che in termini di miglioramento della qualità di vita dei malati. In tale prospettiva, è necessario che l’attenzione non sia limitata alle malattie croniche o agli episodi acuti della patologia psichiatrica, bensì estesa a tutti i disturbi mentali delle diverse fasce di popolazione a rischio come l’infanzia e l’adolescenza, gli anziani, i tossicodipendenti e gli alcolisti.

Perché questi obiettivi siano raggiunti, la strategia di intervento deve essere focalizzata sull’integrazione in rete di tutti i servizi che oggi operano in maniera disaggregata, nonché sulla riorganizzazione e differenziazione delle diverse forme di assistenza o presa in carico del malato  oggi disponibili anche individuando una figura di coordinatore interdipartimentale e interservizi.

      Al raggiungimento di tali obiettivi deve collaborare anche l'Università, come ente formativo, in sinergia con le amministrazioni regionali e i dipartimenti territoriali.

Tali processi di riforma dovranno essere implementati con il supporto diretto sia delle famiglie dei malati, che devono rimanere parte integrante del "cammino terapeutico" del paziente, sia delle associazioni di familiari e volontari, che rappresentano una risorsa fondamentale da valorizzare ulteriormente nella definizione sia teorica che operativa del progetto terapeutico. Solo attraverso lo sforzo comune di tutte le figure e le istituzioni coinvolte nel problema,  sarà possibile combattere lo stigma di cui sono fatti oggetto, ancora oggi, e indipendentemente dal tipo e dalla gravità della patologia, coloro che presentano disturbi mentali.

Sotto il profilo delle competenze normative e gestionali, infine, è importante che le Regioni, in stretta collaborazione con gli Enti locali e nel rispetto degli indirizzi generali nazionali, siano responsabilizzate sull’attuazione degli interventi di riorganizzazione dell’assistenza psichiatrica, proseguano e implementino i progetti obiettivo già in atto, rispondendo in prima persona dei risultati raggiunti nel perseguimento dell’obiettivo di destinazione del 5 per cento dei fondi sanitari regionali alle attività di salute mentale. 

 

 

 

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