Santarcangelo di Romagna

UNA CENTRALE TERMOELETTRICA
DA 500.000 EURO E 800 MEGA WATT

L’ipotesi di centrale termoelettrica a Santarcangelo, a confine con il Comune di Poggio Berni (San Michele), con l’incontro promosso dal Comune clementino ha preso più consistenza. Chi pensava fossero fantasie dei Verdi Alternativi, s’è dovuto ricredere. Tra questi non il Sindaco e parte della Giunta, da tempo al corrente dei progetti della Buzzi Unicem e della E. On Kraftwerke GmbH (Gruppo E. On Energie), che tuttavia non ne avevano parlato prima - si sono giustificati - di possedere gli elementi di valutazione venuti alla luce nel corso della riunione con i tecnici del colosso industriale: dirigenti che nella lunga, tutt’altro che monotona esposizione, hanno dimostrato di essere anche degli ottimi comunicatori.

Le due imprese si sono unite per realizzare un programma industriale per la produzione di energia elettrica a gas naturale su alcuni siti di proprietà della Buzzi Unicem: Guidonia, Livorno Ferraris (VC) e Santarcangelo.

Del resto negli stessi giorni in cui si concludeva l’operazione societaria in discorso, anche Italcementi - che già disponeva di 3 centrali termoelettriche, 13 centrali idroelettriche e di linee di alta tensione per circa 400 km - costituiva Italgen SpA lasciandosi ulteriormente sedurre dal business dell’energia, progettando la costruzione di 7 nuove centrali termoelettriche per una potenza complessiva installata di 4.000 MW in Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio, Basilicata e Puglia.

E.On Energie, quotata in Borsa a Francoforte e New York, in Europa viene subito dopo la francese Edf. La società tedesca partecipa con una quota del 95%, Buzzi Unicem del 5%. Quest’ultima, realizzata la prima iniziativa, otterrà condizioni di fornitura elettrica vantaggiose rispetto alle condizioni di mercato per la durata di 25 anni.

La Buzzi Unicem SpA, nata nel settembre ‘99 dall’incorporazione di Unicem SpA, quotata in borsa, vanta 13 unità produttive in Italia, oltre a 5 stabilimenti negli States e 2 in Messico.

Come hanno segnalato autorevoli giornali finanziari, “nel corso dell’ultimo anno, i principali gruppi italiani nel settore cementifero hanno visto crescere sensibilmente la dinamica dei costi, soprattutto a causa dei prezzi dei combustibili e dell’energia di cui i cementifici sono forti utilizzatori. Ciò ha spinto i suddetti gruppi a ricercare alleanze strategiche con produttori di energia”. L’energia, è noto, incide per il 25% sui costi di produzione del cemento.

L’accordo siglato tra la Buzzi Unicem e la tedesca E. ON, s’inserisce appunto in questo contesto.

“Da quando le due ditte si sono unite, gli imprenditori si sono chiesti quale poteva essere il futuro dello stabilimento di Santarcangelo”, in presenza di una serie di esigenze di ristrutturazione moderna in una situazione che ne condiziona il futuro: “in questa zona manca il calcare, fondamentale alla produzione del cemento”, sino ad ora reperito in cave lontane con aggravio di costi aggiuntivi di trasporto...

La società si è detta preoccupata di non turbare gli equilibri ambientali del nostro territorio. Quindi riqualificazione di questa area che offra una prospettiva positiva al futuro dello stabilimento, diminuendo le attività legate alla produzione del cemento e deputando parte dell’azienda alla produzione di energia elettrica: “più energia pulita nel rispetto ambientale”.

L’Azienda - che dice di non aver ancora presentato il progetto per l’autorizzazione - ha illustrato agli amministratori lo studio di fattibilità e di impatto ambientale: “Se questo progetto non sarà condiviso dal territorio, non lo presenteremo”. Affermazione intelligente da valutare positivamente poiché dopo la conversione in legge del “decreto Marzano sblocca-centrali”, la società potrebbe ugualmente procedere: “... la costruzione e l’esercizio degli impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici, gli interventi di modifica o ripotenziamento, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili all’esercizio degli stessi, sono dichiarati opere di pubblica utilità e soggetti ad una autorizzazione unica, rilasciata dal Ministero delle attività produttive, la quale sostituisce autorizzazioni, concessioni ed atti di assenso comunque denominati, previsti dalle norme vigenti, fatto salvo quanto previsto al comma 4, costituendo titolo a costruire e ad esercire l’impianto in conformità al progetto approvato” (art. 1, comma 1, L. 9 aprile 2002, n. 55). “...Qualora le opere di cui al comma 1 comportino variazioni degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale, il rilascio dell’autorizzazione ha effetto di variante urbanistica” (comma 3, art. 1).

La grande “centralizzazione” delle procedure (la definizione è del Sole 24 Ore) resta infatti la principale incognita.

La centrale, che dovrebbe avere una potenza di 800 MW, è stata descritta entusiasticamente dalla decina di tecnici presenti: alimentazione a gas metano, due turbogruppi, condensatore ad aria, caldaia di recupero del vapore trasformato in acqua, non generazione di piogge acide, tanto meno di polveri, bassa emissione di ossido di carbonio (NOx 51, CO 33), basso impatto sonoro, nessun traliccio aereo (cavo interrato e sottostazione in blindato), minimi consumi idrici, assenza di rifiuti, dimensioni contenute, nessuna possibilità di contaminazione della falda.

A detta della dott.ssa Domenichelli che ha illustrato la valutazione di impatto ambientale, lo studio avrebbe interessato un’area vasta di 10 chilometri (suolo, rumore, variazioni, ecosistemi antropici, qualità dell’aria e meteoclimatici). Per la relatrice non esiste vicinanza di ecosistemi naturali, se si eccettua - e diciam poco - il basso corso del Marecchia, il cui alveo è degradato dalle escavazioni: aree recuperabili solo per attività venatorie. Lo dice lei!!!! Le distanze dal centro abitato, poi, sono tali da non generare problemi sull’ambiente umano, tanto più che prevedendo l’interramento dei cavi, non si verificherebbe alcuna produzione di campi elettromagnetici (CEM). 

Per la società si tratta di una buona proposta - chi deve accreditare il proprio prodotto non potrebbe esprimersi diversamente -, che “riconverte un’area gravata da una serie di fabbricati vecchi e potrà anche rappresentare un significativo vantaggio per il territorio e l’urbanistica territoriale. Ma auspichiamo che questo progetto non diventi oggetto di contesa politica”.

Quale sarà la provenienza del gas naturale? Risposta: verrà acquistato dalla Snam.

Risposta insufficiente giacché interessa la provenienza del gas, poiché vista la taglia dell’impianto vanno anche considerati possibili inquinanti come le polveri che sono presenti in tracce ed in quantità diverse in relazione alla provenienza del gas. E’ noto che quello a maggior contenuto di questi inquinanti proviene dal Nord Europa. Preoccupazione non di poco conto considerando che la Buzzi Unicem, ai residenti a San Michele che vivono a ridosso della fabbrica, di polveri sino ad ora ne ha elargito parecchie, come recita la nota poesia di Nino Pedretti.

Un altro tipo di emissione poco considerato è rappresentato dagli aerosol o “drift” (goccioline di vapore acqueo) che secondo i tecnici intervenuti non si verificherà.

A noi si è garantita la quasi inesistenza di rumore, ma a questo proposito le fonti sono discordanti.

A sentire ‘lor signori’ la centrale termoelettrica di Santarcangelo, oltre ad essere aderente al protocollo di Kyoto, all’applicazione del quale darebbe un notevole contributo, potrebbe contribuire a risolvere la pesante situazione determinata dal traffico sulla via Santarcangiolese, proposta che ha fatto brillare gli occhi di qualche amministratore: oltre a diminuire la presenza di pesanti automezzi, cedendo aree al Comune si potrebbe realizzare il secondo stralcio della Strada di Gronda, accantonato dal PRG comunale ma pur sempre presente nel PTCP provinciale: riallacciarsi alla Gronda a San Martino dei Mulini, seguire il tracciato dell’ex-ferrovia e immettersi sulla Santarcangiolese all’altezza di Pontaccio Macello (ponte sull’Uso) bypassando San Michele.

Il sindaco si è correttamente riservato di incontrare i sindacati e la popolazione. A proposito dei primi, l’Azienda ha dichiarato giovedì sera che i lavoratori dipendenti non subiranno penalizzazioni di sorta, poiché la Buzzi ha sempre posto in primo piano i problemi dell’occupazione alla pari di quelli ambientali.

In conclusione il summit tecnico-aministrativo ha posto molta carne al fuoco: la miriade di notizie andrà ora assimilata, ma soprattutto verificata, con l’assistenza - come ha detto il Sindaco Vannoni - “di un pool di esperti di fiducia presi dove ci sia il meglio dal punto di vista dell’autorevolezza scientifica. Per farci supportare in ogni fase dell’eventuale istruttoria”.

E’ quanto volevamo sentire prima di impegnarci a costruire barricate o ad accendere prematuri allarmismi, tutt’altro che pentiti di aver provocato Amministrazione comunale e imprenditori ad uscire allo scoperto offrendoci validi motivi di riflessione, alla luce, anche, delle dichiarazioni delle forze politiche che si sono opposte all’approvazione della legge “sblocca-centrali”: “oggi più che mai inutile se non dannosa” (capogruppo DS in commissione Industria, Franco Chiusoli); “massacro dell’ambiente e del territorio... negazione dei diritti dei cittadini e delle amministrazioni locali” (Sauro Turroni, Verdi Sole che ride); parimenti negativo il giudizio del WWF Italia.

La legge è stata approvata con 143 voti a favore, due astenuti, contrarie le opposizioni. Non crediamo che le opposizioni si siano coalizzate contro la legge sblocca-centrali solo per interessi politici, tanto più che una certa responsabilità, prima di Marzano, potrebbe averla anche avuta un tal ministro Bersani diessino.

Mirella Venturini
Capogruppo consiliare
Verdi Alternativi

 

[Interamente ripreso dal quotidiano “La Voce” del 5 aprile 2002]

Abbiamo appreso che pendono innanzi alla Corte Costituzionale una trentina di ricorsi mossi da Regioni (notizia tratta da Sole 24 Ore).

Il 2 aprile 2002 in Senato ov’era in discussione la conversione in legge del D.L. 7 febbraio 2002, n. 7, recante misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale (approvato dal Senato e modificato dalla Camera dei Deputati) la senatrice Donati (Verdi-Ulivo) ribadendo le ragioni di opposizione ad una norma con cui si richiede l’autorizzazione a costruire in maniera semplificata centrali energetiche sotto la minaccia del black out elettrico, così s’è espressa: “Faccio presente che il testo originario faceva riferimento a un ‘imminente pericolo’ di questo tipo, in conseguenza del quale il Parlamento era perciò chiamato a votare un testo onde costruire in fretta nuove centrali”. La Camera ha poi soppresso la parola “imminente”, per cui è rimasto soltanto il “pericolo”. Come afferma la Donati, se si ritirasse il provvedimento o non lo si approvasse, probabilmente scomparirebbe anche il “pericolo”.

Intanto i processi autorizzativi di nuove centrali energetiche sono ampiamente in corso, alcuni già con esito positivo, già rilasciati dal Ministero dell’ambiente, che il 26 marzo 2002 ha reso noto di aver autorizzato, “al termine di una lunghissima, faticosa e accurata valutazione di impatto ambientale, la realizzazione di quattro nuovi impianti dell’ordine di grandezza di 3.200 MW”.

Inoltre, come ha sottolineato la senatrice Donati, “è stato contestualmente deciso dalla Commissione VIA - e quindi successivamente dai Ministeri dell’Ambiente e dei Beni e delle Attività Culturali - che alcuni ripotenziamenti di centrali in essere non avranno bisogno di procedure di valutazione di impatto ambientale. Infine, il ministro Matteoli ha annunciato che sarebbe in dirittura d’arrivo il termine per la procedura autorizzativa in materia di valutazione di impatto ambientale per un’altra decina di nuove centrali energetiche per un totale di circa 7.500 MW”.

L’autorizzazione di nuove centrali fa quindi venire meno l’urgenza di un decreto-legge che dovrebbe risolvere, addirittura più rapidamente di quello già autorizzato, i nostri problemi energetici.

La senatrice Donati ha ragione quando sostiene che “ci potremmo trovare nella spiacevole condizione per cui questo Governo, da un lato, sottoscrive positivamente in sede europea o in sede internazionale, come ha avuto modo di ribadire il Ministro dell’Ambiente, gli obiettivi di Kyoto per la riduzione dei gas climalteranti e dell’effetto serra e, dall’altro, autorizza centrali energetiche al di fuori di ogni logica di piano, in palese contrasto con gli impegni assunti”.

Si tratta di autorizzazioni al buio, “al di fuori di ogni logica di pianificazione strategica, in assenza di misurazioni e rilevamenti in ordine all’impatto delle produzioni energetiche e alla riduzione di emissioni, che non vengono neanche malamente citati”.

Si tratta quindi di un provvedimento sbagliato “che immagina processi autorizzativi iperconcentrati e ipercentralizzati, in contrasto con le attuali norme per cui la localizzazione di un impianto avviene a cura delle Regioni, province ed Enti locali”.

Il provvedimento presentato dal governo spazza via ogni competenza locale (comuni e province). Nel testo modificato dalla Camera si stabilisce che per il rilascio dell’autorizzazione è fatto obbligo di richiedere il parere motivato del comune e della provincia a cui l’impianto energetico si riferisce. Non vi è tuttavia alcuna indicazione in ordine all’obbligo di sospendere la procedura per l’autorizzazione dell’impianto nel caso in cui il parere richiesto sia negativo. In parole povere nel testo in esame si prevede di consultare gli Enti locali senza che questi possano esprimere un parere vincolante sugli aspetti localizzativi di un impianto: “Si tenta di recuperare il coinvolgimento di comuni e province, prevedendo semplicemente che ad essi venga richiesto un parere, senza garantire loro un adeguato ascolto nel caso in cui tale parere sia diverso da quello del proponente o di chi deve autorizzare l’intero ciclo di costruzione dell’intero impianto”.

Questa la ragione per cui le Regioni, unanimemente, al di là delle loro appartenenze politiche, hanno espresso - dopo il voto favorevole della Camera alla conversione in legge del decreto-legge n. 7 - un giudizio complessivamente negativo sul provvedimento in discorso.

E’ appena il caso di ricordare ai nostri amministratori locali che questo processo autorizzatorio, concentrato in capo al Ministero delle attività produttive, avrà anche effetto di variante urbanistica per i singoli comuni, che quindi - sulla base di queste procedure - non saranno chiamati a scegliere che cosa fare dei propri territori.

Quanto alla ricerca di informazioni, sol che si presti la dovuta, doverosa attenzione, oggi i canali non mancano proprio, anche quando a comunicarcele non sono gli stessi amministratori.

Il “non fasciamoci la testa” lanciato dal Sindaco di Poggio Berni Antonio Valli , oltre che dal Sindaco di Santarcangelo (La Voce, 6 aprile 2002), da noi condiviso, non deve tuttavia rappresentare un alibi a giustificare disattenzioni e superficialità. Non intendiamo, però, neppure fasciarcela dopo essercela rotta. Per questo continueremo a documentarci puntigliosamente, rigorosamente e, ovviamente, ad informare la nostra gente.

Mirella Venturini