San Severo (Foggia)

continua dalla prima parte

SCENARIO ENERGETICO

Ma quale effetto la realizzazione di centrali a ciclo combinato a gas naturale avrebbero sul parco termoelettrico tradizionale?
Le Ditte proponenti in genere affermano che :

  • "Gli attuali indirizzi nazionali e comunitari … individuano, fra le priorità, il graduale smantellamento dei grandi impianti energetici alimentati ad olio combustibile e carbone;
  • "La costruzione della nuova Centrale determinerà lo spegnimento di una centrale tradizionale (alimentata a olio combustibile o a carbone) con riduzione delle emissioni di NOx" ;
  • "Lo sviluppo della concorrenza nel settore energetico permetterà il rinnovo degli impianti esistenti …" ;da cui farebbero derivare che "… a livello nazionale le emissioni di NOx dalla Centrale non sono aggiuntive" 

Si dissente in particolare da queste ultime affermazioni per le motivazioni che seguono.
La questione relativa alle prospettive di consumo e produzione di energia elettrica e sullo stato del parco generativo nazionale è stata recentemente valutata nell’ambito della “Indagine conoscitiva sulla situazione e sulle prospettive del settore energia” anche con diverse audizioni dei principali attori pubblici e privati interessati alla materia.
In tale ambito sono emerse valutazioni differenti sulla effettiva necessità (e sul numero) di realizzare nuove centrali termoelettriche, anche in relazione alla copertura attualmente garantita dal parco elettrico nazionale rispetto alla domanda della rete, analizzando la problematica non sotto il profilo della produzione reale di energia elettrica (che è conseguente alle ore di reale funzionamento degli impianti oltrechè alla convenienza stessa di tenerli in produzione rispetto alla disponibilità - e agli impegni contrattuali pluridecennali - di energia dall’estero) ma di quello della potenza disponibile degli impianti.
Secondo il GRTN gli impianti di produzione di elettricità in Italia attualmente hanno una potenza disponibile pari a 76.400 MW, mentre la potenza offerta alla punta - nel corso del 2001 - è stata di 48.700 MW, a fronte di una richiesta alla punta pari a 52.000 MW, per il cui soddisfacimento si è dovuto ricorrere ai 6.000 MW di potenza disponibili con i contratti con l’estero. In conclusione il sistema garantirebbe - con le importazioni - solo 2.700 MW di riserva con cui fare fronte ai previsti incrementi di domanda per i prossimi anni.
I rappresentanti dell’ENEL contestano tali dati valutando che “nel 2000 si è riscontrato ancora un valore di riserva prossimo al 25 per cento, un dato largamente superiore a quello di gran parte degli altri paesi aperti alla competizione. Riteniamo quindi che il livello di capacità installata sia sufficiente a garantire la sicurezza del sistema e la continuità del servizio e che, pur considerando l’aumento della richiesta degli ultimi mesi e quella prevista nei prossimi anni, un modesto incremento della capacità sia sufficiente a sostenere la domanda elettrica del paese per i prossimi anni” , lamentando inoltre che “Già oggi le nostre centrali vengono utilizzate in misura largamente inferiore alla loro potenzialità”, a causa dei meccanismi di incentivazione (CIP 6/92) che danno precedenza al dispacciamento dell’energia prodotta da tali impianti. I rappresentanti dell’ENEL, sempre in tale audizione, evidenziavano che “Analizzando i dati dell’ultimo decennio, è evidente come, a fronte della crescita di produzione di operatori terzi incentivati, corrisponda un progressivo decremento delle ore di funzionamento degli impianti ENEL”. Si tratta della posizione di uno degli attori che ha degli interessi da difendere; va segnalato però che quanto evidenziato dall’ENEL viene indirettamente confermato dai altri attori -Commissione parlamentare compresa anche se poi tale richiesta non è stata inserita nel decreto “Marzano” convertito con la Legge 55/2002 - quando richiedono che l’ENEL sia obbligata a immettere sul mercato ulteriori centrali, in quanto avrebbe tuttora una posizione dominante; in altri termini sarebbe da modificare l’obbligo del DLgs 79/99 che disponeva all’ENEL di non possedere più del 50 % di produzione di energia elettrica modificandola nel senso di prevedere un tetto non riferito alla produzione ma alla capacità produttiva (nello specifico l’ENEL dovrebbe vendere centrali per ulteriori 6.000 MW di capacità produttiva). 
Inoltre, altri contributi alla discussione fanno rilevare che la situazione di “rischio” indicata dal GRTN, e dovuta a stime maggiori della differenza tra potenza installata e concretamente disponibile, sia dovuta a fattori contingenti del 2001, ed in particolare a un numero consistente di centrali in fermata contemporanea di tipo manutentiva e/o per interventi di ristrutturazione, la bassa produzione delle centrali idroelettriche a causa della carenza di precipitazioni meteoriche nonché alcuni picchi di consumi connessi con condizioni climatiche particolarmente rigide.
Un ulteriore fattore di riduzione delle potenzialità produttive - su cui tutti gli attori e la commissione attività produttive si sono trovati d’accordo - è dovuto alla presenza di “strozzature” nella rete di trasmissione che causa l’impossibilità di trasmettere quantità idonee di energia elettrica a sostegno di richieste di picco.
Si rammenta che la Commissione, nel documento finale, pur ritenendo necessari nuovi impianti ha evidenziato - anche a fronte delle numerose richieste, quasi esclusivamente impianti a ciclo combinato a metano (per una capacità installata pari quasi a 100.000 MW (2,5 volte la capacità installata nazionale!) - la necessità di forme di regolazione del sistema elettrico da parte del Governo ovvero di colmare il vuoto venutosi a creare per effetto del Dlgs 79/99 e finora surrogato impropriamente dal GRTN. In tal senso è stato recentemente presentato un disegno di legge dal Ministro.
Infine la Commissione ha evidenziato l'interesse per l'incremento dell'utilizzo del carbone (ampiamente utilizzato negli altri paesi europei e per il quale non è prevista alcuna riduzione) a livello nazionale, tant'è che l'ENEL ha in corso la realizzazione/trasformazione di diverse centrali (es. Civitavecchia) quale risposta proprio alla concorrenza degli impianti a ciclo combinato a gas naturale, in relazione al minore costo del carbone rispetto al gas naturale.
Non viene presa in considerazione né l’ipotesi zero, cioè la non realizzazione dell’opera (o comunque la non giustificazione degli impatti conseguenti), né valide alternative, quali una produzione di energia diversa da quella termoelettrica o taglie differenti. 
Questo quadro fa emergere gli effetti caotici determinati dai soggetti privati che operano al di fuori di ogni controllo pubblico-istituzionale, in spregio delle più elementari esigenze di programmazione territoriale, regionale e nazionale. In altri termini, in assenza di un "sistema filtro" (anzi con la demolizione delle norme mediante il decreto "sblocca centrali") rispetto alle richieste avanzate dai più diversi soggetti imprenditoriali per realizzare nuovi impianti, la situazione non potrà che degenerare sia a livello locale che regionale.
Non solo è evidente l’assurdità della situazione complessiva che si è delineata anche solo rispetto ad un elementare buon senso, ma il dato emergente - con i suoi nefasti impatti ambientali diretti e indiretti - è la riproposizione di un modello di intervento sul problema energetico non solo indirizzato unicamente all’incremento dell’offerta, ma con scelte tecnologiche basate su centrali di elevate dimensioni riproponendo gli errori già compiuti - e oggetto di contestazione nel passato - durante il “monopolio” ENEL. 
In questo contesto non vanno sottaciuti gli scenari alternativi fondati sostanzialmente sul repowering delle centrali esistenti, ed in particolare di quelle immesse sul mercato dalle società ex ENEL, mediante l'uso del gas metano e delle tecnologie di combustione per la produzione di energia elettrica più recenti.
In questo si può parlare effettivamente di "rinnovo degli impianti esistenti" che, appunto, non significa la realizzazione delle numerose proposte presentate in tutta Italia.
Questa prospettiva è stata valutata in tempi precedenti alla liberalizzazione del mercato elettrico e rappresenta certamente una valida alternativa - anche nell’ambito della liberalizzazione e della riduzione del deficit dal lato dell’offerta di energia elettrica - rispetto alla realizzazione ex novo di un elevato numero di nuove centrali termoelettriche.
Studi effettuati per un utilizzo più efficiente del gas naturale nell’industria italiana introducendo tecnologie avanzate di cogenerazione hanno individuato i seguenti “scenari” volti anche a ridurre l’impatto ambientale della produzione energetica:

   a) ripotenziamento con turbine a gas avanzate delle centrali a vapore cogenerative già operanti a gas naturale;
   b) ripotenziamento con turbine a gas avanzate anche delle centrali cogenerative alimentate a olio combustibile;
   c) sostituzione e applicazione degli utilizzi elettrici a metano nelle centrali termoelettriche esistenti, a basso rendimento.

La stima degli effetti di questi scenari ipotizzati sono quelli riportati nella Tabella che segue, sia in termini di maggiore produzione di energia elettrica che di riduzione di consumo di combustibili tradizionali, di effetto sulle emissioni di gas serra e di altri inquinanti. 
Effetti degli scenari di intervento sugli impianti termoelettrici esistenti

EffettiScenario AScenario BScenario CMaggior consumo di gas, GWh45.100154.2000Minor consumo di olio combustibile, GWh054.30012.200Maggior produzione elettrica, GWh28.30064.80011.300Minor consumo di olio combustibile per evitata produzione elettrica, GWh74.500170.60029.700Minor fabbisogno energetico, Mtep2,536,063,60Minori emissioni di anidride carbonica, Mton11,531,611,60Minori emissioni di ossidi di zolfo, Mton0,1280,3870,072Minori emissioni di ossidi di azoto, Mton0,0410,1180,048
Nota: Per la stima delle emissioni si sono adottate le seguenti ipotesi :
per l'anidride carbonica, da composizioni medie di gas naturale e olio combustibile;
per gli ossidi di zolfo, olio BTZ con 1 % di zolfo, zolfo assente nel gas;
per gli ossidi di azoto, turbine a gas 25 ppm vd 15 % di ossigeno, caldaie a gas 3 % di ossigeno, caldaie a olio 300 ppmvd al 3 % di ossigeno. 
Fonte: G. Lozza, Politecnico di Milano, "Scenari tecnologicamente avanzati per un utilizzo più efficiente del gas naturale nell'industria italiana", in “Cogenerazione industriale e ambientale”, atti degli incontri presso Expo 2000, Torino, 6 dicembre 1996, Quaderno Comitato Termotecnico Italiano n. 6.

L'autore dello studio e della tabella riportata conclude che: 
- in relazione allo scenario a) si otterrebbe di "svincolarci da gran parte delle importazioni di elettricità o di rinunciare alla costruzione di nuove centrali termoelettriche per un ammontare indicativo di oltre 6.000 MW";
- in relazione allo scenario b) si avrebbe un raddoppio della energia elettrica generata dagli impianti cogenerativi potenziati, "gli impianti di cogenerazione industriale produrrebbero circa 8.000 GWh, quasi la metà dell'energia globalmente generata oggi per via termoelettrica in Italia, ENEL compresa";
- in relazione allo scenario c) i rendimenti aggiuntivi "libererebbero circa 7.874 Mmc/a" di gas metano "oltre all'intero consumo ipotizzato nello scenario" a) (5.864 Mmc/a); si avrebbe "una generazione elettrica aggiuntiva di circa 11.290 GWh/a ottenuta a parità di consumo globale di gas naturale e con una riduzione significativa dei consumi di olio".
In altri termini la via della riduzione del deficit produttivo non è esclusivamente basata sulla realizzazione di nuove centrali termoelettriche ancorché basate su cicli cogenerativi a metano a minore impatto ambientale ma ha nella riconversione, ripotenziamento e miglioramento dell'efficienza delle centrali esistenti: una strada concreta rispettosa degli obiettivi di riduzione dell'emissione di gas serra. 

Anche la prospettiva che l’ "incremento del rendimento medio del settore termoelettrico dovrebbe ottenersi mediante la dismissione di centrali esistenti, per almeno 3.000 MWe, e la loro sostituzione con centrali a gas a ciclo combinato (Delibera CIPE 3.12.1997)" (par. 2.1) non corrisponde ad alcuna previsione della delibera CIPE indicata.
E' vero invece che la delibera CIPE del 19.11.1998, attualmente in fase di revisione, ha indicato le modalità di raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei “gas serra” in Italia (l’obiettivo e la riduzione del 6,5 % delle emissioni rispetto al 1990 corrispondenti ad una riduzione pari a 100.000.000 di tonn/anno di CO2) illustrate anche nel “Libro bianco per la valorizzazione energetica delle fonti rinnovabili” (aprile 1999) che ha l’obiettivo di individuare gli strumenti e le iniziative atte alla realizzazione degli obiettivi fissati dalla delibera del CIPE 137/98 che per comodità si trascrivono. 
Azioni nazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra (delibera Cipe 137/98)

AzioniMt CO2 2002Mt CO2 2006Mt CO2 2008-2012Aumento di efficienza del parco elettrico4/510/1220/23Riduzione dei consumi energetici nel settore dei trasporti4/69/1118/21Produzione di energia da fonti rinnovabili4/57/918/20Riduzione dei consumi energetici nei settori industriale/abitativo/terziario6/712/1424/29Riduzione delle emissioni nei settori non energetici27/915/19Assorbimento delle emissioni di CO2 dalle foreste--(0,7)TOTALE20/2545/5595/112Nella sintesi non tecnica si fa appunto cenno al ruolo, per la riduzione delle emissioni di “gas serra”, attribuito all’aumento di efficienza del parco elettrico ovvero ad interventi di riduzione delle emissioni sugli impianti esistenti. 
In questa prospettiva sicuramente il ruolo del gas naturale quale sostituto di altri combustibili fossili è sicuramente positivo sotto il profilo della riduzione delle emissioni nell’ambito di una “fase intermedia” verso l’applicazione estesa di “fonti rinnovabili” e a basso impatto ambientale (oltrechè delle imprescindibili attuazione delle misure di riduzione dei consumi energetici in tutti i settori). Da tale osservazioni non si può però definire il gas naturale come un combustibile “pulito” grazie al quale qualunque nuovo impianto che utilizzi tale combustibile sia da considerarsi di per sé un contributo alla riduzione dei “gas serra”. Infatti, la tabella sopra riporta evidenzia un ruolo a ciò finalizzato riferito alla produzione di energia con fonti rinnovabili tra le quali non è annoverato il gas naturale. 
Nella realtà la realizzazione della centrale Mirant incrementerà le emissioni di anidride carbonica di 132.000 kg/ora per un funzionamento annuo di 8.000 ore dell'impianto .
Sempre dagli obiettivi definiti dal CIPE è possibile apprezzare come la maggior quota di riduzione delle emissioni di gas serra viene attribuita ad altri interventi, non sul parco termoelettrico, ed in particolare ad azioni di riduzione degli usi di energia e di efficienza energetica negli usi finali e non nella produzione. 
L'incremento della capacità produttiva (e la riduzione dei costi) tende ad andare direzione contraria rispetto a politiche di riduzione negli usi finali.
Nel documento di sintesi, inoltre, si afferma che la centrale avrà "possibilità di cogenerazione di vapore a bassa pressione per eventuali utenze tecnologiche" ,dichiarazione che non trova alcuna successiva specifica né alcuna verifica di fattibilità.

In merito al presunto effetto di attrarre nuovi insediamenti industriali in virtù della presenza della centrale ovvero della disponibilità di energia elettrica a minore costo si evidenzia che - sotto il profilo ambientale - ciò comporterebbe un ulteriore impatto, che non viene considerato nello studio, anche in considerazione che la tipologia di azienda che conseguirebbero un maggiore vantaggio da minori prezzi energetici sono appunto attività ad elevato fabbisogno energetico, di norma associato con attività a maggiore impatto ambientale.
Anche su ciò peraltro gli estensori del SIA nulla riferiscono sulle concrete possibilità dell'area.
Non va taciuto inoltre che proprio la liberalizzazione del mercato permette una azienda - in funzione dei propri consumi di energia - da sola o associata in consorzio di veder riconosciuto lo status di cliente idoneo e quindi di poter scegliere il proprio fornitore di energia, ciò a prescindere dalla vicinanza del fornitore della stessa.
In altri termini la possibilità di usufruire di minori costi dell'energia non è correlata alla distanza tra utilizzatore e fornitore.
Per quanto concerne il quadro locale si sottolinea la previsione di realizzazione di ampie zone industriali,nonché di una “attività per la selezione,riciclaggio e distruzione dei rifiuti civili,industriali e speciali”(la cui posizione rispetto al sito della centrale non è chiaramente indicata,ma pare essere a poca distanza),come citate e previste dal “Patto per il lavoro e la sostenibilità” (vedi dichiarazioni del rappresentante del Comune di S.Severo assessore Caposiena,contenute nel resoconto-verbale della conferenza di servizi del 24 gennaio 2002 e allegato Patto per il lavoro- alla delibera del Consiglio Comunale di S.Severo nr. 58 del 19-11-2001) 
Sulla incongruenza di tali previsioni con la realtà e le vocazioni del territorio ,merita evidenziare che il Patto avrebbe come settori di intervento il sistema produttivo locale, con particolare attenzione alle filiere integrate di prodotto, la valorizzazione delle risorse ambientali e del turismo e infine gli investimenti nel comparto produttivo agricolo, ovvero esattamente il contrario di una industria di tipo pesante quale è una centrale termoelettrica e la tipologia di aziende che si vorrebbe "attrarre" nella zona in virtù della presenza della centrale.

2. Il quadro progettuale e ambientale

L’inquinamento atmosferico
L'anidride carbonica, inquinante "globale"

Nell’introdurre la tematica degli impatti sull’atmosfera gli estensori del SIA partono dall’affermazione che la realizzazione della centrale permette una riduzione delle emissioni in quanto si basa su una tecnologia a maggiore efficienza, come già detto forniscono dei dati relativi alle "emissioni evitate, rispetto a quelle di una centrale termoelettrica ENEL", oltre a quanto già accennato in merito alla sostituzione di centrali tradizionali e/o di combustibili a maggiore impatto.
      Si osserva quanto segue :

  • al di là delle affermazioni relative al maggior rendimento di produzione di energia elettrica da un impianto a ciclo combinato a gas naturale rispetto a un ciclo a vapore tradizionale con combustibili diversi, caratteristico (nel passato) del parco termoelettrico ENEL, va evidenziato che si tratta di ogni caso di emissioni aggiuntive rispetto all'esistente ed in questi termini devono essere, in primis, considerate in uno Studio di impatto ambientale;
  • il raffronto con le emissioni ENEL (ai fini del calcolo del tutto improprio delle "emissioni evitate") viene svolto sulla base dei fattori di emissione dichiarati dall'ENEL nelle proprie dichiarazioni ambientali, ovviamente basati, in particolare, sul parco termoelettrico esistente e sul "mix" di combustibili utilizzati. Tali confronti partono dalla considerazione della immobilità della società presa a riferimento, l’ENEL, come se la stessa non fosse un soggetto del “libero mercato” dell’energia e che non abbia programmi sia in termini di incremento dei rendimenti che in termini di riduzione di impatto ambientale ma, soprattutto, di riduzione dei costi di produzione (nel caso specifico con l'incremento nell'uso del carbone e dell'orimulsion che secondo anche la Commissione Attività Produttive della Camera possono essere utilizzati con "tecnologie pulite" concorrenziali anche con i cicli combinati a gas naturale).

Gli inquinanti "locali"

Gli inquinanti oggetto di una qualche valutazione da parte della Ditta per quanto concerne gli impatti originati dal funzionamento della centrale sulla situazione dell’atmosfera sono stati sostanzialmente il monossido di carbonio, gli ossidi di azoto, in quanto si dichiara che "le emissioni di ossidi di zolfo e di polveri dalla CCGT in progetto sono … nulle" .
Una prima osservazione concerne gli inquinanti effettivamente presi in considerazione, ovvero quelli individuati come emessi dai cicli di combustione del metano dalla centrale. Come detto si tratta solo degli ossidi di azoto e del monossido di carbonio, oggetto delle previsioni di diffusione e ricaduta con modelli di diffusione.
Per altri approfondimenti si rinvia alle considerazioni già riportate in documenti di medicina democratica già trasmessi.

Gli altri inquinanti

La dichiarazione che gli unici inquinanti diretti siano il monossido di carbonio e gli ossidi di azoto appare in contrasto con le conoscenze inerenti la combustione del gas naturale nel senso che emissioni - ancorchè più basse rispetto ai combustibili solidi e liquidi “tradizionali”- di ossidi di zolfo, particolato e di idrocarburi di origine metanica e non sono in realtà da attendersi in modo significativo, in considerazione della elevata potenzialità dell’impianto in oggetto.

Su questo tema si evidenzia quanto segue :

  • l’emissione di polveri dovuta alla combustione di gas naturale, è connessa con la presenza di inerti nel gas stesso in una quantità che è funzione del contenuto di umidità del combustibile che influenza la corrosione delle condutture di trasporto provocando la solidificazione del gas a causa della formazione di idrati; inoltre l’ossidazione e la corrosione delle condutture libera scorie di ossidi di ferro e gli stessi idrati formano particelle solide in determinate condizioni di temperatura e pressione. Anche la combustione in sé può produrre residui carboniosi in forma di polveri con dimensioni inferiori al micron (e dunque quelle con maggior significato in termini sanitari per le popolazioni esposte) che si originano dalla combustione incompleta e dal cracking del combustibile nella zona calda in punti con insufficiente concentrazione di ossigeno comburente. Un fattore di emissione proposto per le polveri derivanti dalla combustione di gas metano è pari a 0,14 g/GJ come PTS.
  • L’emissione di sostanze organiche volatili (espresse di norma come NMVOC, carbonio organico volatile non metanico) è dovuto alla combustione incompleta correlata alle reali condizioni di cinetica chimica e alla dinamica del flusso del combustibile nella camera di combustione ovvero alla miscela aria-metano anche nel caso in cui la miscela è “ricca”. Il fattore di emissione indicate per gli impianti turbogas varia tra 2,5 e 5 grammi/GJ di combustibile.
  • Emissioni di ossidi di zolfo dalla combustione del gas naturale non possono essere escluse a priori anche se certamente in quantità relativamente basse, per unità di peso di combustibile, rispetto ai combustibili tradizionali. I composti solforati (acido solfidrico presente in concentrazione al di sotto dello 0,2 %, mercaptani, tiofeni) sono presenti nel combustibile dall’origine (ed in funzione della provenienza del gas) o per addittivazione (odorizzazione del gas). Nell’ambito dei contratti di fornitura di gas naturale alla società SNAM, la stessa indica come valore da non superare pari a 6,6 mg/Smc per il Solfuro di idrogeno, di 15,5 mg/Smc per lo zolfo da mercaptani e di 150 mg/Smc di zolfo totale. In tema di fattori di emissioni dalla combustione del gas metano in centrali termoelettriche i range proposti negli inventari di emissione sono tra 0,24 - 0,38 g/GJ fino a 0,43 g/GJ.

Formazione di inquinanti secondari ed effetti ambientali e sanitari

La formazione di inquinanti secondari è un aspetto solo in parte considerato dagli estensori del SIA, in particolare non viene dato alcun peso alla problematica delle deposizioni di tipo acido pur essendo queste ultime notoriamente correlate a diversi inquinanti originati dai processi di combustione anche del gas naturale, mentre il contributo alla formazione di ozono sarebbe estremamente ridotto.
Si rammenta che le reazioni di trasformazione dell'azoto nitrico e nitroso nei rispettivi acidi, avvengono su vaste aree e hanno modalità di deposizione sia ad umido (come “piogge acide”, rugiada, nebbie) che a secco (come gas o particelle microscopiche senza solubilizzazione, questo tipo di deposizione di norma è prossima ai punti di emissione). 
Gli effetti delle deposizioni acide sono noti in letteratura sia per quanto concerne gli effetti sui monumenti che sul terreno e la vegetazione.

In estrema sintesi si rammenta che 
- l’effetto sulla vegetazione è stato particolarmente riscontrato sul patrimonio boschivo sottoforma di attacco diretto del fogliame e con un generale indebolimento delle piante per il tramite della modificazione della composizione chimica del terreno in termini di compromissione della disponibilità di sostanze nutritive del suolo (ioni calcio, potassio, magnesio, e sodio). Ovviamente il terreno può avere delle difese (effetto “tampone”) alle deposizioni acide in funzione delle sue caratteristiche (nel caso di specie non sono note ovvero non considerate dagli estensori del SIA sotto questo profilo), si tratta di difese naturali che però nel tempo possono venir meno. Un altro effetto riscontrato è connesso al danneggiamento dei peli radicali della pianta e la compromissione delle popolazioni di batteri azotofissatori e dei microorganismi che decompongono la materia organica, con l’effetto complessivo di una riduzione dell’apporto nutritivo della pianta e dunque una rallentamento del suo accrescimento. Questi effetti sono registrati anche sui vegetali di maggior utilizzo per l’alimentazione (graminacee, tabacco, erba medica, loglio).
- L’effetto sulla salute umana di tali deposizioni è di tipo indiretto : tramite l’acqua potabile e l’alimentazione. Si tratta dell’effetto di mobilizzazione causato dalle reazioni tra le sostanze acide deposte e i metalli presenti nel terreno : rame, zinco, mercurio, cadmio, alluminio e manganese vengono liberati quando terreni e sedimenti diventano acidi. La successiva solubilizzazione grazie all’umidità del suolo può portare alla contaminazione dell’acqua potabile filtrando dal terreno. Inoltre i metalli pesanti resi mobili possono essere assorbiti dalle piante e raggiungere l’uomo tramite la catena alimentare per lo più a mezzo dei ruminanti. Si rammenta che si tratta di sostanze ad elevata tossicità e in grado di bioaccumularsi nel tempo nell’organismo delle persone esposte in quanto il nostro organismo non è in grado di eliminarle se non in piccola parte. 
Per quanto concerne l'ozono - il maggiore fitotossico presente come inquinante nella troposfera - si dichiara, in modo criptico, che le concentrazioni di VOC … e quelle di NOx determinano un ambiente "NOx limitante". Tuttavia, come già ampiamente osservato in precedenza, il contributo apportato dal funzionamento della Centrale a Ciclo Combinato allo stato di qualità dell'aria è piuttosto ridotto e del tutto trascurabile se si guarda ai valori di concentrazione media annuale" (peraltro l'accenno a "concentrazioni di VOC" appare una ammissione pur indiretta delle emissioni della centrale di questo gruppo di inquinanti di cui non si fa cenno nelle altri parti del documento).
In altri termini non è chiaro se con "ambiente "NOx limitante"" si intenda una situazione - date le premesse riportate nel paragrafo in questione della sintesi non tecnica - di non, o ridotta, produzione di ozono nelle condizioni meteoclimatiche favorenti la dissociazione fotocatalatica a causa dell'assenza o alla bassa concentrazione di carbonio organico volatile (VOC) e/o di idrocarburi non metanici.
Pertanto sfugge la fondatezza delle affermazioni degli estensori del SIA a proposito della sostanziale ininfluenza degli impatti della centrale in tema di incremento delle concentrazioni di ozono nella zona.

Altri impatti ambientali

L’inquinamento termico

Per quanto concerne l’inquinamento termico dell’atmosfera della zona circostante l’impianto vengono presentate valutazioni, in termini di variazione di temperatura, come trascurabili in tutte le condizioni meteoclimatiche nonostante l'elevata dissipazione di calore, tramite gli aerotermi, occorrente alla centrale .
Nella sintesi non tecnica non sono evidenziate le modalità delle valutazioni presentate per cui non è possibile svolgere osservazioni in proposito.

La gestione delle acque

Nella sintesi non tecnica non vengono specificati i consumi di additivi chimici per il trattamento delle acque industriali (in particolare inibitori di corrosione, biocidi, antiincrostanti).
Ciò ha una sua importanza in considerazione del sistema prescelto "a scarico zero" (ad eccezione degli scarichi oleosi e di lavaggio dei turbogas) in cui i reflui vengono concentrati e cristallizzati, con la produzione di una elevata quantità di rifiuti ,del quale non si specificano caratteristiche e modalità di smaltimento (incomprensibilmente tale impatto viene definito come "nullo" nelle matrici sintetiche presentate - v. tabella 3.8b).

Salute pubblica

Questa tematica non viene trattata se non del tutto sommariamente nella sintesi non tecnica, per cui non possiamo che limitarci a evidenziarne l’inadeguatezza.
Si evidenzia, con particolare riferimento all’inquinamento atmosferico, che le associazioni tra mortalità e/o morbosità di carattere cardiaco e respiratorio in particolare in soggetti predisposti (gli anziani, i bambini e soggetti il cui stato di salute è già compromesso) sono rilevate a causa di variazioni di breve periodo dell’inquinamento. Inoltre “L’effetto sulla mortalità è evidente anche a dosi inferiori a quelle previste dagli standard di qualità dell’aria di molti paesi occidentali “ .
Se è vero che “i rischi relativi per incremento unitario dell’esposizione ai vari inquinanti esaminati sono in genere di piccola entità ...data la numerosità della popolazione esposta la frazione attribuibile è tutt’altro che trascurabile”.
Dalla metanalisi applicata alle principali città italiane, citata in nota, “per tutti gli inquinanti è stata osservata un’associazione significativa con un incremento su tutte le cause di morte e di ricovero esaminate” nello spe- cifico associate a incrementi di 10 microg/mc anche di ossidi di azoto e ozono (e di 1 mg/mc nel caso del CO).
In altri termini considerando la mortalità e i ricoveri giornalieri (il periodo considerato nello studio è dal 1990 al 1999) nel giorno e nei 2/3 giorni successivi a incrementi uguali o superiori a 10 microgr/mc e limitandoci all’apporto dei soli NOx si sono evidenziati incrementi pari al 1,4 % della mortalità per cause cardiovascolari, del 1,7 %per patologie respiratorie, mentre per quanto concerne i ricoveri ospedalieri questi incrementi sono stati, nello stesso periodo, 1,6 per cause cardiache e 2,5 per quelle respiratorie.
Lo studio peraltro sottolinea un incremento di tale associazione nel secondo quinquennio considerato (1995-1999) rispetto a quello precedente.

L’impatto socio-economico

Se è vero che durante la fase di costruzione si avrà un incremento di forza lavoro e si avrà un aumento dell’indotto in alcuni settori (ristorazione, trasporti pubblici, rifornimento carburanti, commercio al minuto, alberghiero), è altrettanto vero che durante la fase di esercizio, a fronte di un aumento occupazionale di 25-30 unità, si avrà una diminuzione di impiegati nelle stesse attività indotte (ristorazione, trasporti pubblici, rifornimento carburanti, commercio al minuto, alberghiero), nonché nelle attività agricole ed edilizie, in relazione alle minori opportunità di crescita economica e sociale dell’area interessata alla Centrale Elettrica. La presenza di una centrale termoelettrica e/o di zone industriali può mettere in forse ogni prospettiva con pesanti conseguenze socioeconomiche per la zona.

A QUANTO SOPRA SI AGGIUNGONO ASPETTI-OSSERVAZIONI GIÀ SVOLTE DAI CONFINANTI IL SITO E DALLE ASSOCIAZIONI DEGLI AGRICOLTORI,OVVERO:
a) si determina a seguito della installazione della Centrale in oggetto una PERDITA DI VALORE DEI TERRENI, a destinazione agricola, nelle vicinanze dell’impianto; 
b) il suddetto impianto nei fatti contribuirà ad alterare i già precari equilibri ecologici, aumentando la desertificazione dei suoli, già in atto; 
c) le emissioni di inquinanti dalla centrale danneggeranno le coltivazioni dei terreni circostanti e sicuramente la salute degli agricoltori, degli animali allevati in zona; Si segnala che nella zona sono presenti aziende Cerealicole, zootecniche, aziende viti-vinicole, aziende olivicole, etc.; 
d) la realizzazione dell’ impianto impedirà ai proprietari dei terreni confinanti e/o limitrofi, che aderiscono o intendano aderire alla “MISURA F” (BIOLOGICO), di effettuare agricoltura di tipo biologico e quindi accedere ai benefici previsti dalla legge e dal mercato specifico; 
e) altro aspetto drammatico è connesso al consumo di acqua,in considerazione dell’attuale emergenza persistente e della pressoché impossibilità di irrigare i terreni nel corso dell’anno, sarà sicuramente peggiorata dall’insediamento in questione sia per il consumo diretto di acqua che per l’inquinamento termico e le conseguenze inerenti la desertificazione progressiva.

In particolare, il progetto in questione viola le leggi, principalmente per i seguenti motivi :

- il sito prescelto per la realizzazione della Centrale suddetta contrasta e non è compatibile in quanto zona agricola ; 
- i dati delle emissioni presentati dalla società proponente sono inattendibili come illustrato e documentato dalle note trasmesse di Medicina Democratica e dal Coordinamento contro la Centrale termoelettrica ; 
- nessuna valutazione attendibile è stata svolta in relazione agli impatti ambientali e sanitari che verrebbero determinati dall'attivazione - malaugurata - della Centrale in questione; 
- la scelta del sito è stata effettuata dall'azienda e dalle autorità preposte sulla base del "parametro" aberrante del "consenso" senza peraltro alcuna consultazione delle Associazioni…..; 
- tutta la procedura relativa agli aspetti autorizzatori di fatto mette la popolazione interessata davanti al fatto compiuto. In proposito, va sottolineato che nelle osservazioni fatte nei documenti di Medicina Democratica e del Coordinamento contro la centrale termoelettrica, è stato ampiamente documentato che l'area del cosiddetto "basso Adriatico" (Puglia, Molise, Abruzzi), complessivamente presa, presenta un surplus di produzione di energia elettrica e non un deficit come si ostinano ad affermare contro l'evidenza dei fatti le società in questione; 
- non va ignorato un fatto di notevole rilevanza ovvero che la società Mirant non utilizza e non destina ad utilizzo l'energia termica che prevede di produrre presso gli impianti di cogenerazione che vorrebbe realizzare nel comune di S.Severo. Questo fatto, a nostro parere,viola le elementari condizioni di legge previste per poter accedere all'autorizzazione di installare un impianto a ciclo combinato di cogenerazione per la produzione di energia. 
In altri termini, non si può autorizzare la produzione di energia termica ed elettrica quando dal progetto si rileva in modo inequivocabile che l'energia termica prodotta verrà scaricata all'atmosfera ;
- non ha senso neppure affermare, che gli impianti di cui al progetto in questione presentano rendimenti che rispettano i parametri stabiliti dal CIPE, in passato, e ora dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, quando nei fatti una quota rilevante di energia prodotta (quella termica) non solo è sprecata ma è destinata a produrre inquinamento termico.

PERTANTO,

- non sussistendo condizioni, di cui all’art.24 l.241/’90 per ostare la richiesta, adeguatamente motivata, del Coordinamento, di copia della documentazione, più volte trasmessa per raccomandata A.R., configurandosi non un mero illecito amministrativo, bensì un persistente comportamento omissivo e di fatto “complice” di interessi “forti”, da indagare in sede penale;
- nonché per gli altri aspetti quivi rappresentati, che connotano uno scenario illegittimo e illegale,
SI REITERA L’ESPOSTO-DENUNCIA DEL 20 LUGLIO c.a.,
con le ulteriori argomentazioni riportate nella presente e negli allegati 1 e 2 
e SI RICHIEDE, a ciascuno per propria competenza:

-   riscontro sulle questioni sollevate, nel merito;
-   copia della documentazione attualmente a disposizione e altra eventualmente acquisita, relativa al progetto Mirant,
-   di essere informati tempestivamente nel corso delle procedure e consultati preventivamente all’adozione di qualsivoglia provvedimento parziale, propedeutico o conclusivo.;
-   di attivare procedure e provvedimenti di autotutela per quanto riviene dalla presente e dalla documentazione citata.
Si attende riscontro nei termini e modi previsti dalla legge 241/’90 e modifiche-integrazioni successive, restando a disposizione per chiarimenti e approfondimenti.

Si rinnova richiesta all’Autorità giudiziaria di:

-   acquisire tutti gli atti già trasmessi alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Foggia dallo scrivente Coordinamento e tutta la documentazione in ordine al progetto di centrale termoelettrica della ditta Mirant-Techint;
-   di attivare i provvedimenti di competenza;
-   sequestrare il verbale della seduta di consiglio comunale di San Severo del 3 luglio 2002, per quanto su esposto.

Si resta a disposizione per fornire tutti i chiarimenti e la documentazione dovuti,ove richiesti e necessitati,non tollerando il clima minaccioso e antidemocratico che su questa vicenda si sta “respirando” in San Severo.
Il sottoscritto inoltre dichiara ex art.408 2° comma c.p.p. di voler essere notiziato dell’eventuale richiesta di archiviazione della presente notizia di reato nonché della eventuale richiesta di proroga del termine per le indagini preliminari ex art.406 3° comma c.p.p.
Si rinvia per altri aspetti alla documentazione già trasmessa.
Si fa esplicita riserva di produrre documenti, memorie e note integrative della presente.
Si attende urgente riscontro, salutando.

dr. d’Angelo Fernando Presidente Nazionale di Medicina Democratica 
e Portavoce del Coordinamento contro la Centrale termoelettrica

Per riscontro indirizzare a:
dr. d’Angelo Fernando per Coordinamento contro la Centrale termoelettrica
Via Cantatore 32/N 71016 S.Severo (Fg) Fax 0882 228156;
e mail:toninodangelo@libero.it <mailto:mail:toninodangelo@libero.it>